CRISTALLIZZAZIONE

Enciclopedia Italiana (1931)

CRISTALLIZZAZIONE

Gino Bozza

. La cristallizzazione è utilizzata nella tecnica e nell'industria per separare composti in forma chimicamente pura o in forma commerciabile, e anche per separare l'una dall'altra diverse sostanze solide sfruttando la loro diversa solubilità in uno stesso solvente. Questo processo era già noto agli antichi: così ne abbiamo la descrizione per il cloruro sodico in Aristotele, per il solfato di rame in Plinio.

L'operazione è stata sempre dominata dal semplice empirismo, e solo nell'ultimo cinquantennio essa è stata posta su basi strettamente tecniche. Invece degli ammassi di cristalli di diversissime grandezze che si avevano nei primitivi sistemi di cristallizzazione in recipienti fermi, per semplice raffreddamento, si possono ora ottenere cristalli regolari, ben divisi e praticamente tutti delle stesse dimensioni. L'importanza di tali caratteristiche è principalmente commerciale.

Il Miers e i suoi collaboratori hanno chiarito i fattori che regolano la cristallizzazione. Quando una soluzione diviene soprasatura, per piccoli gradi di soprasaturazione essa può cristallizzare solo su germi o centri di cristallizzazione già esistenti; anche impurezze solide possono funzionare da centri di cristallizzazione. Per soprasaturazioni maggiori si può avere anche la formazione spontanea di germi e la rapida cristallizzazione di questi (zona di cristallizzazione spontanea). Una cristallizzazione controllata dovrà avvenire allora solamente mantenendo la soluzione nella zona sopra indicata. Non è più possibile alcun controllo se si oltrepassa il limite di soprasaturazione e si ha formazione spontanea di germi. Fattori da controllare sono perciò: la temperatura, il grado di soprasaturazione, la velocità di raffreddamento in relazione alla velocità di separazione e alla superficie cristallina esistente a ogni istante. Bisogna eliminare dalla soluzione, per filtrazione, ogni impurezza solida e spesso ogni bolla di gas, anche microscopica; le superficie a contatto con il liquido non devono essere ruvide.

Quando la cristallizzazione è terminata, la separazione dei cristalli dalle acque madri può avvenire per semplice scolamento, per centrifugazione, per filtrazione, per pressione. I cristalli poi vengono lavati dall'acqua madre con poco solvente puro o con soluzione satura pura. Le acque madri, che contengono, oltre a una notevole quantità della sostanza separata, anche la massima parte delle impurezze iniziali, non possono generalmente impiegarsi tali e quali per una seconda cristallizzazione. Il loro trattamento e il loro ciclo di lavoro sono diversi a seconda dell'industria.

La cristallizzazione può svolgersi in diversissimi tipi d'impianti: si hanno cosi cristallizzatori per semplice evaporazione spontanea (cristallizzazione del cloruro sodico dalle acque marine), che sono costituiti da grandi vasche poco profonde, a grande superficie evaporante. La lentezza del processo è favorevole alla formazione di cristalli grandi, in genere in ammassi grossolani e irregolari. L'evaporazione può essere accelerata, e quindi anche la cristallizzazione, riscaldando la massa liquida; il vapore può sfuggire nell'atmosfera o essere raccolto in un condensatore, permettendo cosi di operare nel vuoto. Gli evaporatori cristallizzatori differiscono dagli evaporatori ordinarî verticali solo per i dispositivi di scarico del sale cristallizzato. In essi le condizioni sono tali da favorire la formazione di cristalli finissimi e naturalmente non uniformi di grandezza. A vuoto sono usati per zucchero, lattosio, solfato di alluminio, ecc.

