CRITICA CINEMATOGRAFICA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

CRITICA CINEMATOGRAFICA

Daniele Dottorini

I cambiamenti del 21° secolo. La crisi della critica e dei suoi luoghi storici. Le nuove forme di critica: il rapporto critica e teoria e l’importanza della rete. Bibliografia

I cambiamenti del 21° secolo. – I primi anni Duemila sono per la c. c. anni di profonda trasformazione e mutamento. Il cambiamento che l’ha investita ha riguardato anzitutto la forma attraverso cui il discorso critico si produce e si diffonde, entra in un circuito di ricezione, crea dibattito e viene riconosciuta come forma di cultura. La c. c., nel corso della sua storia, ha mostrato di essere un discorso in sé ibrido, una forma di elaborazione di giudizi e analisi di un’opera che interseca diversi saperi e discipline, mettendo in gioco lo sguardo soggettivo del critico e la volontà oggettiva dell’argomentazione. Proprio per questa sua indeterminatezza, la c. c. si è costituita come forma di scrittura capace di orientare gusti e sguardi, individuare tendenze e forme del cinema, analizzandone le peculiarità e le caratteristiche. Se è vero che la c. c. si è sviluppata sostanzialmente come una forma di scrittura peculiare e autonoma, è anche vero che nello scenario che si è aperto attualmente essa sta vivendo (come d’altronde, anche se in modi diversi, tutte le pratiche discorsive e l’organizzazione dei saperi così come si sono configurati nel corso del 20° sec.) una fase di profondo cambiamento, le cui origini risalgono agli ultimi decenni del secolo passato.

Nel corso del 20° sec., la c. c. si è sostanzialmente sviluppata come forma di scrittura, articolandosi in spazi che con il passare del tempo hanno accolto e strutturato in modalità diverse l’esercizio critico: quotidiani, riviste specializzate, editoria di settore. Le suddivisioni della c. c. rispondono generalmente a modelli teorici di riferimento o a strutturazioni formali del discorso critico. Nel primo caso, i modelli teorici – dalla critica tematica alla critica formalista, dalla politica degli autori fondata sulla pratica teorica dei «Cahiers du cinéma» fino alle varie forme della critica militante che, di volta in volta, individua linee e tendenze, autori e forme da cogliere come nuove e innovative nel panorama audiovisivo – hanno contribuito in questo senso a fare della c. c. una forma di discorso fecondo dal punto di vista critico e capace di intercettare i cambiamenti in seno alla settima arte. Le divisioni formali della c. c. rispondono invece a criteri di tipo diverso: la critica quotidianista, che si sviluppa dalle pagine dei quotidiani, è una forma più immediata di critica, con sistemi valutativi più chiari e spesso orientati secondo modelli ampliamente condivisi; la critica specializzata, che si sviluppa nelle riviste di settore, ha a disposizione modelli di riferimento e categorie interpretative più ampie ed è spesso capace di inserire l’analisi di un film all’interno di problematiche teoriche più complesse. Queste suddivisioni, che funzionano ovviamente in linea generale, sono entrate in crisi con l’avvento del nuovo millennio per una serie di cause che agiscono profondamente sul senso stesso dell’operazione critica.

La crisi della critica e dei suoi luoghi storici. – In linea generale, la trasformazione della critica si configura prima di tutto come una delegittimazione culturale ed economica, segno anche di una crisi strettamente legata a quella del discorso teorico sul cinema (v. filosofia del cinema). Delegittimazione che ha avuto inizio anzitutto nell’ambito della critica quotidianista nell’ultimo quarto del secolo scorso, e che ha visto ridursi progressivamente lo spazio dedicato alla recensione e all’articolo critico sui principali quotidiani e sulle testate di informazione politica e culturale. Lo spazio dedicato al cinema, che era inizialmente un momento d’informazione, si è infatti trasformato in occasione di promozione e intrattenimento: l’articolo di ‘costume’ ha preso il posto della recensione; le pagine dedicate alla c. c. sono diventate in parte pagine di marketing e pubblicità per il film stesso. Il ridimensionamento del valore del discorso critico è testimoniato anche dal fatto che negli ultimi anni l’editoria dedicata al cinema ha subito in tutto il mondo una flessione. Le riviste specializzate, che per decenni hanno costituito il terreno dove si sono combattute le battaglie critiche legate ai movimenti teorici o poetici delle avanguardie o del cinema moderno, hanno visto calare in modo costante le vendite negli ultimi trent’anni.

