DELLA PORTA, Antonio, detto Tamagnino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA PORTA, Antonio, detto Tamagnino

Carrol Brentano

Figlio di Giacomo, scultore presso la certosa di Pavia dal 1477, si ignora la sua data di nascita. Primo importante artista di questa'famiglia di scultori lombardi, originari di Porlezza, mantenne sempre una posizione di preminenza rispetto ai fratelli Bartolomeo e Guglielmo, solitamente ricordati come "picapetra": ciò può far supporre che il D. fosse il più vecchio.

Un pagamento forse del 24 dic. 1489 (Guerrini, 1930, p. 209) per dodici angeli, tre dottori della Chiesa e due medaglioni, di cui si ignora il soggetto, per la chiesa della Madonna dei Miracoli a Brescia è il primo documento che si riferisce alla sua attività di scultore. Il D. fece questi lavori in collaborazione con Gaspare da Cairano, autore dei dodici apostoli per la prima cupola della chiesa (le statue non sono più nella collocazione originaria). La chiesa era stata appena costruita, il che fa pensare che il D. avesse già una discreta esperienza e una buona reputazione. Questa supposizione è corroborata dal primo documento che attesta la presenza del D., due anni più tardi (Maiocchi, 1937, n. 1564), nella certosa di Pavia come associato alla pari di C. e A. Mantegazza e G. A. Amadeo; inoltre, mentre lavorava alla certosa (1491-98) ebbe due soci e sette allievi e nel 1493 divenne comproprietario di una cava di pietra (Morschek, 1978).

Sebbene le statue esistenti e le parti decorative della facciata siano oggi solo parzialmente attribuite al D., egli ebbe evidentemente un ruolo molto importante nella realizzazione della decorazione scultorea in questa fase del progetto, se non altro in quanto capo di una grande bottega intorno a cui ruotavano numerosi apprendisti scultori. Sembra quindi giustificata l'ipotesi che il D. sia stato attivo alla certosa ancora prima di lavorare a Brescia nel 1489, e che probabilmente abbia svolto il suo apprendistato presso il Mantegazza e l'Amadeo (ibid., 1978, p. 260).

È possibile anche che la sua carriera iniziasse nella Fabbrica del duomo di Milano dal momento che il D. nel documento di Brescia è chiamato "da Milano" e che nel 1492, in un documento relativo alla facciata della certosa, risulta abitante a Milano nei pressi di S. Nazaro (ibid., doc. 209). Il D. è documentato frequentemente nel periodo che va dal dicembre 1491 (la sua tacita assunzione di responsabilità come terzo socio ai lavori di decorazione della facciata risale all'accordo del 12 maggio 1492) alla fine di questa fase del progetto, fine che può essere segnata dalla stima del lavoro del D. e dell'Amadeo (Ant. Mantegazza era morto nel 1495) per la facciata. il 26 apr. 1498.

Sebbene una larga parte di questi documenti consista in accordi e contratti con altri collaboratori al progetto di costruzione della certosa, si apprende anche che, come già detto, il D. ebbe sette allievi o assistenti, ciascuno generalmente per quattro anni, ai quali forniva il vitto e talvolta un piccolo salario (Maiocchi, 1949, nn. 1598, 1643, 1653, 1660, 1691, 1878, 1946); che nel novembre 1493 si associò a Pace Gagini, marito di una sua nipote (ibid., n. 1683; ia collaborazione durò almeno fino al 1513); che nel 1496 si sposo con una Blaxina di Bologna che portò in dote 450 libbre (ibid., n. 1909). Altri documenti indicano acquisti o vendite di proprietà, alcune a Porlezza, alcune vicino Pavia, alcune con uno o l'altro dei suoi fratelli o con il Gagini.