Ancora molto usata è la cristallizzazione per raffreddamento, in recipienti statici, senza agitazione artificiale, di soluzioni sature a caldo. In conseguenza di correnti di convezione che presto si stabiliscono, cristalli si formano e crescono regolarmente sulle pareti: l'abilità empirica consiste nel regolare la temperatura e la concentrazione in modo che si abbia un minimo di cristalli al fondo e la massima parte sulle pareti. Talvolta l'operazione si fa in capsule di grès o porcellana, per avere prodotti purissimi (sali di Karlsbad). Molto più efficaci sono gli apparecchi in cui il raffreddamento è artificiale, con serpentini o con camicie di raffreddamento. È necessario sempre l'uso di un agitatore, spesso munito di spazzole, per rimuovere i cristalli che si formano sulle superficie raffreddate. A seconda della velocità dell'agitatore e della velocità di raffreddamento si possono ottenere cristalli di diverse dimensioni. Alcune volte tali apparecchi sono raffreddati anche sotto zero, facendo circolare nei serpentini soluzioni refrigeranti o facendo espandere direttamente in essi ammoniaca. Nei cristallizzatori a tamburo raffreddato un tamburo ruotante lentamente si copre di un sottile strato di cristalli che vengono raschiati via in modo continuo da un coltello. Eccezionalmente si può avere il raffreddamento forzato senza agitazione. Per sostanze organiche fondenti al disotto di 100°, talvolta si lascia cristallizzare il materiale sui serpentini, si scolano le acque madri, e poi si fondono i cristalli facendo percorrere i tubi da vapore: il materiale si raccoglie liquido.

In certi casi il raffreddamento si può regolare molto meglio facendo avvenire la cristallizzazione sotto vuoto: il metodo è principalmente adatto per i casi nei quali il solvente è organico, volatile, e si deve ricuperare (es.: purificazione del trinitrotoluolo). Graduando il vuoto si possono avere le temperature desiderate; così si può cristallizzare il sale di Glauber a 2°. Più raro è il caso che l'evaporazione raffreddante avvenga in corrente di aria (cristallizzatori a spruzzo e rotativi). Raffreddamento con soluzioni in movimento si ha con i cristallizzatori a canale, nei quali appunto la soluzione circola raffreddandosi mano mano. Ad es. per il cloruro di potassio si hanno apparecchi capaci di trattare 300-400 mc. di soluzione al giorno (50.000 kg. di cristalli al giorno).

Tutti gli apparecchi fin qui citati possono solo approssimativamente fornire cristalli di date dimensioni. Se occorrono cristalli uniformi, bisogna avere apparecchi nei quali siano controllabili tutti i fattori della cristallizzazione precedentemente elencati, e principalmente la permanenza nella zona di soprasaturazione corrispondente al semplice accrescimento. L'ideale sarebbe una sospensione di cristalli di data superficie, non a contatto reciproco, in una soluzione dalle accennate caratteristiche. Poiché ovviamente non si può avere questo, bisogna ricorrere all'agitazione. I primi tipi erano cilindrici con coclee interne, o girevoli essi stessi. Davano troppo attrito e funzionavano bene solo se la densità dei cristalli differiva assai poco da quella della soluzione. Gli apparecchi che meglio funzionano sono quelli tipo Wulff-Bock, a culla oscillante; un canale, anche molto lungo (15-30 m.), di sezione caratteristica, può oscillare, essendo portato da rulli. La soluzione è alimentata a un'estremità; i cristalli e l'acqua madre sono scaricati dall'altra. La forma è tale da dare poco attrito fra i cristalli e nello stesso tempo da impedire uno sdrucciolamento in massa di essi. In alcuni casi è necessario impedire ogni movimento oscillatorio longitudinale del liquido: sono stati allora introdotti rilievi sul fondo. La costruzione deve essere robusta date le forze in azione all'inversione del moto. Una macchina lunga 15 m. (1,2 kW) può dare 2-3 tonn. al giorno di cristalli fino a circa 1 cm. di materiale di media solubilità. Cristalli più piccoli corrispondono a molto maggiore produzione. Con questo procedimento si cristallizzano, ad es., bicromato di potassio, carbonato sodico, tiosolfato sodico, ecc.

Si hanno anche apparecchi a vuoto, chiusi, oscillanti, specie per solventi organici. Gl'impianti di cristallizzazione continua immobilizzano assai minori quantità di materiale degl'impianti discontinui.

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