La crisi della critica specializzata, cioè nata e sviluppatasi all’interno dei suoi luoghi storici, come la rivista o il cineclub, si è delineata e quindi si è aggravata in parallelo a un profondo mutamento nelle forme della fruizione del cinema e delle sue immagini. La sala cinematografica e il cineclub hanno perso ormai da tempo la loro funzione centrale di diffusione del mito e dei rituali del cinema; i festival cinematografici hanno profondamente mutato il loro ruolo e i loro spazi di diffusione delle nuove proposte di stili, linguaggi e correnti. La moltiplicazione dell’offerta cinematografica in televisione, attraverso home video, DVD e tutti i nuovi supporti e formati di decodifica digitale dell’immagine, ha contribuito alla nascita di un nuovo consumatore di cinema, il cui luogo di aggregazione e di costruzione di una coscienza critica si sposta dalle pagine delle riviste e dai cineclub agli schermi casalinghi e individuali e alle pagine web dei forum, dei blog e dei siti dedicati all’informazione e alla discussione. In questi nuovi contesti si sta facendo progressivamente strada una sorta di ‘neocritica’, diffusa e non professionale, che si rivela sempre più capace di rinnovare (in forme qualitativamente diverse) quella comunità preposta alla valutazione critica del cinema che ha sempre accompagnato la sua storia.

Lo spazio critico si è ristretto a favore dell’informazione e del marketing legato al ‘prodotto’ cinema. Le riviste di settore sono entrate in crisi e si sta diffondendo una ‘neocinefilia’ legata a nuove modalità di consumo, diffusione e condivisione della cultura cinematografica. Da un’altra prospettiva, che si potrebbe definire ‘interna’, il mutamento delle forme e del ruolo della c. c. degli ultimi anni può essere visto come il segno di una profonda crisi strutturale di questo tipo di discorso, che sembra aver perso in larga parte la sua legittimità di contributo produttivo e necessario.

La mutazione del consumo e delle forme di fruizione del cinema, la moltiplicazione degli spazi in cui il nuovo discorso critico si sviluppa (la rete), insieme alla crisi dei luoghi tradizionali che hanno legittimato la c. c. nel corso del Novecento (la crisi della sala cinematografica e la crisi dell’editoria di settore) hanno indubbiamente agito in questo senso. Ma uno dei fattori che hanno minato la legittimità della c. c. è stato senz’altro l’assenza di un vero e proprio rinnovamento dei modelli di riferimento teorici (spesso fermi al dibattito teorico critico che si è sviluppato tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento): nozioni come quella di ‘autore’, centrale nella politique des auteurs francese e nella author theory di stampo anglosassone, continuano a essere in auge nella critica contemporanea, ma spesso svincolati da un reale ripensamento teorico. La c. c. finisce per essere spesso una ripetizione di schemi interpretativi che non sono in grado di rendere conto dei reali mutamenti dello scenario mediatico contemporaneo.

Le nuove forme di critica: il rapporto critica e teoria e l’importanza della rete. – Di fronte a queste trasformazioni tuttavia, nuove forme di c. c. hanno iniziato a svilupparsi. In ambito anglosassone, per es., è avvenuta una radicale estremizzazione delle forme della c. c.: è soprattutto in ambito accademico, all’interno dei dipartimenti universitari che si sviluppano nuove riviste e siti web, dove l’esercizio critico si converte in una pratica di analisi sofisticata del film, tesa a metterne in evidenza i meccanismi di funzionamento e le modalità di articolazione dei linguaggi. Si tratta di una c. c. formalista, scissa spesso dall’esigenza di tener conto della produzione coeva e che si rivolge pertanto a tutta la storia del cinema. La nuova critica iperspecializzata diventa quindi una branca dei Cinema studies, capace di sviluppare un proprio linguaggio specifico e delle proprie regole di analisi che non aspirano a creare una teoria, ma che si applicano di volta in volta a ogni ‘oggetto’ specifico, vale a dire a ogni film o tipologia di immagine.

La crescita massiccia della critica accademica, dal forte impianto analitico, è strettamente legata alla crisi del riconoscimento della c. c. come discorso produttore di teoria. In ambito anglosassone soprattutto, è testimoniato dalla diffusione e dall’influenza di un testo come Post-theory.Reconstructing film studies (1996), a cura di David Bordwell e Noël Carroll, in cui si nega proprio l’idea che la teoria costituisca il necessario paradigma di riferimento dell’operazione critica, il presupposto nel quale ritrovare gli strumenti interpretativi applicabili all’oggetto di volta in volta sotto analisi (cioè il film).

