CRITTOGRAFIA o criptografia

Enciclopedia Italiana (1931)

CRITTOGRAFIA o criptografia (dal gr. κρυπτός "nascosto" e γραϕία "scrittura")

Vittorio Gamba

Antichissimo è l'uso delle scritture segrete. Erodoto (VII, 139) narra che Demarato riuscì a informare i Lacedemoni del progetto di Serse d'invadere la Grecia facendo pervenire loro un messaggio inciso su di una tavoletta, ricoperta poi con cera. Aulo Gellio (Noct. att., XVII, 9) parla di un sistema simile, usato dai Cartaginesi, e descrive la scytale dei Lacedemoni, della quale parlano anche Plutarco e altri autori. I caratteri venivano tracciati sopra una stretta striscia di carta o pelle arrotolata a spirale sopra un bastone e non potevano essere letti se non da chi possedeva un bastone dello stesso diametro. Svetonio (Caes., LVI) parla di un alfabeto convenzionale usato da Giulio Cesare, consistente nella sostituzione di ogni lettera con quella che la segue di tre posti nell'alfabeto normale.

Si possono distinguere tre specie di scritture segrete e cioè: a) scritture invisibili; b) scritture convenzionali dissimulate; c) scritture cifrate. Le scritture invisibili sono quelle che si cerca di sottrarre alla vista degli osservatori; gli svariati artifici, già noti agli antichi, hanno subito perfezionamenti in dipendenza dei progressi della scienza e della tecnica, principalmente della chimica, la quale ha reso possibile la composizione d'inchiostri simpatici che soltanto l'uso di reagenti speciali può rendere visibili. Nelle scritture convenzionali dissimulate e nelle scritture in cifra il linguaggio chiaro viene tradotto, in base ad apposite convenzioni, in linguaggio segreto. Nelle prime, il testo apparente ha un significato diverso da quello effettivo della comunicazione, mentre le seconde hanno anche in apparenza il carattere di comunicazioni segrete, in quanto ne risultano testi privi di significato apparente.

Scritture cifrate. - Il primo sistema di scrittura cifrata di cui si abbia sicura notizia storica, è l'alfabeto di Giulio Cesare. Simili sistemi rimasero in voga per lunghissimo tempo, ché nel Medioevo non si ebbe una sostanziale evoluzione dei sistemi crittografici. Nel Rinascimento invece la crittografia ebbe notevole impulso; nuovi sistemi di cifratura furono ideati da Giovan Battista della Porta, celebre fisico napoletano (1540-1615), autore tra l'altro di un trattato De furtivis literarum notis (Napoli 1563), da Gerolamo Cardano, medico e matematico (1501-1576), che trattò di argomenti crittografici nella sua opera De subtilitate (Lione 1554), dal tedesco Tritemio (Johannes da Trittenheim, 1462-1516), autore della Polygrafia (Francoforte 1550) e della Steganographia, hoc est ars per occultam scripturam animi sui voluntatem absentibus aperien di (Francoforte 1606-1622), dal francese Blaise de Vigenère (1522-1596) autore di un Traicté des chiffres ou sécrètes manières d'escrire (Parigi 1586). Nel sec. XVII fu attribuita grande importanza alle scritture in cifra e gli stati più importanti adottarono sistemi di cifratura molto razionali; basti dire che solo nel sec. XIX si è potuto svelare il segreto delle comunicazioni in cifra di Luigi XIV. Successivamente si ha un decadimento degli studî crittografici, sino a quando, nella seconda metà del sec. XIX, si verifica una nuova imponente fioritura e vengono pubblicate numerose opere di crittografia.

I varî sistemi di cifratura possono raggrupparsi nelle tre categorie fondamentali di sistemi a trasposizione, sistemi a sostituzione e sistemi misti. Nei primi la traduzione del linguaggio chiaro in linguaggio segreto ha luogo mediante spostamento o inversione degli elementi dei testi chiari; nei secondi mediante sostituzione degli elementi stessi con cifre crittografiche, cioè con segni convenzionali, o con gruppi di tali segni; nei terzi mediante entrambe le operazioni, eseguite successivamente l'una dopo l'altra.

