DIFTERITE

Enciclopedia Italiana (1931)

DIFTERITE (dal gr. διϕϑέρα "pelle, membrana")

Carlo COMBA
Giovanni Perez
Nino BABONI

Malattia infettiva data da un microrganismo specifico, il bacillo di Klebs-Löffler, scoperto negli anni 1883-84 (v. batterio, VI, p. 384, Tav.). Questo bacillo si trova nelle sedi della prima localizzazione della malattia, cioè sopra le mucose e sopra la pelle, raramente nel sangue e nei visceri; fuori dell'organismo umano si può trovare negli oggetti che erano venuti a contatto con gli ammalati (biancheria, tazze, giocattoli, ecc.) e nella polvere dei pavimenti delle stanze degl'infermi. È poco resistente all'azione del calore (muore a temperatura superiore a 60°) e delle sostanze antisettiche; resiste per mesi all'essiccamento. Ha la lunghezza media di 2,6 μ, ha la forma di bastoncino lievemente incurvato e arrotondato all'estremità, dove si trovano corpi polari più intensamente colorabili. Si colorisce coi comuni colori d'anilina, e col metodo del Gram. Si sviluppa fra 20-41° sopra diversi terreni di coltura (brodo, agar, siero di sangue, mezzi di coltura contenenti tellurito di sodio, ecc.). Produce una tossina dimostrata e sperimentata per la prima volta da E. Roux e da A. Yersin, la quale è causa dei sintomi tossici della malattia. La difterite s'osserva nell'uomo in casi isolati o in fomia epidemica e predilige l'età infantile; si può riprodurre sperimentalmente in alcune specie di animali (cavia, coniglio, cavallo, cane, ecc.) mediante l'iniezione di colture del bacillo o di tossina. Le localizzazioni più frequenti della difterite s'osservano sopra le mucose della faringe, del naso, della laringe, della trachea e dei bronchi; più rare sono le localizzazioni sopra la congiuntiva, nell'orecchio medio, sulla mucosa dei genitali, sopra la pelle. Le parti colpite presentano segni d'infiammazione (iperemia, edema) con produzione d'un essudato fibrinoso che ha l'aspetto d'una membrana (v. angina, III, p. 308, Tav.): viene perciò denominato anche essudato pseudomembranoso o difterico. Tale essudato ha tendenza a diffondersi in superficie, cosicché nella faringe dalle tonsille s'estende ai pilastri, al velopendolo, alle pareti della faringe, al naso, alla laringe, donde può propagarsi alla trachea, ai bronchi e persino agli alveoli polmonari. La pseudomembrana è di colorito bianco, talvolta brunastro (difterite cancrenosa). Nella faringe è fortemente aderente alla mucosa, da cui si distacca con difficoltà, lasciando un'ulcerazione più o meno profonda. L'aderenza alla mucosa è meno tenace nella trachea e nei bronchi, in modo che non riesce difficile staccare da essi delle lunghe pseudomembrane tubulari le quali riproducono la forma delle vie respiratorie fino nelle loro più piccole diramazioni bronchiali. L'esame microscopico della pseudomembrana dimostra che essa è costituita essenzialmente da trabecole di fibrina variamente intrecciantisi; nelle maglie del reticolo fibrinoso si trovano cellule epiteliali e leucociti, più o meno alterati e numerosi batterî, fra i quali i bacilli di Klebs-Löffler. La localizzazione della difterite nella laringe dà il quadro clinico noto sotto il nome di croup, nel quale dominano minacciosi i sintomi d'una stenosi delle vie respiratorie (tosse abbaiante, voce fioca, difficoltato passaggio dell'aria nell'inspirazione e nell'espirazione), che può portare fino alla morte per asfissia.

L'infiammazione della mucosa rino-faringea può essere accompagnata da necrosi profonda dei tessuti (probabilmente per associazione patogena d'altri microrganismi al bacillo difterico), talché l'essudato perde il carattere fibrinoso biancastro per assumere quello fibrino-purulento, cancrenoso, di colorito brunastro e di odore fetido. Sono queste le forme più gravi. Alla localizzazione faringea s'associano adenite cervicale e anche periadenite, molto accentuate nei casi più gravi (cosiddetto collo proconsolare).

La tossina difterica elaborata dai bacilli, che numerosi si trovano sopra le mucose e sulla pelle ammalate, penetra in circolo e produce alterazioni viscerali: nefrite, miocardite, epatite degenerativa, ecc., e lesioni del sistema nervoso che, per lo più tardivamente (dopo 10-15 giorni dall'inizio della malattia), si manifestano con sintomi di paralisi dei muscoli faringei, della laringe, degli occhi, con astenia, e con disordini dell'innervazione cardiaca (bradicardia, aritmie, fenomeno del Dagnini). La febbre nella difterite non complicata, non è molto alta; nelle forme più gravi, in cui l'intossicazione ha raggiunto un grado elevato, non solo la febbre può mancare, ma s'osserva frequentemente un abbassamento abnorme della temperatura. Grave complicanza è la broncopolmonite.

