DELLA CORNIA, Pier Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)

DELLA CORNIA (Corneo, da Cornia, da Corgnie, dei nobili della Corgna e, infine Nobili, con evidente cognomizzazione dello status familiare), Pier Filippo

Pier Luigi Falaschi

Nacque a Perugia sul finire del 1419 o nel 1420 dal nobile Berardo e da Felice di Onofrio Bartolini.

La famiglia, residente in Porta S. Susanna, diede giuristi, politici e prelati; il D. ebbe come fratelli Francesco, Lodovico, Vinciolo, Lamberto, Teseo e Ranieri, arciprete della cattedrale. Soprattutto gli ultimi quattro furono protagonisti della vita cittadina.

Il Maturanzio ricorda il D. come uno scolaro modello: a dodici anni, esaurito lo studio della grammatica e della retorica, avrebbe preteso di dedicarsi alla scienza giuridica. Certamente presto cominciò a frequentare lo Studio patrio, dove si addottorò in utroque iure avendo come maestri, in diritto civile, Giovanni Montesperelli, Angelo Perigli, Ivo Coppoli, Pietro Baldeschi, e in diritto canonico Benedetto Benedetti detto il Capra e Baldo Bartolini. La compresenza nell'università perugina di questi maestri fa ritenere che egli abbia frequentato i corsi tra la fine del quarto decennio e gli inizi del quinto del sec. XV.

In età assai giovane e in giorni prossimi al dottorato, il D. sposò la figlia del suo maestro Montesperelli, che avrebbe incoraggiato il parentado con una grossa dote; da lei - che gli sopravvisse - ebbe tre maschi Pier Paolo, Giulio Cesare e Camillo, nonché tre femmine, fra le quali Laura che il 3 febbr. 1474 andò sposa a Carlo di Cesare degli Arciprete.

Probabilmente nel 1444 si era già addottorato, anche se non è affidabile l'inserimento del suo nome in un documento di quell'anno, edito dal Bini e chiaramente da lui integrato, con cui i dottori perugini impegnati nell'insegnamento rinunciavano ad un aumento del salario strappato al pontefice, ma insostenibile per il Comune tenuto ad effettuare il pagamento.

In realtà il Bini e, forse sulla sua scorta, lo Scalvanti e l'Ermini, hanno incluso fra le poche rapide notizie da loro raccolte sul D. avvenimenti riferiti dagli antichi cronisti ad un Piero di Filippo, forse della famiglia degli Alessandri. Ma la presenza contemporanea in una ambasceria, ricordata dai cronisti, del D. e di Piero di Filippo prova a sufficienza la svista in cui sono incorsi gli studiosi. Va altresì segnalato che negli anni più maturi del D. era già attivo un suo omonimo nipote.

Risale al 1450 il più remoto documento che indichi il D. impegnato nella cattedra ordinaria di diritto civile, nella quale si sarebbe distinto non solo per la dottrina, ma anche per le capacità didattiche.

La considerazione del casato e il prestigio professionale gli aprirono la via a molti importanti incarichi. Il 15 apr. 1455 fu scelto come ambasciatore da inviare a Roma per l'incoronazione di Callisto III, avvenuta il 20 successivo. Il mandato prevedeva, oltre al rinnovo dell'obbedienza, la presentazione di varie richieste, in particolare quella volta ad ottenere, correlativamente a sgravi fiscali, l'aumento di 800 fiorini della provvisione dello Studio fino ad allora fissata a 2.500.

