MARTELLI, Diego

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTELLI, Diego

Fulvio Conti

– Nacque a Firenze il 28 ott. 1839 da Carlo e da Ernesta Mocenni.

Il padre, ingegnere ferroviario originario di Prato, uomo di vasti interessi culturali e scientifici, nutriva sentimenti liberali e patriottici. Vicino al cenacolo intellettuale che faceva capo a G.P. Vieusseux, fu amico, tra gli altri, di S. Pellico, G. Giusti, A. Vannucci, R. Lambruschini, P. Thouar e G. Mazzoni. La madre era stata cresciuta ed educata dalla zia paterna Quirina Mocenni Magiotti, la «donna gentile» di U. Foscolo. Il ricco fondo di manoscritti foscoliani da lei posseduto, lasciato in eredità a Carlo Martelli (che nel 1849, a Firenze, per i tipi di Le Monnier, provvide a sue spese alla prima edizione de L’inno alle Grazie), nel 1884 fu venduto dal M. alla Biblioteca nazionale di Firenze.

Fu in questo ambiente familiare, ricco di fermenti ideali, che il M. trascorse i suoi primi anni di vita, finché nel 1851 entrò nelle scuole degli scolopi di S. Giovannino, a Firenze, dove ebbe come compagni di studi G. Carducci, E. Nencioni, T. Signorini e G. Uzielli, con i quali strinse duraturi legami di amicizia. Nel 1856 si iscrisse alla facoltà di scienze naturali dell’Università di Pisa, dove conobbe F. Martini e G. Chiarini, ma già l’anno seguente abbandonò gli studi, che avrebbe poi ripreso in modo intermittente senza mai portare a compimento. Sempre nel 1856 fu introdotto dal pittore A. Gatti, al quale il padre lo aveva affidato perché ricevesse anche un’educazione artistica, nel fiorentino caffè Michelangelo, abituale luogo di ritrovo di giovani artisti e letterati, attenti soprattutto alle novità culturali che provenivano dalla Francia, i quali si riconoscevano in una profonda istanza di rinnovamento che investiva sia i canoni pittorici (attuatasi poi con la nascita del movimento dei macchiaioli) sia i riferimenti culturali e politici (con l’adesione ai valori del positivismo, del materialismo e del socialismo umanitario di P.-J. Proudhon). In ogni caso, nel 1859, allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza molti di quei giovani subirono il forte richiamo patriottico e non esitarono a partire come volontari per il fronte. Così fece anche il M., che il 4 maggio si arruolò nel real corpo di artiglieria, raggiungendo gli amici Signorini, O. Borrani, L. Bechi e R. Sernesi. Il 30 luglio, colpito da una oftalmia purulenta, fu però ricoverato nell’ospedale militare di Modena, dove rimase fino al mese di ottobre.

Il 30 luglio 1861, alla morte del padre, il M. entrò in possesso di una cospicua eredità, oltre 1000 ha di terreni e fabbricati distribuiti fra le province di Pisa e Livorno, comprendenti quella fattoria di Castiglioncello, che egli elesse subito a sua dimora preferita ospitandovi per lunghi periodi gli amici pittori G. Fattori, Signorini, S. Lega, Borrani, G. Abbati, Sernesi, F. Zandomeneghi, M. Gordigiani e altri. Costoro, approfittando già dal 1861 del generoso mecenatismo del M., durante i loro soggiorni ritrassero in numerosi dipinti le bellezze naturali del luogo e scene di vita quotidiana, contribuendo a quella stagione di creatività del gruppo macchiaiolo, che la critica ha comunemente indicato come Scuola di Castiglioncello.