Poiché sono scomparsi i documenti sui lavori di scultura effettivamente eseguiti dal D. durante questo periodo, inclusa la lista di opere del D. che dovevano essere stimate nel 1498 come quelle dell'Amadeo, ciò che resta è l'annotazione di un manoscritto attribuito a M.Valerio (Milano, Bibl. Braidense, ms. AD, XV, 12,20/26), del XVII sec., che ascrive al D. nel 1498 "5 teste de profeti".

Nel luglio 1499 il D., nella sua casa a Torre del Mangano (Pavia), è testimone al pagamento della dote della moglie di Pace Gagini (Morschek, 1978, doc. 340), ma dal luglio 1500 il D. e il Gagini si erano trasferiti a Genova dove nel marzo 1501 un documento attesta che dopo appena otto mesi i due abbandonavano una bottega che avevano affittato per sei anni (ibid., doc. 361). Intanto, probabilmente già da qualche tempo, quando era ancora attivo presso la certosa, il D. aveva trovato un protettore genovese, il politico e banchiere Acellino Salvago, di cui eseguì il ritratto (Berlino Est, Staatliche Museen; Schottmüller, 1933, p. 127), firmato e datato 1500.

Durante il primo decennio del XVI secolo il D. e il Gagini furono attivi lontano dalla.certosa (non compaiono infatti nella lista dei trentuno scultori presenti nel cantiere fra il 1500 e il 1507: Morschek, 1978), forse perché in questo periodo il D. era strettamente legato all'Amadeo (che aveva abbandonato il progetto della facciata nel 1499) e non tanto a B. Briosco, cui nel 1501 era stata commissionata la decorazione scultorea del portale della certosa. In ogni caso il D. e il Gagini ricevettero il primo incarico genovese il 23 marzo 1501 per "facere construere et fabricare" la cappella di Francesco Lomellini nella chiesa di S. Teodoro (Alizeri, 1876, pp. 310 ss.).

Dovevano finire entro la Pasqua del 1502 ed essere pagati 1.300 libbre. La cappella fu distrutta nel 1870, ma nella stessa chiesa, due lastre di marmo ricomposte - una presumibilmente la fronte dell'altare, l'altra l'iscrizione commemorativa - sono sempre state attribuite al D. e al Gagini.

All'ottobre 1502 (ibid., pp. 319 s.) risale il primo dei numerosi documenti relativi ad un incarico al solo D. per una cappella, oggi non più esistente, per il cardinale Girolamo Basso Della Rovere, nella chiesa di S. Chiara a Savona. L'altare doveva essere stimato nell'agosto 1506 e l'ultimo pagamento al D. risale al giugno 1509 (Barbero, 1974, pp. 15 ss.).

In questi stessi anni il D., sempre da solo, era impegnato anche a Genova dove nell'aprile 1505 gli vennero commissionati due portoni, uno interno (perduto), l'altro esterno, per il palazzo di Lorenzo Cattaneo per i quali doveva essere pagato 500 libbre, con l'aggiunta di altre 100 se il lavoro fosse riuscito bene, o con la penalizzazione della stessa somma, se "dictuni opus non esset pulchrum et gratum"; nel maggio 1508 il D. doveva aver completato almeno parte del lavoro (Alizeri, 1877, pp. 44 s.). Nel dicembre 1506 (ibid., 1876, p. 315) il D. ricevette l'incarico, insieme con il Gagini, di fare una fontana'per il castello francese di Gaillon, del card. d'Amboise: ma probabilmente la partecipazione del D. al lavoro fu marginale rispetto all'impegno del Gagini cui nel 1507-08 veniva concessa una bottega dove lavorare appunto per il cardinale d'Amboise (Morschek, 1978, doc. 465). Tra il marzo 1506 e il maggio 1509 il D. lavorava con Gaspare da Cairano al portale del duomo di Salò (Mucchi, 1932); sebbene non sia sicuro che l'Antonio da Como, cittadino di Brescia, citato in questi documenti sia da identificare con il D. (Kruft, 1970, n. 36), l'incarico di Salò più un altro a Brescia relativo a sei busti di imperatori romani per la Loggia (Zamboni, 1778), tra il 1499 e il 1506, giustificherebbe l'abbandono da parte del D. dell'incarico di Gaillon (se fosse stato contemporaneamente attivo a Brescia la definizione di cittadino di Brescia adottata nel documento di Salò sarebbe più credibile).

