MADRUZZO, Cristoforo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MADRUZZO, Cristoforo

Rotraud Becker

Nacque il 5 luglio 1512 nel castello di Madruzzo nella Valle di Cavedine, secondogenito di Giovanni Gaudenzio ed Eufemia von Sporenberg.

I suoi antenati, originari della Val di Non, dove erano signori di castel Nanno, nella seconda metà del XV secolo avevano acquisito la signoria feudale nella zona della valle del Sarca, fra Trento e Riva del Garda. Il padre aveva considerevolmente contribuito all'ascesa della famiglia come condottiero e consigliere al servizio del principe vescovo Bernardo Cles, di Ferdinando d'Asburgo, re e futuro imperatore, e di Carlo V. La madre proveniva dalla nobiltà tirolese. Nella famiglia si parlava tedesco e italiano. Due fratelli del M., Nicolò e Aliprando, ricoprirono temporaneamente ruoli di comando nell'esercito imperiale e in quello spagnolo.

Il padre lo destinò alla carriera ecclesiastica e si adoperò perché potesse presto godere di benefici. Nel 1529 il M. ottenne un canonicato nel duomo di Trento, al quale aveva rinunciato il fratello Nicolò, e diverse parrocchie nella contea del Tirolo. Con queste rendite intraprese gli studi universitari, prima a Padova nel 1531-32 e poi a Bologna, fino al 1537. Nell'ateneo patavino fu allievo di Ugo Boncompagni, che sarebbe divenuto papa Gregorio XIII, ed ebbe come compagni i futuri cardinali Alessandro Farnese, Stanislao Hosius, Ercole Gonzaga e Otto Truchsess von Waldburg. Durante il soggiorno a Padova prese gli ordini minori e, negli anni seguenti, ottenne canonicati nei capitoli del duomo di Augusta (1534), di Salisburgo (1536) e Bressanone (1537). Già nel 1535 era divenuto decano a Trento; il 5 ag. 1539, dopo la morte del vescovo Bernardo Cles, fu nominato suo successore dal capitolo del duomo, secondo il desiderio di Ferdinando d'Asburgo.

Prima dell'assunzione del vescovato, il M. aveva condotto alcune missioni diplomatiche al servizio degli Asburgo. Brevi ambascerie per conto di re Ferdinando lo condussero a Venezia nel 1539 e nel 1542 (al secondo di questi soggiorni sulla laguna risale il ritratto del M. di Tiziano, Bredekamp - Janzer, ill. n. 2). Dal febbraio all'agosto 1540 compì un viaggio che lo portò nelle Fiandre dove, a Gand, rese omaggio all'imperatore Carlo V. Durante il tragitto di ritorno si trattenne per due mesi a Haguenau in Alsazia e partecipò alla Dieta imperiale che vi era stata indetta. Qui incontrò per la prima volta il nunzio Giovanni Morone, al quale diede l'impressione di essere uno dei pochi vescovi dell'Impero, di cui Roma si potesse fidare. Veniva così riconosciuto al M. il ruolo, al quale senza dubbio anche l'imperatore lo aveva destinato, di equilibrato mediatore tra i principi tedeschi inclini alla Riforma luterana e la Curia romana. Il 10 ag. 1541 organizzò grandi festeggiamenti per accogliere Carlo V che, sulla via dell'Italia, passava per Trento e dal 2 al 5 luglio 1543 ospitò l'imperatore, reduce dall'incontro con il papa Paolo III.

Dopo aver preso gli ordini superiori nel corso del 1542, il 1 dicembre il M. divenne coadiutore, poi vescovo di Bressanone, incarico che detenne fino alla morte. Dato che Paolo III il 22 maggio 1542 aveva indetto il concilio a Trento, il partito imperiale fece pressione perché il M., destinato a ospitare il concilio nella sua diocesi, fosse creato cardinale. Ciò avvenne il 2 giugno con una nomina in pectore, pubblicata poi il 7 genn. 1545 a ridosso dell'effettiva apertura dei lavori.

