DE' PIERI Giovanni Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DE' PIERI (di Pieri, Pieri) Giovanni Antonio

Margaret Binotto Soragni

Nacque a Vicenza il 1º ag. 1671 da Natale e da una Angela (Saccardo, 1981, p. 3; Id., 1983, p. 6) e fu battezzato il 4 agosto seguente. Le fonti e i rogiti notarili, sottolineando una sua caratteristica fisica, fanno seguire al cognome l'appellativo di "lo zoppo" o "il zotto" (Id., 1976, p. 179).

Gli inizi dell'attività artistica del D. si collocano nell'ultimo decennio del sec. XVIL. La qualità delle opere pittoriche eseguite in quegli anni a Vicenza era piuttosto debole, ma il tono dimesso della cultura figurativa del momento non impedì che fossero numerosi gli arredi pittorici realizzati nelle chiese più prestigiose della città. Analogamente a quanto avveniva a Venezia, anche in un piccolo centro della provincia si posero a confronto quelle vivaci e stimolanti tendenze di gusto che fecero degli anni conclusivi del secolo un periodo assai complesso, da cui sarebbero emerse di lì a poco con chiarezza la corrente dei "decoratori", legata al revival veronesiano e la corrente "patetico chiaroscurale", capeggiata dal Piazzetta e dal Bencovich.

Prima gli storici e i cronisti locali (Ticozzi, 1818, p. 132; De Boni, 1852; L. Trissino, Notizie di artisti vicentini, 1812 [ms. in Bibl. Bertoliana di Vicenza, Gonz. 10.3.412]), poi i critici (Magagnato, 1953; Donzelli, 1957, Cevese, 1964, pp. 207 s.) si sforzarono di individuare gli elementi formativi della cultura del D., cogliendone di volta in volta i rapporti con Fr. Maffei, G. Carpioni, A. Balestra e con le istanze giordanesche, queste ultime peraltro assimilate dalla pittura veneta sin dalla metà del secolo. Tali aspetti sono tutti ugualmente presenti nell'opera dell'artista che proprio in virtù di una abilità, talora straordinaria, di appropriarsi e rielaborare autonomamente motivi, soggetti, schemi compositivi e accostamenti cromatici desunti dagli esempi più diversi, ottenne risultati di notevole originalità; a tal punto che definirlo un eclettico può risultare, specie per le sue opere migliori, assai riduttivo e non rende giustizia all'intelligenza esecutiva da lui dimostrata, ad esempio, nel coniugare i suggerimenti desunti dalla corrente "tenebrosa" con le eleganze neornanieristiche del gusto barocchetto di fine secolo. Tante suggestioni sono però temperate e ricondotte, specie nei dipinti del primo decennio del Settecento, ad un linguaggio formalmente composto, cui non fu estranea l'influenza del classicismo accademizzante di Antonio Balestra.

La presenza di alcuni disegni del D. fra quelli dell'albuni di O. Marinali, conservato al Museo civico di Bassano del Grappa, accredita l'ipotesi, formulata dal Magagnato (1953, p. 103), di un alunnato giovanile presso la bottega dello scultore. Tre disegni, tratti da quel corpus furono pubblicati in seguito con l'attribuzione al D. (Id., 1956, pp. 45 ss., figg. 42-44): di essi si sottolineava l'originalità del ductus lineare, vivacizzato da nervose spezzature e dall'"andamento increspato nelle pieghe angolose". Si individuano già in queste prime prove grafiche alcuni o motivi firma": "i volti sono schematici, con sigle semicircolari per gli occhi, i nasi le bocche e macchie luministiche" (Id., 1978, p. 223). Si notano inoltre analogie con i disegni di Giulio Carpioni e di Pietro Liberi. La pratica presso l'atelier marinaliano e confermata dal ritrovamento da parte di D. Lewis (1976), di un album di disegni di Francesco Muttoni, preparatorio di un libro rimasto inedito dell'architettura di Andrea Palladio, nel quale l'architetto affermava di aver affidato l'esecuzione dei disegni delle parti scultoree dei prospetti dell'antica Biblioteca Bertoliana e della chiesa di S. Vincenzo al D. (Lazzarin, 1980-81, pp. 106 ss.). L'impresa decorativa fu poi realizzata dalla bottega di Orazio Marinali.