La rivalità tra la famiglia del D. e quella degli Oddi condussero Perugia nel maggio del 1456 sull'orlo della guerra civile: i Della Cornia per la festa dell'Ascensione che si celebrava con particolare solennità nella chiesa di S. Francesco del loro quartiere di S. Susanna si apprestavano ad ornare con rami di bosso e di lauro l'ingresso del medesimo quartiere, delimitato verso il centro dal cavalcavia del palazzo dei Priori, presso il quale sorgeva il loro palazzo. Gli Oddi impedirono la realizzazione e sfidarono il divieto del governatore che, preoccupato dalla piega degli avvenimenti, dispose la sospensione di ogni apparato e vietò ogni assembramento che non avesse immediato fine di culto. La sera dell'Ascensione, infatti, gli Oddi scesero in piazza con un centinaio di giovani armati irridendo al tentativo fallito e alla frustrazione dei Della Cornia, i quali accorsero anche loro in forze e ferirono numerosi avversari, uno dei quali morì. Solo l'intervento di altri nobili armati, incuneatisi tra le parti contendenti, evitò un massacro. L'episodio, che ebbe come conseguenza il 5 luglio successivo il bando di Teseo e Vinciolo Della Cornia, rivela il ruolo primario, seppure non incontrastato, svolto dalla famiglia nell'ambito cittadino.

Il 26 nov. 1457 i Della Cornia fecero la pace cogli Oddi ed il bando poco dopo venne revocato.

Alla fine del mese di gennaio 1459 il D., insieme col cognato Matteo Francesco Montesperelli, Pandolfo Baglioni e Ranaldo Montemilini venne inviato incontro al papa Pio II in viaggio alla volta di Perugia. La notizia di una sua familiarità col pontefice poggia sicuramente su questa missione e sul soggiorno del papa a Perugia protrattosi dal 10 al 19 febbraio. Non si conosce il ruolo che egli ebbe nel conflitto scoppiato in quello stesso anno fra il Comune e gli studenti, quando il ferimento del loro rettore, l'occupazione manu militari del collegio della Sapienza vecchia da parte delle autorità cittadine e la partenza di numerosi studenti posero in dubbio la continuità dello Studio. Certamente non fu lui l'ambasciatore spedito per illustrare la controversia al papa in forma non sfavorevole alla città.

Il 13 nov. 1460 Braccio e Rodolfo Baglioni fecero uccidere il cugino Pandolfo e suo figlio Niccolò accusati di avere strappato a Pio II la conferma, esclusivamente nella loro discendenza, della signoria di Spello. I sicari uccisero anche, come testimonio scomodo, Pietro Crispolti, trovatosi a passare per caso nella strada dell'agguato e appressatosi non si sa se in veste di paciere o di soccorritore delle vittime. Il D. - e l'episodio conferma la sua attitudine a trascorrere dallo studio ad iniziative di parte - i fratelli Vinciolo, Teseo e Ludovico, Matteo Francesco Montesperelli ed altri, "messe le mani all'armi", si schierarono in favore dei Baglioni omicidi, forse allo scopo di impedire un tumulto da parte dei seguaci delle vittime e di cittadini a qualunque titolo ostili ai Baglioni; ma il 15 dicembre i Della Cornia si pacificarono coi Crispolti, e il fatto lascia supporre non tanto un avallo a posteriori quanto un loro diretto coinvolgimento nell'imboscata.

Nel 1469, mentre continuava con successo l'attività di docente e svolgeva anche funzioni di avvocato del Comune, il D. fu richiesto per l'insegnamento ordinario del mattino di diritto civile dai Riformatori dello Studio di Ferrara, che gli inviarono per trattare la condotta il mantovano Giovanni Andrea Andreassi. Il 6 agosto con atto notarile si impegnò a tenere l'insegnamento per un biennio dietro la remunerazione annua di 600 fiorini. I Perugini, però, giudicando il trasferimento una gravissima perdita per il loro Studio, ottennero da Paolo II un breve col quale se ne vietava la partenza: un'analoga decisione fu formalizzata dal governatore di Perugia Girolamo Lando. Il D. da un lato avrebbe voluto uniformarsi all'ordine papale e cedere alle insistenze dei concittadini, ma non sapeva come sottrarsi ad un impegno liberamente e formalmente assunto senza prevedere tanti ostacoli. Rimise così la soluzione al Comune che spedì Luca Poccioli come ambasciatore a Borso d'Este per trattare la questione. Comunque è certo che il D. raggiunse regolarmente la nuova sede.

