DANIMARCA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

DANIMARCA (XII, p. 297; App. I, p. 495)

Giuseppe CARACI
Mario DI LORENZO
Silvio FLIRLANI
Amedeo TOSTI
Mario GABRIELI

Popolazione. - Secondo il censimento del 5 novembre 1940 la popolazione della Danimarca (escluse le Færøer) era di 3.844,322 ab., così distribuita:

I risultati sommarî del censimento 1° giugno 1945 davano una popolazione di 4.045.232 ab. così distribuita: Copenaghen (927.404), Isole (1.291.722), Jütland (1.826.056).

Nel periodo 1940-45 la popolazione ha avuto un aumento dell'1,11% all'anno. La popolazione accentrata da 2.459.571 nel 1940 è passata a 2.634.231 nel 1945 (65% del totale), mentre quella rurale è aumentata da 1.384.741 nel 1940 a 1.411.001 nel 1945. La popolazione stimata al 10 luglio 1947, era di 4.116.000 ab. Secondo il censimento del 10 giugno 1945 la popolazione delle Færøer era di 29.198 abitanti.

Sempre al 1° giugno 1945 la popolazione delle città principali era la seguente: Copenaghen 927.404, Aarhus 107.393, Odense 92.436, Aalborg 60.880, Esbjerg 43.241, Randers 36.434, Horsens 32.400.

Condizioni economiche. - La seconda Guerra mondiale lasciò il paese senza grandi rovine. Ma la Danimarca non poté sottrarsi alle conseguenze delle mutate correnti del traffico internazionale; essa infatti è il paese europeo in cui, in tempi normali, il commercio estero attinge il più alto volume per abitante, ciò che rivela in pari tempo il deficit di materie prime e l'alto livello di vita della sua popolazione. I,'economia danese resta tuttavia imperniata sull'agricoltura e sull'allevamento, che copre da solo più di 2/3 in valore delle esportazioni. Nel seguente prospetto sono riferiti i dati relativi ai principali prodotti agricoli.

Il patrimonio zootecnico danese al 26 luglio 1947 era il seguente: cavalli, 594.000; bovini e ovini, 2.987.000; suini, 1.823.000; galline, 19.271.000. I principali prodotti industriali hanno raggiunto i dati riportati nella seguente tabella.

Commercio. - Si indicano nel seguente prospetto i valori per il periodo 1941-46, che rivelano lo squilibrio manifestatosi nell'economia danese dopo il 1945.

Nel 1946 le esportazioni si diressero in prevalenza verso Gran Bretagna, Svezia, Belgio, Norvegia e Finlandia; mentre tra i fornitori figurano, oltre questi paesi (ed in primissimo luogo la Gran Bretagna), gli Stati Uniti. Gli scambi italo-danesi si ridussero a cifre insignificanti.

Comunicazioni. - Al 1° gennaio 1947 la Danimarca aveva 8138 km. di strade di grande comunicazione e 45.000 km. di strade secondarie; 5.200 km. di ferrovie aperte al traffico, di cui circa la metà gestite dallo stato; al 31 dicembre 1945 la consistenza della marina mercantile era di 977 navi superiori alle 20 tonnellate di registro, con un totale di 827.000 t. registrate.

Costituzione. - Per la questione dell'Islanda, Færøer e Groenlandia, vedi le rispettive voci in questa Appendice.

Finanze (XII, p. 304; App. I, p. 496). - Si riportano qui di seguito le cifre dei bilanci dal 1939-40 al 1947-48: (esercizî dal 1° aprile al 30 marzo):

