DELEGAZIONE LEGISLATIVA

Enciclopedia Italiana (1931)

DELEGAZIONE LEGISLATIVA

Benedetto Liuzzi

LEGISLATIVA Sotto il concetto di delegazione legislativa la nostra dottrina intende, sia l'atto legislativo che conferisce ad altri organi dello stato, in particolare all'esecutivo, la facoltà di emanare regolamenti in un campo che senza tale speciale norma di legge sarebbe riservato al legislativo (delegazione legislativa in senso materiale), sia quello che conferisce ad altri organi dello stato la facoltà di emanare atti con l'efficacia formale della legge, tali perciò che, pur non rientrando nella categoria delle leggi formali, come gli atti derivanti dall'approvazione delle Camere e dalla sanzione regia, non possano essere modificati, abrogati o interpretati autenticamente se non mediante un altro atto che abbia egualmente efficacia di legge, che cioè derivi dal parlamento o sia emanato dall'esecutivo in base ad una disposizione che gli consenta di emanare atti con efficacia di legge (un'altra delegazione legislativa, norma che autorizzi la emanazione di decreti-legge). In questo secondo caso si parla di delegazione legislativa in senso formale, per indicare appunto, in contrapposto alla figura precedente, che non si tratta tanto di accordare all'esecutivo la facoltà di emanare atti che rientrano nella nozione di legge in senso materiale, quanto di emanare atti che hanno l'efficacia della legge in senso formale. La parola delegazione senza altra aggiunta viene di solito riferita alla seconda figura di delegazione, cioè a quella della delegazione in senso formale.

Queste nozioni non sono comuni alla dottrina straniera e specialmente a quella francese e tedesca. Nella dottrina straniera le due figure di delegazione, distinte dalla nostra dottrina, sono di solito confuse. Si coglie solo il momento dell'autorizzazione ad emanare atti che rientrano nella nozione di legge in senso materiale, che è generalmente (non sempre in realtà) comune alle due figure. La divergenza tra la dottrina italiana e quella straniera diviene anche più notevole quando si consideri che, postici sul terreno della dottrina straniera e su quello della delegazione in senso materiale della nostra dottrina, ha rilevanza anche la questione del fondamento della potestà regolamentare. Per la dottrina che richiede l'esplicito fondamento di una norma di legge alla facoltà regolamentare degli organi dell'esecutivo, e che è quella predominante in Germania e che ha recentemente acquistato largo seguito anche in Italia, la delegazione legislativa riguarda qualsiasi disposizione accordi all'esecutivo la facoltà di emanare regolamenti. Disposizioni di questo genere, secondo la dottrina straniera, non si distinguerebbero da quelle che autorizzano l'esecutivo a emanare norme con l'efficacia formale di legge. Venendo ad occuparci della figura della delegazione legislativa in senso formale, quale è stata delineata nella dottrina italiana, una prima questione riguarda l'ammissibilità di questo istituto nel nostro diritto. Di fronte a una disposizione come quella dell'art. 3 dello Statuto, che attribuisce il potere legislativo al re e alle camere congiuntamente, si è molto discussa in dottrina l'ammissibilità della figura della delegazione legislativa. Ma ora il problema è sorpassato perché la legge 31 gennaio 1926, n. 100, ha esplicitamente attribuito (art. 3, n.1) all'esecutivo la facoltà di emanare, con decreto reale, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, norme aventi forza di legge "quando il governo sia a ciò delegato da una legge entro i limiti della delegazione".

Stabilita l'ammissibilità della figura giuridica nel nostro diritto, occorre esaminare i vari aspetti in cui si può presentare. Nel caso tipico si tratta della facoltà di emanare norme con forza di legge accordata per una volta tanto in una materia determinata (delegazione specifica o speciale). Perciò l'esercizio della facoltà attribuita si esaurisce in un solo atto. Ma non sempre è così: la delegazione può essere generale, cioè accordata su materia non delimitata rigorosamente. Può anche avere il solo limite di un periodo di tempo, di modo che l'esercizio della facoltà accordata con la delegazione non si esaurisce in un solo atto e d'altra parte il governo in questo periodo di tempo può modificare con atto proprio quei precedenti emanati con forza di legge in virtù della delegazione. Nel caso di delegazione su vasta materia per un certo periodo di tempo si parla di pieni poteri, istituto a cui nella nostra pratica costituzionale si è fatto ricorso varie volte specialmente in periodo di guerra, e anche per provvedere a circostanze eccezionali della nostra vita pubblica in cui occorra dare la maggiore libertà di azione possibile al governo, come è avvenuto quando con la legge 3 dicembre 1922, n. 1601, si sono accordati al governo i pieni poteri per provvedere alla riforma della burocrazia. Inoltre si può deviare dalla figura tipica della delegazione legislativa in quanto la facoltà di emanare atti con forza di legge si esaurisca, sì, in un unico atto, ma sia accordata non per una volta sola ma per tutte le volte in cui si dia una determinata circostanza. Raccogliendo in un unico criterio i varî casi in cui la dottrina ha riconosciuto l'esistenza di una delegazione legislativa, noi possiamo concludere che si ha la delegazione legislativa tutte le volte che si ha un eccezionale conferimento all'esecutivo della facoltà di emanare atti con forza formale di legge, sia che ciò avvenga solo per una volta tanto e per una materia determinata, sia che ciò avvenga per un periodo di tempo determinato senza limitazione di materia (caso estremo opposto) o in maniera che dia luogo a una figura intermedia tra le due estreme che si sono delineate.