Nel novembre 1862 il M. intraprese il suo primo viaggio a Parigi, dove entrò in contatto con diversi esponenti del mondo artistico e culturale. Anche questo viaggio contribuì ad affinare le scelte ideali del M., che si riconobbe in un razionalismo positivista dalle vivaci tinte anticlericali, rimasto sempre un elemento distintivo del suo pensiero, e in una partecipe sensibilità per le condizioni delle classi popolari e per le loro istanze di riscatto sociale e politico. Non a caso, di lì a poco aderì alla loggia massonica «Il Progresso sociale», di cui fu segretario N. Lo Savio che, attraverso il giornale Il Proletario, introdusse nell’ambiente democratico fiorentino le prime idee socialiste (il M. restò membro della loggia fino al settembre 1871, quando si dimise dalla carica di segretario in polemica con la linea troppo moderata dei vertici massonici). Risale poi a quegli anni la minuta autografa, che si conserva fra le sue carte (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Martelli, D.XIV [IV], ins. 27), del programma di un giornale dal titolo rivelatore, Il Satana, dal quale ben emerge la sua adesione ai principî del libero pensiero. Il principale punto di riferimento ideologico del M. fu Proudhon, del quale lesse sia il Du principe de l’art et de sa destination sociale (Paris 1865), facendone la base dei suoi primi scritti artistici, sia le opere politiche, orientandosi verso un socialismo libertario e democratico, fortemente autonomista e mai classista, che avrebbe dovuto affermarsi non con una rivoluzione violenta, bensì attraverso la conquista di riforme graduali e progressive. Soprattutto, comunque, continuò a credere nella necessità di completare il processo di liberazione e di unificazione nazionale, e la terza guerra d’indipendenza, nel giugno 1866, lo vide nuovamente partire per il fronte, arruolato nel 4° reggimento volontari.

Al ritorno il M., che già da qualche anno aveva preso a collaborare con alcuni giornali fiorentini (fra i quali La Nazione, Lo Zenzero, Il Progresso e L’Avvenire) e altri ne aveva progettati senza esito, fu assorbito da un’importante iniziativa, Il Gazzettino delle arti del disegno, che, da lui ideato, finanziato e diretto, con la collaborazione di Signorini e M. Angioli, si pubblicò a Firenze dal 26 gennaio al 7 dic. 1867.

Il periodico rappresentò «la prima concreta espressione dell’appoggio critico di Martelli al giovane movimento dei Macchiaioli» (D. M., l’amico dei macchiaioli e degli impressionisti [catal., Castiglioncello], a cura di P. Dini - F. Dini, Firenze 1996, p. 14), di cui difese l’innovativo stile pittorico, efficace espressione della vita contemporanea, contrapponendolo ai logori e ripetitivi schemi proposti dalle accademie. Il Gazzettino, che offrì ai lettori biografie di artisti contemporanei italiani e stranieri, rassegne di esposizioni, dibattiti e cronache varie, si qualificò da un lato come strumento di aggregazione delle diverse scuole realiste che erano sorte in varie parti della penisola sul modello di quella toscana, dall’altro come mezzo per far conoscere ai pittori italiani le nuove correnti artistiche internazionali.

Nel giugno 1869 il M. compì un secondo viaggio a Parigi, dove visitò il Salon; fu quindi brevemente a Londra e a Monaco, dove si incontrò con Julius Meyer, redattore del Allgemeines Künstler-Lexikon, edito a Lipsia da W. Engelmann, con il quale definì i termini della sua collaborazione per la stesura delle biografie di pittori e scultori italiani. Nei primi mesi del 1870 scrisse numerosi articoli per La Rivista europea, finché il 29 maggio partì per il suo terzo soggiorno parigino, questa volta accompagnato da Teresa Fabbrini, una ex prostituta da lui conosciuta nel 1863 e rimasta poi come sua compagna per il resto della vita. A Parigi, oltre a interessarsi dell’Esposizione e a frequentare gli amici italiani colà residenti (G. De Nittis, V. D’Ancona, G. Mochi, E. Vieusseux e A. Cecioni), fu in relazione con M. Desboutin, G. Lafenestre e R. Jacquemin. Fu costretto a rientrare in Italia verso la fine di agosto, pochi giorni prima della sconfitta di Sedan, che pose fine alla guerra franco-prussiana e segnò la caduta di Napoleone III.

