Destra

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Nel parlamento, settori dell’emiciclo che sono a d. del presidente (il cui seggio è posto di fronte all’emiciclo stesso). Per estensione, insieme dei deputati che occupano quei settori e i partiti o i gruppi politici da essi rappresentati. Il significato politico di d., nato insieme a quello di sinistra durante la Rivoluzione francese, ha subito molte variazioni, a seconda dei tempi e dei paesi, ma indica in genere un orientamento moderato, conservatore o, nelle sue punte più estreme, reazionario. Nel 20° sec. si sono detti di d. anche partiti praticanti metodi di eversione violenta, antiliberali e soprattutto assertori di un estremo nazionalismo (nazionalismo, fascismo, nazionalsocialismo ecc.).

In Europa la storia dei partiti di d. è identica a quella dei partiti conservatori; solo in Italia il nome corrisponde a una concreta realtà storica, poiché fu assunto come denominazione (precisata poi in quella di d. storica) dal partito liberale moderato, la cui formazione fu compiuta sotto la guida di Cavour. È il partito che fornì la classe dirigente italiana, portando a termine, con Roma capitale, il processo di unificazione nazionale. Fra i fondamentali problemi che la d. affrontò, negli anni in cui rimase al potere, furono l’organizzazione centralizzata rispondente alla rigida concezione dello Stato propria dei suoi uomini e la soluzione liberale dei rapporti fra Stato e Chiesa, fissata nella legge delle guarentigie (➔).

Dopo il 1876, con l’avvento della sinistra al potere, la d. esercitò per un certo tempo l’opposizione, cessata con l’avvento del trasformismo e la connessa progressiva sparizione delle distinzioni tra i due antichi partiti.

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