In questo stesso periodo, probabilmente tra il maggio 1507 e l'ottobre 1508, il governatore di Genova Raoul de Lannoy doveva aver commissionato (non si conoscono documenti) al D. e al Gagini una doppia tomba per se stesso e per la moglie Jeanne de Poix, a Folleville in Francia.

Il coperchio della tomba con figure supine, firmato "Antonius de Porta Tamagninus Mediolanensis faciebat et Paxius nepos suus", e la fronte con putti dolenti sono certamente l'opera migliore del D. e del Gagini; la nicchia in cui è collocata la tomba è più tarda e di scuola francese (Durand, 1906). È possibile che la tomba sia stata eretta tra il 1513, anno della morte del Lannoy, e il 1524, data della morte della moglie che, insieme con il figlio, fece costruire la cappella.

Non si sa se e quando il D. abbia abbandonato lo studio di Genova, poiché, sebbene venisse pagato per una statua in piedi di Francesco Lomellini per il palazzo S. Giorgio nel giugno 1508 (Alizeri, 1876, pp. 322 ss.), più tardi Gagini riceveva per quest'opera due pagamenti e comunque la firmava (ibid., p. 324): nel maggio 1509 il D. ricevette un ultimo pagamento per una statua analoga di Antonio Doria, e, nell'aprile 1509, si accordò con i priori di S. Maria di Castello per fare un cancello per la chiesa (Alizeri, 1877, pp. 40 ss.); doveva essere di marmo, alto 13 palmi, costare 185 libbre ed essere terminato in meno di due mesi; ma nel maggio 1510 G. P. Bissoni a nome del D. riceveva un pagamento per quest'opera. Nonostante gli impegni a Genova sembrerebbe che il D. facesse definitivamente ritorno alla certosa di Pavia nel 1508, come testimonia un contratto del 3 marzo, in base al quale il D. doveva finire la facciata insieme a B. Briosco (Morschek, 1978, pp. 323-27).

Quest'immenso progetto, per il quale non fu posto limite di tempo e di cui non esiste ulteriore documentazione, doveva procurare ai due scultori la somma di 8.200 ducati. Esso sembra aver occupato il D. per il resto della sua vita, con l'unica eccezione della decorazione scultorea, sempre con il Gagini, del sacrario a destra dell'altar maggiore della certosa, per il quale in data 5 febbr. 1513 fu fatta una stima, per un ammontare di 474 ducati, dall'Amadeo e da G. A. de Duni (ibid., pp. 335-338, con la pubblicaz. per esteso del documento). Per la facciata della certosa il D. non era responsabile soltanto come scultore, ma anche come fornitore, sempre con il Gagini, del marmo nero per la facciata e per l'altro tabernacolo della chiesa, come testimoniano i documenti del 13 marzo 1513 e dell'11 agosto 1514 (ibid., docc. 505, 529). Nel giugno 1513 il D. prendeva alle sue dipendenze per sette anni un altro apprendista e nel gennaio 1514 uno dei suoi procuratori era Giovanni Giacomo Della Porta (che era probabilmente un membro della bottega Della Porta) e il giorno successivo P. Gagini faceva nominare suo procuratore il figlio del D. Giovanni Battista (si tratta dell'unica menzione di un figlio del D.; ibid., pp. 339 s., docc. 510, 518, 519). L'ultima notizia della partecipazione del D. al progetto della facciata della certosa si trova nel ms. Valerio che attesta che tra il 1517 e il 1519 il D. fece due "mezzi profeti" sopra le finestre per 20 scudi ognuno, otto "figure" (elencate) per 40 ognuna e quattro "mezzi picoli" per 10 ciascuno (Valerio, 1879; Morschek, 1978, p. 76).