La mortalità per difterite prima dell'applicazione della sieroterapia raggiungeva cifre elevate (oltre 50%); dopo l'uso della sieroterapia è scesa al 10-12%.

La cura specifica della difterite fu trovata da E. A. Behring nel 1890, e consiste nell'iniezione sottocutanea, intramuscolare o endovenosa, a seconda dei casi, di siero antitossico, ottenuto da cavalli immunizzati con tecnica speciale contro la malattia. L'esperimento di molti anni, fatto in tutto il mondo, ha dimostrato definitivamente l'efficacia della sieroterapia antidifterica, la quale, applicata fin dal principio della malattia e a dosi generose - 10.000-20.000-60.000 e più U. I. (unità immunizzanti) a seconda dei casi - dà come risultato una notevole diminuzione della mortalità e delle complicanze. Quando con la sieroterapia s'interviene tardivamente, cioè quando si sono già manifestati segni di lesioni viscerali dovute alla tossina (nefrite, miocardite, paralisi), l'efficacia della cura è molto diminuita.

La stenosi laringea (croup) nella sua fase iniziale può essere vinta dalla sola sieroterapia. Qualora essa fosse tanto progredita da provocare asfissia minacciosa per la vita del paziente, si ricorre all'intubazione laringea o alla tracheotomia per ristabilire il libero passaggio dell'aria ai polmoni.

In alcuni casi le iniezioni di siero possono essere seguite immediatamente, o dopo pochi giorni, da manifestazioni cliniche - malattia da siero - dovute all'introduzione d'un siero eterogeneo nell'organismo umano. Le manifestazioni immediate (shock anafilattico) possono essere gravi, ma sono molto rare, e s'osservano in individui già sensibilizzati all'azione del siero eterogeneo mediante iniezioni pregresse dello stesso siero: esse sono evitabili usando una tecnica particolare. Le manifestazioni tardive sono caratterizzate essenzialmente da esantemi fugaci (orticaria, eritema marginato aberrante) e talvolta da artralgie, da edema delle palpebre e della laringe (v. anafilassi).

Il siero antidifterico iniettato a individui sani determina una immunità passiva contro la malattia, di breve durata (3-4 settimane); s'adopera a scopo profilattico in individui venuti a contatto con ammalati. Quando è possibile, è preferibile provocare un'immunità attiva mediante la vaccinazione con miscela di tossina e d'antitossina secondo Behring, o, meglio, mediante l'anatossina secondo G. Ramon. Questa s'ottiene trattando la tossina difterica con formalina e tenendo la miscela in stufa a 39° per qualche settimana. Con tale trattamento la tossina perde il potere tossico, mentre conserva le sue proprietà antigene. L'inoculazione dell'anatossina è innocua e conferisce ai soggetti trattati un'immunità attiva, che è stabile e dura per qualche anno. La vaccinazione con l'anatossina viene praticata generalmente per via sottocutanea, mediante tre iniezioni di cmc. 0,5-1, 1,5, distanziando la 1ª iniezione dalla 2ª di tre settimane, e la 2ª dalla 3ª di due settimane. La vaccinazione può essere pure fatta, ma con esito incerto, mediante polverizzazioni faringee e nasali di 1 cmc. d'anatossina per volta, in tre cicli di tre giorni consecutivi ciascuno, distanziati fra loro di 10 giorni.

Gl'individui guariti della difterite portano sulle loro mucose (faringe, naso, ecc.) dei bacilli virulenti, che possono infettare i conviventi. E quindi opportuno tenere i convalescenti isolati dalle collettività (scuole, istituti di ricovero e di educazione, ecc.), fino a quando gli esami batteriologici non abbiano dimostrato la scomparsa dei bacilli specifici, la quale sarà affrettata mediante opportune cure antisettiche locali. I malati di difterite devono essere denunziati all'ufficiale sanitario del comune di residenza, perché provveda alle pratiche d'isolamento e di disinfezione. I bambini, nei comuni forniti di gabinetti batteriologici, non sono riammessi alle scuole se non quando sia dimostrata l'assenza di bacilli difterici nel cavo naso-faringeo.

