ANTIAEREA, DIFESA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

ANTIAEREA, DIFESA

Enrico PETROZZI

. Per adeguarsi alle nuove possibilità, offensive dell'arma aerea, la difesa e la protezione (v. antiaerea, protezione, App. I, p. 122) si sono andate perfezionando ed organizzando con l'impegno di tutte le forze della nazione. La difesa antiaerea può solo tendere a ridurre al minimo gli effetti materiali e morali delle incursioni aeree nemiche mediante le sue organizzazioni civili, e ad ostacolare lo svolgimento delle azioni offensive mediante l'aviazione da caccia e l'organizzazione militare a terra. Spetta poi all'aviazione da bombardamento di controbattere l'offesa e di porre per prima in seria crisi l'organizzazione industriale e logistica del paese nemico.

I compiti della difesa antiaerea rivestono tale importanza e richiedono la soluzione di tale numero di problemi, che nessuna organizzazione militare o civile può sperare di risolverli, se non contando sull'opera di una popolazione socialmente matura, istruita, conscia dei proprî doveri e capace di trasformarsi in una milizia fattiva, in alto grado paziente, e possibilmente insensibile.

Organizzazioni che, durante la seconda Guerra mondiale, hanno bene assolto il loro compito e che quindi possono essere citate ad esempio, benché profondamente differenti tra di loro, sono state: quella germanica, semplice, dotata di scarsi collegamenti trasversali tra varî enti, che venivano quindi a collaborare tra di loro sempre tramite un organo superiore comune, efficientissima nei servizî di ordine pubblico e nel mantenimento della disciplina individuale e collettiva, meno pronta nell'opera di soccorso e nella ripresa; e quella inglese, più complessa come schema di dipendenze, basata su collaborazione istintiva ed immediata tra enti diversi, molto efficiente nell'opera di soccorso e nella ripresa, rispettosa della disciplina fino a limite ragionevole, costosamente dotata dei mezzi necessarî.

In Italia si ebbe l'UNPA (Unione nazionale protezione antiaerea), destinata alla difesa passiva, e la Milizia Dicat, che doveva collaborare con l'aeronautica per garantire la difesa attiva attraverso l'avvistamento e l'azione di fuoco.

È chiara l'importanza del problema delle dipendenze: in Italia ad es., un avvistamento effettuato da un posto Dicat, e trasmesso ad un comando Dicat a mezzo di un circuito civile requisito da un comando territoriale dell'esercito, doveva dare luogo alle segnalazioni di allarme dipendenti dai comuni, all'entrata in azione delle batterie della Dicat, della Marina o dell'Esercito, al decollo della caccia (aviazione) ed alla mobilitazione dell'UNPA (civile). In vista delle difficoltà e degli inconvenienti che ne derivavano, dovendo la caccia necessariamente dipendere dall'aviazione, alcuni paesi preferirono rendere quest'ultima la sola responsabile dell'intera difesa antiaerea territoriale; in questi casi quindi l'aviazione ha avocato a sé i servizî di avvistamento, sbarramento, difesa attiva (in Germania anche la difesa passiva) e controllo del mascheramento; ha avuto reti di collegamento proprie sulle quali gli altri enti militari e civili si affrettavano ad inserirsi, ed in tal modo si ottenne un complesso bene omogeneo. Nei paesi che seguirono altre vie, discontinuità e ritardi sono stati inevitabili e - in particolare - frequenti i casi di errato riconoscimento.

I compiti fondamentali della difesa antiaerea sono: avvistamento, sbarramento, difesa attiva, difesa passiva e difesa contro lo sbarco aereo.

Avvistamento. - Questo servizio ha il compito di segnalare l'ingresso di formazioni sul territorio nazionale, riconoscerle per amiche o nemiche, osservarne il percorso e l'azione. È assicurato da una catena di posti di avvistamento situati lungo le frontiere, da una rete di analoghi posti distribuiti nell'intero territorio, e da una cortina di vedette al largo delle coste. Questi primi organi dell'avvistamento sono collegati ai centri di raccolta notizie, destinati a riassumere e vagliare le segnalazioni, inoltrandole poi ai comandi di difesa antiaerea. A questi ultimi spetta diramare i necessarî ordini ai diversi rami della difesa.

In questa guerra, i posti di avvistamento sono stati dotati - nella loro grande maggioranza - soltanto di qualche binocolo e di un apparecchio telefonico; solo alcuni ebbero dei localizzatori acustici, che - verso la fine della guerra - vennero in parte sostituiti da radiolocalizzatori di grande sensibilità ed efficacia, se pure facilmente neutralizzabili (v. radar, in questa App.). I varî organi erano collegati telefonicamente (a mezzo rete militare o civile requisita) e con mezzi radio; questi ultimi si sono dimostrati efficienti là dove, essendo l'unico mezzo di collegamento, erano stati opportunamente organizzati.