Il Tiraboschi segnalò una minuta di lettera senza data, indirizzata da un imprecisato signore di Ferrara ad un altrettanto imprecisato pontefice, con la quale il primo affermava di non essere stato informato in tempo dell'opposizione papale al trasferimento e di averne rimproverato il D.; ciò nonostante supplicava il papa di consentirgli di trattenere presso di sé il professore almeno per un anno, visto che lo Studio perugino era accreditatissimo per la presenza di Baldo Bartolini, mentre quello di Ferrara aveva bisogno di docenti di spicco per meglio affermarsi. Il contenuto della lettera fa ritenere che essa sia stata scritta non molto tempo dopo il discusso trasferimento, probabilmente nel 1470, quando una parte dell'anno accademico 1469-70 poteva considerarsi gia trascorsa e l'accoglimento della richiesta della dilazione avrebbe potuto consentire il compimento del biennio previsto nel contratto. Il Tiraboschi seguito dal Bini e dall'Ermini, afferma che si tratta di una lettera di Borso d'Este a Sisto IV: ma soli dieci giorni intercorrono tra l'elezione del pontefice e la morte del duca (9 e 19 ag. 1471). Ciò non esclude che per il ritorno in patria del D. sia stato effettivamente determinante un intervento di Sisto IV, legato a Perugia per una lunga residenza e per avervi insegnato, presso lo stesso docente e il signore di Ferrara, ravvisabile però col successore di Borso. Resta comunque da chiarire come il nome del D. non compaia nell'elenco dei professori dello Studio ferrarese remunerati l'8 genn. 1471 in quanto impegnati per l'anno accademico 1470-71.

Nell'anno accademico 1471-72 e nel successivo il D. fu a Perugia. Nel 1472, insieme col collega e concittadino Alberto Belli chiese ai Decemviri di avere in comodato l'apparato al Decreto di Guido da Baisio conservato nella biblioteca della Sapienza vecchia, per farne una copia. Il 23 apr. 1473, evidentemente non toccato dal richiamo dei concittadini e dall'intimazione papale, sicuramente convinto dalla promessa di un salario di 950 fiorini annui, non paragonabile con la remunerazione perugina, stipulò una condotta di tre anni col canonico Giovanni Niccolini di Firenze rappresentante degli Ufficiali dello Studio - ma sicuramente investito dell'iniziativa dallo stesso Lorenzo de' Medici - per ricoprire nello Studio di Pisa la prima cattedra ordinaria di diritto civile del mattino. Nella nuova sede ebbe come colleghi, tra gli altri, i già ricordati concittadini Baldo Bartolini, forse suo parente, e Alberto Belli, nonché Bartolomeo Sozzini e Felino Sandei.

Il D., assegnato contrariamente agli accordi all'insegnamento pomeridiano, messo in concorrenza diretta col Sozzini passato nel 1474 da ragion canonica a ragion civile col quale fu costretto a contendersi senza successo l'uditorio, giudicò il cambiamento d'orario una ingiusta retrocessione. Nemmeno i rapporti col Bartolini, pur definiti di fratellanza, furono del tutto esenti da competitività.

Questa situazione di disagio è documentata da varie lettere: innanzitutto una di ferma protesta indirizzata dal D. a Lorenzo de' Medici nella quale ricordava fra l'altro di aver insegnato, oltre che a Ferrara, a Perugia - evidentemente con varie interruzioni allora normali - per quattordici anni. Da Perugia Rodolfo Baglioni scrisse al Magnifico come se la pretesa "deminutio" del docente coinvolgesse la sua patria. La soluzione adottata dagli Ufficiali dello Studio fu quella suggerita per lettera dall'arcivescovo di Pisa Filippo de' Medici: il D. tornò all'insegnamento del mattino, il Sozzini restò a quello pomeridiano, il Bartolini fu posto in condizione di scegliere l'orario e quindi il concorrente: optò poi per il pomeriggio per motivi di salute, o almeno così lasciò credere.

