DACIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

DACIA

C. Forni
Red.
L. Rocchetti

Provincia dell' Impero romano. Fu l'ultima durevole conquista di Roma e la prima provincia destinata a scomparire di fatto, se non di nome, sommersa dalla pressione esercitata dalle genti che abitavano al di là del limes confinario. Costituita come provincia da Traiano nel 106 d. C., allo scadere della seconda campagna di guerra, abbracciava territori corrispondenti alle moderne regioni della Transilvania, dell'Oltenia e del Banato.

Dal 107 al 119-120 d. C. la Dacia costituì un'unica provincia alle dipendenze di un legatus Augusti pro praetore di rango consolare. Successivamente da un'unica provincia imperiale consolare con due legioni si passò a due province, di cui una imperiale procuratoria, la Dacia Inferiore, retta da un procurator Augusti vice praesidis, comprendente l'Oltenia ed estendentesi a N fino ai passi Vulcan, Surduc e Turnu Rosu delle Alpi Transilvane, a E fino al fiume Olt (Alutus), includendovi il bacino dell'Olt e del Negru, al di là delle Alpi Transilvane, fino a Breţcu (Angustia) e al passo Oituz, ad O sulla parte sud-orientale del Banato; l'altra, imperiale pretoria, la Dacia Superiore, retta da un legatus Augusti pro praetore e comprendente il resto della Transilvania, dall'alto corso del SomeŞ, (Samus) alle Alpi Transilvane e parte del Banato. Nel 158 d. C. la Dacia venne divisa in tre province: la Dacia Porolissensis, al N, comprendente la regione di Porolissum e retta da un procurator vice praesidis; la Dacia Apulensis, comprendente la regione di Apulum, la parte meridionale della Transilvania e il territorio dell'ex Dacia Inferiore, e retta da un legatus Augusti pro praetore; la Dacia Malvensis, comprendente il Banato e retta da un procurator vice praesidis. Si ritiene che, come il legato della Dacia Superiore sul procuratore della Dacia Inferiore, così anche il legato pretorio della Dacia Apulense esercitasse una specie di controllo e di supervisione sui due procuratori della Dacia Porolissense e Malvense: ciò significherebbe che esisteva una certa unità fra le province della Dacia, forse più sotto l'aspetto militare tattico (essendo il legato della Dacia Superiore e successivamente quello della Dacia Apulense anche il comandante dell'unica legione, la XIII Gemma, dislocata in Dacia), che non sotto l'aspetto militare amministrativo, dal momento che, per esempio, nei diplomi militari i procuratori sono presentati come veri e propri comandanti responsabili. Infine, nel 167 d. C., le tre Dacie vennero riunite in un'unica provincia trium Daciarum sotto l'egida di un legato consolare, dal quale dipendevano sia i singoli procuratori della Dacia Porolissense, Apulense e Malvense, sia i legati delle legioni XIII Gemina e V Macedonica.

Come è risaputo, la costruzione di strade costituiva una costante preoccupazione nell'esercito fin dalla fase della conquista e segnava la prima impronta della romanizzazione nel paese assoggettato. Per ovvie ragioni, le strade della Dacia mantennero sempre un interesse militare preminente su quello civile e commerciale. L'importante arteria che si snodava in Mesia lungo la riva destra del Danubio, formava la linea di base, dalla quale si staccavano le principali strade che si inoltravano in profondità nella Dacia. Il percorso di alcune di esse ci è noto attraverso la Tabula Peutingeriana. Sull'andamento delle medesime e di altre, non che sulla cura con cui si provvedeva alla loro manutenzione, si è informati da un certo numero di miliari (C. I. L., III, 1627, dei 108 d. C., per la strada Potaissa-Napoca; Annuar. Inst. Stud. Class., i, 2, 1933, p. 48 ss., del 165 d. C., per la strada Napoca-Porolissum; C. I. L., iii, 8o6o, del 236 d. C., per la strada da Optatiana - Almas,, sul mare; C. I. L., III, 8o61, del 251-253, per la strada Apulum-Micia; inoltre per la strada lungo l'Olt: C. I. L., iii, 13802, del 193-211 I, e C. I. L., iii, 14216-18, del Il sec., dai pressi di Slǎveni; C. I. L., iii, 14216-19, del 236 d. C., da Copàceni; e per la strada Sucidava-Romula: Archiv. Olteniei, xiii, 1938, p. 19 ss., del 328 d. C.). Infine delle strade romane rimangono talora tracce chiaramente visibili sul terreno (così per es., per le strade che portavano all'accampamento di CǎŞei, a Sarmizegetusa e tratti della strada lungo l'Olt) e sopravvivenze nella toponomastica e nel lessico rumeno (con cautela), senza contare quante moderne ripercorrono il tracciato antico e quante potranno essere rivelate dallo studio degli aerofotogrammi.