Tale critica si riflette nella crisi delle riviste tradizionali. Se alcune riviste storiche come i «Cahiers du cinéma», nonostante la flessione, continuano a essere punti di riferimento per il dibattito sul cinema, soprattutto per il prestigio che le accompagna, è indubbio che le nuove riviste e i nuovi spazi della critica cercano di individuare – anche come risposta all’attacco della c. c. formalista – nuove alleanze tra discorso teorico e pratica critica. Se già negli anni Novanta del seco lo scorso, riviste come «Trafic» (nata nel 1992) e «L’art du cinéma» (nata nel 1993) in Francia, «Film-Philosophy» in Inghilterra (nata nel 1997) si proponevano di ripensare l’esercizio critico come laboratorio per un discorso teorico, nel primo decennio degli anni Duemila il rapporto critica-teoria si è fatto ancora più intenso e complesso.

Nel 2006 è nata in Italia «Fata Morgana», rivista totalmente monografica che in ogni numero focalizza l’attenzione su un tema contemporaneo, discusso e pensato a partire dalle forme del cinema. Nella linea della rivista, la critica è dunque chiamata a ripensarsi come strumento in grado non solo e non tanto di analizzare il film, ma di spingere alle estreme conseguenze le sue potenzialità di sguardo sulla realtà. Monografica è anche l’australiana «Rouge», semestrale nato nel 2003 che riunisce alcune delle firme internazionali più importanti della critica attuale, da Jonathan Rosenbaum a Bill Krohn, da Adrian Martin a Yvette Bíró. Sul solco tracciato da «Trafic» si colloca la rivista argentina «Kilómetro 111», semestrale fondato nel 2000, che tenta di ripensare il ruolo della critica militante proprio a partire dagli stimoli provenienti dalla teoria contemporanea. Di struttura monografica, la rivista affronta di volta in volta i temi forti del rapporto tra cinema e contemporaneità, comprese le trasformazioni del cinema politico.

Se queste riviste hanno rilanciato con forza e programmaticamente l’idea dell’esercizio critico come pratica teorica, un’altra tendenza contemporanea mostra come, negli ultimi anni, il discorso critico stia sperimentando nuove forme, legate proprio allo sviluppo del web 2.0, vale a dire della rete Internet intesa come convergenza di media differenti e di soggetti differenti. Il proliferare di forum, blog, siti dedicati al cinema sulla rete ha favorito, da una parte, lo sviluppo di una comunità di appassionati di cinema che costruisce collettivamente il nuovo discorso critico, attraverso discussioni, commenti e scambi. Dall’altra, ha permesso, dal punto di vista dell’operazione critica stessa, la nascita di nuove forme di analisi critica del film e dei prodotti dell’audiovisivo contemporaneo. La rete e le nuove tecnologie hanno, ad es., favorito la diffusione dei video-essays, modalità di intervento critico-analitico costruite come veri e propri saggi audiovisivi in cui l’autore interagisce con il testo da analizzare, mostrandolo, rimontandolo, inserendo altri frammenti e altre immagini.

Se la c. c. tradizionale, così come si è sviluppata nel corso del 20° sec., ha visto mutare le sue modalità di azione e il ruolo che la contraddistingueva, il mutato scenario culturale del nuovo millennio ha comunque aperto nuove strade, in cui il rapporto tra critica e teoria continua a essere, pur indebolito, uno dei punti focali della pratica stessa. Se è senz’altro vero che una certa modalità di fare critica è irrimediabilmente entrata in crisi, ciò che non è scomparso (semmai si è modificato e si è trasformato) è quel processo che ha sempre accompagnato la diffusione e la visione delle immagini in movimento, vale a dire la produzione di discorsi che sono la più evidente testimonianza di come tali immagini continuino a essere occasione di domande, richieste di senso e opportunità di uno sguardo ‘in più’ sul mondo.

Bibliografia: C. Bisoni, Il linguaggio della critica cinematografica, Latina 2003; C. Bisoni, La critica cinematografica. Metodo, storia e scrittura, Bologna 2006; A. Pezzotta, La critica cinematografica, Roma 2007.

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