CROAZIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

CROAZIA

Oscar RANDI
Elio MIGLIORINI

. Si aggiorna, sotto questo più appropriato esponente, la voce croazia-slavonia (XI, p. 990). Fin dalla formazione del regno serbo-croato-sloveno i rapporti tra i Serbi ed i Croati non erano stati agevoli e la situazione si era ancor più aggravata quando nel 1929 le regioni storiche del territorio iugoslavo erano state sostituite, ai fini amministrativi, con i banati. In questo ordinamento la Croazia, con la Slavonia, formava il banato della Sava ed era avversa ai Serbi. Due correnti politiche si contendevano il campo: una, di maggioranza, del Partito dei contadini diretto da V. Maček, che lottava per l'autonomia in uno stato federale iugoslavo; l'altra, di minoranza, del Partito Ustascia (v., in questa App.) reclutato prevalentemente nelle città tra intellettuali e studenti, ma anche tra commercianti ed operai e che aspirava alla piena indipendenza, sotto una dinastia che cingesse la mitica corona di re Zvonimiro. Per suggerimenti e pressioni da Londra il reggente Paolo riuscì a realizzare (25 agosto 1939) il cosiddetto compromesso Maček-Zvetkovič, col quale fu concessa ai Croati un'autonomia relativa, sul tipo di quella goduta ultimamente nel quadro dell'Austria-Ungheria. Fu creato un nuovo "banato della Croazia", che estendendosi dal Danubio all'Adriatico, abbracciava l'antica Croazia-Slavonia, la Dalmazia (compresa Ragusa ed escluse le Bocche di Cattaro) che fino allora aveva formato, da sola, un banato "marittimo", ed i distretti cattolici della Bosnia occidentale e dell'Erzegovina meridionale.

Capo del nuovo banato di Croazia, comprendente in tutto circa 66 mila kmq. e 4,5 milioni di ab., era un bano, nominato dal re. Per tutti i problemi che riguardavano agricoltura, commercio, industria, foreste, miniere, lavori pubblici, politica sociale, salute pubblica, educazione, la Croazia era indipendente dal potere centrale, come appariva dal fatto che a Zagabria venne istituita un'assemblea locale (detta Sabor). Primo bano fu nominato Ivan Šubašić, parente e fiduciario di Maček.

Questa Croazia autonoma durò fino allo scoppio della guerra (6 aprile 1941) e al trionfo, nella scia dei vincitori italo-tedeschi, degli ustascia col poglavnik Ante Pavelić. Maček e Šubašić scompaiono dalla scena; la direzione nominale del Partito dei contadini viene lasciata a Franjo Gaži. Lo "stato croato indipendente" fu una creazione di Mussolini, coll'appoggio di Hitler, nel quadro di una soluzione italiana dell'annoso problema adriatico. Il retroscena diplomatico e le trattative per questo piano sono tuttavia ancora avvolte in parte nel mistero. Certo è che fin dal 1939, cioè dal tempo della costituzione del protettorato di Boemia-Moravia, il governo fascista si era assicurato, mediante uno scambio di lettere Ciano-Ribbentrop, il disinteressamento tedesco per la Croazia, in caso di dissolvimento della Iugoslavia. All'entrata delle truppe tedesche a Zagabria (11 aprile 1941) il generale croato Slavko Kvaternik proclamò lo stato indipendente di Croazia sotto la guida di Pavelić. Il giorno successivo Pavelić, dopo un colloquio con Mussolini a Palazzo Venezia, partì repentinamente per la Croazia e ottenne il 15 il formale riconoscimento del nuovo stato da parte di Mussolini e di Hitler. Il precipitare degli avvenimenti rese necessarî affrettati accordi particolari, per cui si ebbero una serie di colloqui, a Vienna il 20 aprile fra G. Ciano e Hitler, il 21 e 22 altri due fra Ciano e Ribbentrop; il 25 aprile a Lubiana, fra Ciano e Pavelić, e il 7 maggio un incontro finale fra Mussolini e Pavelić presente Ciano, a Monfalcone. Nelle trattative fu riconfermato che la Croazia rientrava nella sfera di influenza italiana: strana influenza, perché la Croazia rimaneva per due terzi (incluse Zagabria e la Bosnia), sotto occupazione germanica; ed erano specificamente salvaguardati gli interessi economici tedeschi.

