DANIMARCA

Enciclopedia del Cinema (2003)

Danimarca

Stefano Boni

Cinematografia

Il cinema danese si sviluppò assai presto e conobbe un periodo aureo nella prima metà degli anni Dieci, quando divenne, nonostante le limitatissime dimensioni del Paese e della sua popolazione, uno dei più importanti del mondo sotto il profilo artistico, produttivo e commerciale; entrò poi in crisi al termine del primo conflitto mondiale. Nonostante una certa ripresa a partire dalla metà degli anni Trenta, per diversi decenni l'unico autore internazionalmente riconosciuto fu Carl Theodor Dreyer, il quale incontrò un interesse critico straordinario e consegnò alla storia opere di altissimo valore; tutti gli altri registi, pur partecipando a importanti festival in vari Paesi, non furono mai davvero presi in considerazione, e soltanto sporadicamente le loro opere furono distribuite all'estero. Dalla fine degli anni Ottanta il cinema danese è tuttavia tornato alla ribalta, riscuotendo un certo successo grazie prima alle opere di Bille August e di Gabriel Axel, e poi a quelle di Lars von Trier e degli altri esponenti del movimento Dogme 95.

Origini e apogeo del muto, 1896-1916

La prima proiezione pubblica venne organizzata nel 1896 a Copenaghen da Vilhelm Pacht, il proprietario di un parco di divertimenti, con l'apparecchio e i filmati dei fratelli Lumière. Lo stesso anno il fotografo di corte Peter Elfelt diresse il primo film, Kørsel med grønlandske hunde (Spostarsi con i cani groenlandesi), un falso reportage girato in un parco della capitale. Nel corso dei successivi quindici anni, Elfelt realizzò oltre duecento documentari e un solo film di finzione, Henrettelsen (1903, L'esecuzione). Solo nel 1904, tuttavia, venne aperta la prima sala cinematografica: nel corso dei due anni successivi i locali si moltiplicarono in ogni parte del Paese.

Nel 1906 un esercente di Copenaghen, Ole Olsen, fondò la prima casa di produzione, la Nordisk Films Kompagni, con un progetto di standardizzazione basato sul modello statunitense: la Nordisk si specializzò in melodrammi ‒ perlopiù da camera ‒, farse e thriller. In soli quattro anni raggiunse i 1700 dipendenti e divenne la seconda società europea, dopo la francese Pathé, passando dai 32 film del 1906 ai 65 del 1907 e ai 106 del 1910. Agli inizi del 21° sec. è la più antica casa di produzione del mondo ancora in attività. A partire dal 1909 nacquero altre compagnie: nel 1910 ne erano presenti già venticinque, anche se molte chiusero i battenti dopo aver distribuito soltanto una manciata di film; le più importanti, oltre alla Nordisk, erano la Fotorama (specializzata in film storici), la Biorama, la Kosmorama e la Dansk Biografkompagni. Fra il 1910 e il 1916 la D., con soli tre milioni di abitanti, fu il terzo produttore ed esportatore cinematografico del mondo (dopo Francia e Stati Uniti), esercitando un dominio assoluto su tutti i mercati dell'Europa settentrionale, centrale e orientale, e facendo in Francia, in Gran Bretagna e in Italia una seria concorrenza alle industrie locali; la Nordisk, in particolare, raggiunse una tale potenza economica che, data la limitatezza del mercato nazionale, dovette investire massicciamente all'estero, soprattutto nell'esercizio: fino al 1918 fu proprietaria della principale catena di cinematografi della Germania.

Le opere danesi introdussero nel panorama cinematografico mondiale alcuni importanti elementi di novità: il realismo delle ambientazioni, un uso della luce estremamente espressivo e uno stile recitativo assai più misurato rispetto al modello italiano o francese. Il 1910 vide anche la nascita del fenomeno del divismo, generato dalla grande presa sul pubblico di attrici come Clara Pontoppidan e Asta Nielsen. La Nielsen, in particolare, conquistò una straordinaria popolarità con Afgrunden (1910; L'abisso) di Urban Gad, prodotto dalla Kosmorama, che segnò la nascita della figura della vamp e di un nuovo genere, il 'melodramma erotico'. Quest'ultimo fece sensazione in tutto il mondo e fu uno degli elementi determinanti nell'affermazione internazionale del cinema danese. Gad e la Nielsen si sposarono l'anno successivo e si trasferirono in Germania, dove continuarono la loro carriera. Prima di lasciare il Paese natale, l'attrice recitò in altri due film importanti, Den sorte drøm (1911, Il sogno nero) di Gad e Balletdanserinden (1911, La ballerina) di August Blom.