Una di queste strade partiva da Lederata, di fronte a Viminacium e, attraverso Arcidava (Vǎrǎdia), Centum Putei (Surduc), Berzobis (Jidovin), Azizis (Ezeris,) e Caput Bubali, raggiungeva Tibiscum (Iupa,) dove convergeva anche la strada proveniente da Dierna (OrŞova), per Ad Mediam (Mehadia), Praetorium (Plugova), Ad Pannonios (DomaŞna), Gaganis (Teregova?) e Masclianis (Slǎtina). Da Tibiscum la strada piegava verso oriente alla volta di Pons Augusti (Marga) e di Sarmizegetusa, e poi verso N alla volta di Aquae (Cǎlan), Germisara (Cigmǎu), Apulum (Alba-Iulia), Brucla (Aiud), Potaissa (Turda) e Napoca (Cluj), fino a raggiungere l'estrema punta di Porolissum (Moigrad), costituendo in tal modo la dorsale della rete stradale della Dacia settentrionale. Un'altra strada di grande importanza che, movendo dal Danubio, si spingeva verso N, seguiva il corso dell'Olt, per il primo tratto lungo la riva destra e per il secondo lungo la riva sinistra del fiume. Essa collegava i centri antichi di Romula (ReŞca) dove convergeva anche il tratto di strada proveniente da Sucidava (Celei), di fronte a Oescus -, Acidava (EnoŞeŞti), Rusidava (DrǎgǎŞani), Pons Aluti (JoneŞtii - Govorii), Buridava (Stolniceni), Castra Traiana (Sîmbotin), Arutela (Bivolari-Cozia), Praetorium (Racoviţa-Copǎceni), Pons Vetus (Cîineni), Caput Stenarum (Boita) e, con il corso superiore dell'Olt e del suo affluente Negru, fino a raggiungere Angustia (Breţcu) e il passo Oituz nei Carpazî orientali, da dove essa scendeva, fuori provincia, nella Moldavia meridionale per condurre infine a Dinogetia e alla foce del Danubio. Da Romula partiva una strada di raccordo per Drobeta (Turnu-Severin) - dove era il noto ponte sul Danubio fatto costruire da Traiano -, attraverso Castra nova, Pelendava (Craiova), ed Admutrium con un duplice allacciamento, da Drobeta e da Admutrium, per Sarmizegetusa attraverso il passo Vulcan delle Alpi Transilvane. Un'altra strada di raccordo univa Pons Vetus, sull'Olt, con Apulum, attraverso il passo di Turnu RoŞu e Cedonie (GuŞeriţa). Nella Transilvania, Apulum divenne, per la sua posizione geografica, il centro di un sistema radiale di strade che lo collegavano a N con Napoca-Porolissum e con l'alto corso del Somes; a E con il corso superiore del Maris e, lungo la vallata del Târnava Mare, con Angustia; a S-E, attraverso il passo di Turnu RoŞu, con la strada lungo l'Olt; a S-O con Micia (Veţel) e Sarmizegetusa; ad O, con Ampelum (Zlatna) e Aiburnus Maior (RoŞia). Pertanto Apulum era destinata non soltanto a diventare il centro politico della Dacia, con il legatus Augusti, ma anche il perno della sua difesa, come sede della legione XIII Gemina.