Nell'ottobre 1542 il M. fu impegnato nell'organizzazione del concilio e si occupò di questioni quali l'allestimento degli alloggi, il vettovagliamento, la creazione di un servizio postale e la protezione militare. Vescovi dell'Impero che non intendevano partecipare di persona diedero al M. le loro deleghe o lo pregarono di appoggiare i loro rappresentanti. La prevista apertura del concilio fu però rinviata a lungo, finché il 13 marzo 1545 i legati pontifici fecero ingresso a Trento. Il M. li accolse con la sua corte presso il convento dei cavalieri della S. Croce, fuori dalla città, e li accompagnò in solenne processione fino alla cattedrale. Occasione di grande pompa offrirono il passaggio, il 25 aprile, del cardinale Alessandro Farnese, inviato da Paolo III alla Dieta indetta contemporaneamente a Worms, e la festa del santo protettore della diocesi, Virgilio, il 26 giugno, nell'attesa dell'apertura ufficiale del consesso che ebbe luogo il 13 dicembre. Mentre si diffondeva la fama della sua colta e liberale ospitalità, il M. partecipava con grande impegno ai dibattiti conciliari. Intervenne in questioni riguardanti l'organizzazione ecclesiastica e, soprattutto, promosse da capofila la legittimità delle traduzioni in volgare della Bibbia e l'indiscriminato accesso dei laici al testo sacro, ponendosi in contrasto con i legati pontifici non tanto perché fosse vicino a posizioni eterodosse, ma perché "guidato[(] dall'estesa e incontrastata familiarità con il testo volgare della Bibbia del mondo germanico, cui apparteneva la parte più consistente del suo gregge" (Fragnito, 1997, p. 78).

Il 12 maggio 1546 il M. lasciò Trento per recarsi, su richiesta dell'imperatore, alla Dieta di Ratisbona. Qui, il 6 giugno, Carlo V sottoscrisse il patto di alleanza con Paolo III, che poneva le premesse per la progettata guerra contro i principi protestanti tedeschi riunitisi nella Lega di Smalcalda. Il M. andò immediatamente a Roma recando con sé il documento per ottenere la firma del papa e l'approvazione del Collegio cardinalizio. Il 4 luglio era di nuovo a Trento. L'inizio del conflitto lo costrinse a organizzare la difesa del territorio e contemporaneamente a tentare di evitare lo scioglimento del concilio. Con il cardinale Giovan Maria Ciocchi Del Monte, il più anziano dei legati, il 30 luglio ebbe un acceso diverbio: fu chiaro che la presidenza del concilio non era disposta ad assecondare le pretese imperiali sostenute dal M. e che essa premeva per il trasferimento del consesso in una città fuori dal territorio dell'Impero. Il consenso di Paolo III arrivò una settimana dopo e solo a causa dell'alleanza militare stretta dal pontefice con l'imperatore, il trasferimento non fu eseguito immediatamente.

I piani della traslazione e le discussioni sul decreto della giustificazione, che Carlo V guardava con sfavore perché compromettevano gli sforzi di riavvicinare i protestanti, resero palese che i padri conciliari erano divisi in due partiti. I sostenitori dell'imperatore tentarono di evitare che si prendessero decisioni e il M. si assentò per qualche tempo da Trento. Non era presente, pertanto, quando il 10 marzo 1547 i legati decisero il trasferimento del concilio a Bologna e dopo due giorni lasciarono la città.

Il M. partecipò alla Dieta di Augusta, aperta il 1 sett. 1547, e fu di nuovo incaricato di una missione presso il papa con il difficile obiettivo di ottenere il ritorno del concilio a Trento. Fu perciò a Roma dal 23 novembre al 16 dicembre, ma non ottenne alcuna concessione da Paolo III, amareggiato dall'assassinio di Pierluigi Farnese e dall'occupazione di Piacenza da parte dell'imperatore. Dopo aver trascorso il Natale nella sua diocesi, il 5 genn. 1548 era di nuovo ad Augusta per riferire a Carlo V e agli Stati generali dell'Impero. Nonostante il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra l'imperatore e il pontefice, il M. continuò a intrattenere relazioni diplomatiche con la corte pontificia e si sforzò di favorire la mediazione.

Nel maggio 1548 il M. indusse il capitolo del duomo di Trento a eleggere il nipote Giovanni Ludovico a suo coadiutore con diritto di successione. Dal giugno accompagnò Massimiliano d'Asburgo, il futuro imperatore, in Spagna, passando per Genova, e il 13 settembre a Valladolid celebrò le sue nozze con Maria, la figlia di Carlo V. Subito dopo accompagnò l'erede al trono spagnolo Filippo a Bruxelles alla corte del padre Carlo V. Durante il viaggio di ritorno in Italia si fermò ad Aquisgrana per i bagni, e nel luglio 1549 si trattenne a Praga, dove trattò il matrimonio dell'arciduchessa Caterina con il duca di Mantova Francesco III Gonzaga. A Trento, insieme con il fratello Nicolò, diede inizio alla costruzione del palazzo delle Albere, una residenza suburbana nella quale raccolse reperti archeologici provenienti dal territorio.