Fu Alfred Lind a introdurre, con Den hvide slavehandel (1910, La tratta delle schiave bianche), un'altra innovazione destinata a diffondersi in tutta Europa, l'ampliamento della durata che avrebbe portato poi al lungometraggio. Questo film della Fotorama, di circa 35 minuti (fino allora la durata massima era circa 15 minuti), inaugurò anche il genere 'sensazionale', dato che fu il primo ad affrontare in maniera esplicita il tema della prostituzione.

Fu però Blom a rendere popolare questa nuova forma tecnico-narrativa: pochi mesi dopo realizzò per la Nordisk un remake del film di Lind con il medesimo titolo, dando vita a una serie che proseguì nel 1911 e nel 1912 con altri due episodi (l'ultimo dei quali diretto da Gad), molto amata dal pubblico per la varietà di situazioni e per i colpi di scena. La maggiore durata consentiva agli sceneggiatori di elaborare intrecci più complessi e avvincenti, sviluppando meglio i personaggi e imprimendo all'azione un ritmo più veloce. Nel 1911 la Nordisk fu così la prima grande compagnia europea a dedicarvisi esclusivamente. Tra le opere più significative di Blom, sono da ricordare soprattutto Ved fænglets port (1911, All'ingresso del carcere) e Atlantis (1913), che superava le due ore di proiezione.

La crisi del muto, 1916-1930

La crisi del cinema danese ebbe inizio nel 1916, e fu causata in parte dalla guerra e in parte dalla ripetitività dei soggetti, che non erano più in grado di fronteggiare la concorrenza tedesca e statunitense. Dai 152 film del 1916 si passò ai 66 del 1919, ai 12 del 1924 e infine si scese ai 2 del 1930, mentre le società si riducevano a tre (la Nordisk, l'Astra, fondata nel 1916, e la Palladium, nel 1920). Persino il pubblico locale abbandonò il cinema danese: alla fine degli anni Venti soltanto l'1% dei biglietti venduti andava alla produzione nazionale.

Nel periodo 1918-1926 il regista di maggior successo commerciale fu Anders Wilhelm Sandberg, che divenne la figura più importante della Nordisk e riscosse significativi consensi in patria e all'estero soprattutto grazie ai suoi adattamenti di opere di Ch. Dickens, Vor faelles ven (1919, Il nostro comune amico), Store forventninger (1921, Grandi speranze), David Copperfield (1922), Lille Dorrit (1924, La piccola Dorrit). Gli unici altri registi che continuarono a girare con discreti risultati commerciali furono Forest Holger-Madsen e Lau Lauritzen Sr. Il primo si specializzò in drammi a sfondo storico-sociale, come Ned med vaabnene (1915, Giù le armi) ‒ sceneggiato da Dreyer ‒ e Himmelskibet (1918, La nave spaziale). Il secondo fu il maggiore autore di commedie e farse, nonché fondatore della Palladium; tra il 1921 e il 1931 diresse una serie di trenta film con la coppia comica formata da Fytrårnet e Bivognen ('il faro' e 'il vagone'), interpretati da Carl Schenstrøm e Harald Madsen. Sul piano dei risultati estetici, i due maggiori innovatori furono tuttavia Benjamin Christensen e Dreyer, anche se il riscontro commerciale delle loro opere fu nel complesso piuttosto modesto. Christensen diresse soltanto due film in D.: Det hemmelighedsfulde X (1913, Il misterioso X) e Hævnens nat (1915, Notte di vendetta), prodotti dalla Dansk. Lavorò poi in Svezia, Germania e Stati Uniti, dove realizzò le sue opere più note. Dreyer, invece, iniziò la sua collaborazione con la Nordisk in coincidenza con il declino dell'azienda, che gli produsse Præsidenten (1918, Il presidente) e Blade af Satans bog (1921; Pagine dal libro di Satana). Continuò la sua carriera in Svezia, Germania e Norvegia, per raggiungere poi un successo di critica in patria con Du skal ære din hustru (1925; Il padrone di casa o L'angelo del focolare), girato per la Palladium. La sua fama giunse sino in Francia, dove gli fu offerta la regia di La passion de Jeanne d'Arc (1927; La passione di Giovanna d'Arco).

