DEL SANTO, Andrea Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)

DEL SANTO, Andrea Carlo

Walter Polastro

Figlio di Angelo, generale dei Regno di Sardegna e allora ufficiale nel battaglione Real Navi, e di Rosa Millelire, che apparteneva ad una famiglia di notevoli tradizioni militari, nacque a Genova il 16 ott. 1830. Avviato alla carriera delle armi, studiò nella Regia Scuola di marina, a Genova, conseguendo il 20 apr. 1848 il grado di guardiamarina e partecipando alle operazioni militari della prima guerra di indipendenza. Inviato nell'Adriatico, fu impegnato nel blocco di Trieste, ed in alcune minori azioni di bombardamento dei forti presso Venezia e di intercettazione di mercantili austriaci.

Promosso sottotenente di vascello nel giugno del 1850 e imbarcato sul brigantino "Colombo", venne inviato di stazione a Montevideo; qui ebbe il comando della goletta armata "Generoso" e dall'agosto all'ottobre del 1851 fu impegnato nella protezione dei sudditi sardi residenti in Uruguay, nazione allora sconvolta dalla guerra.

Tenente nel luglio del 1855, partecipò alla spedizione in Crimea con la squadra sarda impegnata nel trasporto del corpo di spedizione e nel rifornimento di viveri e materiali. Nel 1859 venne nuovamente inviato in Adriatico; fece parte della divisione navale piemontese che, al comando del capitano di vascello E. Tholosano, avrebbe dovuto muovere all'attacco di Venezia di concerto con una squadra navale francese. Ma l'operazione, in un primo momento rinviata, venne poi definitivamente accantonata con il sopraggiungere dell'armistizio di Villafranca. Ebbe modo di distinguersi nelle campagne militari del 1860-61 guadagnando due medaglie d'argento: la prima durante il bombardamento delle batterie di Ancona ai diretti ordini di Carlo Pellion di Persano, e la seconda nei fatti di Mola di Gaeta ove la squadra sarda, in appoggio alle truppe che stavano passando il Garigliano, battendo le posizioni costiere costrinse i Borbonici alla fuga.

Appena dopo, gli toccò un incarico piuttosto delicato, militare e politico nello stesso tempo: al comando dell'avviso "Ichnusa" egli ricevette il compito di controllare le mosse di Garibaldi che, amareggiato e deluso, si era ritirato a Caprera e di scoprire, possibilmente, se e quali disegni avesse in mente il condottiero. Rientrato in squadra dopo il plebiscito dell'ottobre 1860, partecipò al blocco della piazzaforte di Gaeta fino alla resa.

Promosso nello stesso 1861 capitano di fregata, confermò in un episodio dell'aprile 1864 il suo coraggio e la sua perizia di comandante. Saputo che il vascello "Re Galantuomo" era in pericolo nell'Atlantico, si prodigò nell'opera di soccorso prendendo volontariamente il comando del piroscafo "Norteestan" e incrociando nell'oceano per undici giorni alla ricerca dei legno pericolante; ebbe, per tale azione, la nomina ad ufficiale dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Divenuto sottocapo di stato maggiore dell'ammiraglio Persano, partecipò alla battaglia di Lissa a bordo della "Re d'Italia". Colpita la nave, continuò a combattere e si lanciò in acqua solo pochi istanti prima dell'affondamento; mettendo insieme alla meglio pezzi di legno e cavi costruì con altri una zattera e riuscì a sopravvivere fino a quando, mentre ormai calava la notte, venne avvistato e raccolto da una lancia della "Principe Umberto". Per la posizione occupata fu subito chiamato a deporre presso la corte che doveva giudicare il Persano e fu teste di rilievo al processo contro lo stesso.

Confermò il trasferimento del Persano dall'ammiraglia all'"Affondatore", avvenuto nella mattinata e con una sola imbarcazione, le modalità di avvistamento delle navi nemiche, la fine dei comandante della "Re d'Italia", E. Faà di Bruno il quale, a differenza di voci che correvano, non si era ucciso bensì, attendendo a gettarsi in mare che la nave fosse da tutti abbandonata, era stato risucchiato dallo spostamento d'acqua; fece rilevare alla corte la non felice posizione della squadra italiana all'inizio del combattimento, e il difetto di progettazione della fregata corazzata la quale presentava il timone in parte emergente sopra la linea di galleggiamento. Testimoniò inoltre che sulla "Re d'Italia" si era combattuto fino all'ultimo, mentre la bandiera, che stava per essere ammainata per un malinteso, era rimasta spiegata fino alla fine, essendosi posto alla sua guardia un guardiamarina.

Capitano di vascello nel dicembre del 1867, fedele e sicuro estimatore di casa Savoia, ricevette l'incarico di curare la istruzione scientifica e tecnica del principe Tommaso, duca di Genova. Con quest'ultimo al comando della fregata "Garibaldi" effettuò la circuninavigazione del globo dal 1872 al 1874. Il viaggio durò 705 giorni, e si svolse quasi esclusivamente a vela (circa 53.000 miglia su 55.000) da Napoli a Rio de Janeiro, Melbourne, Yokohama, San Francisco, Callao, Valparaiso, Montevideo, Tangeri fino a La Spezia; permise un certo numero di osservazioni scientifiche, ed ebbe all'epoca una notevole risonanza, rimanendo una delle più importanti crociere della marina italiana.