Il Martirio di s. Giacomo della chiesa parrocchiale di Caprino Veronese è il primo dipinto datato (1714) che si conosca. Segnalato ed esposto alla mostra veronese del 1978 (Magagnato, 1978), di esso si conservano il disegno preparatorio e la sanguigna, eseguita a tela ultimata, come era consuetudine dell'artista.

Lo sviluppo della sua personalità artistica non fu lineare, bensì caratterizzato da frequenti sbalzi di qualità: in uno stesso lustro dipinti di una levatura men che mediocre coesistono con altri di fattura invece pregevole. Prima della pala di Caprino, entro il 1710, si possono collocare la Crocefissione dell'ospedale civile di Thiene (Magagnato, 1953, p. 105; Rando, 1958, p. 167), la Vergine tra s. Bernardino e s. Giovanni Battista della chiesetta della Madonna degli alpini di Montecchio Maggiore (Vicenza) datata dal Puppi al 1702 circa (1972-73, p. 286), i Ss. Gaetano e Valentino, della chiesa di S. Girolamo di Thiene (Scudella-Barbieri, 1971; Benetti, 1975, p. 228).

Situabili nel secondo decennio sono invece l'Apparizione della Vergine ai ss. Pancrazio e Marco della parrocchiale di Ancignano di Sandrigo (l'altare è datato 1713), la Madonna col Bambino, l'arcangelo Michele e un devoto orante (1716) della cappella della villa Belmonte Saugo a Sarcedo (Vicenza), attribuita al D. dal Magagnato (1953, p. 106) e pubblicata dal Rando (1958), la cui sanguigna fu esposta a Venezia nel 1963 (Bettagno, 1963), i Ss. Pietro e Lorenzo ai piedi della Vergine della parrocchiale di S. Pietro in Gù, Padova (1715; Giarolli, 1967, p. 173), la Vergine con s. Francesco, s. Caterina da Siena e s. Giuseppe della parrocchiale di Zugliano (Vicenza), pubblicata dal Saccardo (1983, p. 20) e datata al 1717, i Ss. Pietro e Paolo (1719) della parrocchiale di Barbano (Vicenza), la Vergine con il Bambino, s. Domenico e s. Caterina della parrocchiale di Lusiana (1719-20), fatta conoscere dal Saccardo (1983, p. 21), e la Sacra Famiglia della collezione vicentina Bardella (Cevese, 1964, pp. 208 s.).

Nelle opere sin qui elencate si fanno sentire le suggestioni subite dai maestri secenteschi: ora predomina la precisione disegnativa appresa dal Carpioni, ora quella tecnica, tipicamente maffeiana, capace, attraverso un impiego spregiudicato del colore, di disintegrare e sfilacciare le forme, ora l'eleganza accademica assimilata dal Balestra.

La prima fase dell'attività del D. poteva dirsi conclusa con lo splendido ciclo decorativo, oggi perduto, eseguito per il piano nobile di palazzo Caldogno Tecchio di Vicenza. L'attribuzione (Cevese, 1958) è avvalorata dai disegni preparatori conservati al Museo civico di Vicenza: le scene, ispirate ad episodi dell'Ifigenia in Tauride, risentivano, pur nell'ancora persistente adesione ai canoni della poetica naturalistica, dell'influenza di G. B. Pittoni, attivo nella stessa sala del palazzo con il Sacrificio di Polissena (F. Zava Boccazzi, Pittoni, Venezia 1979, p. 195).

Fra il 1719 e il 1735 esiste un vuoto documentario, nel quale si possono situare, sulla base di analogie stilistiche, la pala con l'Incoronazione della Vergine fra i ss. Filippo, Giacomo e Rocco (Maccà, 1813-15, XI; Lazzarin, 1980-81, pp. 254 s.) della parrocchiale di Monte Magrè (Vicenza), l'Assunzione della Vergine della chiesa di S. Maria di Castello di Malo (Vicenza; Maccà, 1813-15, VII, p. 83; Raumer, 1950; Saccardo, 1983, pp. 20 s., 31 nn. 42-6), Cristo e angelo, nel soffitto della cappella Thiene nella chiesa di S.Corona di Vicenza (1723-1725 c., cfr. bibl. in Arslan, 1956, p. 55; Cevese, 1963, p. 271, S. Leonardo libera uno schiavo dalle catene (c. 1725) nella cappella della villa Thiene alle Garziere di Santorso (Vicenza), attribuita al D. dal Cevese (1971, p. 578), i Ss. Giuseppe, Antonio e Francesco della chiesa dell'Adorazione perpetua di Padova (1725 c.: Rossetti, 1765; Brandolese, 1795, p.203), la S. Caterina della parrocchiale di Poianella di Vicenza, (1726 c.: Magagnato, 1953, p. 102). Il S. Girolamo recato in gloria da angeli della chiesa di S. Marco in S. Girolamo degli Scalzi fu assegnato al D. dal Buffetti (1779, p. 54).