Èindubbio che il D. fu uno dei maggiori artefici della decorazione della facciata della certosa, su cui lavorò per gran parte della sua vita, ma il problema attributivo non è stato ancora risolto e probabilmente non può esserlo; ad esempio non è concordemente stabilito quale delle figure nominate da Valerio possa essere data al Della Porta. Oltre a queste statue e ai busti menzionati nel 1498 e 1517-19, sono solitamente attribuiti al D. i guerrieri e i vescovi negli strombi delle finestre, i rilievi con le Storie del Nuovo Testamento sulla parte inferiore sinistra della facciata, una o due delle "storiette" verticali che fiancheggiano le scene narrative nel portale del Briosco e gli angeli sulle candelabre delle finestre. Nel 1523, anno intorno al quale verosimilmente cessarono i lavori alla facciata, il D. è documentato per l'ultima volta: fece testamento in maggio e pagò un debito in luglio (Morschek, 1978, docc. 1607, 1608). Non si conosce la data della sua morte.

È difficile stabilire l'importanza del D. nella storia della scultura rinascimentale lombarda. Alcune sue opere a Brescia, Genova, Salò sono documentate sommariamente; due importanti lavori sono andati perduti: Savona e S. Maria di Castello; la sua partecipazione ad altre opere può essere messa in dubbio (ad esempio la fontana di Gaillon e la statua e la cappella Lomellini) e ciò deriva dall'abitudine del D. di lavorare con aiuti. in particolare con Pace Gagini, la cui produzione non e stata identificata ancora in maniera soddisfacente. Tutta la discussione sullo stile del D. è stata incentrata su poche opere, soprattutto per le condizioni ancora medievali dell'organizzazione del lavoro nella bottega: le singole parti di un insieme scultoreo non erano mai assegnate separatamente nella commissione, né trattate dagli artisti come manifestazioni individuali del loro pensiero o della loro abilità. Per definire lo stile del D. si fa generalmente riferimento al gruppo di figure in S. Maria dei Miracoli a Brescia (Arslan, 1956, p. 739). Questo stile con volti dalle mascelle squadrate appena definiti e corpi robusti, che sembra derivare dalla fusione degli stili dei due Mantegazza e dell'Amadeo (i medaglioni con i Dottori della Chiesa del D. a Brescia sono molto vicini ai quattro Dottori eseguiti dopo il 1478 da uno o da entrambi i Mantegazza e dall'Amadeo per il tiburio della certosa), viene generalmente individuato nei Busti dei Vescovi, negli strombi delle finestre della certosa (La certosa..., 1968, pp. 62 s.). Altre parti della facciata della certosa del periodo attorno al 1490 attribuite al D. sono alcune Teste di profeti,le Storie del Nuovo Testamento nella zona inferiore (Morschek, 1978, pp. 235 s.) e alcuni dei medaglioni dello zoccolo (ibid., pp. 243 s.) che mostrano una certa affinità stilistica con il ritratto del Salvago (Berlino Est), firmato dal D. e datato 1500 (Schottmüller, 1933). Nel progetto del portale del 1501-1508 diretto dal Briosco la mano del D. è visibile in alcune delle Storie della vita della Vergine e delle Storie del Battista (Magenta, 1897, p. 233; La certosa..., 1968, pp. 62, 78). Sono generalmente ritenuti opera del D. alcuni degli angeli sui divisori a forma di candelabre delle finestre, ma non si sa se appartengano al secondo periodo dell'attività del D ' alla certosa, dopo l'accordo per terminare insieme col Briosco la facciata nel 1508 (La certosa..., 1968, pp. 62 s.). Sono anche dubbi l'identità e il grado di partecipazione del D. alle otto figure di Santi in piedi specificatamente nominate come sue (Sant'Ambrogio, 1897, pp. 24 s.; La certosa..., 1968, pp. 65 s.). Lo stesso problema si pone per il sacrario a sinistra dell'altare della certosa, di cui sono responsabili il D. e il Gagini: in base a ciò che nella facciata viene attribuito al D., si possono cogliere somiglianze nei pannelli e nelle statue del tabernacolo (Kruft, 1970, pp. 407 s.; La certosa..., 1968, p. 64).