I primi anni Settanta furono per il M. un periodo operoso di studio e di attività letteraria: pubblicò alcuni volumetti di racconti (Primi passi. Fisime letterarie… illustrate all’acquaforte da Telemaco Signorini, Firenze 1871; Lucio Domizio Nerone Claudio imperatore, baloccaggine fiorentina, ibid. 1872; Una brutta storia. Novella, Pisa 1874; Fornicazioni di fra’ Mazzapicchio edite per cura di D. M. fiorentino ed illustrate da Telemaco Signorini, ibid. 1875) e collaborò a giornali e riviste come Arte in Italia, L’Italia nuova, Eco del Tirreno, Gazzetta d’Italia, Giornale artistico, Corriere dell’Arno e Rivista italiana. Si impegnò inoltre nell’acquisto di alcuni terreni confinanti con la sua tenuta di Castiglioncello e in altre onerose attività speculative, che si rivelarono azzardate, costringendolo a contrarre mutui e prestiti e segnando l’inizio di una lunga fase di difficoltà economiche, culminata nel 1889 nella decisione di vendere le fattorie del Pastino e di Castiglioncello.

Nel 1876 il M. abbandonò le tesi astensionistiche professate in gioventù e si presentò candidato alle elezioni politiche nel collegio di Lari, dove fu sconfitto da C. Panattoni con 365 voti contro 186. Da allora mise definitivamente da parte la pregiudiziale istituzionale, che impediva all’estrema repubblicana di partecipare al voto, e dette una valutazione indulgente della monarchia sabauda, che a suo giudizio aveva contribuito allo sviluppo dei principî liberali. Il M. presentò poi nuovamente la sua candidatura a deputato nel collegio di Firenze III nel 1880 e in quello di Firenze II nel 1882, nel 1884 e nel 1886, ma sempre con esito negativo, sopraffatto dagli esponenti del fronte governativo e incapace di raccogliere i consensi di tutta la Sinistra democratica di opposizione.

Nel 1877 le questioni artistiche tornarono al centro dell’attenzione del M., che pubblicò un opuscolo sull’annoso problema dell’utilità delle accademie di belle arti (Dell’ordinamento degli studi artistici in Italia. Pensieri e proposte, ibid. 1877) e tenne una conferenza a Livorno, nella quale, muovendo da una prospettiva evoluzionistica, tracciò una sua personale visione dello sviluppo dell’arte dall’antichità preistorica fino all’età contemporanea, che si concludeva con un cenno al movimento impressionista, la cui prima esposizione collettiva risaliva appena al 1874 (Dell’arte antica e moderna. Lettura fatta al Circolo filologico di Livorno il 20 maggio 1877, in A. Boschetto, Scritti d’arte di D. M., Firenze 1952, pp. 38-50).