Nell'intento di ricostituire una solidarietà utile a trattare coi terzi in posizione migliore, il D. e il Bartolini nell'ottobre 1475 sottoscrissero un accordo col quale ciascuno. sotto pena di 2.000 ducati, si impegnò per i due anni successivi alla fine della condotta pisana a non accettare il rinnovo senza il consenso dell'altro.

Il rinnovo non vi fu, sicuramente per un altro intervento di Sisto IV che il 27 apr. 1476 annunciò al Comune di Perugia il ritorno del D., ma non si può escludere che le lagnanze del docente e i rilievi mossi al suo insegnamento rendessero poco attraente il rinnovo per lo Studio di Pisa. Da una lettera di segnalazione di Marsilio Ficino al D. apprendiamo che a Pisa ebbe fra gli altri come allievo Francesco Soderini. Una nuova condotta stipulata col medesimo Studio l'8 marzo 1484 non fu seguita dalla presa di servizio. Il ritorno a Perugia del D. e del Bartolini fu reso appetibile da un ritocco sostanzioso dei salari: ai consueti 150 ducati corrisposti a ciascuno dal Comune se ne aggiunsero 100 erogati dalla Camera apostolica.Nel luglio 1477 col collega Baglione Vibi, il D. venne inviato come ambasciatore a Carlo Fortebraccio per convincerlo a lasciare con le sue truppe il territorio perugino e a cessare la guerra contro gli alleati di Perugia. Nel giugno 1479 fu inviato a Firenze per una delicatissima mediazione: Perugia, già legata da una lunga e proficua alleanza con Firenze, si proponeva di comporre le ostilità tra Sisto IV e i Medici. La missione si concluse il 30 giugno senza alcun esito. Nei giorni 3 e 4 settembre, con un mandato che prevedeva il rinnovo della lega, raggiunse l'accampamento dell'esercito fiorentino sistemato non lungi da Perugia, forse in Val di Chiana, ma le proposte della controparte non furono giudicate accettabili. Il 17 genn. 1481 fu mandato presso il papa per una questione di tributi, ma soprattutto perché non fosse tolta alla città una reliquia veneratissima. Il 6 ottobre fu designato fra i venti incaricati di "rifare le borse", cioè di predisporre le liste delle magistrature cittadine. Nato un dissidio col legato - cui era stata strappata eccezionalmente tale potestà -, che non aveva approvato il metodo di compilazione e s'era vista respinta la possibilità di determinare il primo turno, il D. l'11 novembre andò a Todi per rabbonire il legato, andatosene irato da Perugia e presumibilmente diretto a Roma per riferire al papa. Il 1° marzo 1482 per volontà dei Priori, fu inserito fra i sei dottori che, insieme con cinque nobili e col vicario spirituale del legato, avevano il compito di ristabilire la pace fra gli Oddi e i Baglioni, compromessa da un ennesimo fatto di sangue. All'inizio del 1483 fu chiamato a far parte col fratello Vinciolo, in rappresentanza della sua Porta, di una commissione di vigilanza per una più puntuale applicazione delle norme statutarie, in particolare per la punizione dei colpiti da bando rimasti in città. Sul finire del 1485 fu eletto fra i Quindici "sopra la guerra e governo dello Stato". Il 28 giugno 1486 tuttavia per ordine del legato non ricevette lo stipendio - o forse la provvisione della Camera apostolica - per aver dato ricetto ad alcuni banditi. Il 18 novembre dello stesso anno alcuni studenti informavano il vicelegato che il D. essendo andato a Roma aveva lasciato come suo sostituto uno scolaro privo delle necessarie capacità. Sicuramente la permanenza a Roma fu quella disposta da Innocenzo VIII - con breve pervenuto a Perugia il 21 settembre e protrattasi fino al dicembre - per il rinnovo delle "borse". La presenza del D. fra i cittadini chiamati al delicato compito e il suo inserimento nella lista del nuovo Consiglio generale di centoquindici cittadini pubblicata il 31 dicembre sono prove di una completa e rapida riabilitazione.