Il riconoscimento delle formazioni è strettamente connesso al servizio di avvistamento ed ha capitale importanza; dato che per oscurità, nebbia od altro esso risultava molto difficile, nel recente conflitto i comandi di difesa antiaerea dovevano essere tenuti al corrente, nella maniera più esatta, di ogni movimento di formazioni amiche, così da evitare non solo che contro di esse si aprisse il fuoco, ma anche che esse divenissero causa di inutili allarmi.

Altro servizio connesso con l'avvistamento è quello delle segnalazioni di allarme, che deve garantire la sicurezza delle popolazioni, facendo sì che tra segnale e sorvolo intercorra un certo tempo, pur tenendo conto della necessità che i tempi di allarme siano ridotti al minimo per limitare i danni derivanti all'efficienza nazionale dalle sospensioni di lavoro.

Come esempio di buona organizzazione in questo senso, agevolata però da favorevoli condizioni geografiche, può essere citata quella germanica: preallarme ed allarme vennero dati in zone sempre più ristrette fino a raggi di 30 e 20 km. rispettivamente; soltanto intorno ai luoghi in cui il bombardamento era in atto, si formavano zone di preallarme e di allarme di raggi circa doppi di quelli citati. Via via che le formazioni seguivano la loro rotta, era impegno della difesa antiaerea il segnalare al più presto il cessato pericolo, restituendo la popolazione al suo lavoro o al suo riposo.

Sbarramento. - Anche in questa guerra, quando il puntamento risultava impossibile, e la difesa disponeva soltanto, ed approssimativamente, dei dati di direzione ed, eventualmente, di quota della rotta nemica, è stato molto usato il tiro di sbarramento (fig. 1), effettuato sia con artiglierie, sia con armi automatiche, ed a questo scopo lo spazio sovrastante l'obbiettivo era diviso in settori di sbarramento: in ognuno di tali settori, le batterie antiaeree potevano concentrare il fuoco dei loro pezzi.

Un'idea del volume di fuoco richiesto da questa azione si può avere in tal modo: trascurando l'effetto delle schegge ricadenti, se si ritiene che una granata contraerea danneggi sicuramente il mezzo nemico entro 50 m. di raggio, pur attribuendo agli aerei una velocità non superiore ai 360 km./h. per sbarrare efficacemente un km. di base tra le quote 1000 e 5000 occorrono ben 400 colpi al secondo. Per uno sbarramento non assoluto, ma ancora efficace, ritenendo che una granata arrivi a danneggiare quasi sicuramente l'avversario entro 100 metri di raggio, occorrono ancora ben 50 colpi al secondo, volume di fuoco che richiederebbe 100 batterie per km. sbarrato. Nel caso più favorevole in cui la quota del sorvolo nemico sia nota con l'approssimazione di 200 metri, lo sbarramento richiederebbe 10 colpi al secondo, con un dispendio di 20 vagoni di munizioni all'ora per ogni chilometro. È facile convincersi come il fuoco di sbarramento non possa essere considerato un efficace mezzo difensivo.

Come già nella prima Guerra mondiale, così pure nella seconda sono stati usati sbarramenti di palloni frenati (fig. 3) per la difesa di città e di basi navali, ma solo intorno a Londra essi hanno costituito un mezzo di difesa di una certa importanza. Il sistema ha dato luogo ad inconvenienti, quali la caduta dei cavetti di ormeggio sulle linee elettriche ad alta tensione ed è servito in pratica solo a limitare la quota minima di sorvolo. Debitamente raffittito, ha dato buoni risultati contro i primi tipi di proiettili volanti, (v. reazione armi a, in questa App.).

In genere questi palloni avevano cubature di 500-1000 mc., potevano sollevare fino a 3 km. di cavetto d'acciaio, di sezione variabile, conservando una forza ascensionale residua sufficiente per mantenere il cavetto in tensione e resistere quindi all'azione del vento. Il cavetto faceva capo ad un verricello azionato di solito da bordo di un automezzo, il quale disponeva anche di mezzi di gonfiamento e poteva trasferire celermente da un luogo all'altro l'involucro sgonfiato, le bombole ed i dieci uomini dell'equipaggio di manovra. I palloni erano mantenuti a distanza pari al triplo della normale apertura alare di un bombardiere, in modo che la probabilità di attraversare in entrata ed in uscita uno sbarramento fosse abbastanza piccola: l'aereo che incappasse in un cavetto era quasi sicuramente abbattuto.

Palloni di minore cubatura venivano alzati in numero da uno a tre a modesta quota da bordo di navi in convoglio a difesa contro attacchi di aerosiluranti, in quanto ostacolavano la ripresa dell'aereo.

Difesa attiva. - È basata su due elementi: la caccia e l'artiglieria contraerea (v. artiglieria, in questa App.).