L'occupazione tedesca, pur lasciando pressoché intatto il potenziale produttivo del paese, ha arrecato grave danno alla situazione finanziaria interna, a seguito specialmente del finanziamento delle spese di occupazione e delle eccedenze di esportazione verso la Germania (per complessivi 7,6 miliardi di corone), effettuato dalla Banca nazionale per conto dello stato, con mezzi prelevati in parte attraverso il ricorso all'emissione dei biglietti. Appena terminata la guerra è stata però intrapresa una coraggiosa azione di risanamento monetario e finanziario, le principali tappe della quale sono state: il cambio della moneta, effettuato alla fine del luglio 1945 con blocco parziale della circolazione e dei depositi; la denuncia, a scopo fiscale, dei titoli e dei patrimonî superiori a 10.000 corone; l'applicazione di una imposta straordinaria sul patrimonio, i cui proventi sono stati devoluti per la massima parte al rimborso del suaccennato debito dello stato verso la Banca nazionale (che al 30 settembre 1947 risultava ridotto a 5,8 miliardi). I risultati conseguiti possono definirsi lusinghieri, essendo il governo riuscito a stabilizzare la circolazione a un livello di poco superiore alle due volte e mezza rispetto all'anteguerra, e a pareggiare il bilancio, a partire dall'esercizio 1946-47.

È invece ancora da sistemare la situazione valutaria, peggiorata rispetto all'anteguerra a causa delle forti importazioni per ricostituire le scorte esaurite, dell'aumento proporzionalmente maggiore dei prezzi delle merci all'importazione, della perdita del mercato tedesco e della diminuzione degli introiti per noli; per fronteggiare la quale si è ricorso a crediti commerciali e prestiti da parte specialmente della Gran Bretagna, degli Stati Uniti, della Svezia e della Banca internazionale, nonché ad una politica commerciale intesa a ridurre le importazioni al minimo indispensabile e ad incrementare al massimo le esportazioni.

La parità aurea della corona, approvata dal Fondo monetario internazionale (al quale la Danimarca partecipa con una quota di 68 milioni di dollari) è di gr. 0,185178 di fino e corrisponde a un cambio di 4,80 corone per dollaro.

Al 30 giugno 1948 la circolazione ammontava a 1.554 milioni (dicembre 1939 = 644 milioni) e risultava coperta da una riserva aurea ed equiparata di 370 milioni. Alla medesima data i depositi presso la Banca nazionale e le banche commerciali ascendevano a 5,8 miliardi, di cui 4 a vista.

Storia (XII, p. 304; App. I, p. 496).

Le elezioni del 1939 al Folketing assicurarono 64 seggi ai socialdemocratici, 30 ai liberali, 26 ai conservatori, 14 ai radicali, 3 ai comunisti ed 11 ad altri partiti. Il gabinetto radical-socialista, presieduto da Th. Stauning, rimaneva pertanto in carica. Essendo il 29 aprile 1939 pervenuta da Berlino, dopo l'occupazione di Praga, l'offerta di un patto di non aggressione, la Danimarca, unica tra le potenze nordiche, accettò la proposta tedesca e fu il ministro degli esteri danese P. Munch a firmare il patto, il 31 maggio dello stesso anno. Nella primavera del 1940 la Germania nazista occupò la Norvegia e la Danimarca. L'8 aprile 1940 giunsero nella capitale danese le prime voci sull'imminente azione tedesca, ma pur essendo stata richiesta dal comandante supremo delle forze armate danesi, gen. Prior, la mobilitazione, il gabinetto Stauning non volle adottare tale misura. Il ministro degli Esteri Munch dichiarò anzi che la Danimarca avrebbe impegnato le armi solo nel caso in cui la neutralità danese fosse stata violata.

Avendo i governi d'Inghilterra e di Francia comunicato, in data 8 aprile 1941, a quello norvegese, di aver deciso di inibire, per la tutela dei loro interessi, il passaggio attraverso le acque territoriali norvegesi delle navi tedesche trafficanti tra i porti germanici e quello norvegese di Narvik, il governo tedesco annunziava, il giorno seguente, che "per impedire la violazione da parte britannica della neutralità danese e norvegese, le forze germaniche assumevano la protezione armata dei due paesi". Nelle primissime ore del mattino del 9 aprile, forze motorizzate e corazzate tedesche, al comando del gen. Kaupisch, passavano la frontiera tra Flensburg e Tondern, avanzando decisamente verso nord, mentre altre sbarcavano da navi scortate da incrociatori, in porti del Piccolo e del Grande Belt. Rapidamente, quindi, le truppe tedesche si irradiavano per il territorio danese, la cui capitale veniva occupata senza opposizione alcuna, essendosi re Cristiano limitato ad emanare un proclama alla nazione, nel quale dichiarava di cedere dinanzi alla forza. Successivamente, in seguito al voto delle due Camere, il re decideva di porre la neutralità del paese sotto la protezione germanica.