Passato poi ad incarichi a terra (era già stato direttore generale del personale e dei servizi militari presso il ministero della Marina dal 1870 al 1872, e comandante della seconda divisione di scuola di marina), fu comandante in capo dei dipartimento marittimo di Napoli, e nel 1878, divenne aiutante di campo del nuovo re Umberto I. Segretario generale al ministero della Marina, fu poi il primo comandante della nuova Accademia navale di Livorno dal novembre 1881 ed ebbe parte notevole nel curarne l'organizzazione. Già contrammiraglio nel 1877, venne promosso viceammiraglio il 17 nov. 1883, esonerato dal comando e nominato ministro della Marina nel quinto gabinetto Depretis. "Fu un breve passaggio", scrisse A. V. Vecchi riferendosi al periodo ministeriale del D.: in effetti il suo incarico durò fino alla caduta del gabinetto il 30 marzo del 1884 ed in pochi mesi è difficile segnare precise linee di politica navale.

Non è possibile quindi dare un giudizio sul suo operato come ministro, ma è opportuno tener presente il contesto storico che determinò la sua nomina. Come altri ministri della Marina di Depretis (N. Ferracciù, E. Di Brocchetti), il D. venne eletto per esigenze e mediazioni politico-parlamentari derivate dal trasformismo del presidente del Consiglio. Questi, nel suo ultimo ministero, si era spostato piuttosto a destra e cercava di rinviare il problema delle costruzioni navali in considerazione delle ingenti spese da sostenere. Aveva in un primo tempo abbracciato il programma di F. Acton favorevole alla costruzione di navi medie e piccole a carattere marcatamente difensivol probabilmente per ragioni di economia. Ma accresciutasi l'ostilità contro l'Acton nella votazione del bilancio della Marina e dimessosi quest'ultimo, l'affidamento della carica al D. costituiva semplicemente il primo passo del ritorno di B. Brin, l'artefice di una politica navale di prestigio e di potenza che insisteva sulle grandi corazzate e permetteva al Depretis di ricevere il sostegno di una certa parte della Sinistra rappresentata da F. Crispi (che portava anche gli interessi degli Orlando) e G. Nicotera, nonché di altri componenti della Destra favorevoli al prestigio di una grande flotta come S. A. Pacoret de Saint-Bon. D'altra parte il D., ufficiale indubbiamente valido e coraggioso, non aveva l'esperienza e le capacità politiche per affermare una linea autonoma e, ad ogni modo, difficilissimo sarebbe stato resistere alle grandi pressioni dell'industria metallurgica e meccanica che avevano interessi che ormai pesavano direttamente su qualsiasi tipo di governo.

Caduto il ministero, il D. riassunse il servizio attivo per passare tre anni più tardi alla riserva navale. Fu eletto deputato al parlamento nella XV legislatura (1882-86) nel collegio di Genova; fu poi nominato senatore nel dicembre del 1890.

Trascorse i suoi ultimi anni nella città natale, ove si spense il 7 febbr. 1905.

Fonti e Bibl.: Roma, Ministero della Marina, Ufficio storico, Fascicolo personale (contenente ampi stralci della relazione del D. durante il giro del mondo al comando della "Garibaldi"); A. V. Vecchi, Storia generale della Marina militare, Livorno 1895, III, pp. 320, 356, 370; T. Sarti, Ilparlam. italiano..., Roma 1898, pp. 220 s.; D. Guerrini, Lissa 1866, Torino 1908, II, pp. 525, 529, 561 (con la deposizione del D. dinnanzi alla commissione di istruzione del processo Persano); M. Osio Scanzi, Il generale Osio, Milano 1909, pp. 369 s.; A. Lumbroso, La battaglia di Lissa nella storia e nella leggenda, Roma 1910, p. 55;A. V. Vecchi, Mem. marinaresche di Jack La Bolina, Roma 1911, p. 38;A. Lumbroso, C. Persano. Il carteggio di un vinto: lettere ined. dell'amm. conte di Persano, Roma 1917, pp. 150 s., 157; S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplom. d'Italia da Novara a Vittorio Veneto, Roma 1949, II, p. 274;G. Carocci, A. Depretis e la politica interna ital. dal 1867 al 1887, Torino 1956, pp. 310, 403, 655;Ufficio storico della Marina militare, Storia delle campagne oceaniche della Marina militare, a cura di F. de Leva, IV, p. 595;Id., La Marina militare nel suo primo secolo di vita 1861-1961, a cura di G. Fioravanzo, Roma 1961, p. 55;A. Iachino, La campagna navale di Lissa del 1866, Milano 1966, pp. 445, 460, 478, 597;Ufficio storico della Marina militare, Gli incrociatori ital., a cura di G. Giorgerini-A. Nani, Roma 1971, p. 128;A. Brauzzi, Tre navi ital. intorno al mondo, in Rivista marittima, CXII (1979), 7, p. 15; Diz. d. Risorg. naz., II, p. 899; Enc. milit., III, p. 425.

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