Relativamente alla delegazione legislativa occorre anche considerare una particolarità a cui a volte è subordinato l'esercizio, da parte del governo, della facoltà accordatagli. A volte vi è la clausola della successiva comunicazione al parlamento dell'atto emanato dal governo in virtù della delegazione (che assume il nome tecnico di legge delegata o decreto legislativo). Altre volte si tratta di una presentazione perché sia approvata. La legge che approva l'operato dell'esecutivo prende il nome di legge di convalida e una volta intervenuta, non può più essere messo in dubbio, davanti alle autorità giudiziarie, il fatto che il decreto legislativo sia rimasto nei limiti della delegazione, cioè vale sanatoria se è emanata per un atto che ha esorbitato dai limiti della delega. Se la legge di convalida viene rifiutata, il decreto legislativo decade ex nunc (in questo senso IV Sez. del Cons. di Stato, 4 ottobre 1893, Giust. amm., 1893, I, 464).

È questione dibattuta se il governo possa subdelegare i poteri delegatigli dal parlamento. Una questione vivamente discussa nella dottrina è quella della sindacabilità dell'osservanza dei limiti della delegazione da parte dell'esecutivo. L'opinione più corretta pare quella che ritiene che le autorità giurisdizionali non debbano applicare i decreti legislativi che contrastino ai limiti posti dalla delegazione legislativa. A questa opinione, che risponde ai principî generali che informano i rapporti tra autorità giurisdizionali e amministrative nel nostro diritto pubblico, ha portato un sussidio testuale la forma dell'art. 3, n.1, della legge 31 gennaio 1926 citata, nella parte in cui dice che l'esecutivo può emanare decreti legislativi solo nei limiti posti dalla delegazione.

Un'altra questione relativa alla delegazione legislativa riguarda la impugnabilità dei decreti legislativi davanti al Consiglio di stato. Vi è dottrina e giurisprudenza che sostengono ostare a tale impugnativa la circostanza che si tratta di atti emanati dal governo nell'esercizio del potere politico, contro i quali per l'art. 13 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di stato, non è ammissibile ricorso al Consiglio di stato. In realtà questa opinione è molto dubbia. Non si vede la ragione per cui questi come ogni altro atto dell'esecutivo e in particolare quelli di carattere generale ed astratto, come i regolamenti, non potrebbero essere impugnati davanti al Consiglio di stato.

Bibl.: A. Codacci-Pisanelli, Legge e regolamento, in Scritti di diritto pubblico, Città di Castello 1900, in particolare p. 56 seg.; F. Cammeo, Della manifestazione della volontà dello stato, in V. E. Orlando, Tratt. di dir. amm., III, cap. 4°, par. 3; A. Criscuoli, La delegazione del potere legislativo nel moderno costituzionalismo, Napoli s.a.; C. Saltelli, Potere esecutivo e norme giuridiche, Roma 1926, parte 3ª, cap. I. Per la questione del sindacato delle autorità giurisdizionali, sull'osservanza dei limiti della delegazione dopo la legge 31 gennaio 1926, n. 100, v. E. Orrei, Il sindacato giurisdizionale rispetto ai decreti delegati censurati per eccesso dei limiti della delega e la legge 31 gennaio 1926, n. 100, in Foro amm., IV (1926), p. 49; F. Pergolesi, Del sindacato giudiziario su decreti legislativi, in Riv. di dir. pubbl., I (1927), p. 349; della letteratura straniera, v. in particolare: G. Jellinek, Gesetz und Verordnung, Friburgo in B. 1887; Zolger, Österreichisches Verordnungsrecht, Innsbruck 1898; F. Moreau, Le réglement administratif, Parigi 1904.

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