La cifratura poi può aver luogo per lettere o per frazione di lettere, per sillabe, o per gruppi di un numero fisso di lettere (poligrammi), per parole o per frasi, o in modo promiscuo. In pratica però la maggior parte degli autori ripartisce i sistemi di cifratura nelle due categorie di sistemi letterali o di sistemi a repertorio, consistenti i primi nella trasposizione o sostituzione, ovvero nella trasposizione e sostituzione insieme delle lettere, di frazioni di lettere o di poligrammi, e i secondi nella sostituzione delle parole e delle frasi nonché, occorrendo, di sillabe o lettere, operazione che può essere seguita da una seconda cifratura, o sopracifratura, per trasposizione e per sostituzione delle relative cifre crittografiche. I segni convenzionali rappresentanti, nei sistemi a sostituzione, gli elementi del linguaggio chiaro possono essere di qualsiasi genere, ma nei tempi moderni è molto raro l'uso di segni che non possano essere adoperati nella corrispondenza telegrafica. Sono pertanto usati quasi esclusivamente i segni della normale scrittura, e per lo più si usano o sole cifre arabe o sole lettere e si formano gruppi di un numero fisso di elementi. Molto comuni sono i sistemi a gruppi di cinque lettere o di cinque cifre arabe, ovvero di dieci lettere costituenti un insieme pronunciabile, tali essendo i massimi tassabili per una parola nelle comunicazioni telegrafiche internazionali. I sistemi letterali possono a loro volta ripartirsi in sistemi a trasposizione, a sostituzione e misti. La convenzione in base alla quale debbono essere eseguite le operazioni di sostituzione e di trasposizione è sovente rappresentata da una chiave numerica o letterale, cioè da una serie di numeri o di lettere; è frequente poi l'uso di chiavi mnemoniche rappresentate da una parola o da una frase, le cui lettere vanno tradotte in numeri per formare le corrispondenti chiavi numeriche. La trasposizione delle lettere può aver luogo in un qualsiasi modo convenzionale e consiste nel disporre le lettere del testo chiaro in un ordine e nel rilevarle dipoi in un ordine diverso per formare il testo segreto. Può anche eseguirsi mediante l'uso di griglie, cioè di poligoni di cartone o di altra materia ripartiti in caselle, delle quali un certo numero forate. Il tipo originario è la griglia quadrata, ideata dal Cardano, con la quale la cifratura ha luogo sovrapponendo la griglia su un quadrato di pari dimensioni, scrivendo le lettere del testo chiaro in corrispondenza delle caselle forate (un quarto del numero complessivo) e ripetendo l'operazione nelle altre posizioni, che debbono farsi prendere alla griglia nell'ordine che è stato convenuto.

La sostituzione letterale può essere monoalfabetica o polialfabetica, secondo che ha luogo in base a un solo alfabeto cifrante o a più alfabeti cifranti, da adoperare contemporaneamente.

l sistemi monoalfabetici sono i più antichi; l'alfabeto cifrante è stabilito in un qualsiasi modo convenzionale e si può fare uso anche di segni nulli, nonché di omofoni, cioè di più segni rappresentanti la stessa lettera dell'alfabeto normale, usabili indifferentemente.

I sistemi polialfabetici derivano tutti dalle tabelle ideate dal Porta e dal Tritemio. Si riporta, a titolo di esempio, lo chiffre carré del Vigenère, il quale è stato molto in voga, sino a epoca relativamente recente, per scopi militari e diplomatici.

Per l'uso della suddetta tabella si adotta generalmente una chiave letterale consistente per lo più in una parola o in una frase, e la cifratura ha luogo sostituendo ogni lettera del testo chiaro con quella della colonna verticale, nel punto d'intersecazione delle colonne comincianti rispettivamente con la lettera da cifrare e con la corrispondente lettera della chiave, o viceversa. Date ad esempio la chiave Roma e la frase "Ricevuto avviso spedizione olio", la cifratura ha luogo nel modo seguente:

Possono pure compilarsi tabelle per cifratura polialfabetica aventi per alfabeto base un alfabeto intervertito (nel quale cioè sia spostato, più o meno arbitrariamente, l'ordine delle lettere dell'alfabeto normale), nonché tabelle in cui gli alfabeti cifranti, oltre a essere intervertiti, siano indipendenti l'uno dall'altro.