Nell’aprile 1878 il M. si recò per l’ultima volta a Parigi, dove si trattenne per un anno finanziando il proprio soggiorno con le corrispondenze sull’Esposizione universale e sulla vita artistica della capitale francese che inviò ad alcuni periodici italiani, fra i quali Il Risorgimento di Torino, La Sentinella bresciana, la Gazzetta d’Italia, La Rivista europea e La Vedetta - Gazzetta del Popolo di Firenze. Fu un periodo esaltante e assai proficuo per il M., che a Parigi, oltre a incontrarsi con i pittori italiani S. De Tivoli, De Nittis e Zandomeneghi, ebbe modo di conoscere e frequentare assiduamente artisti come C. Pissarro, E. Manet, E. Degas, l’editore G. Charpentier e scrittori quali É. Zola, E. e J. Huot de Goncourt, L.E.E. Duranty. Introdotto al caffè Nouvelle Athènes di place Pigalle, luogo di ritrovo delle avanguardie artistiche e culturali parigine, visse da vicino quella stagione di grande creatività del movimento impressionista, nel quale intravide non poche affinità con i macchiaioli. Anche per sottolineare tali punti di contatto cominciò ad allestire a Parigi una sua personale raccolta di dipinti italiani e francesi. Non solo: convinse Pissarro a inviare due suoi quadri all’esposizione della Promotrice fiorentina e si adoperò, in questo caso invano, per realizzare una mostra di pittura francese all’interno dell’Esposizione nazionale di Torino del 1880. Prima di ripartire da Parigi, nell’aprile 1879, il M. ebbe modo di visitare la quarta mostra collettiva degli impressionisti, appena apertasi, e nel gennaio 1880 avrebbe loro dedicato quella conferenza (Gli impressionisti. Lettura data al Circolo filologico di Livorno, Pisa 1880), che offrì al pubblico italiano un primo sguardo organico sulle avanguardie pittoriche francesi e che, per l’acuta lettura critica di quel movimento artistico, viene considerata «il suo maggior contributo alla storia dell’arte moderna» (D. M., l’amico dei macchiaioli…, cit., p. 24).

Nel 1878 il M. conobbe a Parigi il deputato radicale A. Bertani, al quale prospettò l’opportunità per la Sinistra di avere a Firenze un proprio organo di stampa, che fungesse da stimolo al governo e l’aiutasse a contrastare l’egemonia della consorteria moderata. Il progetto si concretizzò soltanto nel luglio 1881, quando, grazie anche ai finanziamenti ministeriali offerti da A. Depretis, vide la luce a Firenze il giornale La Patria. Diretto dal M., che nell’agosto 1879 era stato eletto consigliere provinciale di Pisa e nel 1880-81 aveva collaborato al giornale La Lega della democrazia, il quotidiano si batté soprattutto a sostegno della riforma elettorale promossa da Depretis, ma, dopo aver assunto un atteggiamento sempre più radicale e critico verso il governo, nel dicembre 1881 fu costretto a cessare le pubblicazioni.

Il M., ormai divenuto uno fra gli esponenti più noti della Sinistra democratica fiorentina e toscana, continuò le sue battaglie politiche, avversando il trasformismo e riconoscendosi nelle posizioni dei radicali come Bertani e dell’opposizione pentarchica di A. Baccarini e F. Crispi, con i quali fu in relazioni epistolari. Quando Crispi assunse la guida del governo, nel 1887, lo salutò carico di speranze, ma dopo la svolta autoritaria che seguì alla prima stagione di riforme promosse dallo statista siciliano non esitò a prenderne le distanze e condivise anzi la vibrante campagna anticrispina di F. Cavallotti, di cui divenne amico. Nell’ottobre 1889 il M. fu eletto consigliere provinciale e comunale di Firenze (carica che tenne solo fino al dicembre 1890) e con il suo voto contribuì alla formazione della giunta guidata dal sindaco F. Guicciardini, la prima del periodo postunitario che fosse espressione delle forze democratico-liberali. In tale veste prestò particolare attenzione ai problemi sociali della città, adoperandosi, fra l’altro, per risolvere la questione delle abitazioni popolari, per privilegiare le cooperative nell’affidamento dei lavori comunali, per la costruzione di nuove scuole e per la parità di trattamento economico fra maestri e maestre. In quegli stessi anni aderì al movimento pacifista democratico, stringendo feconde relazioni di collaborazione e di amicizia con E.T. Moneta e con V. Pareto, che del comitato fiorentino fu uno dei membri più attivi. Si batté perciò per la costituzione di istituti di arbitrato internazionali che scongiurassero il ricorso alle guerre e si oppose alle prime iniziative coloniali dell’Italia. In nome del rifiuto di ogni forma di violenza, infine, contestò alcune tendenze anarchiche che ancora allignavano nelle organizzazioni socialiste e sindacali.

Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta continuò a tenere conferenze e a collaborare con alcuni giornali e periodici (in modo più assiduo al Fieramosca, a Il Corriere italiano, a La Commedia umana), ai quali affidò soprattutto articoli su questioni artistiche e politiche. Pubblicò poi altri opuscoli letterari e scritti d’occasione (Una brutta storia o Un buon papa all’antica. Novella, Firenze 1886; I partiti dello straniero. Pensieri, Colle d’Elsa 1889; In memoria dei fratelli Alinari, Firenze 1890), fra i quali ebbe una certa eco quello, pieno di scanzonata ironia, che il M. dedicò alla nuova facciata di S. Maria del Fiore, inaugurata nel 1887 (Di S. Maria del Fiore non che delle mattaccinate che il popolo ed il Comune hanno fatto per raggiungere il fine desiderato di una facciata, Pisa 1887).

Amareggiato dalle crescenti difficoltà economiche, che lo costrinsero a vendere larga parte delle sue proprietà, il M. si ritirò progressivamente dall’impegno politico e non accettò le candidature a deputato che gli vennero offerte da più parti.

Addolorato dalla scomparsa della sua compagna Teresa, avvenuta il 19 ott. 1895, il M. morì a Firenze il 20 nov. 1896.

Nel testamento stabilì di lasciare tutte le sue opere d’arte alla città di Firenze (accolte inizialmente in Palazzo Vecchio, nel 1924 trovarono collocazione nella nuova Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, di cui rappresentano uno dei nuclei più significativi) e la sua corrispondenza, i suoi manoscritti e i suoi libri alla Biblioteca Marucelliana, dove ancora oggi si conservano.

Fonti e Bibl.: La più accurata e completa biografia del M. (che riprende e aggiorna P. Dini, D. M., Firenze 1978) è quella di P. Dini - F. Dini, D. M., storia di un uomo e di un’epoca, Torino 1996, corredata di una cronaca biografica (pp. 403-447), di un elenco degli scritti a stampa comprensivo di quelli apparsi in giornali e periodici (pp. 449-453), di un elenco dei manoscritti inediti conservati nella Biblioteca Marucelliana di Firenze (pp. 453-455), nonché di una esauriente bibliografia degli studi apparsi fino al 1995. Sulle carte Martelli cfr. A. Del Soldato, Il fondo Martelli presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze, in L’eredità di D. M.: storia, critica, arte, a cura di C. Sisi - E. Spalletti, Firenze 1999, pp. 13-34. Una raccolta di lettere è in D. Martelli. Corrispondenza inedita, a cura di A. Marabottini - V. Quercioli, Roma 1978, da integrare con G. Fattori, Lettere a Diego - Lettere a Amalia, Firenze 1983. Altri scritti del M. sono in Il Gazzettino delle arti del disegno di D. M., 1867. Ed. integrale, a cura di A.M. Fortuna, Firenze 1968. Fra i contributi apparsi dal 1996 in avanti si vedano: L’opera critica di D. Martelli. Dai macchiaioli agli impressionisti (catal., Livorno), a cura di E. Spalletti - F. Dini, Firenze 1996; D. Martelli. L’amico dei macchiaioli e degli impressionisti, cit.; F. Conti, L’Italia dei democratici. Sinistra risorgimentale, massoneria e associazionismo fra Otto e Novecento, Milano 2000, pp. 228, 300-325; I macchiaioli. Opere e protagonisti di una rivoluzione artistica (1861-1869) (catal., Castiglioncello), a cura di F. Dini, Firenze 2002, passim; P. Dini, D. M. e il realismo europeo, in Da Courbet a Fattori. I principî del vero (catal., Castiglioncello), a cura di F. Dini, Milano 2005, pp. 51-64; F. Conti, Silvestro Lega e D. M.: amicizia, arte, passioni politiche, in Silvestro Lega, i macchiaioli e il Quattrocento (catal., Forlì), a cura di G. Matteucci - F. Mazzocca - A. Paolucci, Milano 2007, pp. 333-337.

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