L'avvento del sonoro

Nel 1928 nacque la Nordisk Tonefilm (erede della Nordisk Films, che era fallita pochi mesi prima), che produsse nel 1931 il primo lungometraggio sonoro con finanziamenti interamente da-nesi, Præsten i Vejlby (Il pastore di Vejlby) di George Schnéevoigt. Il film ebbe un notevole successo e ridiede speranza nel futuro a tutti i produttori danesi. Nel 1932 fu creato un ente privato, il Dansk Kulturfilm, destinato a produrre documentari e film per ragazzi. Per la prima volta fu inoltre varata una politica cinematografica pubblica: il primo atto fu la legge del 1933, che divise rigidamente le figure dei produttori da quelle dei distributori e degli esercenti. Le case di produzione non potevano quindi né distribuire film né possedere sale cinematografiche (tranne una per ogni società, a Copenaghen); allo stesso modo, ai distributori era proibito gestire locali e partecipare alle produzioni: lo scopo era soprattutto quello di evitare che una liberalizzazione del mercato permettesse alle grandi società di distribuzione statunitensi di controllare anche le sale. La programmazione di queste ultime sarebbe stata inoltre diretta da 'esperti di cinema' designati dal governo, che avrebbero scelto opere di valore sociale e culturale. Nel 1938 una nuova legge istituì lo Statens Filmcentral (centro statale del cinema), destinato a coordinare tutta la politica pubblica in materia e a promuovere cortometraggi, documentari e film per ragazzi; per finanziare tali opere venne creata una speciale tassa sugli introiti delle sale (tranne quelle appartenenti a case di produzione danesi), che andò a costituire un apposito fondo (Statens Filmfond). Non era però prevista alcuna forma di incentivazione per la cinematografia a carattere non educativo; la tassazione era inoltre così elevata che ormai i film danesi, per poter risultare in attivo, dovevano essere visti da una parte consistente della popolazione. Per raggiungere questo risultato le case di produzione furono costrette ad assecondare i gusti degli spettatori, e la conseguenza fu un certo appiattimento dei soggetti. Il progetto di un cinema di qualità ottenne quindi risultati modesti, e il genere prevalente fu in quel periodo il musical, che era assai amato dal grande pubblico.

Nel corso degli anni Trenta il cinema divenne per la prima volta un fenomeno veramente di massa: si aprirono numerose sale (soprattutto a partire dal 1935), mentre altre venivano ingrandite e rimodernate, e i biglietti venduti aumentarono considerevolmente, fino a raggiungere i 28 milioni nel 1939. La produzione nazionale passò dai quattro film del 1931 ai nove del 1934, per poi stabilizzarsi su una media di dieci all'anno per tutta la seconda metà del decennio, mentre la sua quota di mercato saliva progressivamente fino a raggiungere il 30%; alle due aziende sopravvissute, la Nordisk e la Palladium, si aggiunse nel 1936 l'ASA. Tra i maggiori successi si ricordano i film Nyhavn 17 (1933) di Schnéevoigt, Palos brudefærd (1934, Il viaggio di nozze di Palo) di Friedrich Dalsheim e Sommerglæder (1940, Le gioie dell'estate) di Svend Methling.

L'occupazione tedesca

Nel 1940 la D. venne occupata dalle truppe hitleriane, e l'industria del cinema venne sottoposta a un rigido controllo. Furono banditi i film inglesi e quelli statunitensi. Vennero invece capillarmente diffuse le opere tedesche, ma il pubblico dimostrò di non gradirle e disertò le sale. Ebbe quindi la meglio il cinema svedese, culturalmente più simile a quello locale e di migliore fattura. Nel complesso, l'afflusso del pubblico crebbe in pochi anni di quasi il 70%: si passò dai 28 milioni di biglietti del 1939 ai 47 del 1945; e nel 1941 venne fondato il Danske Filmmuseum (la cineteca di Copenaghen). Anche la produzione aumentò notevolmente, arrivando nel periodo 1941-1944 a una media di diciassette film all'anno, e nel 1942 fu creata una quarta compagnia, la SAGA; ci si concentrò sostanzialmente sui generi della commedia e del film comico e farsesco di ispirazione statunitense, al fine di riempire il vuoto generato dal blocco delle importazioni. Parallelamente, tuttavia, emerse una variante del noir che aveva nel realismo e nell'approfondimento psicologico dei personaggi le sue caratteristiche distintive. Particolarmente significativi in questo senso furono Afsporet (1942, Smarrita) diretto da Bodil Ipsen e Lau Lauritzen Jr, e Besættelse (1944, Occupazione), ancora della Ipsen, che faceva esplicito riferimento alla situazione politica del Paese. Non va poi dimenticato che nel 1943 Dreyer tornò dietro alla macchina da presa dopo un decennio di silenzio per realizzare Vredens dag (Dies irae), uno dei suoi grandi capolavori.