Il 29 luglio 1487 Pier Paolo, figlio del D., sposò Criese di Rodolfo Baglioni: questa notizia riferita nel Pellini, certo per errore di stampa, con l'elisione delle parole che identificavano il protagonista "M. Pietro Paolo figlio di", ha generato l'equivoco di seconde "sontuosissime nozze" concluse dal D. quasi settuagenario.

Fra il 7 e il 12 settembre il D. e Baglione Vibi riuscirono a comporre le "differenze" fra Foligno e Spello. Il 9 sett. 1488 un banalissimo litigio scoppiato fra due abitanti di Passignano, l'uno partigiano degli Oddi l'altro dei Della Cornia - le due famiglie avevano vaste proprietà in quel castello - provocò feriti ed un morto. La lotta si propagò e divampò immediatamente a Perugia dove i Baglioni, consorti dei Della Cornia, attendevano un'occasione propizia per infliggere una sconfitta definitiva alla famiglia degli Oddi, ultimo ostacolo al loro dominio incontrastato su Perugia. Un primo tentativo di tregua, negoziato da tre pacieri fra i quali Baldo Bartolini, fu infranto dai cornieschi con l'occupazione militare di Passignano. Il principale responsabile dell'impresa si rifiutò di consegnare il castello senza il beneplacito del D.: la prova di forza dei Baglioni, che non esitarono a trasformare la cattedrale di Perugia in un fortilizio con le artiglierie puntate contro le abitazioni dei nemici, si concluse il 31 ott. 1488 con la fuga dalla città degli Oddi e dei loro partigiani.

Il 4 novembre il D. fu nominato fra i dieci dell'Arbitrio o della Guerra. Questo organo, voluto dai Baglioni per far fronte alla situazione eccezionale e per resistere ai sicuri attacchi dei fuorusciti, tolse ogni potere ai Priori e si trasformò in una specie di consiglio della famiglia signorile, nel cui palazzo teneva le sue riunioni.

Il 19 genn. 1489 il D. ospitò nella sua casa il conte di Pitigliano capitano dei Fiorentini; il 26 e 27 marzo, insieme con Rodolfo Baglioni, ebbe lunghi colloqui, promossi dal legato, coi rappresentanti degli Oddi; ancora il 27 febbr. 1490 trattò coi fuorusciti; il 12 giugno 1491 ospitò di nuovo il conte di Pitigliano che, nella sua veste di capitano generale della Chiesa, era stato inviato a Perugia da Innocenzo VIII per tentare di ricomporre la situazione cittadina.

Il D. morì a Perugia il 19 nov. 1492 e fu sepolto il 21 successivo nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Francesco.

Il Maturanzio, che conobbe personalmente il D., lo descrive di statura bassissima, ma nondimeno di aspetto piacevole ed amabile. La voce flebile avrebbe reso più suggestivo il suo dire. Un ritratto del D., insieme con quelli dei più importanti giuristi perugini, fu fatto eseguire da Guglielmo Pontano nella sua casa e scuola intorno al 1535; ma l'edificio fu demolito nel secolo scorso.

Il D. avrebbe insegnato con successo fino al termine della sua vita: nel gennaio del 1493 il Comune dispose il pagamento, a favore dei suoi eredi, di una somma, probabile residuo dell'ultimo salario.

