Dancalia

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Regione dell’Africa orientale, che si affaccia sul Mar Rosso fra il Golfo di Zula e il Golfo di Tadgioura, priva di limiti ben definiti. Per la massima parte appartiene all’Etiopia. La costa, fiancheggiata da rilievi tabulari, è rotta da numerose insenature, cosparse di isole, ma scarsa di approdi: il più ampio è Assab. La D. interna è una vasta depressione in massima parte ricoperta da materiali vulcanici antichi e recenti, e divisa in vari bacini: il più vasto, a N, è il Piano del Sale, che scende a 116 m sotto il livello del Mar Rosso. Il clima è caldo e aridissimo; i torrenti che vengono dall’altopiano si prosciugano presto e le aree depresse sono spesso coperte da ampie efflorescenze saline. In vaste estensioni appare il deserto nelle forme più crude. Poche oasi, alimentate da acque sorgive e sotterranee, hanno palme da dattero coltivate. Principale risorsa è il sale.

Il nome nazionale degli abitanti, in arabo dankal o danakil (da cui l’italiano Danachili o Dancali), è ‛Afar. Parlano una lingua del gruppo cuscitico. Sono in gran parte pastori; lungo la costa praticano anche la pesca e il commercio marittimo, mentre l’agricoltura è possibile solo in rare zone (Aussa). Vivono in capanne emisferiche smontabili, talora entro caverne, e si spostano stagionalmente verso l’interno. Il vestiario è costituito da cotonati drappeggiati intorno alla persona. Le tecniche, tolta l’intrecciatura (stuoie, cesti) che è abilmente praticata dalle donne, sono povere, ma ha notevole importanza l’estrazione e il commercio del salgemma, che viene esportato in Etiopia. La società è organizzata in lignaggi, la cui unione forma le cosiddette qabila rette da capi non ereditari e da assemblee di anziani; posseggono un sistema di classi d’età e praticano alcune forme di mutilazione sessuale (circoncisione maschile, infibulazione). La religione è quella musulmana.

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