I primi anni del dopoguerra

Dopo la liberazione fu mantenuto il protezionismo nei confronti delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti. Venne anche abrogata la disposizione della legge del 1933 che impediva ai produttori di investire nell'esercizio. Nonostante ciò, il numero dei film (dieci all'anno tra il 1945 e il 1949) ricadde al livello della seconda metà degli anni Trenta, e anche la risposta del pubblico fu modesta: si passò dai 47 milioni di biglietti del 1945 ai 54 del 1947, per poi ridiscendere ai 52 del 1950. I generi più popolari restarono la commedia e il poliziesco. Vennero anche girati documentari e film di finzione sull'occupazione nazista: alla prima categoria appartiene Det gælder din frihed (1946, Si tratta della tua libertà) di Theodor Christensen, e alla seconda De røde enge (1945, La terra rossa) di Ipsen e Lauritzen Jr, e Den usynlige hær (1945, L'armata invisibile) di Johan Jacobsen, lavori propagandistici volti all'esaltazione della Resistenza. Interessante fu inoltre il breve fenomeno dei film di viaggio, che venivano proiettati soprattutto nelle sale parrocchiali, dove il cinema di finzione era proibito: sebbene non fossero propriamente dei documentari, venivano comunque considerati tali e proposti a un vasto pubblico desideroso di conoscere Paesi lontani ed esotici. Tale genere scomparve negli anni Cinquanta, quando i danesi cominciarono ad andare all'estero con maggiore frequenza.

La tradizione documentaristica era peraltro molto forte ed ebbe rappresentanti di grande valore. Il regista Jørgen Roos ne fu il pioniere e lavorò dall'inizio degli anni Quaranta, seguendo le orme di Robert J. Flaherty, soprattutto in Groenlandia. Nello stesso periodo fecero il loro esordio Ole Palsbo e i coniugi Bjarne e Astrid Henning-Jensen. Questi ultimi si dedicarono anche al lungometraggio di finzione, ma sempre con un'impronta di grande realismo, come dimostra Ditte Menneskebarn (1946, Ditte figlia dell'uomo). Molte opere erano dedicate ai problemi sociali più drammatici e scottanti, fra i quali la delinquenza giovanile, l'alcolismo e l'emarginazione: meritano un cenno Mens porten var lukket (1948, Quando la porta è chiusa) di Asbjørn Andersen, e Vi vil ha et barn (1949, Vogliamo un figlio) di Lauritzen Jr e Alice O'Fredericks, film che fece scandalo poiché mostrava un autentico parto.

Gli anni Cinquanta

Nel 1949 venne sensibilmente diminuita la tassa sui biglietti istituita dalla legge del 1938: ne conseguì un calo repentino nella produzione dei film a carattere educativo finanziati con tale tassa, e in particolare dei drammi psicologici che avevano caratterizzato gli anni Quaranta. D'altronde il pubblico mostrò interesse soltanto per le opere (soprattutto commedie e melodrammi) che rispecchiavano caratteri e tradizioni nazionali, rifacendosi a un romanticismo bucolico slegato dalla realtà; tali film, anche quando ponevano gli stessi problemi morali e sociali del cinema di qualità, li risolvevano non in modo razionale, con una riflessione profonda e puntuale, ma con un 'colpo di genio' del protagonista, che trovava la soluzione ricorrendo al buon senso o alla fantasia: da cui il nome di hyggefilm (cinema d'ingegno) dato a tale tipo di produzione popolare. L'esempio più eclatante di questa tendenza è De røde heste (1950, I cavalli rossi) di Jon Iversen e A. O'Fredericks, tratto da un romanzo di M. Korch. Il suo straordinario successo generò tra il 1950 e il 1967 una serie di diciotto lungometraggi basati sulle opere di Korch, diretti dal 1952 dalla sola O'Fredericks, affiancata dal 1964 da Ib Mossin. Tra il 1953 e il 1961 ottenne notevole popolarità anche un'altra serie della O'Fredericks, Far til fire (Padre di quattro figli), di cui vennero girati ben otto episodi. Persino la Nordisk si vide costretta a seguire i gusti del pubblico, e si specializzò nelle commedie leggere. L'unico film danese che negli anni Cinquanta venne distribuito oltre confine fu Ordet (1954, La parola) di Dreyer, che nel 1955 vinse il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia.