I Tedeschi cercarono di ottenere la cooperazione dei Danesi nella lotta contro l'Inghilterra. Permisero che il re, il governo, il Riksdag e le varie amministrazioni continuassero indisturbati ogni loro attività; che non vi fosse alcuna censura sulla radio e sulla stampa; che la vita continuasse, insomma, a svolgersi normalmente, senza alcuna interferenza straniera. Dinanzi alla nuova situazione, Th. Stauning sentì il bisogno di procedere ad un allargamento del gabinetto con l'immissione di liberali e di conservatori. Nel luglio 1940, P. Munch lasciò inoltre la direzione della politica estera e fu sostituito da H. Scavenius, nettamente germanofilo. Fu una conseguenza, questa, della caduta della Francia. Il nuovo gabinetto di coalizione si proponeva di "promuovere la collaborazione nazionale danese", intendendo insieme conservare le istituzioni democratiche. Non ci si oppose quindi alle richieste tedesche di dimostrare l'adesione formale della Danimarca alle potenze dell'Asse. Nel luglio 1940 la Danimarca uscì dalla Società delle nazioni; un anno dopo (luglio 1941) si permise la costituzione di un reggimento danese di volontarî per combattere contro la Russia. Inoltre la Danimarca ruppe le relazioni diplomatiche con l'URSS, riconobbe il Man-chu kwo e la Croazia, aderì al patto antícomintern nel novembre 1941. Ma questo atteggiamento danese trasse i Tedeschi in errore: essi credettero infatti di poter costringere la Danimarca a rinunciare senz'altro alle istituzioni democratiche e di inserirla nel loro spazio vitale, sotto il diretto controllo di Berlino. Ben diveree erano invece le intenzioni dei Danesi che, non potendo opporsi apertamente alle richieste tedesche, trovarono uno sbocco alla loro avversione nel movimento clandestino di resistenza all'invasore. Codesta resistenza si spiegò in particolar modo dopo l'adesione della Danimarca al patto anticomintern; ma fin dall'aprile 1941, il ministro danese a Washington, H. L. H. Kauffmann, aveva assunto una posizione chiaramente antitedesca, firmando un accordo con gli Stati Uniti con cui si concedeva temporaneamente alle truppe americane l'occupazione della Groenlandia. A Londra intanto si erano raccolti i Danesi contrarî all'occupazione tedesca ed a questo consesso aderì, tra gli altri, anche il capo del partito conservatore, Christmas Möller, che era entrato a far parte del gabinetto Stauning nel 1940 e che nel 1942 riuscì a fuggire in Inghilterra. Alla morte di Stauning (maggio 1942), entrò in carica un gabinetto presieduto dal ministro delle finanze V. Buhl il quale, essendo disposto, come il predecessore, a collaborare con la Germania su un piede di parità, non intendeva però rinunciare a nessun costo all'integrità ed all'indipendenza politica della Danimarca. La Germania, considerato tale stato di cose, decise allora di usare la maniera forte. Il comandante in capo delle truppe tedesche in Danimarca Lüdtke fu sostituito dal gen. von Hanneken, che introdusse subito una serie di misure destinate ad intimorire il popolo danese. Inoltre il ministro degli Esteri H. Scavenius, persona grata a Berlino, nell'ottobre 1942 ebbe nella capitale del Reich un colloquio con J. von Ribbentrop, in cui il ministro degli Esteri tedesco comunicò l'ultimatum di formare un nuovo governo danese entro quattro giorni, escludendone tutte le personalità invise alla Germania. Il nuovo governo fu presieduto quindi dallo stesso Scavenius, che si riservò anche il portafoglio degli Esteri. Nella primavera del 1943 furono indette le elezioni al Folketing