Della produzione genovese (1500-08) del D. la statua di Francesco Lomellini per il palazzo S. Giorgio è una tipica dimostrazione della difficoltà dell'attribuzione, poiché ad esempio il D. ricevette l'incarico e il Gagini firmò la scultura; la sua aderenza ad uno stile tradizionale rimanda in questo caso alle precedenti statue di M. D'Aria dello stesso palazzo. Questo stile rigido e anacronistico caratterizza anche la statua di Andrea Doria, sempre nel palazzo S. Giorgio, e la testa del Salvago, sebbene quest'ultima presenti, a differenza delle altre, un'interessante vivacità. Circa la Tomba Lomellini del 1501 e i pannelli dell'altare dove il parineggio e più delicato, sorge il dubbio se si tratti di uno stile diverso del D. o di opere del Gagini. Solo nella Tomba Lannoy, dove la firma del D. nella figura di Jeanne de Poix è la prova sicura della paternità dell'opera, (Durand, 1906, p. 365), si possono vedere, nella raffinata caratterizzazione e nella bellezza del volto, le alte potenzialità dell'arte del Della Porta. Sempre firmata sia dal D. sia dal Gagini è una Madonna con Bambino (cfr. ibid., pp. 383 ss.), anche se di qualità inferiore. Un altro lavoro, sicuramente del D., dal quale deve derivare una sua rivalutazione, è il portale Grillo-Cattaneo: l'uso di trofei militari e la collocazione dei capitelli a metà dei pilastri con pannelli decorativi sopra e sotto sono originali, ma non trovarono seguito a Genova (Boccardo, 1983, p. 52; Kruft, 1970, p. 403). Altre opere attribuite al D. sulla base di confronti stilistici sono: a Brescia il busto di S. Rusticano nel Museo cristiano, la Pietà in S. Agata, il paliotto in S. Francesco (Peroni, 1963, p. 770), a Savona, i portali di via Pisa 12 e 26 (Barbero, 1974, p. 17); a Genova, la statua di Luciano Grimaldi nel palazzo S. Giorgio (tradizionalmente attribuita, ma non documentata); la cornice di marmo di un tabernacolo nel Victoria and Albert Muscum di Londra (Barbero, 1974, p. 14; ma cfr. anche J. Pope Hennessy, Catalogue of the Ital. sculpt. in the Victoria and Albert Museum, I,London 1964, pp. 391 s., dove l'opera è attribuita al Gagini); un Angelo in marmo nella National Gallery di Washington (Middeldorf, 1976); il Sant'Ambrogio (1892) gli ha anche attribuito un piccolo tabernacolo della parrocchiale di Porlezza.