Si accenna qui, come mezzo di caccia notturna, soltanto all'aereo dotato di bomba a reazione che si trovava all'esperimento in Germania alla fine delle ostilità: si trattava di un aereo non molto veloce ma assai maneggevole, capace di rilevante carico utile, e dotato a prua di un complesso radar. Il pilota doveva venire radioguidato fino in prossimità della formazione da bombardamento notturno nemica, rilevarla esattamente a mezzo radar e - ottenuti dal radar stesso i dati di direzione e distanza del nemico - lasciar partire il proiettile a reazione. Giunto in mezzo alla formazione nemica, questo sarebbe esploso, mentre l'aereo lanciatore si sarebbe sottratto rapidamente al suo raggio di scoppio.

Quanto alla difesa attiva a mezzo del fuoco, si ricorda qui che la distribuzione delle batterie è stata assai varia a seconda del terreno e della visibilità ed avrebbe dovuto seguire il criterio generico di non costituire intorno all'obbiettivo da difendere un cerchio di batterie troppo compatto, in quanto questo lo avrebbe reso troppo facilmente individuabile nella notte; d'altra parte, la constatazione che il nemico era sempre in grado di individuare un grosso obbiettivo a mezzo radiogoniometria o con altri sistemi, e la necessità di far concorrere il maggior numero possibile di batterie ai violenti concentramenti di fuoco necessarî, ha fatto trascurare questo principio, ed intorno ai più importanti obiettivi si sono venute costituendo vere cinte multiple di batterie, senza che vi fosse sostanziale differenza con quanto era stato fatto nella prima Guerra mondiale.

Per quanto riguarda la sistemazione delle batterie, si noti che, al prolungarsi del conflitto, esse vennero perdendo quelle caratteristiche di rapida spostabilità che erano state loro attribuite in vista di una guerra di rapido corso; via via che esse permanevano in una zona, lavori di fortificazione campale furono iniziati da parte del personale stesso delle batterie, seguiti poi da lavori spesso rilevantissimi effettuati da organi tecnici specializzati.

Fortificata o meno, la batteria contraerea conservò sempre questo aspetto: 4 pezzi, di calibro compreso tra i 75 ed i 150 mm., dotati di sistema di caricamento in genere semi-automatico, brandeggiati non di rado direttamente dalla centrale di tiro con sistema elettrico (altrimenti brandeggiati a mano con il sistema di indice a ripetitore), corredati da graduatore meccanico delle spolette, erano disposti ai vertici di un quadrilatero più o meno regolare, nella cui zona centrale venivano a trovarsi telemetro, centrale di tiro, posto di comando e, nell'ultimo periodo, l'eventuale radiolocalizzatore. Circa il munizionamento contraereo, questa guerra ha visto il tramonto dello shrapnel e l'esclusivo impiego della granata a tempo, munita di spoletta graduabile in partenza o di radiospoletta. Quest'ultima si è dimostrata di grande utilità, dato che la graduazione del proietto - anche se affidata a sistema meccanico e quasi completamente automatico - costituisce un punto molto delicato e comporta un dannoso tempo morto.

Contro il bombardamento in picchiata e contro il mitragliamento, sono state ovunque usate armi automatiche, il cui calibro (v. mitragliatrice, in questa App.) si aggirava sui 20 mm. fatta eccezione per le mitragliatrici da fanteria adattate al tiro contraereo (calibro sugli 8 mm.), e per le mitragliere di bordo, che raggiungevano i 50 mm. Gruppi di queste armi erano posti a difesa di opere d'arte, impianti, scali, e sui tetti di fabbriche e depositi; non essendo il loro impiego soggetto a norme precise, si disponevano là dove la necessità lo suggeriva e spesso senza alcun lavoro protettivo: il telemetro ed il dispositivo di correzione della mira in base a quota, velocità e direzione dell'aereo, risultarono in genere di scarsa utilità: per contro, quest'arma mostrò di richiedere personale di provato coraggio, calmo e bene addestrato.

Difesa contraerea sul campo di battaglia. - La massa dei mezzi impiegati in questa guerra è stata così rilevante da non potersi contare sul loro occultamento: inoltre questo avrebbe comportato durante il giorno una immobilità che contrastava con la necessità dei rapidi spostamenti. Quindi le direttrici di marcia delle grandi unità, le posizioni di raccolta, i parchi, i depositi, ecc. dovettero essere fiancheggiati da batterie di cannoni e da sezioni di mitragliere, organizzate così da poter celermente spostarsi ed entrare in azione.

Quasi tutti i paesi belligeranti hanno avuto batterie contraeree interamente motorizzate, nelle quali i pezzi, la centrale, il telemetro, un primo scaglione di munizioni ed il personale erano posti a bordo di speciali automezzi o rimorchi. Per l'impiego, la batteria usciva di strada e si disponeva rapidamente intorno alla sua centrale; i pezzi, passati dalla posizione di traino a quella di tiro, si collegavano alla centrale stessa ed alla vettura-comando con spezzoni di cavo multiplo, e potevano in pochi minuti iniziare il tiro.