Dopo la morte di Paolo III, il M. partecipò al conclave che elesse, l'8 febbr. 1550, il legato al concilio, Ciocchi Del Monte, con il nome di Giulio III. In ottobre era di nuovo presente alla Dieta di Augusta e Carlo V lo incaricò di recarsi a Genova incontro a Massimiliano di ritorno da Valladolid. Il M. riassunse di nuovo il ruolo di ospite il 1 maggio 1551, quando il concilio riprese i lavori a Trento, ma riscosse meno apprezzamenti che nel passato, perché la carenza di vettovaglie e mangime per gli animali aveva provocato verso la fine dell'anno un aumento dei prezzi.

Nella discussione sul decreto dell'eucarestia il M. si pronunciò a favore della concessione del calice ai laici, ma non fu presa allora una decisione. Infine la rivolta dei principi tedeschi guidata da Maurizio di Sassonia ebbe come effetto che alla fine di marzo 1552 il concilio cominciò a disgregarsi e il 24 aprile fu decisa la sospensione su proposta del Madruzzo.

Il 5 dic. 1551 il M. aveva abbandonato il concilio per incontrare a Mantova Massimiliano d'Asburgo, che tornava dalla Spagna con la consorte e i figli. Il 13 dicembre fu tributata a Massimiliano una solenne accoglienza a Trento da parte dei membri del concilio e del Madruzzo. Non è accertato se in questa occasione fosse nato tra i due un dissidio, ma quando Massimiliano poco dopo cadde malato, circolò la voce che il M. l'avesse avvelenato.

Nel luglio 1552 il M. ospitò nel castello di Bressanone un provato Carlo V proveniente da Villach, dove era riparato dopo la sua ritirata dinanzi a Maurizio di Sassonia. Poiché in questo momento fu discusso il progetto di istituire alla corte imperiale un Consiglio particolare per le questioni tedesche, Carlo V propose di mettere il M. a capo di questo organo. La proposta non ebbe però l'approvazione di Ferdinando d'Asburgo, re dei Romani, che considerava insufficiente l'autorità che il M. godeva tra i principi tedeschi.

Dall'agosto di quest'anno il M. fu poi molto occupato negli sforzi per ottenere la liberazione dei nipoti Giovanni Federico e Giorgio, che durante una spedizione navale contro i pirati erano caduti prigionieri divenendo ostaggi prima dei Turchi e poi dei Francesi. Le trattative per il riscatto o uno scambio con altri prigionieri si protrassero fino all'estate 1556.

Il M. partecipò a entrambi i conclavi tenutisi nel 1555. Durante il breve pontificato di Marcello II ebbe l'incarico di ottenere dal duca di Toscana, Cosimo I de' Medici, un trattamento clemente nei confronti di Siena, sul punto di capitolare dopo un lungo assedio. Nel secondo conclave si sforzò senza successo di ostacolare l'ascesa al soglio di Gian Pietro Carafa, acerrimo oppositore degli Asburgo, che tuttavia fu eletto il 23 maggio 1555 con il nome di Paolo IV.

Al principio di questo pontificato il M. fu invitato ad adoperarsi con maggior impegno contro la diffusione della dottrina protestante nella sua diocesi, per l'istituzione di scuole dove l'insegnamento fosse secondo la fede cattolica, e per la fondazione di un collegio per la formazione del clero. In verità, già nel 1552 il M. si era proposto di chiamare a Trento alcuni gesuiti per l'insegnamento nelle scuole, e nel 1563 progettò di creare un collegio secondo la regola gesuitica, sul modello del Collegium Germanicum di Roma, per il quale avrebbe dovuto essere attrezzata la sua villa delle Albere. Tali progetti non furono tuttavia realizzati.

Nel dicembre del 1555 il M. assunse l'ufficio di governatore di Milano, che comportava anche il comando dell'esercito spagnolo in Lombardia. L'incombente minaccia di una guerra, la difficoltà di reperire i finanziamenti necessari a migliorare le amministrazioni militare e civile e la posizione poco chiara del M. rispetto al viceré di Napoli, Fernando Álvarez de Toledo, duca d'Alba, costituirono le premesse di un periodo di governo che, nell'insieme, non fu molto positivo. Tuttavia negli anni seguenti il M. riscosse rendite dalla Spagna e strinse relazioni che in seguito gli furono d'aiuto. Nell'agosto 1557 cessò l'incarico e il M. si recò a Bruxelles a riferire sul suo governo a Filippo II.