La difesa era inoltre assicurata dai limites stesi lungo i confini della provincia. Si trattava di un complesso di opere militari (accampamenti, fortilizî, torri di vigilanza, di avvistamento e di segnalazione, valla, ecc.), con le relative guarnigioni, allacciate fra loro dalle strade, che si snodavano lungo il confine, oppure sbarravano le vallate in profondità. Un esempio del primo tipo era fornito dal limes che si stendeva lungo il fiume Olt, appoggiato alla strada relativa (cosiddetto limes Alutanus), con i castra di Slǎveni, Romula, Acidava, Rusidava, Buridava, Castra Traiana, Arutela, RǎdǎcineŞti, Praetorium, Pons Vetus, Caput Stenarum, Cincsor, Hoghiz, Comǎlǎu, Angustia, ecc. L'organizzazione e la completa sistemazione di detto limes deve essere stata compiuta da Adriano e, come tale, perdurò finché Settimio Severo, sia per disporre di una linea di difesa più corta rispetto a quella tortuosa del limes dell'Olt, sia per proteggere più efficacemente il fianco del bacino del corso superiore del medesimo fiume, fece costruire un nuovo limes, più avanzato, nella Muntenia (cosiddetto Transalutanus o Valachicus). Esso si staccava dal Danubio all'altezza di Flǎminda, 10 km ad oriente della foce dell'Olt, e si estendeva verso N, parallelamente al limes dell'Olt ed a circa 10-5o km di distanza da questo, fino a PikeŞti e a Câmpulung, da dove, come è presumibile, piegava leggermente verso oriente, attraversava le Alpi Transilvane al passo di Bran, scendendo verso BraŞov fino a congiungersi con il limes dell'Olt fra Hoghiz e Comǎlǎu: complessivamente per una lunghezza di circa 235 km. Castra e castella si susseguivano alle spalle di un vallum e ad una distanza di 10-65 km l'uno dall'altro: Flamîda, Puţineiu, Bǎneasa, RoŞiorii-de-Vede, Gresia, Ghioca, Urlueni, Fîlfani-IzbǎŞeŞti, Sàpata-de-Jos, Albota, Purchǎreni, Jidava, Rucǎr e Cumidava (RâŞnov). Questo limes della Muntenia sembra sia stato abbandonato dalle truppe dopo il 242 d. C.

Nella Transilvania si ebbe un limes paragonabile in un certo senso a quello dell'Olt soltanto nella serie di accampamenti disposti alle spalle del MezeŞ, e nella vallata del fiume Agris: Porolissum (Moigrad), Certa (Romita), Agris,, Bozna, Bucium (Varmezö) e Resculum (Bologa); più all'interno: Optatiana (Zutor). Per il resto valse il principio dello sbarramento delle vallate mediante castra e castella disposti a catena, collegati tra loro da strade e scaglionati in profondità secondo linee radiali centripete. A parte i due accampamenti legionari di Apulum e di Potaissa, si veda la disposizione degli accampamenti di Tihǎu, CǎŞei e IliŞua nella vallata dell'alto SomeŞ; di Gherla e di Gilǎu, sul medio corso del SomeŞ; il Veta, Brîncovenesti, Cǎlugǎreni, CristeŞti (Singidava?), Feldioara-Rǎzboieni (Salinae?), nella vallata dell'alto MureŞ; di Sǎrata, Inlǎceni, Odorhei, Târnavern, SighiŞoara e Pâuleni, nelle vallate del Târnava Micǎ e Târnava Mare; di Germisara (Cigmǎu) e di Micia (Veţel), lungo la vallata del basso MureŞ; di Tibiscum (Jupa), nella vallata del TimiŞ; e nel Banato, sulle strade Tibiscum-Lederata e Tibiscum-Dierna, gli accampamenti di Arcidava (Vǎrǎdia), VârŞeţ, Moldova Veche, Pojejena Sârbeascǎ, Teregova, Ad Pannonios (DomaŞna), Praetorium (Plugova), Ad Mediam (Mehadia) e Dierna (OrŞova). La organizzazione del limes della Transilvania e del Banato, cominciata già in età traianea e proseguita sotto Adriano e i suoi successori, fu perfezionata sotto i Severi, che vi restaurarono e ricostruirono accampamenti e apprestamenti difensivi. Ma, nonostante ogni sforzo, esso fu il primo ad essere abbandonato dalle truppe romane per decisioni di Aureliano.