Tommaso Diplovataccio, che fu suo allievo a Perugia nel 1489 e sentì le sue lezioni sul l. VI del Codice, lo definisce "integerrimi iudicii et irrefragabilis scientie doctor et seculo nostro eminentissimus". Ricorda, inoltre, che il D. soleva ripetere, con riferimento a se stesso e al collega Bartolini, che in Italia non esistevano dottori più ricercati di loro per l'attività consultiva; ma sembra che le richieste di pareri giungessero anche da località transalpine e oltremare. Ciò spiega come la produzione dottrinale del D. sia abbastanza contenuta rispetto a quella consultiva singolarmente vasta: ammontano a 1250 i consigli pubblicati e dal ritrovamento di un suo inedito consiglio effettuato recentemente si può desumere che le edizioni cinquecentine, pur raccogliendo qualche consilium da lui elaborato in collaborazione con altri dottori, non abbiano esaurito completamente la sua produzione. Tanta mole di lavoro consultivo presupporrebbe l'esistenza di uno studio professionale ben organizzato nonché l'utilizzazione di vari collaboratori; eppure l'unica notizia trasmessaci in proposito, senza risultare preclusiva in assoluto, non incoraggia l'ipotesi: sembra che il D. abbia sempre rifiutato l'ausilio di un amanuense in quanto incontrava difficoltà nell'esporre, e quindi nel dettare, le soluzioni che invece individuava in modo rapido.

Lo stile dello studioso puro, incapace di improvvisare, portato con larghezza di orizzonti e senza risparmio personale a verificare, a riferire, ad interpretare in qualche modo anche in prospettiva storica il pensiero altrui, a raccogliere notizie e a formulare giudizi di valore sui giuristi del passato e suoi contemporanei prima di esprimere la propria opinione, affiora di continuo anche nei consilia, tanto che questi ultimi sono diventati una delle principali fonti utilizzate dal Diplovataccio per la sua storia dei giureconsulti. Perfettamente inserito nella tradizione bartolista, meritò la definizione di "doctor subtilis"; nonostante il gusto per la citazione di fonti letterarie non perseguì l'eleganza di esposizione propria degli umanisti, né, tanto meno, si lasciò coinvolgere dalle esigenze culturali dei giuristi avviati alla interpretazione storico-filologica della compilazione giustinianea. È doveroso, tuttavia, rilevare che il D., pur ricordato lodevolmente da numerosi scrittori sulla scia del successo di cui godé in vita, resta a tutt'oggi un personaggio in cerca d'autore.

Tutti gli scritti più importanti del D. poterono giovarsi della diffusione a mezzo stampa: all'incirca al 1476 risale la pubblicazione a Perugia, sicuramente per i tipi di Johann Vydenast, della Repetitio l. si pascenda pecora (C.2,3,9), in realtà una trattazione sulla soccida, pubblicata di nuovo a Milano e a Siena nel 1490. Sotto la data 14 giugno 1477, sempre a Perugia, il Vydenast stampò una Lectura in Codicis l. VI, riedita nel 1498 a Pavia con le Additiones di Lancellotto Decio. Heinrich von Haarlem il 27 genn. 1491 pubblicò a Siena la Repetitio authenticae "sacramenta puberum" ad C.II, 27,1additae: sitratta del commento all'autentica federiciana inserita nel Codex dopo 2,27,1. Lecturae sulprimo e secondo libro del Codice e sul secondo del Digesto raccolte insieme furono edite a stampa a Lione nel 1570.

L'opera alla quale resta più saldamente ancorata la fama del D. è comunque la raccolta in quattro volumi dei Consilia, di cui sono note le edizioni di Perugia del 1501, di Venezia del 1534-35 (il volume terzo di questa edizione per ignoti motivi fu diffuso con la data 1° ag. 1535 e con la data 1° ag. 1536), di Lione del 1553, ancora di Venezia del 1572 e del 1582.

Il Fontana ricorda fra le opere a stampa del D. una Repetitio in l. edita C. de edendo (C.2,1,3); sicuramente incorse in errore quando gli assegnò una Repetitio in l. si paciscenda (inesistente) C. de pactis: è chiaro che si tratta della Repetitio l. si pascenda pecora sopra ricordata.