Tornò quindi a Trento, occupandosi delle sorti del casato. Negoziò e concluse a Pavia, il 1 ott. 1557, il matrimonio del nipote Giovanni Federico con Isabella di Challant; con tale unione la famiglia acquisì non solo l'omonima contea in Valle d'Aosta, ma domini in Savoia, Monferrato e in seguito anche in Lorena. Inoltre, dal 1558, trasferì l'amministrazione della diocesi e del territorio al nipote e suo coadiuatore Giovanni Ludovico, fratello di Giovanni Federico. Quando il 26 dic. 1559, dopo la morte di Paolo IV, fu eletto papa, con il nome di Pio IV, Giovanni Angelo de' Medici, di famiglia milanese e ben disposto verso il M., questi si affrettò a stabilirsi a Roma. Qui ebbe modo di concludere un'altra unione prestigiosa per la famiglia: il nipote Fortunato sposò nel 1560 la nipote del papa Margherita Altemps, e in questo modo i Madruzzo si imparentarono anche con il potente casato milanese dei Borromeo. Il M. trasse profitto dal tracollo dei Carafa, che seguì la morte di Paolo IV, peraltro acquistando nel 1560, insieme con Fortunato, i feudi di Gallese e Soriano nel Cimino, che appartenevano al patrimonio di Giovanni Carafa.

Quando nel 1561 si aprì a Trento la terza fase del concilio, il M. non vi prese parte. Mostrò comunque interesse per i lavori conciliari, per i quali propose due teologi che però non furono accolti; è degno di nota che uno dei due aveva preso posizione a favore della concessione del calice ai laici e del matrimonio degli ecclesiastici.

Senza ricoprire una carica ufficiale, il M. svolgeva a Roma il compito di rappresentante dei principi di casa Asburgo. Almeno dal 1562 abitò nel palazzo Della Rovere (poi dei Penitenzieri), nella piazza Scossacavalli in Borgo, e si distinse per lo sfarzo della sua corte. Si ricordano in modo particolare gli eccellenti musicisti che egli teneva al suo servizio; come già a Trento, si dedicò al collezionismo di opere d'arte e anticaglie: in questo campo fu molto attivo nell'acquistare oggetti destinati alla corte di Vienna e specialmente a quella di Monaco. Quando il 24 nov. 1562 Massimiliano d'Asburgo a Francoforte fu eletto re dei Romani, il M. volle festeggiare l'evento con una grandiosa illuminazione. A Soriano fece subito restaurare il castello e iniziare nel 1562 la costruzione della villa Papacqua (oggi palazzo Chigi), su un progetto forse di mano di Iacopo Barozzi (il Vignola). Negli ultimi anni trascorse volentieri il suo tempo a Caprarola, ospite del cardinale Alessandro Farnese, e a Bomarzo, dove Vicino Orsini gli dedicò la torre pendente del suo giardino dei mostri.

Come cardinale di Curia il M. ricoprì ancora diversi uffici: nel 1560 o nel 1565 almeno per una volta svolse l'ufficio di viceprotettore per gli Stati ereditari; dal 1560 al 1564 fu legato nelle Marche (il collegio dei gesuiti sorto a Macerata nel 1561 deve a lui la sua fondazione) e quindi ad Ascoli, senza però risiedervi; nel 1566 fu governatore di Spoleto e dal 1569 al 1578 di Gualdo Tadino. Fu chiamato occasionalmente tra i cardinali dell'Inquisizione, dove intervenne nel processo all'arcivescovo Bartolomé Carranza de Miranda, e nel 1566 fece parte della congregazione "sopra le cose della Dieta di Germania" nell'imminenza dell'assise imperiale ad Augusta. Come successore del suo vecchio amico Otto Truchsess von Waldburg, nel 1573 divenne membro della Congregatio Germanica. Nel 1561 ebbe il titolo di cardinale vescovo di Albano, dal 1570 quello di Porto.