Nel nuovo organismo statale erano riunite insieme Croazia, Slavonia, Bosnia-Erzegovina e gran parte della Dalmazia, con le isole di Pago, Lesina e Brazza; oltre ai banati della Sava e del Vrbas, vennero a farne parte porzioni del banato del Litorale, della Zeta, della Drina, del Danubio e della Drava. Le frontiere del regno di Croazia vennero fissate il 13 maggio 1941 verso la Germania, in base alle antiche frontiere tra i paesi austriaci e quelli della corona d'Ungheria; il 18 maggio verso l'Italia; il 7 giugno e il 27 ottobre con la Serbia e il Montenegro; con l'Ungheria il confine era segnato dalla Drava, ma non era definita l'appartenenza dell'isola della Mur (Medjumurje).

Entro questi confini, per la massima parte artificiali, la Croazia (Hrvatska) si estendeva su 102.724 kmq. e contava (dicembre 1941) 6.663.156 ab., in grande prevalenza Croati dal punto di vista della lingua, ma con minoranze di ortodossi e di musulmani accanto ad una maggioranza di cattolici. Il problema della minoranza tedesca (190 mila persone) venne risolto nel senso che, mentre ai Tedeschi della Slavonia e del Sirmio (160 mila), affluiti nel sec. XVIII in terre che erano state spopolate a causa dell'occupazione turca, venne accordato di organizzarsi liberamente, gli altri, sparsi in gruppi minori, avrebbero dovuto essere rimpatriati nel Reich. Nel 1943 la Croazia venne suddivisa in 22 zupanati (non compresa Zagabria, che ebbe un'amministrazione autonoma), aventi una superficie compresa tra 2 mila e 8.520 kmq. Essi erano alla loro volta suddivisi in distretti e in comuni.

Intanto, l'assemblea croata aveva posto mano alla costituzione del nuovo stato: con la legge del 15 maggio sulla proclamazione della monarchia, stabiliva che la sovranità dello stato croato indipendente era rappresentata dalla corona di Zvonimiro. Il 18 maggio Pavelić, con una delegazione croata, si presentò a Roma al re d'Italia per offrirgli quella corona, dicendosi ispirato dalla fede della religione di Roma e dal ricordo delle vittorie guerresche del principe Eugenio di Savoia. Vittorio Emanuele III accettò e designò a costituire la nuova dinastia suo nipote, Aimone di Savoia-Aosta, duca di Spoleto. Con i citati accordi italo-croati del 18 maggio, il governo croato era impegnato a smilitarizzare la zona compresa fra il mare e il nuovo confine, a non avere una sua marina da guerra, a preparare un'unione doganale e valutaria, a tollerare il transito di truppe italiane fino a Cattaro, ecc.

L'Italia nell'adottare questo confine si era ispirata all'intento di dar respiro a Fiume nel retroterra e nelle isole del Carnaro, di stabilire un collegamento insulare con Zara e Sebenico, con una punta fino a Spalato; e di possedere la linea insulare esterna fino a Meleda. In una nebulosa convenzione speciale si impegnava a concedere un ordinamento amministrativo particolare per la città di Spalato coi sobborghi ed i castelli, nonché per l'isola di Curzola.

In Dalmazia venivano create tre prefetture italiane e tre zupanati croati, incastonati l'uno nell'altro.

La politica fascista intendeva così iniziare, con una grave mutilazione della Croazia, quella che avrebbe dovuto essere l'amicizia e la collaborazione perpetua italo-croata. Pavelić pensò che, staccandosi dalla Serbia, per vivere indipendente, la Croazia aveva bisogno dell'appoggio di un vicino più potente. La Germania faceva paura. L'Italia rappresentava il male minore. Cessando di essere uno stato continentale, tributario del bacino danubiano, per respirare sull'Adriatico, la Croazia doveva pagare un prezzo all'Italia e Pavelić vi si rassegnò. Ma questa soluzione non trovava rispondenza nella coscienza nazionale delle masse croate e incominciarono i contrasti: l'avversione all'Italia crebbe quando l'occupazione militare italiana fu estesa alla cosiddetta "II e III zona" per frenare i massacri di Serbi e contenere le esplosioni di odio contro gli Ebrei, determinato non da fanatismo razzista, ma da spirito di vendetta, perché gli Ebrei avevano tenuto per Belgrado contro il movimento ustascia. Il nuovo stato croato prese a massacrare i "cetnici" serbi e quelli che stavano agli ordini di Londra; e dopo l'entrata in guerra della Russia, ebbe contro di sé anche i comunisti.