che condussero ad una clamorosa sconfitta dei nazisti danesi (ottennero solo il due per cento dei voti): i socialdemocratici ottennero 66 seggi, 31 i conservatori, 28 i liberali, 13 i radicali e 5 gli altri partiti. Il movimento di resistenza intanto riportava continui successi. Furono organizzati scioperi per sabotare i rifornimenti ai Tedeschi, e commessi atti di sabotaggio e attentati contro le truppe d'occupazione, specialmente a Copenaghen. Nell'agosto 1943, Werner Best, nuovo rappresentante diplomatico tedesco a Copenaghen, chiese al governo danese la proclamazione dello stato di emergenza. Dinanzi all'ammissione fatta da Scavenius di non poter contare sull'appoggio dell'opinione pubblica per l'attuazione di questa grave misura, il generale von Hanneken proclamò la legge marziale e la capitale fu occupata da un forte contingente di soldati tedeschi. L'esercito danese fu disarmato, della flotta parte riuscì a fuggire in Isvezia, parte cadde in mano ai Tedeschi. A Copenaghen si verificarono combattimenti nelle strade a causa del rifiuto della polizia danese di prestare giuramento nelle mani delle autorità di occupazione. Il gabinetto di Scavenius offrì le dimissioni al re, ma esse furono respinte nel timore che i Tedeschi cogliessero l'occasione per insediare nel paese una amministrazione alle loro dirette dipendenze. Cominciarono le persecuzioni contro gli Ebrei. Intanto continuavano gli atti di sabotaggio e gli scioperi. Di fronte alla richiesta danese di sciogliere l'unità delle SS. danesi "Schalburg" che in particolar modo si distingueva nella persecuzione dei concittadini, i Tedeschi accondiscesero ai primi di luglio 1944, dopo la proclamazione dello sciopero generale; ma poi procedettero allo scioglimento della polizia danese, accusata di essere d'accordo con i sabotatori e con gli scioperanti. Continuava così la lotta tra i Danesi e l'invasore, lotta che terminò il 5 maggio 1945, con la capitolazione delle truppe tedesche. Il nuovo gabinetto fu formato da Buhl, capo dei socialdemocratici, e fu costituito da nove rappresentanti dei partiti e da nove capi del movimento di resistenza. Risolta la questione dell'isola di Bornholm (la quale era stata occupata da truppe russe, ma restituita poi alla Danimarca), nell'ottobre 1945 si procedette a nuove elezioni. La maggioranza radicalsocialista nel Folketing, la quale si era mantenuta fin dal 1929, allorché Stauning procedette alla formazione del suo secondo ministero, aveva cessato di esistere ed i voti da essa perduti rafforzarono le posizioni dei liberali e dei comunisti. I socialdemocratici ottennero infatti solo 48 mandati ed i radicali 11, mentre 38 toccarono ai liberali, 26 ai conservatori, 18 ai comunisti e 7 ad altri partiti. Si formò un governo di minoranza presieduto da Knud Kristensen, leader dei liberali. Il gabinetto Kristensen rimase in carica fino all'ottobre 1947, allorché il Folketing negò la fiducia al premier, causa l'opinione di questo nella questione dello Schleswig meridionale. Rifiutata la proposta dei radicali di procedere alla formazione di un gabinetto di coalizione senza indire nuove elezioni, Kristensen presentò le dimissioni del ministero al re. Il 28 ottobre 1947 si ebbe il responso del corpo elettorale che assegnò 57 seggi ai socialdemocratici, 46 ai liberali, 17 ai conservatori, 10 ai radicali, 9 ai comunisti e 6 al Retsförbundet. Verso la metà di novembre entrò in carica un governo socialdemocratico appoggiato da laboristi e presieduto da Hans Hedtoft, con Gustav Rasmussen agli Esteri.