Dall'offesa di bassa quota i reparti si difendevano con le armi automatiche: la stessa mitragliatrice da fanteria è stata ovunque dotata di supporto per il tiro contraereo, di congegno di punteria a reticolo e di munizionamento incendiario, ma adatta si è dimostrata soltanto la mitragliera da 20 mm. con affusto munito di ruote che potevano togliersi all'atto dell'impiego, e con munizionamento particolarmente efficace.

I carri armati, fatti segno al tiro dei cannoncini di bordo, allo sgancio in picchiata, ed al lancio di bombe a reazione (Bazooka aereo) sono stati muniti di mezzi difensivi mediante sistemazione in torretta di mitragliatrici da 8 a 13 mm., singole o binate, ed eccezionalmente di cannoni automatici di calibro maggiore.

Difesa passiva. - I mezzi della difesa passiva variano a seconda della destinazione e delle condizioni locali, e possono consistere in: mascheramento, decentramento, costruzioni protettive, organizzazione degli enti e delle popolazioni civili, o dall'insieme di alcune di queste previdenze.

Mascheramento. - Comprendendo sotto questo termine anche l'occultamento, si noti che tutti i problemi inerenti ad esso erano stati già delineati negli anni precedenti al conflitto, ma che questi problemi avevano mostrato di richiedere per la loro soluzione un grande volume di lavoro ed un notevole impiego di materiali; così, all'atto delle ostilità, in molti paesi belligeranti, essi non erano nemmeno seriamente impostati. In genere si ricorse a mascherare o ad occultare di volta in volta quegli obbiettivi che si ritenevano più importanti o che risultavano più soggetti all'offesa nemica.

Ad esempio, le basi navali erano occultate al momento opportuno con cortine nebbiogene create sia con i mezzi sempre presenti a bordo, sia con posti nebbiogeni distribuiti sulla costa, sulle calate e su piccoli natanti al largo: sistemi di nebbiogeni sono stati impiegati anche a protezione di opere d'arte, ecc. Pur trovando limitazione nelle condizioni atmosferiche e benché ostacolasse il tiro contraereo, questo mezzo di difesa ha avuto molta diffusione ed ha dato buoni risultati: naturalmente esso non poteva sottrarre gli obbiettivi ai massicci bombardamenti a tappeto, essendo in genere costituito su basi non sufficientemente ampie.

In quei porti che la natura aveva dotato di pareti cadenti a picco sul mare, le unità navali adottavano ancoraggi vicinissimi ad esse ricavandone parziale mascheramento e riparo (esempî: Valona, Navarrino, ecc.). Ricordiamo infine che si sono avuti esempî di transatlantici, destinati a non prendere il mare per tutta la durata della guerra, trasformati a scopo di mascheramento in isolette; unità e trasporti in rotta hanno ricorso, per occultarsi, alle cortine nebbiogene distese dal naviglio leggero di scorta, poiché ogni tinteggiatura dei ponti risultava insufficiente in mare aperto.

Circa gli aeroporti, nessun mezzo ha potuto mascherarne il caratteristico prato rasato o le piste, ed anche il mascheramento dei capannoni ha offerto serie difficoltà, cosicché ben presto in ogni aeroporto i pochi capannoni rimasti illesi furono adibiti ad usi secondarî e gli aerei - mimetizzati nella parte superiore - decentrati; l'occultamento fu affidato ai nebbiogeni.

Il mascheramento di edifici è stato tentato frequentemente ed ovunque, ma buoni risultati si sono ottenuti soltanto dove alcuni tecnici, bene esperti nell'osservazione aerea, avevano potuto studiare la migliore soluzione su un fedele plastico del complesso da mascherare e delle sue vicinanze, decidere senza troppo stretti vincoli di economia, e verificare poi dall'alto gli effetti ottenuti (cfr. l'esempio della fig. 2).

L'esperienza di questa guerra ha confermato i seguenti accorgimenti pratici: usare chiazze di colore delle dimensioni di alcuni metri, facendole cadere a cavallo degli spigoli, usare solo per alcune chiazze una tinta neutra intonata all'ambiente, adottando per le altre delle tinte opache ma nette e coraggiosamente contrastanti, estendere la tinteggiatura mimetica anche al terreno immediatamente adiacente al fabbricato. Simili tinteggiature mimetiche, lasciavano però quasi del tutto insoluto il problema delle ombre proprie e portate, che invece veniva bene risolto dal mascheramento con reti. Tali reti si sono mostrate l'unico sistema di mascheramento artificiale capace di dare risultati veramente positivi, purché eseguito con opportuni criterî; potevano essere metalliche o tessili, ed erano impiegate come supporto per ramaglia, ciuffi di rafia o strisce di stuoia colorate e distanziate tra di loro. È chiaro però che un simile sistema non poteva sperare di sottrarre all'azione nemica gli estesi complessi industriali moderni, che sono rilevabili dal nemico con sistemi differenti da quello della visione diretta dall'aereo.