Fonti e Bibl.: B. Zamboni, Mem. intorno alle pubbliche fabbriche ... di Brescia, Brescia 1778, p. 53;G. L. Calvi, Notizie sulla vita e sulle opere dei principali architetti, scultori..., II,Milano 1865,pp. 162, 164;S. Varni, Delle opere di Gian Giacomo Della Porta...,in Atti d. Soc. lig. di storia patria, IV (1866), pp. 35 s. s.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno..., IV,Genova 1876, pp. 183 s., 310 ss., 315, 319 ss., 322 ss., 386 s., V,ibid. 1877, pp. 37 ss., 40 ss., 44 s., 135, 382; [M. Valerio] Memorie ined. sulla certosa di Pavia, in Arch. stor. lomb., VI (1879), pp. 137 s.; G. Merzario, I maestri comacini, I,Milano 1893, pp. 574 s.; C. Magenta, La certosa di Pavia,Milano 1897, passim;D. Sant'Ambrogio, Di alcune nuove acquisizioni... monumento Birago,in Arch. stor. lomb., XIX (1892), p. 919;Id., La statuaria nella facciata della certosa di Pavia, in Il Politecnico, XLV (1897), pp. 6, 8 s., 16 s., 20, 24 s.; Id., I due trionfi marmorei... della certosa di Pavia, ibid., pp. 470 ss.; C. von Fabriczy, Mitteilungen... D. Statuenschmuck der Façade der Certosa...,in Repertorium für Kunstwissensch., XX (1897), p. 419;Id., A. D., ibid., XXI(1898), pp. 328 s.; G. Bianchi, Gli artisti ticinesi..., Lugano 1900, p. 194;A. G. Meyer, Oberitalienische Friihrenaissance, Bauten und Bildwerke der Lombardei, II,Berlin 1900, passim;L. Cervetto, I Gaggini da Bissone, Milano 1903, passim;F. Malaguzzi Valeri, G. A. Amadeo, Bergamo 1904, p. 91; G. Durand, Les Lannoy, Folleville..., in Bulletin monumental, LXX (1906), pp. 364 ss., 383 ss.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IV,Milano 1908, pp. 840, 867, 921 s.; B. Geiger, Die Kúnstlerurkunde der Miracolikirche zu Brescia, in Monatshefte für Kunstwiss., VI (1913), p. 118;P. Guerrini, Mem. stor. della diocesi di Brescia, Brescia 1930, p. 209;A. Mucchi, Il duomo di Salò, Bologna 1932, pp. 147 s., 153 ss.; F. Schottmüller, Die ital. und span. Bildwerke..., Staatliche Mueen, I, Berlin 1933, pp. 127 s.; Codice diplomatico artist. di Pavia .... a cura di R. Maiocchi, I, Pavia 1937, pp. 375 s.; II, ibid. 1949, passim (cfr. R. Cipriani, Indice del codice diplomatico artist . ...,Milano 1966, p. 50);G. Nicodemi, A. Busti detto il Bambaja, Milano 1945, p. 43;G. Biloni, Su alcuni scultori attivi alla certosa...,tesi di laurea, univ. di Pavia, facoltà di lettere, a.a. 1948-49, passim;A. Blunt, Art and arch. in France,1500-1700, Baltimore 1954, p. 7; E.Arslan, La scultura nella seconda metà del Quattrocento, in Storia di Milano, VII,Milano 1956, pp. 739 s.;G. Borlini, The façade of the Certosa di Pavia,in Art Bulletin, XLV (1963), p. 327;A. Peroni, L'architettura e la scultura..., in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 767-770; La certosa di Pavia, Milano 1968, ad Indicem;C.Klapisch Zuber, Les maitres du marbre, Carrare 1300-1600, Paris 1969, pp. 222, 225;H-W.Kruft, A. D., gen. Tamagnino, in Pantheon, XXVIII (1970), pp. 401 ss.; B. Barbero, A. D. a Savona, una postilla, in Boll. ligustico, XXVI (1974), pp. 11-17;U.Middeldorf, Sculpturesfrom the S. H. Kress collection, London 1976, pp. 57 s.; N. Miller, French Renaissance fountains, New York 1977, pp. 64 ss., 93;C.Morschek, Relief sculpture for the fafade of the Certosa di Pavia, New York 1978,pp. 51 ss. e passim; P. Boccardo, La scultura decorativa del primo Rinascimento, in Atti del I Convegno intern. di studi, Pavia1980,Roma 1983, p. 52; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon,XXVII, p. 276(sub voce Porta, Antonio della).

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