Sono stati ideati anche sistemi a rappresentazione numerica, nei quali gli alfabeti cifrati sono costituiti da numeri, e sistemi a chiave numerica, ma né gli uni né gli altri differiscono in maniera sostanziale, agli effetti del segreto crittografico, da quelli a rappresentazione e a chiave letterale.

I sistemi polialfabetici possono essere a chiave fissa, a chiave varitibile, a interruzione della chiave e autocifranti. Nei sistemi a chiave variabile e in quelli a interruzione della chiave occorre stabilire per convenzione il modo in cui si deve segnalare al destinatario del messaggio il cambio o l'interruzione nell'uso della chiave. Nei sistemi autocifranti si adopera la chiave per le prime lettere del testo e si usa poi, come chiave, o lo stesso testo chiaro o il testo segreto ottenuto. Può ricorrersi per la sostituzione polialfabetica all'uso di apparecchi (crittografi) o di macchine per cifrare, ciò che consente, in massima, di eseguire rapidamente le operazioni di cifratura, pure adoperando chiavi diverse e di notevole lunghezza. La cifratura per sostituzione può anche aver luogo per poligrammi, cioè per gruppi di un numero fisso di lettere, e per frazioni di lettere, cioè sostituendo le singole lettere del testo chiaro con gruppi di lettere o di cifre o di altri segni convenzionali, che si sottopongono poi a seconda cifratura. Potrebbe pure aver luogo per sillabe, ma i sistemi di questo tipo sono rarissimi e invero poco pratici.

I sistemi a repertorio, che si ritengono ideati nel sec. XVII, sono di larghissimo uso nei tempi moderni, in quanto consentono maggior garanzia di sicurezza in confronto dei sistemi letterali e producono, d'altra parte, una notevole economia di spese telegrafiche. I repertorî, altrimenti chiamati codici, vocabolarî telegrafici, dizionarî cifrati, ecc., sono libri contenenti un certo numero di voci, a ciascuna delle quali corrisponde un gruppo cifrante, composto generalmente di quattro o cinque lettere dell'alfabeto o cifre arabe (v. cifrario).

Decrittazione. - La decrittazione dei crittogrammi è la traduzione di essi in linguaggio chiaro, eseguita da chi non sia a conoscenza della convenzione costituente la base del segreto. Il lavoro di decrittazione consiste in successive induzioni e deduzioni in merito al presumibile significato dei testi presi in esame e può essere agevolato da alcune circostanze favorevoli, quali il possesso di più testi cifrati relativi allo stesso testo chiaro, ma ottenuti con cifrarî diversi, la conoscenza generica del sistema di cifratura adottato, la conoscenza parziale o totale del testo chiaro corrispondente a qualche testo cifrato del quale si sia in possesso.

Le basi linguistiche della decrittazione consistono nelle caratteristiche particolari di ciascuna lingua e cioè nelle sequenze percentuali delle lettere, dei bigrammi e trigrammi più comuni e di alcune parole, nelle sequenze percentuali delle lettere e di alcune parole tra di loro, nelle sequenze obbligate o molto probabili, in quelle escluse o assai poco probabili, nelle terminazioni più fequenti delle parole, ecc. I dati caratteristici delle principali lingue sono contenuti in varie opere di crittografia, più diffusamente di tutte in quella del Valerio (v. Bibl.).

Ove non si conosca o presuma a quale sistema crittografico appartiene il metodo di cifratura, si deve anzitutto eseguire questa indagine, la quale spesso non presenta grandi difficoltà, avendo i varî sistemi tipici particolari caratteristiche. Non è raro tuttavia, e ciò avviene generalmente per i sistemi misti, che nel testo non si rilevino sufficienti indizî per la determinazione del sistema di cifratura; in questi casi il lavoro di cripto-analisi è, naturalmente, più difficile e può anche non portare, in mancanza di circostanze favorevoli, a un pratico risultato.

La decrittazione dei sistemi letterali a trasposizione si tenta mediante successive disposizioni e spostamenti delle lettere del testo cifrato, sino a quando non si riscontra qualche combinazione di lettere, parte di parola o parola, che valga a mettere sulla buona via.