Per ostacolare il nemico nel riconoscimento di punti caratteristici di una grande città, si ueccezionalmente mascherare con reti intere arterie cittadine (Ost-West Achse, a Berlino) o monumenti tipici (Colonna della Vittoria, a Berlino).

Sul campo di battaglia, il mascheramento antiaereo non fu che un'estensione del mascheramento all'osservazione terrestre. La pratica ha dimostrato la scarsa efficacia delle pesanti reti a tinta unita usate da quasi tutti gli eserciti all'inizio delle ostilità e l'opportunità di sostituirle con leggere reti a larghe maglie e con ciuffi bicolori. Data la grande mobilità degli eserciti attuali ed i continui spostamenti delle unità, il mascheramento poté essere praticato abbastanza raramente ed il naturale occultamento di ogni forza combattente è stato costituito dalla vegetazione e dagli elemeuti del terreno. Al mascheramento ottenuto con reti, con trapianto di alberi o con altre astuzie, si ricorse solo nel caso di installazioni militari permanenti; nei lavori di fortificazione il compito più arduo - ma pur necessario - si dimostrò il mascheramento graduale e continuo dei lavori durante il loro svolgimento, ed in particolare quello delle terre di scavo.

Per dare un'idea del lavoro richiesto da un mascheramento seriamente inteso, si pensi che una batteria costiera germanica da 152, a Zante, richiese per il suo mascheramento il trapianto di 1500 pinastri, l'impiego di 2000 mq. di rete, oltre ad una enorme quantità di ramaglia.

Decentramento. - Per sottrarre più agevolmente gli elementi della produzione all'offesa aerea ed al servizio informazioni nemico in molti casi si è cercato di praticare il diradamento degli aggregati industriali eccessivamente compatti e quindi troppo facilmente vulnerabili, o quanto meno si è cercato di alleggerirli decentrandone alcune parti. Il problema è stato di soluzione estremamente difficile e complessa, ed ha avuto attuazione su vasta scala e con perfetta organizzazione (per vasta scala si deve intendere non più della decima parte) soltanto in Russia ed in Germania; la prima si è valsa della vastità dei suoi territorî asiatici, la seconda ha sfruttato le grandi superfici boschive del suo territorio e la fitta rete di comunicazioni. L'Inghilterra ottenne il più efficace dei decentramenti potenziando al massimo le capacità industriali e produttive delle sue colonie e dominî.

Costruzioni protettive. - Già l'esperienza della prima Guerra mondiale (Verdun, ecc.) forniva dati impressionanti, circa gli spessori di calcestruzzo, ferro o terreno necessarî alla protezione da proiettili di artiglieria di grosso calibro; il fatto che l'offesa aerea differisse notevolmente da quella del cannone fece iniziare in tutti i paesi studî più o meno vasti, ma i risultati furono quali già potevano attendersi: la protezione assoluta avrebbe potuto ottenersi solo a costo di opere mastodontiche che nessun paese sarebbe stato in grado di affrontare.

Per il valore della penetrazione delle bombe v. bomba, in questa Appendice.

La valutazione dello spessore necessario a resistere agli effetti di scoppio della carica contenuta nel proiettile è molto incerta. Un metodo di calcolo, sia pure approssimato, può essere basato sulla formula delle mine:

dove C è la carica in kg., h ed r sono rispettivamente linea di minor resistenza e raggio di proiezione in m. (fig. 4), γ ed α soao coefficienti del mezzo e dell'esplosivo. La quantità

viene chiamata indice della mina, e serve ad introdurre nel calcolo il rapporto tra la linea di minor resistenza e il raggio di proiezione. Dovendosi calcolare lo spessore necessario a resistere allo scoppio della carica C, si dovrà introdurre la condizione r = o, che nel caso delle mine prende nome di fumacchio limite. La formula darà:

e fornirà il valore di h per cui la sfera di scoppio risulta tangente alla superficie libera del mezzo. Ovviamente, il valore di h trovato non è ancora sufficiente a garantire dagli effetti di crollo e dalle infiltrazioni dei gas dell'esplosione, ma da esso si potrà partire per calcolare, o valutare, il franco necessario a dare la sicurezza. Fortunatamente, venne a vantaggio della stabilità il fatto che in realtà il mezzo non è illimitato superiormente e che quindi l'esplosione troverà in questa direzione un notevole sfogo; a svantaggio della stabilità sta invece l'intasamento fornito dalle pareti della bomba e le lesioni che alla struttura potrebbero essere state inflitte dall'urto d'impatto.

Dall'applicazione delle formule viste, si ricava che la protezione da bombe di una tonnellata, cadenti da alta quota, può essere data solo da spessori di calcestruzzo dell'ordine della decina di metri, ed il dato può considerarsi confermato dall'esperieza.