L'elencazione dei manoscritti del D., che qui si tenta per la prima volta, è puramente provvisoria. La Biblioteca nazionale centrale di Firenze conserva delle Reportationes (II.I.315, Magl., cl. XXXIX n. 166) relative ad alcuni titoli del primo e secondo libro del Digesto realizzate da Alberto da Colle, studente del D. nel 1471: e 1472 a Perugia: questi è da identificare coll'Alberto Carucci di Colle Val d'Elsa diligente estensore di reportationes dalle lezioni di Baldo Bartolini. Lo studente seguì il maestro a Pisa dove nel periodo 1473-74 realizzò la stesura di reportationes al titolo Si certum petatur (C. 4, 2).

Il ms. 486 della Biblioteca Classense di Ravenna conserva reportationes relative al libro VI del Codice scritte da Francesco Venturelli di Serra dei Conti; il ms. Ottob. lat. 1726 della Bibl. Ap. Vat. conserva la Repetitio si pascenda pecora ed altra in tema di gabelle. Nella stessa biblioteca il ms. Vat. lat. 7593 raccoglie varie lecturae.

Numerosi mss. del Collegio di Spagna in Bologna conservano scritti del D.: letture al Codice sono contenute nei mss. 200, 231; letture al Digestum vetus nei mss. 198, 199, 257; una repetitio al Codex nel ms. 240; una repetitio a D.18,1 nel ms. 257.