Bibl.: P. Bretonneau, Des inflammations spéciales du tissu musquex et en particulier de la diphtérite, ecc., Parigi 1826; A. Trousseau, Clinique médicale de l'Hôtel Dieu de Paris, I, 1828; E. Klebs, Über Diphterie, in Verhandlungen der II. Congr. f. inn. Med. in Wiesbaden, aprile 1883; F. Löffler, Untersuchungen über die Bedeutung der Mikroorganismen für die Entstehung der Diphtherie, in Mittheilungen a. d. kaiser. Gesundheitsamte, II, 1884; id., Untersuchungen über Diphteriebacillen, in Centralblatt f. Bakter., 1887; E. Roux e A. Yersin, Contribution à l'étude de la Diphterie, in Annales de l'Institut Pasteur, 1888-89-90; E. v. Behring e S. Kitasato, Über das Zustandekommen der Diphterie-Immunität und Tetanus-Immunität bei Thieren, in Deutsche med. Woch. (1890), n. 49; E. v. Behring, Die Blutserumtherapie, Lipsia 1892; E. v. Behring, Boer e Kossel, Zur Behandlung des diphtherie-kranken Menschen mit Diphterie-Heilserum, in Deutsche med. Woch., 1893; E. Roux e L. Martin, Contribution à l'étude de la diphtérie: serumthérapie, in Annales de l'Institut Pasteur, 1894; G. Mya, Sulla patogenesi delle paralisi difteriche tardive, in La Pediatria, 1899; C. Francioni, La malattia da siero, in Lo Sperimentale, 1904, fasc. V; C. v. Pirquet e B. Schick, Die Serumkrankheit, Vienna 1905; B. Schick, Kutanreaktion bei Impfung mit Diphtherie-Toxin, in Münchener med. Woch., 1908, n. 10; E. v. Behring, Über ein neues Diphtherieschutzmittel, in Deutsche med. Woch., 1913; W. H. Park, Toxin-antitoxin immunization against diphteria, in Journal of the Amer. med. Assoc., 1922; G. Ramon, Sur la toxine et sur l'anatoxine diphtériques, in Annales de l'Institut Pasteur, gennaio 1924.

Difterite delle ferite. - Sotto la denominazione difterite delle ferite o difterite delle piaghe venivano nell'epoca preantisettica comprese forme infiammatorie, altamente infettive, le quali costituivano una frequente complicazione delle ferite, assumendo talora negli ospedali carattere epidemico, specialmente nei feriti di guerra. Non s'usava quindi l'espressione "difterite", per indicare, come noi oggi facciamo, il processo causato dal bacillo della difterite, ma s'estendeva questo nome a forme infiammatorie varie, prodotte da germi diversi, e non solo a quelle caratterizzate dalla formazione d'essudato fibrinoso, o di falsa membrana (διϕϑέρα), che si depositava sulla superficie infiammata, ma anche alle forme cancrenose; si che il nome di difterite delle ferite veniva identificato con quello di cancrena d'ospedale o cancrena nosocomiale. La malattia, infatti, era caratterizzata dall'insorgenza d'un processo infiammatorio necrotizzante; i tessuti della ferita, o le granulazioni, piccole, rosee, uniformi, della piaga, assumevano una tinta grigio-giallastra o rosso-fosca bluastra, con punti emorragici, si rammollivano o avvizzivano, e si coprivano d'essudato fibrinoso (forma crupale); oppure si trasformavano in una massa poltacea, giallo-grigiastra, che, con il progredire del processo ulcerativo cancrenoso, sia in superficie sia in profondità, non tardava a coinvolgere i margini della soluzione di continuo e le parti vicine, aumentando nello stesso tempo di spessore (forma ulcerosa). Spesso, poi, sia per l'attecchimento di germi gassogeni, sia per lo sviluppo di processi putrefattivi, la massa cancrenosa aumentava notevolmente di volume (forma polposa), rendendosi più o meno sporgente, si da venire paragonata al tessuto della milza in putrefazione, con secrezione icorosa, fetida. Il processo infiammatorio locale era accompagnato da vivo dolore e da manifestazioni generali tossiche: febbre continua o remittente, iniziantesi con brivido; alterazioni del sensorio (abbattimento, o eccitazione, delirio); disturbi gastro-intestinali (diarree, nausee, vomiti). Questa forma polposa, che talora coinvolgeva tutte le parti molli, sino al piano osseo d'una intera regione, aveva generalmente esito letale. Oggi, grazie alle pratiche asettiche, ai precoci e opportuni sbrigliamenti delle ferite, specialmente se profonde, anfrattuose e inquinate da terriccio o materie infette, all'asportazione d'eventuali corpi estranei, queste gravi complicazioni sono, si può dire, del tutto scomparse, e se in qualche raro caso si stabilisce su una lesione di continuo uno degli anzidetti processi, esso rientra o nelle flogosi a tipo fibrinoso, che talora, specialmente nelle mucose, possono essere provocate, oltre che dai bacilli difterici o pseudodifterici, anche dallo streptococco, dal bacillo fusiforme di Plaut e Vincent, da spirochete, ovvero, in quelle a carattere cancrenoso, determinate sia dallo streptococco, sia da altri germi prevalentemente anaerobî (v. flemmone; cancrena), e osservate specialmente in ferite di guerra.