Nell'impossibilità di difendere intere popolazioni con lavori di simile mole, è stato necessario limitarsi a programmi minori, giustificandoli con l'ipotesi - non verificatasi poi nella realtà - che il nemico dovesse riservare le bombe di massimo peso a bersagli particolarmente importanti, agendo sugli abitati solo con bombe di 100 ÷ 200 kg. In base a questo, ogni nazione emise a suo tempo regolamenti intesi a dare una relativa sicurezza (o meglio una minore vulnerabilità) agli edifici da costruire, oppure in fase di costruzione. A fattore comune di questi regolamenti stavano i seguenti principî: assoluta preferenza alle costruzioni con struttura portante in cemento armato e con copertura in soletta armata anziché in ferro e voltine; esclusione delle strutture in legname anche in vista della loro infiammabilità; tetti a terrazzo anziché a capriate e spioventi; limitazione al minimo delle strutture spingenti; pareti in materiale leggero e tali da lasciare libero sfogo alla bomba che venisse ad esplodere dopo aver attraversato alcuni piani; copertura delle intercapedini; costruzione negli scantinati di ricoveri di opportuna capienza, con copertura, pareti e sottofondo resistenti agli effetti di piccole bombe (resistenza ottenuta in genere a mezzo di camera di scoppio), con accessi multipli ed ermetici, con impianti di illuminazione e sanitarî ecc.

Organi tecnici furono preposti ad indirizzare e collaudare questi lavori, ma pur sempre rimase insoluto - o male risolto - il problema dei rifugi nelle costruzioni già esistenti. Quasi nulla fu fatto in questo campo prima dell'inizio delle ostilità; successivemente allo scoppio della guerra e durante lo svolgimento del conflitto, la scarsezza della mano d'opera, dei materiali e dei trasporti rese sempre più difficile provvedervi.

Frequenti le soluzioni errate, specie quando dovute all'iniziativa dei singoli, non assistiti da enti tecnici competenti (figg. 5, 6).

Con criterio molto giusto, nella constatata impossibilità di proteggere le popolazioni con opere corazzate o in caverna, l'Inghilterra attuò su vasta scala la distribuzione di ricoveri (Anderson) in lamieroni ondulati che si dimostrarono buoni. Sempre ottimo, quando possibile, è inoltre risultato il piccolo elemento di trincea, scavato lontano da fabbricati e capace di due o tre persone. Nel complesso si valuta che durante la seconda Guerra mondiale il settanta per cento delle popolazioni abbia usato ricoveri assolutamente inefficienti e talora dannosi.

Nei paesi del Nord, dove lo spezzone incendiario costituiva una minaccia forse maggiore della bomba dirompente, dato il grande uso di strutture in legname, furono via via distribuite alle popolazioni un grande numero di piccole pompe a mano, secchie, sacchetti di sabbia e battitoi spegnifiamma; nelle strade furono poste botti e serbatoi in cemento pieni d'acqua; i sottotetti avrebbero dovuto essere sgomberati da materiali infiammabili e ricoperti da uno strato di sabbia.

Si deve però anche qui notare che tutte queste piccole previdenze si sono dimostrate semplici ed inefficaci palliativi di fronte alla grande potenza distruttiva dell'offesa; soltanto taluni ricoveri collettivi, particolarmente curati - o sfruttanti gallerie e metropolitane - presentarono qualche elemento di sicurezza: non di rado in essi vennero poste in opera solette di rilevante spessore, camere di scoppio, piastroni inclinati a spiovente, paracolpi - in corrispondenza degli accessi - con profilo sfuggente a sesto acuto. Si ebbero esempi di rifugi a "termitaio", che avrebbero dovuto presentare minimo bersaglio con massima resistenza (fig. 11).

Alle persone che, durante una incursione, si fossero trovate lontane da ricoveri o da altre installazioni protettive, si consigliò di disporsi in posizione prona sul terreno, con le orecchie coperte dal palmo delle mani, preventivamente disposte a calotta, poggiando i gomiti e tenendo le gambe divaricate. Questa posizione che, in prima analisi, può sembrare non istintiva, è viceversa razionale se si tiene conto che durante i bombardamenti aerei, più che difendersi dai danni derivanti dalle schegge che si sprigionano dalla bomba all'atto dello scoppio, è necessario salvaguardarsi dall'effetto prodotto, sui corpi circostanti, dalle pressioni e dalle depressioni che si generano intorno ad essa al momento delle scoppio medesimo (spostamento d'aria).

Circa i lavori protettivi nel campo industriale, in alcuni casi si sono realizzate protezioni ottime, in altri nulle: infatti, era relativamente facile favorire al massimo la costruzione di centrali elettriche e di condotte forzate sotto roccia, in quanto tale disposizione era spesso richiesta da altre considerazioni; era facile rendere meno vulnerabili all'offesa le fabbriche di esplosivi mediante una vasta dispersione sul terreno dei loro elementi e mediante opere terrapienate, poiché si trattava solo di accentuare quelle che erano le loro naturali caratteristiche; rivestire all'interno la diga di un bacino idroelettrico con lamiere metalliche, così da limitare l'effetto - altrimenti disastroso - di una torpedine aerea, era possibile in quanto non eccessivamente costoso, ed anzi spesso utile a contenere moleste infiltrazioni d'acqua, ma sottrarre all'offesa aerea interi complessi industriali, trasferendoli in opere sotterranee, fu problema così complesso e costoso, che raramente poté essere affrontato. Si può dire che soltanto la Germania poté dare al problema una vasta attuazione, per numerose industrie o almeno per i loro reparti più delicati.