Nell'interno della Dacia Inferiore si ebbero gli accampamenti di Sucidava (Celei) e di Drobeta (Turnu-Severin), lungo il Danubio, e di Castra Nova, Rǎcari e BumbeŞti, rispettivamente sulla strada Romula-Drobeta e Drobeta-Sarmizegetusa. Situati in territori centrali e interni rispetto alle linee difensive, questi accampamenti perdettero durante il II sec. tutta o quasi l'importanza che avevano avuto nella fase di conquista, per riacquistarla nel III sec. in concomitanza con i movimenti dei barbari, con la necessità della difesa in profondità e con il ripiegamento delle forze romane dalla Dacia.

La romanizzazione della Dacia fu rapida. Ancora a Traiano infatti, e probabilmente agli anni 107-108, risale la fondazione della colonia di Sarmizegetusa. Quanto ad Apulum, due ordini di fatti sono sicuri e generalmente accettati: e cioè l'esistenza simultanea, sotto M. Aurelio, di due centri urbani distinti per costituzione (una colonia e un municipio) e topograficamente, e la creazione di una comunità di cittadini romani già sotto Traiano. In particolare dovrebbe essere riportata a Traiano la creazione della colonia di Apulum. Sotto M. Aurelio detta colonia, riconfermata come tale, ricevette il soprannome di Aurelia, mentre fu costituito al suo fianco il municipium Aurelium, successivamente soprannominato Septimium ed eretto al rango di colonia nova più tardi (così almeno secondo la verosimiglianza). Che Dierna fosse stata eretta a colonia da Traiano è attestato da Ulpiano, ma è contraddetto dalle epigrafi. Del resto l'intera testimonianza di Ulpiano relativa alla condizione giuridica delle città daciche (Dig., l, 15, i, 8-9), è quanto meno lacunosa, inesatta e non esente da errori. Di sicura creazione adrianea furono i municipî di Drobeta e di Napoca. Divennero municipi con Settimio Severo Porolissum e Potaissa (successivamente colonia). Invece si ignora quando possano essere stati eretti a municipi Ampelum, Dierna, Romula (poi colonia) e Tibiscum, e a colonia Malva. Le tribù cui vennero ascritte le comunità municipali e coloniali di Traiano e di Adriano, furono naturalmente quelle stesse degli imperatori che le avevano rispettivamente costituite: le tribù Papiria e Sergia.

Alle colonie ed ai municipî facevano corona un grande numero di pagi e di vici che, retti da magistri, ne dipendevano: Salinae (Feldioara-Rǎzboieni?), Aquae (Cǎlan), Alburnus Maior (RoŞia), Micia (Veţel), Germisara (Cigmǎu), Brucia (Aiud), ecc., sorti soprattutto nelle regioni di sfruttamento del sale, delle foreste, dei pascoli e delle miniere d'oro (soprattutto fra i monti Apuseni e di Rodna) e di ferro (nelle regioni di Hunedoara e di Turda). Si trattava di beni demaniali appaltati dallo stato romano con beneficio delle finanze proprie e di privati. Caratteristica, come nelle altre province, la produzione di terra sigillata d'imitazione, accanto alla ceramica di impasto e di forme daciche locali.

