Cromatografia

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Metodo fisico di separazione che permette di frazionare una miscela nei suoi componenti sfruttando la differente distribuzione fra due diverse fasi messe a contatto. La c., sviluppata per la prima volta nel 1903 da M. Tswett (con il metodo per adsorbimento su colonne), è stata da allora molto perfezionata e si è dimostrata non solo un validissimo strumento di analisi qualitativa, e talora quantitativa, nel caso di miscele di composti fra loro chimicamente molto simili (amminoacidi, zuccheri, alcaloidi, steroli ecc.), ma anche un mezzo per purificare determinati composti o per isolare, anche su scala industriale, principi di alto valore biologico (vitamine, ormoni, enzimi, antibiotici ecc.), per frazionare miscele di idrocarburi ecc. Operativamente si procede tramite percolazione, o eluizione, di una fase, detta mobile, attraverso l’altra fase che invece è fissa per cui viene detta stazionaria. A seconda dello stato di aggregazione delle fasi la c. viene suddivisa in: c. gassosa, in cui la fase mobile è gassosa e la fase stazionaria può essere solida ( c. gas-solido) o liquida ( c. gas-liquido); c. liquido-solido e c. liquido-liquido, in cui la fase mobile è liquida e la fase stazionaria è rispettivamente solida o liquida. I sistemi cromatografici possono essere suddivisi secondo il principio chimico-fisico alla base del processo o secondo le tecniche adottate.

Principi chimici-fisici

C. per adsorbimento Consiste nel far passare lentamente su una colonna (o strato) di materiale adsorbente (allumina, gel di silice, cellulosa, carbone attivo ecc.) la soluzione contenente le sostanze da separare, in quantità tale da saturare solo una modesta porzione dell’adsorbente. Le sostanze si fissano lungo la colonna dell’adsorbente a distanza crescente dall’alto in funzione del grado decrescente di affinità dei soluti verso l’adsorbente. Le forze responsabili di questo fenomeno sono principalmente forze attrattive di London, forze elettrostatiche e forze di legame idrogeno. Se le sostanze fissate sono colorate e l’adsorbente incolore, dopo un certo tempo di percolazione di un solvente (uguale o diverso da quello che teneva disciolte le sostanze) si noterà che le zone colorate si allontaneranno sempre al passare di quantità crescenti del solvente. Le sostanze fissate si possono separare frazionando le diverse zone (diversamente colorate) dell’adsorbente o facendo passare sulla colonna uno o più solventi (eluenti) e raccogliendo distintamente le diverse frazioni (eluati). C. per ripartizione Sfrutta il diverso coefficiente di ripartizione di un soluto fra due solventi; la fase fissa è liquida e viene trattenuta da un supporto inerte (cellulosa ecc.) sul quale scorre la fase mobile che può essere liquida o gassosa. Un’importante applicazione della c. per ripartizione liquido-liquido è rappresentata dalla tecnica HPLC (high performance liquid chromatography), indicata in italiano come c. a elevata prestazione. In effetti le pressioni di lavoro non sempre sono elevate, ossia il confronto va fatto con la c. liquida tradizionale nella quale il solvente fluisce per gravità. Nella c. HPLC si usano colonne in acciaio riempite (impaccate) con materiale siliceo trattato con differenti processi chimico-fisici allo scopo di modificarne la superficie di contatto. Tale pretrattamento e l’impiego di granuli molto più fini (1-10 μm) di quelli adottati in c. liquida tradizionale consentono di realizzare separazioni più rapide ed efficienti impiegando colonne a diametro interno più piccolo e campioni dell’ordine di 5-500 μl (mentre la c. liquida tradizionale richiede campioni di qualche ml). La c. liquida ad alta pressione ha trovato impiego nelle analisi di tracce, nella separazione di proteine e peptidi, nelle determinazioni di composti di interesse biologico, nella preparazione di composti allo stato puro (in particolare biopolimeri), nella determinazione del peso molecolare di polimeri sintetici. C. per scambio ionico Sfrutta la proprietà (comune a certi materiali argillosi, alle zeoliti, alle resine scambiatrici ecc.) di scambiare uno ione con un altro avente generalmente una maggiore carica elettrica, o, a parità di carica, un minor raggio ionico (nella forma idratata). Due o più specie ioniche vengono poste alla sommità della colonna di scambio, poi un’opportuna quantità di una soluzione eluente percola attraverso il letto contenente la sostanza scambiatrice; gli ioni si separano lungo la colonna migrando con velocità diverse in relazione alla loro diversa affinità per la sostanza scambiatrice e per l’eluente (che ha funzione sia di solvente che di fluido spostatore). Una tipica applicazione della c. per scambio ionico è la c. per esclusione ionica che consente la separazione su colonna a scambio ionico di non elettroliti da elettroliti, trattenuti in misura diversa. Questo tipo di c. rappresenta lo sviluppo più moderno della c. per scambio ionico e si è subito imposto come tecnica analitica di uso diffuso per la determinazione dei più comuni anioni inorganici; è stata anche applicata alle analisi organiche. Essa utilizza resine scambiatrici pellicolari caratterizzate da bassa capacità di scambio ed elevata selettività, e un rivelatore a conducibilità il cui uso richiede una fase di soppressione che consente di abbassare il fondo del segnale, altrimenti così elevato da coprire qualsiasi variazione. Lo sviluppo di colonne ad alta risoluzione e di nuovi rivelatori ha consentito di ottenere notevoli vantaggi, come la riduzione del tempo di analisi e l’estensione del campo di applicazione ad analisi di prodotti alimentari, soluzioni di metalli, detergenti e altre matrici di interesse ambientale, merceologico, industriale, medico, biologico, farmaceutico.