Raccolte di consilia del D. sono segnalate nel ms. 701 della Biblioteca universitaria di Pisa, nel ms. B 37 della Biblioteca capitolare di Padova, nel ms. senza segnatura (ff. 25-225, 270-300, 320-329) dell'Archivio dell'Università degli studi di Siena, nel ms. 404 della Bibl. comunale di Arezzo, nel ms. Barb. lat. 1397 della Bibl. Ap. Vaticana.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Annali decemvirali, a.1444, cc.119 s.; a. 1469, cc.86 s., 93, 199; a.1472, c.137; a.1473, c.75; a.1476, c.47; a.1492, c.114; a.1493, c.6; Ibid., Camera Apostolica Perugina, n. 4, cc.6 s., 116, 163; una scheda intestata al D. nello spoglio dei mss. della Bibl. Augusta di Perugia rileva notizie nei mss. 63 (B 7), 1020 (M 43), 1201 (N 152), 1205 (156), 1327 (LXXXIX), 1330 (XCII), 1336 (CI), 1463, 1486, 1507 bis; M. Ficino, Opera, I, Parisiis 1641, pp. 637, 654; V. Bini, Memorie istoriche della perugina Università degli studi, Perugia 1816, Appendice dei documenti, n. XII, pp. 618 s., n. XVI, p. 623; G. Secco Suardo, Lo Studio di Ferrara a tutto il sec. XV, Ferrara 1894, pp. 225 s. (a. 1470), 257 s. (a. 1471); O. Scalvanti, Cronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanniin continuazione di quella di Antonio dei Guarneglie (già dette del Graziani), in Boll. d. Deput. di st. patria per l'Umbria, IV (1898), pp. 111, 310 ss., 316 s., 324, 327 s., 356-359, 370 ss., 398 ss.; IX (1903), pp. 87, 160, 162, 183, 185, 189, 197, 202, 228, 240, 250, 259, 263 s., 266 s., 271 s., 280, 284 s., 289, 304 ss., 310, 317, 321, 325, 341, 363, 365, 368 s., 371 s. e passim; U. Nicolini, Dottori, scolari, programmi e salari alla Università di Perugia verso la metà del sec. XV, ibid., LVIII (1961), Appendice di documenti, pp. 145 ss., 158 ss.; S. Majarelli-U. Nicolini, Il Monte dei poveri di Perugia. Periodo delle origini (1462-1474), Perugia 1962, pp. 320, 332, 389 ss.; A. F. Verde, Lo Studio fiorentino 1473-1503, Firenze 1973-1985, I, pp. 296-301; II. pp. 552-555; IV, 1, pp. 57-60, 141 ss.; F. Maturantius, Auctoris vita, in Ph. Corneus, Consiliorum primum volumen, Venetiis 1534, sul verso del frontespizio; I. B. Ziletus, Index librorum iurispontificii et civilis, Venetiis 1566, ff. 5r, 6v, 24v, 25r, 58r, 75v; L. Iacobillus, Biblioteca Umbriae sive descriptoribus Provinciae Umbriae, Fulginiae 1638, pp. 226 s.; C. Crispolti, PerugiaAugusta, Perugia 1648, p. 344; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, II, Venetia 1664, pp. 537 s., 625, 632 s., 650, 659, 665, 667, 684 s., 701, 759, 776, 780 s., 789 s., 792 s., 796, 803, 805, 825, 827, 836 s., 844 ss., 854, 864, 869 e passim; A. Fontana, Amphitheatrum legale seu Bibliotheca legalisamplissima, I, Parmae 1688, col. 250; G. Pancirolus, De claris legum interpretibus libri quatuor, Lipsiae 1721, p. 95; F. Borsetti Ferranti Bolani, Historiaalmi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, p. 36; I. Guarinus, Ad Ferrariensis Gymnasiihistoriam per F. Borsettum conscriptamsupplementum et animadversiones, II, Bononiae 1741, p. 16; A. Fabroni, Laurentii Medici Magnificivita, Pisis 1784, II, p. 83; A. Mariotti, De'perugini auditori della S. Rota Romana, Perugia 1787, pp. 29, 32, 55; A. Fabroni, HistoriaeAcademiae Pisanae volumen I, Pisis 1791, pp. 147, 181, 206 S.; G. Tiraboschi, Storia dellaletteratura italiana, Milano 1824, VI, pp. 768 ss.; G. B. Vermiglioli, Biografia degli scrittoriperugini e notizie delle opere loro, I, Perugia 1828, p. 351; A. Rossi, I Pontani e la loro casain Perugia, in Giorn. di erudiz. artistica, IV (1875), pp. 301 s.; L. Chiappelli, Firenze e lascienza del diritto nel periodo del Rinascimento, in Arch. giurid., XXVIII (1882), pp. 468 s.; E. Besta, Fonti, in Storia del dir. ital., diretta da P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 870 s.; G. Ermini, Guida bibliografica per lo studio del diritto comune pontificio, Bologna 1934, p. 21; N. Del Re, Un inedito consiglio di P. F. D. giureconsulto perugino del sec. XV, in Scienza e tecnica, VIII(1947), 7-9, pp. 250 ss.; Id., P. F. D. giureconsulto perugino del sec. XV, ibid., IX(1948), 7-10, pp. 130 ss.; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, I, Dalle origini al 1494, Città di Castello 1959, pp. 532, 586 s.; G. Cecchini, Stato di conoscenza della tipografia e della editoria in Umbria dal sec. XV al sec. XIX, in Boll. d. Deput. di st. patria per l'Umbria, LX (1963), pp. 119 ss.; A. Baglioni, IBaglioni, Prato 1964, pp. 73 ss.; D. Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, Milano 1964, pp. 291, 293 s.; R. Orfei, Rassegna della produzione tipografica in Perugia nel sec. XV, in Boll. d. Deput. di st. patria per l'Umbria, LXIII, (1966), 2, pp. 119, 122; Th. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis pars posterior, a cura di F. Schulz-H. Kantorowicz-G. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bononiae 1968, ad Indicem, sub voce Petrus Philippus de Comeo; G. Ermini, Storia dell'Università di Perugia, Firenze 1971, ad Indicem, sub voce Corgna (della), Pier Filippo; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, Frankfurt am Main 1972, I, III, sub voce;L. Moranti, Le cinquecentine della Biblioteca universitaria di Urbino, in Bibliot. di bibliogr. ital. 80, Firenze 1977, pp. 431 s.; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia, IV, p. 251 n. 486; VIII, p. 93 n. II, 1, 315; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII, coll. 71-73.

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