Per i sistemi letterali a sostituzione monoalfabetica la decrittazione consiste nella ricostruzione dell'alfabeto cifrante. Sia dato ad esempio il seguente crittogramma, che si presume riferirsi a un testo chiaro scritto in lingua italiana:

Il calcolo delle frequenze letterali dà il seguente risultato: 17 t; 13 h; 12 j; 10 q; 10 s; 8 z; 7 k; 6 e; 4 a; 4 n; 4 x; 3 a; 3 f; 3 m; 3 o; 2 p; 1 i; 1 l; 1 v; 1 y.

Il confronto delle suddette frequenze con quelle medie della lingua italiana (e 12,6%; i 11,6%; a 10,3%; o 8,7% ecc.) fa presumere che quattro delle lettere T, H, J, Q, S rappresentino le 4 vocali a, e, i, o; nel testo si riscontrano i bigrammi HT, HJ, HS, dei quali i primi due ricorrono due volte ciascuno, e poiché i dittonghi più frequenti in italiano sono io, ia, ie, può ritenersi H = i. I trigrammi HTQ e JQJ, che ricorrono due volte l'uno, e JHQ inducono a presumere, in considerazione della scarsa frequenza dei trittonghi, che Q rappresenti una consonante e, dato ciò, può presumersi T = o e Q = n. Il gruppo

che ricorre due volte, fa ritenere S = e e conseguentemente J = a, dopo di che la posizione e la frequenza della Z fanno presumere Z = r. A questo punto il crittogramma presenta l'aspetto seguente:

Riesce ora facile completare il lavoro di decrittazione, dal quale il testo chiaro e l'alfabeto convenzionale risultano ricostituiti cosi:

Testo chiaro: "Legazione Bolivia Londra informa Governo approvato lievi modifiche protocollo conciliazione suggerito conferenza panamericana".

La decrittazione dei sistemi letterali a sostituzione polialfabetica si fonda sui seguenti principî, rilevati dal Kasiski e dal Kerckhoffs (v. Bibl.): a) in qualunque testo cifrato due poligrammi simili sono, salvo casi eccezionali, il prodotto di due gruppi di lettere uguali cifrati con alfabeti uguali; b) il numero delle cifre compreso nell'intervallo dei due poligrammi simili è un multiplo del numero di lettere della chiave.

Determinata la lunghezza della chiave, ciò che equivale a determinare il numero degli alfabeti cifranti, si divide il testo in gruppi di lunghezza pari a quella della chiave e si calcolano le frequenze delle lettere che occupano nei gruppi lo stesso posto; confrontando le frequenze suddette ct3n quelle medie della lingua è possibile quasi sempre intuire il significato delle lettere più frequenti e formare in tal modo, in successivi tentativi, gruppi di lettere, parti di parole e parole, tenendo conto del presumibile contenuto del messaggio. Se gli alfabeti convenzionali sono disposti normalmente (tabella del Vigenère e simili) la conoscenza del significato di una lettera in un alfabeto ha per conseguenza quella del valore di tutte le altre lettere nello stesso alfabeto. Ciò non si verifica per i sistemi ad alfabeti intervertiti, nei quali però, se l'interversione è regolare, si ha l'equidistanza relativa delle varie lettere in tutti gli alfabeti e, conseguentemente, si deduce dal significato di una lettera in più alfabeti cifranti il valore che hanno in tutti questi alfabeti le lettere di cui si conosca il significato soltanto per uno di essi.

Per i sistemi a rappresentazione numerica, tanto monoalfabetici quanto polialfabetici, i metodi di decrittazione non sono diversi da quelli innanzi indicati per le rispettive categorie di sistemi a rappresentazione letterale. La decrittazione dei sistemi a repertorio si tenta in base al confronto della frequenza dei gruppi cifranti con quella delle parole di uso più frequente nella lingua e cioè delle cosiddette parole vuote più importanti (articoli, verbi ausiliarî, preposizioni, congiunzioni). La posizione di questi gruppi nel testo, il presumibile contenuto del messaggio, ed eventualmente la conoscenza, parziale o totale, di qualche testo chiaro corrispondente a un testo cifrato di cui si disponga, dànno modo d'intuire il significato di altri gruppi e di procedere nel lavoro di decrittazione.