La c. a gel permeazione (o c. a permeazione di gelo) consente la rapida determinazione della curva di distribuzione dei pesi molecolari di un polimero; la fase stazionaria è costituita da un polimero reticolato granulare (gelo) che viene rigonfiato dal solvente non acquoso nel quale è disciolto il campione di polimero. Via via che la soluzione passa attraverso i granuli di gelo, le molecole polimeriche più piccole, che diffondono più rapidamente delle altre, penetrano più profondamente in esso e, nella fase successiva di eluizione, impiegano più tempo per essere eluite, mentre per le molecole più grandi si verifica l’inverso. In un particolare sistema cromatografico ( affinity chromatography) l’interazione enzimi-substrato viene impiegata come meccanismo di separazione; si prepara un supporto solido, specifico per un enzima, costituito da un inibitore competitivo attaccato a un polimero o a un gel: quando una miscela di proteine viene applicata su questo supporto, l’eluizione dell’enzima trattenuto dal suo inibitore sarà ritardata in rapporto alla sua costante di affinità con il supporto stesso, mentre le altre proteine, senza affinità, emergono rapidamente.

Tecniche adottate

C. su carta È un esempio di c. per ripartizione, nella quale la fase stazionaria è costituita da un liquido, in genere acqua, supportato dall’intreccio di fibre cellulosiche che costituiscono la carta; attraverso la carta un altro liquido percola in caduta ( c. discendente), o sale per capillarità ( c. ascendente). Una piccola quantità della miscela da esaminare è posta sulla carta; i soluti, quanto più sono solubili nella fase mobile, tanto più si spostano con essa; invece, quanto più essi sono solubili nella fase stazionaria, tanto più si distanziano dal fronte liquido tendendo a rimanere fermi. Pertanto i soluti si distribuiscono in punti diversi della carta; se colorati, essi saranno visibili sotto forma di macchie, invece se incolori potranno essere messi in evidenza con opportuni reattivi o con l’osservazione in luce ultravioletta ecc. (sviluppo del cromatogramma). Il rapporto tra lo spostamento di ogni singolo componente dall’origine e la distanza totale percorsa dal solvente è costante per determinate condizioni e può essere perciò usato nell’identificazione dei componenti; viene comunemente indicato con il simbolo RF (dall’inglese ratio front per indicare appunto il rapporto fra lo spostamento e il fronte del solvente). Si può anche sfruttare l’azione di una coppia di solventi che si fanno percolare l’uno dopo l’altro in due direzioni fra loro ortogonali ( c. bidimensionale); le diverse sostanze si distribuiscono sul piano del foglio di carta, ottenendosi così un alto potere risolutivo. Per separazioni che richiedono tempi lunghi di esperienza, la c. ascendente, più lenta in quanto contrastata dalla forza peso, si presta assai meglio di quella discendente. Nella c. su carta radiale la sostanza da analizzare e il solvente vengono introdotti nel punto centrale di un disco di carta: anziché macchie si ottengono cerchi colorati, in considerazione del fatto che la diffusione è radiale. C. su strato sottile Rappresenta un’estensione della c. su carta; al posto della carta vengono usati strati sottili di materiali diversi (gel di silice, cellulosa, allumina, poliammide, cellulose sostituite ecc.) posti su vetro o supporti di plastica. Si hanno separazioni rapide in tempi brevi, poiché l’adsorbente è uniforme e permette di ottenere ottime separazioni. Inoltre si può effettuare una valutazione quantitativa delle sostanze raschiando la zona dove si trova localizzata la sostanza, estraendo questa con solventi opportuni ed effettuando un’analisi fotometrica; oppure effettuando prove direttamente sullo strato (per es. con spettrofotometria di riflettanza).

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Stato di aggregazione

Legame idrogeno

Peso molecolare

Cromatografico

Scambio ionico