Nel campo militare, il problema delle costruzioni protettive antiaeree rientrò in quello più ampio della fortificazione. Giova qui soltanto mettere in evidenza il diffondersi dell'impiego della struttura a sesto acuto od a spiovente e della camera di scoppio: tali disposizioni infatti - di scarsa o nulla utilità contro il tiro terrestre - hanno dimostrato invece un'ottima resistenza contro la bomba d'aereoplano (fig. 9).

Il mitragliamento aereo costringe a coprire - ove possibile - elementi di trincea e postazioni con coperture in legno e terra. Va citata anche la caratteristica postazione Tobruch in calcestruzzo, per arma automatica con tiro terrestre e contraereo (fig. 10).

Organizzazione degli enti e delle popolazioni civili. - Ogni paese ha dato a qucsto problema soluzioni diverse, ed è necessario aggiungere che non sempre esso è stato affrontato con sufficiente preparazione e volontà: raccoglieremo qui quanto di generale si trova nelle disposizioni prese dall'Inghilterra e dalla Germania, prescindendo dal fatto che spesso le circostanze particolari abbiano frapposto ostacoli insormontabili tra i programmi e la loro pratica attuazione. In entrambi i paesi venne dato vita ad un Dipartimento ministeriale per la difesa antiaerea, dipendente dal Ministero per la coordinazione della difesa (Inghilterra) o da quello dell'aeronautica (Germania), con organi periferici regionali, provinciali, comunali, ecc. Per raggiungere gli scopi per cui era stato creato, questo Dipartimento poteva contare soltanto sulla comprensione, sul civismo di ogni individuo e sulla sua prontezza a porre a disposizione capitali, proprietà ed opera a seconda delle sue possibilità e fino al limite di queste. infatti esso doveva intervenire nelle questioni interne dei maggiori organismi nazionali, pur senza avere su di essi alcuna effettiva e riconosciuta autorità; doveva provvedere a distribuzioni svariate ed a miglioramenti di attrezzature, senza avere una vera e propria autonomia amministrativa; doveva garantire l'ordine, senza la possibilità di reclutare un numeroso apposito personale. Pertanto, il compito di questi Dipartimenti è stato forse il più complesso ed il più arduo che un'autorità potesse sostenere durante una guerra ed è stato attuato - nei paesi portati ad esempio - applicando l'unico criterio possibile: data per certa l'impossibilità di reprimere un malcontento o una diffusa ostilità che si fossero determinati nella nazione e data, al contrario, per certa la comprensione del popolo, inteso come il complesso di tutte le sue classi, null'altro rimaneva, per il Dipartimento difesa antiaerea, che porre ciascun cittadino, ciascun ente nelle migliori condizioni per funzionare. Ciò poteva avvenire solo curando di diramare il minor numero possibile di ordini e prodigandosi invece in una vasta e generosa azione di guida e di assistenza, quest'ultima fornita attraverso gli organi che erano in grado di darla.

Si deve distinguere l'organizzazione degli enti civili da quella delle popolazioni. In seguito all'offesa aerea nemica, a ciascun ente civile non venivano attribuiti compiti esorbitanti qualitativamente alle sue normali mansioni, ma solo quantitativamente; pompieri, ospedali, genio civile, ecc. si trovavano a dover combattere i danni di incendî, lesioni, crolli, ciascuno nel suo normale campo di azione; soltanto il numero dei sinistri, la loro gravità ed il sovrapporsi in uno stesso punto o settore, di parecchi di essi (incendio, strade bloccate, telefoni interrotti, mancanza d'acqua) rendevano difficili i compiti di ognuno. Pertanto tutto veniva a ridursi ad un problema di uomini e di mezzi, e come tale, nei due paesi, è stato affrontato.

L'organizzazione di difesa antiaerea non poteva quindi consistere nel sovrapporre nuove autorità a quelle già esistenti, ma soltanto nel servire queste ultime ponendole nelle migliori condizioni di funzionamento; gli stessi tecnici della difesa antiaerea venivano introdotti nei varî enti soltanto in funzione di subordinati, così da non turbarne l'equilibrio nel momento più critico: essi potevano chiedere l'appoggio delle maggiori autorità della difesa antiaerea solo quando i dirigenti dell'ente da loro servito mostrassero incomprensione o trascuratezza.

In Germania, le maggiori industrie, imprese e corporazioni costituivano un gruppo, allo scopo di rappresentare al compartimento difesa antiaerea le loro esigenze collettive, così da poter far fronte direttamente e di comune accordo alle falle sempre più numerose che la produzione veniva presentando sotto l'offesa nemica.

