DEFA

Enciclopedia del Cinema (2003)

DEFA

Marco Scollo Lavizzari

Sigla di Deutsche Film Aktiengesellschaft, ente cinematografico di Stato della Repubblica democratica tedesca (DDR), istituito con licenza delle autorità sovietiche di occupazione a Berlino il 17 maggio 1946, con sede negli studi della disciolta UFA a Babels-berg. Nonostante una produzione segnata nei primi lungometraggi soprattutto da film di mera evasione e disimpegno (si pensi a quelli diretti da Wolfgang Schleif o da Joachim Kunert), gli iniziali passi cinematografici della D., grazie a un ristretto numero di autori, non mancarono di mostrare subito le linee programmatiche essenziali, improntate a una concezione marxista della storia e a un'attenzione precipua verso le condizioni di vita e i problemi della futura DDR, e quindi di una società fondata sul socialismo reale.

L'antifascismo del nuovo cinema tedesco e l'esigenza di ambientare i film in contesti reali, piuttosto che in un teatro di posa, apparvero già nella prima opera realizzata, Die Mörder sind unter uns (1946) di Wolfgang Staudte, il cui titolo riprende significativamente quello censurato a Fritz Lang per il film sul mostro di Düsseldorf. La guerra era finita, ma rimaneva valido per la D. l'imperativo di sradicare il nazismo dalle coscienze e smascherare i criminali pronti a riciclarsi con nuove identità. Sul passato nazista si concentrò anche il film di Kurt Maetzig Ehe im Schatten (1947), che racconta la vicenda reale del suicidio dei coniugi Gottschalk, attori perseguitati per motivi razziali, mentre un'altra opera dedicata alle effettive condizioni dell'immediato dopoguerra fu Unser täglich Brot (1949) di Slatan Th. Dudow. La collaborazione alla D. di Dudow, il regista dell'unico film comunista realizzato in Germania prima dell'avvento di Hitler, Kuhle Wampe oder: wem gehört die Welt (1932), sceneggiato con Bertolt Brecht, rappresentò senz'altro un segno di forte continuità con il cinema di sinistra, sensibile alla critica sociale, nato durante la Repubblica di Weimar (1919-1933). La classe operaia ritornò a essere il punto di vista privilegiato attraverso il quale dispiegare il reale nelle sue contraddizioni immanenti; e la comune istanza neorealista dei primi prodotti cinematografici non fu solo una cifra stilistica quanto soprattutto un'esigenza subordinata alla matrice filosofica, mai abbandonata, di rappresentare dialetticamente la società tedesca, ossia di cogliere i fatti nelle loro concrete connessioni storiche. Sui modi e sugli aspetti scelti per ritrarre e prefigurare la DDR, la D. ebbe modo di incontrare più volte la censura e le indicazioni della Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED, il Partito di unità socialista, nato nel 1946 dalla fusione tra comunisti e socialdemocratici), in un confronto serrato e a volte drammatico, condotto secondo indicazioni ideologiche e politiche e non di mercato. L'insistenza della SED, nei primi anni Cinquanta, sulla necessità di riscoprire il movimento operaio tedesco prima del nazismo, fase storica del tutto sconosciuta a chi era stato educato sotto il regime hitleriano, fece da sfondo alle due opere dirette da K. Maetzig, Ernst Thälmann ‒ Sohn seiner Klasse (1954) e Ernst Thälmann ‒ Führer seiner Klasse (1955), dedicate alla figura del leader del partito comunista tedesco ucciso dai nazisti; mentre una trasposizione cinematografica, ricca di risvolti metaforici, del primo piano economico quinquennale varato nel 1951 è offerta dallo stesso regista nel film Schlösser und Katen (1957), in cui il passaggio al collettivismo viene colto nei suoi riflessi sui singoli individui.

Assunta nel 1953 la definitiva denominazione VEB DEFA Studios Spielfilme, la D. vide maturare i contributi offerti da registi di una nuova generazione come, tra gli altri, Heiner Carow con Älteste war dreizehn (1958) e Konrad Wolf. Negli anni Cinquanta la produzione cinematografica della D. venne realizzata in un clima politico internazionale ricco di tensioni, in cui affiorava la difficoltà di mantenere rapporti di cooperazione e di pace con i tedeschi dell'Ovest. Dopo la repressione sovietica in Ungheria nel 1956, provennero dal partito rigide indicazioni sulla necessità di mostrare anche nel cinema le contraddizioni radicali tra Est e Ovest. Sonnensucher (1958) di Wolf, girato nel centro uranifero sovietico di Wismut nella DDR, affrontò il tema dell'importanza dell'Unione Sovietica (i cui rapporti con la DDR si erano rafforzati con il patto di Varsavia del 1955) come guida per la realizzazione del socialismo e quello del potere deterrente dell'energia nucleare in mano ai Paesi socialisti, trattati però secondo dettami realistici, scevri da stilemi retorici, che non incontrarono il plauso della SED; mentre un'ulteriore conferma della necessità storica e ideologica di affrontare il passato nazista si ebbe con i due successivi film di Wolf, Lissy (1957) e Sterne (1959).La costruzione del muro di Berlino (1961) venne condivisa dai registi della D., compatti nel sostenere il modello socialista tedesco. I film prodotti negli anni Sessanta stigmatizzarono la scelta occidentale, come Sonntagsfahrer (1963) di Gerhard Klein, Das russische Wunder (1963) di Andrew Thorndike o Der geteilte Himmel (1964) di Wolf, centrato già nel titolo ‒ il cielo diviso, appunto ‒ sulle opposte concezioni politiche e sociali, separate significativamente da un muro. Sempre Wolf, con l'autobiografico Ich war neunzehn (1968), fornì un ulteriore esempio di cinema ambientato nella Germania nazista, in particolare nei giorni antecedenti la conquista sovietica di Berlino. Tratto dal diario dei suoi diciannove anni, il film narra la testimonianza giovanile dell'autore, rivissuta con lo spirito di un uomo maturo. Il riferimento di Wolf alla sua personale esperienza fu quasi un preludio alla decisa irruzione del quotidiano nella programmazione della DEFA. Gli anni Settanta videro soprattutto sceneggiature calate nell'attualità della DDR, con una narrazione condotta prevalentemente da un punto di vista femminile. Der Dritte (1972) di Egon Günther, Die Legende von Paul und Paula (1973) di H. Carow e Leben mit Uwe (1974) di Lothar Warneke descrivono le condizioni di vita della donna in una società socialista, indagandone i problemi e le ansie legati alla messa in discussione degli equilibri tradizionali. Ma è stata soprattutto la produzione documentaristica a distinguersi in seguito, e con particolare forza, nella raffigurazione della DDR, come, per es., nel viaggio attraverso la Germania orientale filmato da Helke Misselwitz in Winter ade (1988).Con la riunificazione tedesca (1990) gli studi DEFA sono stati privatizzati e anche chiusi. Dal 1998 è attiva la fondazione DEFA, archivio documentale e storico di tutti i film prodotti dal 1946 al 1990.

Bibliografia

S. Micheli, Il cinema nella Repubblica Democratica Tedesca. Trenta anni di attività della DEFA (1946-1976), Roma 1978; H. Blunk, Die DDR in ihren Spielfilmen. Reproduktion und Konzept-ion der DDR-Gesellschaft im neueren DEFA-Gegenwartsspielfilm, München 1984; Babelsberg. Das Filmstudio, hrsg. von W. Jacobsen, Berlin 1992, 1994³.

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