Tenne fino alla morte il vescovato di Bressanone, nel quale nel 1552 aveva messo come coadiutore il nipote Giovanni Tommaso von Spaur. Vi fece svolgere accurate visite pastorali nel 1561-62 dal vescovo ausiliare B. Aliprandini e di nuovo nel 1570. Nel dicembre 1564 visitò la sede vescovile e convocò per l'agosto dell'anno successivo un sinodo diocesano. Nel 1567 pensò di istituire un seminario a Bressanone, che poi non fu realizzato. Non è sicuro che sia stato lui a progettare la costruzione del castello estivo di Velturno, iniziata nel 1577.

Risale al novembre 1565 un suo soggiorno particolarmente festoso a Trento, per accogliere e scortare le arciduchesse Giovanna e Barbara d'Asburgo, che venivano in Italia per sposare rispettivamente Francesco de' Medici e Alfonso II d'Este. Al vescovato di Trento il M. rinunciò a favore del nipote Giovanni Ludovico, che il 14 nov. 1567 fu confermato vescovo da papa Pio V. Il M. trattenne per sé una pensione annua di 2000 scudi sulla mensa vescovile.

Il M. morì il 5 luglio 1578 a villa d'Este a Tivoli per un colpo apoplettico. Dopo una sepoltura provvisoria nella chiesa di S. Francesco a Tivoli, il 22 febbr. 1582 la salma fu traslata in S. Onofrio a Roma, dove il M. aveva destinato alla sepoltura di famiglia la cappella dedicata alla Madonna di Loreto.

Egli era stato uno dei cardinali più facoltosi, ma lasciò dietro di sé anche debiti cospicui, per far fronte ai quali dovettero essere alienate le proprietà terriere nel Lazio e messi all'asta gli oggetti artistici e di valore di sua proprietà.

Il M. per origine e relazioni stabilite durante gli anni di studio a Padova e Bologna, per il ruolo di principe e vescovo, per la posizione del suo vescovato in una regione di frontiera dell'Impero, di lingua italiana, e per la designazione di Trento a sede del concilio giocò un ruolo di primo piano come mediatore tra l'imperatore, i principi tedeschi e la Chiesa, e si adoperò con zelo per svolgere questo compito su cui riversava tutte le sue ambizioni. Il fatto che non fosse riuscito a conseguire successi determinanti dipende dai gravi conflitti che caratterizzarono il suo tempo. Con grande opportunismo egli sfruttò le occasioni che si offrirono per favorire la sua famiglia, che grazie alla politica matrimoniale del M. si inserì tra i principali casati nobiliari d'Europa. La sua condotta nel conflitto religioso fu ispirata più che dalla tendenza a rimarcare le differenze dalla disponibilità al compromesso. Ciò emerge anche dall'atteggiamento verso gli ebrei, che dal 1557 a Riva poterono gestire una loro tipografia, quando a Roma Paolo IV dava ordine di bruciare i libri ebraici. Nei rapporti con i protestanti egli si mostrò più disposto al dialogo di altri sostenitori della Chiesa romana. I suoi contributi alle discussioni conciliari sulle controverse questioni della legittimità delle traduzioni della Bibbia in volgare e della dottrina della giustificazione sono ispirati, più che da riflessioni teologiche, nelle quali egli denunciava in ogni caso una modesta preparazione, dalla ricerca di possibili punti di contatto con i riformati, che lo stesso Carlo V considerò a lungo possibili. In ciò si distinse da altri prelati vicini alle tesi riformate, come Reginald Pole, Ercole Gonzaga, Giovanni Morone e Iacopo Sadoleto, ai quali fu legato da rapporti personali. Che la sua condotta conciliante non fosse ispirata solo da pragmatismo si può evincere dal fatto che nei suoi ultimi anni dichiarò spesso di essere fiero di due cose nella sua vita: "l'una l'haver servito Carlo V imperatore, l'altra di haver amato e venerato il cardinale d'Inghilterra" (Bellabarba, p. 29, cit. in Processo Morone, ed. Firpo - Marcatto, I, p. 342). Allo stretto legame con il legato al concilio, Reginald Pole, dichiarato apertamente e già duramente osteggiato da Paolo IV, si aggiunga che nel processo contro Giovanni Morone, celebrato nello stesso periodo, la credibilità del M. fu ripetutamente messa in dubbio. In realtà l'interesse e la comprensione delle dispute teologiche non furono in lui molto vivi, e il fatto che egli non seppe prevedere o non prese posizione sull'apostasia di personaggi come Pietro Paolo Vergerio e il suo segretario Iacopo Aconcio ne compromise l'autorevolezza.

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