In particolari difficoltà si sono trovate le aziende delle distribuzioni cittadine, le società telefoniche, le ferrovie, le aziende stradali ecc., costrette a dover ovviare rapidamente a gravi e numerosi danni, disponendo solo dei loro normali servizî di riparazione. Era compito dei tecnici della difesa antiaerea - posti alle loro dipendenze ed appoggiati dalle loro autorità - ottenere lo stanziamento delle somme necessarie a moltiplicare le squadre di operai, a costruire raddoppî e chiusure di maglia destinati al rapido scavalcamento delle interruzioni, a moltiplicare i sezionamenti necessarî ad interrompere erogazioni divenute pericolose; nel campo stradale e ferroviario diveniva necessario costituire depositi di opportuni materiali in prossimità delle opere d'arte maggiormente bersagliate nella previsione di doverle riattare; per le ferrovie acquistava inoltre grande importanza il decentramento del materiale rotabile.

L'organizzazione delle popolazioni, per la sua vastità e capillarità, poteva ottenersi soltanto attingendo il personale necessario tra le popolazioni stesse, affinché le funzioni di ispettore, capostrada, capofabbricato fossero assunte da volontarî civili addestrati in speciali corsi. Gli organi periferici del Dipartimento di difesa antiaerea, oltre che alla loro istruzione, provvedevano ad ottenere dai comuni la distribuzione degli attrezzi necessarî alle squadre di soccorso da essi scelte e comandate; dalla polizia, l'appoggio della sua autorità; dai magazzini militari l'equipaggiamento. Del loro operato, essi rispondevano all'autorità dell'organizzazione di difesa antiaerea. Nominato capofabbricato o capostrada, il civile veniva ad assumere un'azione di guida, e spesso di vero e proprio comando, sugli altri abitanti della zona a lui affidata; doveva scegliere tra essi e dirigere le squadre di soccorso e quelle antincendî; doveva stabilire sul tetto del suo edificio il servizio di vedette (Inghilterra), incaricate di osservare e segnalare inizî di incendi, imminenza di crolli, ecc; doveva far osservare la disciplina di rifugio e - in caso di sinistro - provvedere ad avvertire i centri di controllo richiedendo i soccorsi necessarî. Ai capistrada e ai capifabbricato venivano inoltre affidati anche ovvî compiti di ordine morale.

Sugli organi cittadini di difesa antiaerea dei maggiori centri, gravava anche la responsabilità di dosare saggiamente l'impiego dei mezzi di soccorso (in particolare pompieri ed autoambulanze): vista infatti la istintiva tendenza ad esagerare le notizie dei sinistri e le richieste di soccorsi era stato necessario costituire posti di controllo, i quali avevano incarico di dosare i mezzi a disposizione - sempre fatalmente insufficienti - così da prestare l'aiuto indispensabile senza esaurire troppo presto i mezzi stessi. Un servizio di staffette volontarie sopperiva alle comunicazioni quando le reti telefoniche erano interrotte.

Ad incursione cessata, la difesa antiaerea doveva preoccuparsi dei rifornimenti dei quartieri colpiti, inviando sul posto cucine da campo ed ottenendo dal servizio annonario le necessarie distribuzioni; per il grave lavoro dello sgombero delle macerie, doveva ottenere l'assegnazione di truppe, di prigionieri e, più spesso, l'opera di imprese civili o militarizzate.

Difesa contro lo sbarco aereo. - La seconda Guerra mondiale ha visto realizzato il lancio con paracadute di reparti organici e lo sbarco aereo a mezzo alianti di intere unità speciali e fortemente armate. Contro questa offesa, che veniva a colpire più o meno profondamente all'interno il paese, le varie nazioni predisposero un'organizzazione difensiva che fu insieme militare e civile.

Durante l'invasione della Francia da parte degli Alleati, questi effettuarono a tergo degli schieramenti germanici i più importanti sbarchi aerei dell'intero conflitto; le armate germaniche provvidero, a mezzo di loro reparti o del servizio del lavoro, reclutando forzosamente grandi masse di civili, a cospargere di ostacoli i terreni adatti all'atterraggio degli alianti: questi ostacoli, costituiti da buche, fosse, mucchi di pietre, tetraedri di calcestruzzo, spezzoni di tronchi o di putrelle piantati nel suolo, inflissero alle forze di sbarco elevate perdite, senza peraltro riuscire ad impedirne l'azione.

Bibl.: La prova del fuoco - Storia della difesa civile britannica, Londra 1944; Col. Murer, Le sostanze esplosive, Torino 1934; G. Stellingwerff, Protezione dei fabbricati dagli attacchi aerrei, Milano 1938; Cement and Concrete Association, Air Raid Protection, Londra 1936; Speth, Stima della penetrazione di bombe nel calcestruzzo, in Beton und Eisen, 1936; H. M. Stationery Office, Statutory Rules and Orders, Londra 1936-45; Glover, Civil Defence, Londra 1942.

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