Anche se la produzione aumentò rispetto alla seconda metà degli anni Quaranta, mantenendosi per tutto il decennio su una media di quindici film all'anno, gli incassi iniziarono a scendere, in parte a causa dell'alto prezzo dei biglietti, in parte in seguito alla nascita della televisione nazionale (1954). Dopo aver toccato il massimo nel 1953, con 59 milioni di biglietti venduti, si scese a 43 nel 1960 e a 23 nel 1970. Inoltre gli spettatori non accettavano più di frequentare locali tecnicamente obsoleti, e soltanto le grandi sale di Copenaghen continuarono a prosperare, programmando i kolossal d'importazione statunitense. Il primo cinema chiuse nel 1959; in soli otto anni le sale scesero da 233 a 158. Ben presto fu chiaro che il futuro dipendeva da un nuovo pubblico: quello dei giovani.

Nuove tendenze

La svolta fu segnata da Weekend (1962) di Palle Kjærulff-Schmidt: pur se ingenuo nel suo naturalismo, rappresentava fedelmente le aspirazioni delle nuove generazioni a una maggiore libertà sessuale. Kjærulff-Schmidt, forte del successo ottenuto, realizzò in seguito Det var engang en krig (1966, C'era una volta una guerra), forse la sua opera migliore, sugli anni dell'occupazione tedesca. Un'accoglienza molto favorevole ricevette anche Gade uden ende (1963, Strada senza fine) di Mogens Vemmer che, ispirandosi a Vivre sa vie (1962) di Jean-Luc Godard, affrontava il tema della prostituzione. Fu invece ingiustamente negativa l'accoglienza riservata all'ultimo lavoro di Dreyer, Gertrud (1964), in difesa del quale intervennero anche Godard e Henri Langlois. Parallelamente il documentarista Henning Carlsen decise di passare al cinema di finzione e conquistò una certa notorietà con Sult (1966, Fame), che faceva ricorso a uno stile ancora fortemente contrassegnato dall'esperienza del documentario. Anni dopo Carlsen affrontò direttamente la realtà della gioventù di Copenaghen in Man sku' være noget ved musikken (1972, Bisogna prendere confidenza con la musica), uno dei suoi lavori più riusciti.

A partire dal 1960 la media annuale dei film prodotti salì a venti, e rimase su tale livello sino alla fine degli anni Settanta. Gli anni Sessanta segnarono una vera svolta nell'atteggiamento delle autorità politiche verso il cinema. Nel 1961 venne creato il Ministero della Cultura, a cui fu trasferita la competenza sui film, in precedenza affidata al Ministero della Giustizia: essi vennero così ufficialmente riconosciuti per la prima volta come opere d'arte. Nel 1964 fu varata la prima legge moderna sul cinema: essa destinava i proventi della tassa sui biglietti a finanziamenti per i lungometraggi di valore artistico e per la gestione del Danske Filmmuseum e della Danske Filmskole (la scuola del cinema, aperta due anni dopo). Quest'ultima laureò alla fine del suo primo corso, nel 1968, due giovani destinati a un'importante carriera, il direttore della fotografia Dirk Brüel e il regista Christian Braad Thomsen, autore del notevole Kære Irene (1971, Cara Irene).

Gli anni Settanta

Nel 1972 fu varata una nuova legge, che aboliva la tassa sui biglietti: da allora i finanziamenti per i film non provennero quindi più da un fondo legato all'attività dell'esercizio cinematografico ma da una specifica sovvenzione statale gestita da un nuovo ente, il Danske Filminstitut. Teoricamente destinate al cinema di qualità, tali sovvenzioni riguardarono ormai la maggior parte dei film, in particolare da quando, nel 1981, anche la Nordisk dovette rassegnarsi a chiedere l'aiuto dello Stato. Di esse poterono ancora fare a meno negli anni Settanta alcune produzioni di grande successo e di stampo decisamente popolare: serie erotiche come Sengekant (La sponda del letto), che la Palladium cominciò a distribuire dal 1970, o parodie del genere poliziesco come Olsenbanden (La banda degli Olsen), della quale la Nordisk realizzò tredici episodi ‒ tutti diretti da Erik Balling ‒ dal 1968 ai primi anni Ottanta. La politica del Danske Filminstitut fu in seguito fortemente criticata, poiché il sostegno pubblico veniva riservato a film che spesso non trovavano un pubblico né in patria né all'estero. Tra le poche eccezioni vanno ricordati il kolossal Hærværk (1977, Distruzione) di Ole Roos, Strømer (1976, Poliziotti) di Anders Refn e Vinterbørn (1978, Nati d'inverno) di A. Henning-Jensen, che venne premiato al Festival di Berlino. Parallelamente proseguì la tendenza ad affrontare i problemi dei giovani, con qualche risultato degno di nota come nei casi di Drenge (1976, Ragazzi) di Niels Malmros e Mig og Charly (1977, Io e Charlie) di Morten Arnfred e Henning Kristiansen. Di notevole impatto fu anche l'esordio di B. August, Honning måne (1978, Luna di miele), finanziato dalla televisione di Stato.