La critica dal Perin (1920) in poi ha considerato tale opera come una diretta filiazione dell'Estasi di s. Teresa, realizzata da Sebastiano Ricci nel 1727 per un altro altare della medesima chiesa. In questa pala, come in quella per la parrocchiale di Lusiana (1727: Saccardo, 1983, pp. 19, 30 n. 33) o nell'altra per la chiesa di S. Lucia o dell'Adorazione perpetua di Padova (databile fra il 1727 e il 1732: Bresciani Alvarez, 1975), la pittura del D., aggiornatasi prima sugli esempi del Pittoni, sembra vivificarsi e rinnovarsi nel contatto con il Ricci: si arricchisce la gamma cromatica, con l'introduzione di brillanti accostamenti di tinte complementari, in cui è palese anche l'influsso dell'Amigoni. Si stempera così quell'aggressivo naturalismo che aveva toccato il culmine nei tre santi dell'Incoronazione di Monte Magrè, per lasciare il posto invece a una espressività elegante, improntata ad una grazia rococò, in cui prevalgono corpi sottili ed allungati con teste piccole e languidamente atteggiate. Il S. Gerolamo è indicativo di "una fase di transizione, post-riccesca, pittoniana, con presagi, verso il 1735-'40, dell'arte di quei pittori che, come Giannantonio Guardi, Cristoforo Unterpergher, P. Troger, rappresentano la versione veneta del rococò strenuamente anticlassicista" (Magagnato, 1978, p. 222).

La qualità raggiunta nella bella pala della chiesa di S. Girolamo non viene mantenuta nella Morte di s. Giuseppe (1728-1729) del vescovado di Vicenza (Saccardo, 1976, pp. 178 s.), in cui si avvertono echi della maniera di Luca Giordano, Giulio Carpioni e del contemporaneo Costantino Pasqualotto.

Nel quarto decennio la produzione del D., pur mostrandosi poco o niente toccata dalle innovazioni luministiche e cromatiche introdotte dal Tiepolo, dal Piazzetta e dal Canaletto, tuttavia manifesta, in genere, un livello esecutivo qualitativamente elevato.

Fra il 1730 e il 1735 sono da situare la Visitazione del duomo di Thiene (Pertile, 1954; Ivanoff, 1955; Benetti, 1975), le due tele con S. Francesco e la Maddalena della chiesetta di S. Maria in Favrega di Motta di Costabissara (Cevese, 1963, p. 21), la S. Apollonia della chiesa di S. Maria della Misericordia di Vicenza (Buffetti, 1779, p. 89; De Mori, 1928, p. 74; Magagnato, 1953, p. 103; Arslan, 1956, p. 137; Cevese, 1963, p. 21), la Vergine che appare a S. Filippo Neri nel refettorio del collegio filippino di Vicenza, il Martiriodi S. Lorenzo (1731) della chiesa di S. Clemente di Valdagno (Mantese, 1966; Cevese, 1982, pp. 59, 66), le Ss. Caterina, Lucia e Apollonia della parrocchiale di Creazzo (1735 c.) e infine, firmato e datato al 1735, il Transito di s. Giuseppe dellaparrocchiale di Sarcedo (Magagnato, 1953, p. 103; Barbieri, 1964, p. 32). Risalgono al secondo lustro del quarto decennio il Martirio di s. Agnese (Rigamonti, 1776; Magagnato, 1953, p. 105) della chiesa omonima di Treviso, la Madonna del Rosario della chiesa di S. Domenico di Vicenza (Bertotti Scamozzi, 1761, p. 101), la. S. Teresa (1738) della chiesa del Carmine di Rovereto (Bartoli, 1780 in Emert, 1939, p. 108).