Culti. - La maggior parte delle divinità venerate in Dacia apparteneva al pantheon greco-romano. Tuttavia considerevolmente alto è il numero delle dediche a divinità orientali (Mithra, Iuppiter Dolichenus e Turmasgadis, Isis), accanto ad alcune poste a divinità d'origine celtica, germanica e trace (Iuppiter Bussumarus e Bussurigius, Epona, Quadriviae, Cavaliere trace, ecc.). Anche il culto imperiale, con il sacerdos arae Augusti e l'organizzazione degli Augustales, aveva il suo posto.

Superata la crisi delle guerre contro i Marcomanni e conclusa da Commodo la pace, un nuovo periodo di calma, appena turbata dai Daci liberi, e di prosperità si aprì per la provincia. Esso durò all'incirca mezzo secolo. Poi gli attacchi alla provincia ripresero con estrema violenza. A Costantino e all'attività da lui spesa nella parte meridionale dell'Oltenia dopo la sconfitta inferta ai Goti nel 324-328, sembra risalire il Brazdalui Novac, un terrapieno di circa 700 km che, staccandosi dal Danubio a Ostrovul Corbului, un po' a S di Drobeta, attraversa l'Oltenia con una direzione quasi parallela al corso del Danubio, incrociando il limes dell'Olt a N di Romula e il limes della Muntenia presso Urlueni, per terminare a Brǎila, ancora sul Danubio. Costantiniane sono comunque le fortificazioni delle teste di ponte transdanubiane di Drobeta, Sucidava e Daphne. Con le suddette, altre piazzeforti sulla riva sinistra del Danubio, come Dierna, Desa-Dolj, Bistreţ-Dolj, Turris (T. Mǎgurele) e Frumoasa, furono tenute dal 274 al V sec. da truppe romane a presidio della Dacia restituta, ma soprattutto, della Dacia ripensis.

Bibl.: Brandis, in Pauly-Wissowa, IV, 1901, c. 1498 ss., s. v. Dacia; N. Feliciani, in E. De Ruggiero, Diz., II, 1907, p. 1440 ss., s. v. Dacia; V. Parvan, Ṣtori nouǎ din Dacia Malvensis, in Anal. Acad. Române, XXXVI, 2, 1913, p. 42 ss.; A. D. Xenopol, Istoria Românilor din Dacia Traiăna, 3 d., Bucarest 1945; R. Paribeni, L'ordinamento della conquista di Traiano in Dacia, II, 1925, p. 4 ss.; id., Optimus Princeps, Messina 1926-1927, p. 314 ss.; V. Christescu, Istoria milităra a Daciei romane, Bucarest 1937; E. Panaitescu, Le grandi strade romane in Romania, Roma 1938; C. Daicoviciu, La Transilvania nell'antichità, Bucarest 1943; J. Szilágyj, Die Besatzungen des Verteidingussystems von Dazien u. ihre Ziegelstempel, Budapest 1943; E. Stein, Die Reichsbeamten von Dazien, Budapest 1944; H. Vetters, Dacia ripensis, Vienna 1950; I. T. Kruglikova, Dakija v epochu rimskoj okkupacii, Mosca 1955; D. Tudor, Oltenia romana, 2a ed., Bucarest 1958; G. Forni, Contributo alla storia della Dacia romana, in Athenaeum, XXXVI, 1958, p. 3 ss.; id., in E. De Ruggiero, Diz., IV, 1959, s. v. limes; id., Dacia romana tributim descripta (in corso di stampa).

(C. Forni)

Il Museo Nazionale di Antichità di Bucarest, fondato nell'anno 1864, contiene la maggior parte della documentazione archeologica della antica Dacia. Esso è stato trasformato nel 1956 nell'attuale Istituto di Archeologia dipendente dall'Accademia della Repubblica Popolare Romena, così da funzionare come una sezione dell'Istituto, che organizza le ricerche e gli scavi archeologici in tutto il paese.

