HOPPER, Dennis

Enciclopedia del Cinema (2003)

Hopper, Dennis

Paolo Marocco

Attore e regista cinematografico statunitense, nato a Dodge City (Kansas) il 17 maggio 1936. Figura tra le più eccentriche della cinematografia americana a causa dei suoi atteggiamenti anticonformisti e delle sue battaglie per l'indipendenza delle piccole case di produzione, è divenuto un simbolo della ribellione contro il mainstream hollywoodiano. Nella sua carriera di attore ha attraversato mezzo secolo di cinema (con più di un centinaio di apparizioni), esordendo negli anni Cinquanta in ruoli che riproponevano le inquietudini giovanili rivelate dai personaggi di James Dean, e imponendosi poi, negli anni Sessanta, come uno dei più importanti interpreti della contro-cultura hippy. Dopo alcuni anni di attività discontinua è stato rilanciato come attore da Wim Wenders in Der amerikanische Freund (1977; L'amico americano) e quindi Francis Ford Coppola e David Lynch hanno contribui-to a delineare l'immagine allucinata e maniacale che avrebbe caratterizzato la sua filmografia successiva. Il suo film di esordio come regista, Easy rider (1969; Easy rider ‒ Libertà e paura), da lui anche interpretato accanto a Peter Fonda e Jack Nicholson, si è imposto come simbolo della contestazione hippy e pacifista, ottenendo uno straordinario successo oltreché la nomination all'Oscar per il soggetto e la sceneggiatura e il premio per la migliore opera prima al Festival di Cannes.

Cresciuto nella fattoria dei nonni nel Kansas, si trasferì con i genitori in California, a San Diego, dove si diplomò e iniziò a prendere lezioni di recitazione. Dopo un'esperienza televisiva, esordì nel 1954 sul grande schermo con un piccolo ruolo nel film Johnny Guitar di Nicholas Ray, che lo diresse anche nel successivo Rebel without a cause (1955; Gioventù bruciata). In questa occasione H. strinse amicizia con James Dean, al fianco del quale lavorò anche in Giant (1956; Il gigante) di George Stevens. Dopo diverse piccole parti, specialmente in film western, tra cui Gunfight at the O.K. Corral (1957; Sfida all'O.K. Corral) di John Sturges, entrò in conflitto con le majors hollywoodiane che ne decretarono l'allontanamento dalle produzioni maggiori e l'emarginazione nei b-movies. Abbandonati i ruoli del cinema di genere, H. poté esplorare nuove strade: dopo una parte in Cool hand Luke (1967; Nick mano fredda), film 'non allineato' di Stuart Rosenberg, recitò in The trip (1967; Il serpente di fuoco), opera capostipite del nuovo filone psichedelico diretta da Roger Corman.

La fama internazionale arrivò due anni più tardi, quando realizzò, come regista, attore e autore della sceneggiatura con Peter Fonda e Terry Southern, il cult movie Easy rider, viaggio-avventura nel Sud degli Stati Uniti di due motociclisti hippy che vengono infine uccisi dagli abitanti della zona, reazionari e incapaci di comprendere i cambiamenti generazionali. Il film, sincero spaccato di una cultura e di un'etica di vita fino allora ignorate dal cinema ufficiale, si impose al box office, costringendo le case di produzione hollywoodiane ad adeguarsi alle nuove richieste del pubblico. Il successo gli aprì molte porte, ma il film seguente, The last movie (1971; Fuga da Hollywood), dall'eccessivo taglio visionario, si rivelò un'operazione sbagliata.

Dopo aver attraversato un periodo di difficoltà, anche sul piano privato, si è riaffermato come attore nella seconda metà degli anni Settanta. Il primo a riscoprirlo è stato Wenders, che in Der amerikanische Freund gli ha offerto un ruolo che rievoca il fascino e le contraddizioni delle mitologie americane. Due anni più tardi, nel 1979, in Apocalypse now Coppola gli ha affidato la parte del fotografo, visionario ed esaltato, che vive nella giungla cambogiana in adorazione del comandante Kurtz. Negli anni Ottanta questa immagine, dai chiari tratti autobiografici, ha dato a H. la possibilità di rinascere come attore: dopo aver interpretato il padre alcolizzato del protagonista in Rumble fish (1983; Rusty il selvaggio) di Coppola, in Blue velvet (1986; Velluto blu) di Lynch si è distinto nel ruolo inquietante di Frank Booth, il criminale sadomasochista che personifica il male nascosto sotto la tranquilla quotidianità della provincia americana. Tra le numerosissime apparizioni successive, si ricordano in particolare quelle in Hoosiers (1986; Colpo vincente) di David Anspaugh, con cui ha ottenuto la candidatura all'Oscar come migliore attore non protagonista, in Waterworld (1995) di Kevin Reynolds e in The black-out (1997; Blackout) di Abel Ferrara.

Il ritorno al successo gli ha offerto anche nuove opportunità di regia. Dopo la fallimentare prova del 1980 con Out of the blue, ha sviluppato in Colors (1988; Colors ‒ Colori di guerra), Backtrack (1989; Ore contate), distribuito nuovamente nel 1991 con il titolo Catchfire, e The hot spot (1990; Hot spot ‒ Il posto caldo) una rilettura molto personale del poliziesco, con scelte scenografiche d'avanguardia, sfumature da commedia nera e surreale, e personaggi fuori dall'ordinario. Uno di questi, il protagonista di Backtrack, interpretato dallo stesso H., oltre a uccidere su commissione, colleziona arte contemporanea: passione che H. ha realmente coltivato per molti anni (esponendo i quadri di sua proprietà nelle maggiori gallerie del mondo), insieme alla pittura e alla fotografia. È apparso anche in documentari sull'arte come Superstar: the life and times of Andy Warhol (1990) di Chuck Workman, e nel film Basquiat (1996) del noto artista Julian Schnabel.

Bibliografia

E. Rodriguez, Dennis Hopper: a madness to his method, New York 1988.

Dennis Hopper: il cinema, a cura di A. Barbera, S. Cortellazzo, D. Ferrario, Torino 1988.

J. Hunter, Dennis Hopper: movie top ten, London 1999.

G. Frasca, Dennis Hopper: Easy rider, Torino 2000.

Dennis Hopper: a keen eye. Artist, photographer, filmmaker, ed. R. Fuchs, J.H. Sassen, Stedelijk Museum, Amsterdam 2001 (catalogo della mostra).

CATEGORIE
TAG

Francis ford coppola

Festival di cannes

Julian schnabel

George stevens

Jack nicholson