Poco poteva il ministro d'Italia a Zagabria, Raffaele Casertano, docile esecutore degli ordini di G. Ciano. I Tedeschi, col loro ministro Friedrich Kasche e col generale Glaise von Horstenau, spadroneggiavano e aizzavano i sentimenti italofobi dei Croati, promettendo che l'anelato dominio dell'Adriatico sarebbe stato loro assicurato dalla Germania vittoriosa. Il gen. Slavko Kvaternik, promosso vojskovodja (generalissimo) e nominato doglavnik (vice-poglavnik) collaborava coi Tedeschi e intralciava l'opera di Pavelić, tanto che venne dimesso. Anche Maček procurò a Pavelić non poche diíficoltà. Un appoggio relativo al regime di Pavelić fu dato, per sentimento patriottico, dai vescovi, mons. Aloisio Stepinac di Zagabria e Ivan Šarić di Sarajevo e in genere dal clero cattolico, per lo più rozzo, nonché dai musulmani, in odio ai Serbi.

Lo stato indipendente croato visse i suoi quattro anni di vita, sconvolto dal disordine e dalla discordia e macchiato da una collettiva frenesia sanguinaria di massacri, saccheggi, assassinî. Ma, a parte questi motivi interni di debolezza, era chiaro che lo stato croato, doveva la sua esistenza a una contingente situazione militare cioè alle vittorie delle potenze dell'Asse; cadendo queste cadrebbe anch'esso. Fu ciò che avvenne il 6 maggio 1945, coll'arrivo dell'armata comunista di Tito da mezzogiorno e degli Alleati da settentrione.

L'avvento del governo comunista, capeggiato dal croato Josip Broz, detto Tito, portò alla Croazia un nuovo, maggiore sconvolgimento politico e soprattutto sociale ed economico. Essa fu costituita come una delle sei repubbliche federali iugoslave. L'art. 3 del suo statuto (30 novembre 1946) stabilisce che la repubblica croata comprende l'attuale Dalmazia e i distretti di Osijek, Slavonski Brod, Daruvar, Bjelovar, Varaždin, Zagabria, Sisak, Karlovac, Sušak, Gospić e il circondario della città di Zagabria, con che può dirsi risorto l'antico triplice regno di Croazia-Slavonia-Dalmazia. La Croazia ha ottenuto l'agognato sbocco a Fiume, a cui si è aggiunto, dopo il trattato di pace coll'Italia (10 febbraio 1947), il possesso dell'Istria, la quale peraltro mai prima aveva fatto parte della Croazia.

Nei limiti descritti (kmq. 51.325 e 3.360.000 ab. nel 1931; capitale Zagabria con 350 mila ab. nel 1942), l'economia della repubblica federale croata, dopo i danni causati dalla guerra, si sta assestando e gli scambî tra le varie regioni (agricole, forestali, minerarie, litoranee) permettono d'integrare i diversi bisogni. Aperta per largo fronte sull'Adriatico, è la regione della nuova Iugoslavia che dal punto di vista commerciale presenta le migliori prospettive, dato che possiede i porti più efficenti della Iugoslavia.

La soluzione data al problema nazionale non ha fatto altro, in realtà, che smorzare i contrasti fra Croati e Serbi, ma non ne ha eliminati i motivi. Alcuni drastici provvedimenti hanno profondamente alterato la fisionomia sociale ed economica della regione. Mentre fino a ieri il clero ed i conventi godevano, per eredità austriaca, proprietà e prebende enormi, una legge di espropriazione agraria e di colonizzazione (fine del 1945) ha privato i proprietarî delle terre superiori ai bisogni famigliari, senza indennizzarli. Questo provvedimento e la tendenza generale del governo a distruggere la borghesia, spiegano la reazione del clero e dei cattolici, che si stringono nell'associazione illegale dei cosiddetti "crociati". Tito ha liquidato, con processi intentati davanti ai tribunali del popolo, il generalissimo Kvaternik; il secondo doglavnik Mile Budak, ispiratore dei massacri dei Serbi; mons. Stepinac, i mačekiani e tutti gli altri oppositori o ex-collaborazionisti.

Bibl.: G. Ciano, Verso la catastrofe, Milano 1948; G. Angelini, Fuochi di bivacco in Croazia, Roma 1946; V. Vrančić, Urota protiv Hrvatske, Zagabria 1943; H. Ginzel, Kroatien Heute, Zagabria 1942; C. Umiltà, Jugoslavia e Albania, Roma 1947; G. Solari-Bozzi, La Jugoslavia durante il conflitto, in Politica Estera, Roma 1945, n. 6; W. D. Isla, Commentaires sur les problèmes yougoslaves, Ginevra 1944. Per lo stato indipendente di Croazia (1941-45), v. inoltre: G. Pullé, La Croazia, Roma 1942; Consociazione turistica italiana, Croazia, Milano 1942; Istituto per l'Europa orientale, Lo stato indipendente di Croazia: note demografiche, agrarie, economiche, Roma 1943; Croazia sacra, Roma 1943; Italia e Croazia, Roma 1942.

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