La decrittazione dei repertorî del tipo normale è in massima possibile, ove si disponga di testi aventi complessivamente una certa lunghezza, dato che la conoscenza o presunzione del significato di alcuni gruppi cifranti costituisce una guida di grande importanza. Circostanza particolarmente favorevole è l'esistenza di serie di gruppi che facciano pensare a una parola, generalmente nome proprio, cifrata mediante cifratura delle lettere o delle sillabe. Per esempio, se in un testo ottenuto con un repertorio di 10.000 voci che si ritenga in lingua italiana e in ordine normale, si riscontra una serie di gruppi come la seguente, si deve presumere che essa rappresenti un nome proprio e che i singoli gruppi corrispondano a una vocale o a una consonante secondo queste indicazioni:

Il gruppo 0002 è senza dubbio uguale ad a; i gruppi 3409 e 4517, data la distanza dall'inizio del cifrario e la loro distanza rispettiva equivalgono presumibilmente ad e ed i; la consonante rappresentata da 3733 è molto probabilmente f. Il gruppo 7462 sarà presumibilmente corrispondente a p, r, s, ma, poiché delle tre ipotesi "Feppapi", "Ferrari", "Fessasi" la seconda è evidentemente la più probabile, può concludersi ritenendo 7462 = r. In tal modo si pongono dei punti di riferimento abbastanza attendibili per la ricostruzione del cifrario ed è agevole proseguire il lavoro di decrittazione, deducendo anzitutto, in base al calcolo delle frequenze, il significato delle parole vuote più importanti.

Per i repertorî paginati si procede in maniera analoga, tenendo conto non soltanto delle frequenze dei singoli gruppi cifranti, ma anche di quelle complessive dei gruppi contenuti in ogni pagina.

Molto più difficile è la decrittazione dei repertorî intervertiti per la mancanza di qualsiasi ordine nella disposizione dei gruppi cifranti corrispondenti alle voci chiare; il lavoro, generalmente, può avere pratico risultago soltanto ove ricorra qualche circostanza favorevole o soccorra un'intuizione particolarmente felice.

Per la decrittazione dei repertorî sopracifrati occorre scoprire il sistema in base al quale ha luogo la seconda cifratura, ciò che, in massima, non presenta difficoltà insormontabili quando il cifrario sia noto. Ove si tratti di cifrario ignoto e sopracifrato, la decrittazione è generalmente possibile nel caso che il repertorio sia del tipo normale o, al più, del tipo paginato e che la seconda cifratura non alteri la fisionomia dei gruppi; in questi casi si può effettuare il calcolo delle frequenze e procedere nel lavoro, che riuscirà quando si riesca ad intuire il metodo di sopracifratura e si possa, conseguentemente, ristabilire l'ordine dei gruppi cifranti. Quando però la sopracifratura dei repertorî dei tipi suddetti ha luogo in modo da rendere del tutto irriconoscibili i gruppi cifranti e quando si tratta di repertorî intervertitî, la decrittazione di repertorî ignoti sopracifrati è estremamente difficile.

Per i sistemi crittografici, ben rari invero nei tempi moderni, in cui gli elementi del testo chiaro siano rappresentati con segni convenzionali diversi dalle lettere dell'alfabeto e dalle cifre arabe, la decrittazione si tenta in modi analoghi a quelli indicati per i sistemi a rappresentazione letterale o numerica, nei quali possono tramutarsi i sistemi suddetti, sostituendo con gruppi di lettere o di cifre i segni convenzionali speciali.

Bibl.: C. F. Vesin de' Romani, La cryptographie dévoilée, Parigi 1857; F. W. Kasiski, Die Geheimschriften und die Dechiffrirkunst, Berlino 1863; A. Kerckhoffs, La cryptographie militaire, Parigi 1883; P. Valerio, De la cryptographie, Parigi 1893; L. Gioppi, La crittografia diplomatica, militare e commerciale, Milano 1897; M. Givierge, Cours de cryptographie, Parigi 1925; L. Sacco, Nozioni di crittografia, Roma 1925; M. Zanotti, Crittografia, Milano 1928. Una comoda serie di tabelle polialfabetiche cifranti e decifranti si ha in Volpi's ever ready Universal Cryptograph, Milano 1930.

Per la crittografia in enigmistica, v. rebus.

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