Dagli anni Ottanta agli inizi del 21° secolo

A causa della sempre più forte concorrenza statunitense, lo Stato decise nel 1982 di incrementare il sostegno pubblico alla produzione e un quarto fu destinato ai film per ragazzi. Autentico anticipatore di quest'ultimo genere fu il cupo e drammatico La' os være (1975, Lasciateci vivere) di Lasse Nielsen. In seguito altri registi tentarono di rappresentare gli stessi temi con maggior leggerezza di tono e con un certo umorismo, come dimostrano Kunds-kabens træ (1981, L'albero della conoscenza) e Skønheden og udyret (1983, La bella e la bestia) di Malmros, o Zappa (1983) di August. Fu proprio grazie ad August che la D. riconquistò la ribalta internazionale: sia Pelle erobreren (1987; Pelle alla conquista del mondo) sia Den goda viljan (1991; Con le migliori intenzioni) ‒ sceneggiato da Ingmar Bergman ‒ furono premiati a Cannes, rispettivamente nel 1988 e nel 1992, e venduti in tutto il mondo. Axel, che per decenni aveva realizzato film ignorati dalla critica, conquistò nel 1988 l'Oscar con Babettes gæstebud (1987; Il pranzo di Babette), da un racconto di K. Blixen, ma tornò presto nell'anonimato. Di grande interesse ma di difficile esportazione furono invece le commedie a sfondo sociale Flamberede hjerter (1987, Cuori flambé) e Syrup (1990, Sciroppo) di Helle Ryslinge, una delle pochissime registe attive nel Paese.

Autentico protagonista degli anni Novanta è stato L. von Trier che, dopo Forbrydelsens element (1984; L'elemento del crimine), Epidemic (1987) e il televisivo Medea (1988), si è imposto all'attenzione della critica mondiale con Europa (1991), di notevole impatto visivo e originalità. A sancire il suo successo è poi arrivato il Gran premio della giuria vinto a Cannes con Breaking the waves (1996; Le onde del destino), fortemente debitore della lezione di Dreyer, in particolare per il finale, direttamente ispirato a Ordet. Nel 1995 egli ha fondato il movimento Dogme 95, sulla base di un manifesto firmato con Thomas Vinterberg, poi sottoposto a diverse rielaborazioni. I registi aderenti si sono impegnati a utilizzare uno stile di ripresa il più possibile lontano dagli artifici della messinscena. Al di là delle qualità estetiche delle opere ascritte a tale movimento, va sottolineata la loro riuscita commerciale, un fatto del tutto inedito e sorprendente per la Danimarca. Tra i giovani e promettenti autori estranei al Dogme 95 va ricordato soprattutto Nicolas Winding Refn, regista del notevole Pusher (1996), un noir violento, e di Bleeder (1999), presentato con successo alla Mostra del cinema di Venezia.

I riconoscimenti internazionali sembrano aver arrestato la progressiva disaffezione del pubblico: dopo aver toccato il minimo negli anni 1988-1992 con 9 milioni di biglietti venduti, si è poi risaliti fino agli 11 degli anni 1997-2000. Anche le autorità governative hanno varato nuovi provvedimenti di sostegno, resi peraltro necessari dal calo della produzione, scesa nel decennio Ottanta a una media di dieci film all'anno. Una legge del 1989 ha così stabilito un finanziamento pubblico del 50% (salito al 60% dal 1997) per qualsiasi film, indipendentemente dal genere e dalla qualità artistica. Gli effetti si sono fatti subito sentire: negli anni Novanta i film sono risaliti a quindici all'anno. Con la nuova legge del 1997 gli stanziamenti sono stati aumentati del 75%, è stato varato un ambizioso programma di incremento della produzione (che dovrebbe arrivare a venticinque lungometraggi all'anno), e tutti gli enti pubblici per il cinema sono stati riuniti nel Danske Filminstitut.

Bibliografia

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