Aderendo al piano Marshall il premier danese, in un discorso a Vesterbro, il 3 febbraio 1948, escluse nella maniera più assoluta qualsiasi partecipazione ad una politica di blocchi. Il 20 aprile 1947 era morto il re Cristiano X e gli era succeduto Federico IX.

Bibl.: Sulle condizioni e la storia della Danimarca durante la seconda Guerra mondiale cfr. R. Kenney, The Northern tangle. Scandinavia and the post-war world, Londra 1946.

Letteratura (XII, p. 316).

Se si prescinde da qualche scritto di scarso valore artistico, come l'antologia edita clandestinamente l'autunno del 1944: Det braender en Ild (Divampa un incendio), oppure L. Sørensen, Rodles, (Senza patria) 1946, strettamente connesso alla seconda Guerra mondiale e particolarmente all'occupazione tedesca della Danimarca (1940-45), la letteratura danese contemporanea non presenta caratteri nuovi rispetto a quella del periodo tra le due guerre. Le due correnti fondamentali che caratterizzavano il quadro letterario di quel periodo sono ancor oggi discernibili: una di poesia paesana (Hjemstavnsdigtning) che si rifà alla concezione romantica del contadino e della terra e singolarmente s'intreccia a una fede vitalistica e anche talvolta al moderno credo socialdemocratico; un'altra d'ispirazione "proletaria". La prima legata al cosiddetto "movimento juto" (Jyske Bevaegelse) è rappresentata da un gruppo di poeti che appartengono appunto a quella provincia (J. V. Jensen, Skjoldborg, Aakjaer, Søiberg, Knudsen, Bregendahl) ed è sorta in antitesi al decadentismo borghese e cittadino; la seconda si svolge parallela alla prima e talvolta a questa s'identifica (come in Skjoldborg e in Aakjaer) e non conta in verità grandi nomi.

Tra i più noti è M. Andersen Nexø (nato nel 1869) che ha voluto narrare "il passaggio del lavoratore sulla terra nel suo interminato e semicosciente cammino verso la luce", descrivendo in un romanzo semiautobiografico, ispirato allo zoliano Germinal, il movimento operaio danese intorno al volger del secolo (Pelle Erobreren, Pelle il conquistatore, 1906-10). Ma la migliore produzione di questo romanziere, che dopo la prima Guerra mondiale ha scritto il panegirico della Russia Sovietica (Mod Dagningen, Verso l'alba, 1923), non è nei voluminosi e farraginosi romanzi sociali (Ditte Menneskebarn, La ragazza Ditte, 5 voll., 1917-22; Muldskud, Germi della terra, 1900-25, tre serie; Midt i en Jaerntid, Tempi duri), bensì in qualche scritto minore in cui la sua vena di idilliaco ottimista trova più coerente espressione (Et lille Krae, Un animaletto, 1932; Under aaben Himmel, A cielo aperto, 1934). Accanto a Andersen-Nexø troviamo gli altri scrittori "proletarî" venuti quasi tutti all'arte dalla vita pratica e spesso senza studî accademici (N. Nilsson, descrittore della vita operaia in un cantiere della capitale: Dokken, Il cantiere, 1933; H. Herdahl, descrittore dei bassifondi di Copenaghen in Man skal jo leve, Bisogna pur vivere, 1934; Leck Fischer, K. Becker, M. A. Hansen) o anche attraverso il giornalismo radicale che ha già dietro di sé una lunga tradizione risalente, attraverso Nansen e H. Bang, a E. Brandes.