Difterite negli animali. - Con questa denominazione si comprende (facendo astrazione dalla difterite aviare), un complesso d'affezioni a eziologia diversa, caratterizzate da necrosi delle mucose delle prime vie respiratorie e digerenti, con produzione d'essudato fibrinoso disposto a pseudomembrane. Di comune con la difterite dell'uomo non v'è che il carattere anatomopatologico della lesione. Il bacillo di Löffler solo eccezionalmente sembra potersi richiamare quale agente della difterite degli animali (cane, polli); in linea di massima l'infezione è riferibile a un gruppo molto diffuso di germi normalmente saprofiti, i bacilli pseudodifterici, distinti dal bacillo di Loffler per caratteri morfologici e biologici. Non solo, ma esclusa la difterite dei vitelli, dovuta al bacillo della necrosi di Bang, che interviene come elemento primitivo, nelle altre infezioni difteriche degli animali (uccelli, bovini adulti, equini, suini, cani, gatti), gli pseudodifterici rappresentano un epifenomeno perché altri varî germi patogeni, stabilite le prime lesioni e frustrati i poteri di difesa dell'organismo, offrono agli pseudodifterici la possibilità di trasformarsi da saprofiti in patogeni.

La difterite o vaiuolo aviare, malattia sostenuta da un virus filtrabile, è caratterizzata dalla produzione di pseudomembrane difteriche sulle mucose (difterite), specie della testa, e dallo sviluppo d'iperplasie nodulari epiteliali cutanee e mucose (vaiuolo). Queste lesioni possono coesistere o presentarsi dissociate tanto che fino a pochi anni fa si parlava di vaiuolo e di difterite aviare come di due malattie distinte. Il Carnwath ha dimostrato sperimentalmente nel 1908 che con materiale patologico vaioloso prelevato dalla cute si può ottenere un'affezione difteroide delle mucose, e con materiale difteroide un'affezione tipicamente vaiolosa. Ambedue le forme possono presentarsi in tutte le specie di polli e nei piccioni; maggiore è la morbilità e la mortalità negli animali giovani: questa malattia in Italia è una delle più diffuse nel pollame; sono meno recettivi all'infezione gli uccelli acquatici. Favoriscono l'infezione le soluzioni di continuo della pelle e delle mucose; però il virus diffuso da volatili infetti o dai loro resti organici, può farsi strada anche attraverso i tessuti integri. Il decorso generalmente è subacuto o cronico; solo nelle regioni tropicali è spesso acuto. La forma vaiolosa s'inizia generalmente sulla cute della testa, ma si manifesta anche alla faccia interna delle ali, intorno alla cloaca, al collo, sulla pelle del tronco, sulla mucosa congiuntivale, nasale, oro-faringea; con formazione di noduletti giallastri, del volume massimo d'una lenticchia o poco più, contenenti materiale poltaceo, costituiti da cellule epiteliali corneificate o in preda a degenerazione grassa. Nella forma difterica le pseudomembrane, grigiastre o bianco-giallastre, strettamente aderenti al tessuto sottostante, dapprima isolate, in seguito spesso confluenti, sono disposte sulla mucosa della bocca, della faringe, del naso, su quella congiuntivale; il processo morboso può diffondersi dalla faringe alla laringe, alla trachea e ai bronchi, oppure all'ingluvie e all'intestino. Il virus è dimostrabile nelle lesioni specifiche, negli organi interni, segnatamente nel fegato e nei reni e nel sangue, dove si rinviene anche qualche tempo dopo la guarigione. Specialmente per le localizzazioni laringo-tracheo-bronchiali e intestinali è da temersi la morte, per asfissia o per esaurimento. L'immunità, consecutiva alla malattia naturale o artificialmente trasmessa, si protrae per un massimo di 8-10 mesi.

Per la prevenzione e la repressione della malattia, dànno risultati soddisfacenti le comuni misure profilattiche generali (periodo di quarantena per i polli di nuovo acquisto, isolamento, distruzione dei cadaveri, disinfezioni, ecc.). In questi ultimi tempi vanno prendendo campo nella pratica e con risultati incoraggianti, interventi d'immunizzazione nei polli, con vaccini aventi per base il virus difterico d'origine piccione. L' immunità che ne segue è solida e abbastanza duratura.

Escluse le localizzazioni alla laringe, trachea, bronchi, intestino, direttamente irraggiungibili, la cura sintomatica (asportazione dei noduli e delle pseudomembrane e successiva medicazione con disinfettanti, come nitrato d'argento, soluzione di sublimato corrosivo all'1% tintura di iodio, ecc.) dà buoni risultati.

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