Il Museo Nazionale di Antichità raccoglie ricche collezioni dal Paleolitico sino a tutta l'età feudale. Citiamo, tra i materiali più importanti, le ricche scoperte riguardanti la cultura neolitica del tipo Cucuteni, nonché il materiale appartenente alle altre culture della stessa epoca (la cultura Boian, Baia-Hamangia, Vadastra, Gumelnita, Salcuta, ecc.). Le epoche successive sono egualmente ben rappresentate. Così per l'Età del Bronzo esistono materiali provenienti dalle grandi stazioni abitate e dai cimiteri di Sarata Monteoru; numerose urne, idoli ed altri oggetti dei crematorî della necropoli di Cima, nonché un gran numero di vasi funerari e di oggetti in bronzo da diverse altre parti del paese. La cultura dacia delle due Epoche del Ferro è illustrata nel museo dal materiale proveniente dai luoghi di stabilimento di Poiana, in Moldavia, di Popesti, nei pressi di Bucarest e da altri luoghi. Numerosissimi sono i monumenti dell'epoca greco-romana scoperti per la maggior parte in Dobrugia, nelle antiche cittadelle sul litorale del Mar Nero: Histria, Tomis, Callatis. Questi monumenti constano di un gran numero di iscrizioni greche e latine, di pezzi architettonici, di sculture, ceramiche, ecc. Da Nissa proviene una testa in bronzo dell'imperatore Costantino.

Ricordiamo del pari i monumenti dell'epoca delle migrazioni, tra le quali anche il celebre tesoro aureo di Pietroasa, che data dal IV sec. dell'èra nostra, così come le ricche scoperte del X-XII sec. da Capidava, Garvan, Dridu, ecc. Il museo ha una grande collezione numismatica che raccoglie monete greche, romane, bizantine e medievali.

Altri materiali archeologici locali sono raccolti nei musei seguenti: Museo Regionale di Alba Iulia; Museo Archeologico di Constanza; Museo Regionale di Dava; Museo delle Porte di Ferro, a Turnu Severin; Museo Regionale della Oltenia, a Craiova; Museo Regionale di Suceava, a Suceava; Museo Regionale di Timiṣoara, nel Castello Hunyadi di Timiṣoara.

(Red.Bibl.: Monete traianee: Mattingly-Sydenham, The Roman Imperial Coinage, II, p. 294, nn. 70, 71, tav. VIII, 135; II, p. 276, 447; II, p. 276, 448; II, p. 250, n. 88; p. 249, n. 78; II, p. 551, n. 98, pp. 283-284, nn. 260-265, 266. Rappr. da un prigioniero: II, p. 251, n. 99; p. 250, n. 96; tav. VIII, 141; p. 288, n. 620. Altri esemplari: II, p. 282, nn. 543, 545; p. 258, nn. 208, 209; p. 282, nn. 543-542, tav. X, 183; II, p. 248, n. 215, tav. VIII, 145; II, pp. 256, 257, nn. 187-190; p. 280, n. 499; p. 279, nn. 485-488, tav. X, 206; p. 257, n. 190, tav. VIII, 144; p. 258, nn. 210, 211; II, p. 288, n. 621-623, tav. XI, 192. Monete adrianee: Mattingly-Sydenham, II, p. 447, n. 849, tav. XV, 321. Monetazione posteriore: H. Cohen, 2a, V, pp. 187, 188, nn. 12-29; p. 188-189, nn. 30-36; VI, Claudio il Gotico, p. 222, n. 143; Aureliano, p. 227, n. 101, tav. VIII, 121. Rilievo: H. S. Jones, Cat. of Sculptures in the Palazzo dei Conservatori, p. 17, n. 6, tav. 8.

(L. Rocchetti)