Firmata e datata al 1740 è la pala della parrocchiale di Camisano Vicentino con l'Apparizione della Vergine a s. Nicola (Piacentini, 1954, p. 15), nella quale si riprende uno schema tipicamente balestriano; l'intonazione luminosa del colore, la forte carica emotiva espressa nei volti dei personaggi ne fanno una delle opere più suggestive del De' Pieri. A questo momento appartengono due piccoli capolavori: il Ritratto di Andrea Nicolio (Rovigo, Accademia dei Concordi: Bartoli, 1793, p. 14; Ruggieri, 1972) e l'Allegoria dell'Inverno (Vicenza, Museo civico: attribuita al D. dalla Lazzarin, 1980-81, pp. 197-200 e 313 s.).

Il primo fa parte di una serie di ritratti commissionata dal canonico rodigino Ludovico Campo, allo scopo di celebrare alcuni uomini illustri della sua città. L'immagine ideale dell'umanista segue da vicino gli esempi della ritrattistica del Nazzari e del Nogari, che, insieme con il Tiepolo, il Pittoni e il Piazzetta e il D., parteciparono all'esecuzione del gruppo (Puppi, 1972). Testimoniano inoltre della predilezione dell'artista per la rappresentazione di busti virili in età avanzata i due ovali con i santi Pietro e Paolo (chiesa di S. Stefano di Vicenza: Cevese, 1954, p. 34) e il quadretto con S. Giuseppe del convento dei frati serviti di Isola Vicentina (Cevese, 1969, p. 137).

A partire dal 1745 la produzione del maestro vicentino inizia a dar segni di stanchezza: esempi di tale involuzione stilistica si hanno con la Nascita di s. Giovanni Battista della parrocchiale di Locara, con i quattro dipinti della bassanese collezione Bonato e con la Storia della venuta della reliquia della s. spina della chiesa di S. Corona di Vicenza. Nell'estrema attività del D. ebbe una parte sempre più rilevante la mediocre allieva Rosa Pozzolo (Rigon, 1981, p. 98), la cui mano è ben ravvisabile nella Madonna col Bambino e s. Vincenzo Ferreri (1744-46) della stessa chiesa (Arslan, 1956, p. 69; Cevese, 1963, p. 27), nel S. Antonio col Bambino ai piedi della Vergine (1748-50 ca.) della chiesa dei carmini di Vicenza, nella Predica del Battista e nella Cena in Emmaus (1749; iniziata dal maestro e conclusa dalla Pozzolo), entrambe nell'oratorio della parrocchiale di Bolzano Vicentino (Vicenza, Bibl. Bertoliana, Gonz. 23.11.21: L. Trissino, Notizie per una guida artistica del territorio vicentino [sec. XIX], c. 5) e nella Purificazione della Vergine della chiesa di SS. Maria e Vitale di Montecchio Maggiore (Vicenza), commissionata nel 1747, ma non ancora ultimata nel 1749 (Maccà, 1813-15, IX, p. 41; Cevese, 1962, pp. 25 s.; Rigon, 1981, p. 99). Fra i pittori vicentini che più risentirono dei suoi insegnamenti vanno ricordati, oltre alla Pozzolo, Costantino Pasqualotto, Clemente Muzzi e Michelangelo Uliaco detto Il Leoneda (Saccardo, 1976, p. 17).

Con il testamento, redatto il 21 marzo 1749 (Saccardo, 1983, p. 9), due anni prima della morte, avvenuta a Vicenza il 19 nov. 1751 (il necrologio, riportato da A. Alverà, Indice ragionato dei pittori scultori architetti de' quali abbiamo opere in Vicenza, ms. sec. XIX in Biblioteca Bertoliana di Vicenza, Gonz. 27.4.41.42 reca la data 21 novembre), e aperto il 20 novembre successivo, il D. dispose che erede universale delle sue misere sostanze (l'atto testamentario è seguito dall'inventario stilato il 17 dicembre del medesimo anno) fosse la sorella Alba (che morirà nel febbraio del 1760: Saccardo, 1983, p. 16). Alla pittrice, sua allieva, Rosa Pozzolo destinò gli strumenti di lavoro, gli abbozzi, i modelli, i gessi, le stampe, i disegni, i libri di pittura e alcuni quadri.

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