Al di fuori di queste due correnti principali si muove tutta una folla di scrittori di valore assai disuguale, appartenenti alla letteratura amena (viaggi, avventure, esplorazioni geografiche, storie di animali e di cacce: S. Fleuron, n. 1874; J. Jürgensen, n. 1872; A. Madelung, n. 1872; L. Mylius-Erichsen, 1872-1907; E. Mikkelsen, n. 1880; P. Freuchen, n. 1886; K. Andersen, n. 1890; A. Sandemose, n. 1897; P. Tutein. n. 1902); alla lirica prevalentemente espressionistica (T. Kristensen, n. 1894; F. Nygaard, n. 1897; O. Gelsted, n. 1888; P. Lange, n. 1900; H. H. Seedorff Pedersen, n. 1882; E. Bsnnelyeke, n. 1893); al teatro (S. Lange, H. Nathansen, K. Abell, K. Munk); al romanzo psicologico (J. Paludan, n. 1896; M. Lauesen, n. 1907 e N. Petersen, n. 1891, autori, i due ultimi, di romanzi che hanno avuto fortuna: il primo di Og nu venter vi paa Skib, E ora aspettiamo la nave, 1931; il secondo di Sandelmagernes Gade, Vicolo dei Sandalai, 1932).

Ma anche qui è difficile stabilire le prospettive storiche ed evitare che un quadro completo della produzione letteraria contemporanea si trasformi in un nudo elenco di nomi e di date. È evidente peraltro che una sensibilità nuova caratterizza la generazione dei più giovani, un realismo assai affine alla "Neue Sachlichkeit" tedesca, nata dal superamento dell'esperienza espressionista. In questo senso è rappresentativo il romanzo di H. Kirk, Fiskerne, I Pescatori, 1930).

Un posto a parte meritano J. F. Jacobsen, rivelatosi vero artista col suo romanzo uscito postumo (Barbara, 1939), in cui un antico motivo leggendario delle Færøer fa da spunto ad un profondo dramma umano; e G. Gunnarsson, narratore islandese di lingua danese affermatosi col realismo brutale d'un romanzo di vita islandese (Af Borgslaegtens Historie, La famiglia di Borg, 1912) e poi salito in grande celebrità con gli altri suoi romanzi anche autobiografici (Kirken paa Bjaerget, La chiesa sulla montagna, 1924; Skibe paa Himlen, Navi sul cielo, 1925), di psicologia spesso convenzionale e sommaria, ma ispirati tutti a un ideale eroico della vita al di qua d'ogni trascendenza religiosa (Livets Strand, Il lido della vita, 1915; Varg i Veum, Il profanatore del tempio, 1916; Hugleik den Haardsejlende, Hugleik il vichingo, 1927; Jón Árason, 1930, suo capolavoro, sull'ultimo vescovo cattolico d'Islanda, difensore della libertà nazionale e dei diritti democratici di fronte alle sopraffazioni della Chiesa luterana danese).

Negli agitati anni immediatamente precedenti allo scoppio della seconda Guerra mondiale (sintomatico il romanzo di Leck Fisher: Hvordan i morgen?, Cosa avverrà domani?, 1938) ha avuto grande successo in Danimarca il teatro del pastore K. Munk (v., in questa App.), che in termini di paradossale religiosità kierkegaardiana riflette l'angoscioso travaglio dell'anima cristiana in un mondo senza Dio. E si comprende come il realismo ingenuo e spesso grottesco di Munk, che per certi aspetti può far pensare a B. Shaw, abbia trovato grande se pur effimera risonanza nella sensibilità pietistica di larghi strati del popolo danese.

Fra i giovanissimi emergono i prosatori H. C. Branner (Om lidt är vi borte, Fra breve non ci saremo più, 1939; Drömmen om en Kvinde, Il sogno intorno a una donna, 1941; Berge, 1942); M. Klitgaard (De röde Fjer, Le penne rosse, 1940; Den guddomlige Hverdag, Il divino quotidiano, 1942, sull'occupazione tedesca); K. Blixen, Aage Dons ed altri ancora, nei quali si riflette tutta la problematicità delle esperienze letterarie europee degli ultimi anni.

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