DINAMICA MOLECOLARE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

DINAMICA MOLECOLARE

Marco Ronchetti

Metodo di fisica teorica basato sulla simulazione al calcolatore di un sistema di più atomi e/o molecole interagenti, eseguita risolvendo numericamente le equazioni del moto classiche per le particelle componenti il sistema. La d.m. ha applicazioni in meccanica statistica, nello studio della struttura della materia e in scienza dei materiali.

La d.m. nacque in seguito all'avvento dei calcolatori elettronici. In passato l'idea di risolvere esplicitamente la d. di sistemi complessi presentava un'ovvia impossibilità pratica. Per aggirare tale difficoltà era nata nell'Ottocento la meccanica statistica, che mediante l'uso di metodi analitici permette di trovare valori medi di grandezze quali il cammino tra due urti o la distanza tra due particelle prime vicine, e di creare un ponte tra una descrizione microscopica di un sistema e la sua descrizione termodinamica. La grande potenza di calcolo disponibile a partire dagli anni Cinquanta grazie agli elaboratori elettronici rese invece possibile la risoluzione esplicita delle equazioni che descrivono l'evoluzione di un sistema composto di un numero relativamente grande di particelle, seguendone la traiettoria nello spazio delle fasi. In questo modo la d.m. effettua un efficiente campionamento di tale spazio, permettendo di ottenere i risultati tipici della meccanica statistica anche quando il trattamento con i metodi di quest'ultima sia difficile o impossibile, come nel caso di sistemi densi e disordinati o interagenti con potenziali complicati. Inoltre, poiché l'intera d. è risolta, la d.m. offre la possibilità di indagare in dettaglio meccanismi elementari e configurazioni locali, mettendo a disposizione l'equivalente di una potentissima ''moviola'' microscopica e un laboratorio per l'esame della bontà di potenziali d'interazione.

Le prime applicazioni del calcolo numerico alla soluzione di problemi a molti corpi furono effettuate negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e riguardarono lo studio di modelli di prevalente interesse teorico (sfere dure) e problemi quali quello del paradosso dell'irreversibilità (cioè di come, a partire da un comportamento microscopico reversibile, quale quello per cui sono valide le leggi del moto di Newton, si possa giungere a leggi macroscopiche irreversibili espresse dal secondo principio della termodinamica). Gli anni Sessanta videro le prime applicazioni della d.m. a sistemi realistici, quali liquidi semplici e fluidi densi. Successivamente l'attenzione si rivolse anche a tematiche quali lo studio dei clusters, difetti, superfici e interfacce, trasformazioni di struttura e di fase. Si passò dai sistemi monatomici di gas rari (kripton, argon, ecc.), caratteristici delle prime indagini, a sistemi di complessità crescente quali leghe di due o più componenti, sali fusi, plasmi, conduttori superionici, sistemi molecolari. L'integrazione della d.m. con metodi della struttura elettronica, in particolare con la teoria del funzionale densità, permise di trattare anche sistemi covalenti. Inoltre si fondò la d.m. del non equilibrio, nella quale oltre alle forze interatomiche s'introducono campi esterni onde poter studiare efficientemente proprietà di trasporto lineari e non. La d.m. ha così assunto un ruolo d'importanza fondamentale per la teoria della scienza dei materiali e della struttura della materia.

La possibilità di usare la d.m. discende dal fatto che un sistema classico è interamente determinato dall'assegnazione, a un dato istante di tempo, delle esatte posizioni e velocità di tutte le particelle che lo compongono e dalla conoscenza delle leggi d'interazione: ogni configurazione, passata e futura, è in linea di principio ottenibile risolvendo esplicitamente il sistema di equazioni differenziali accoppiate che descrivono l'evoluzione. Se ciò vale in meccanica classica, non è invece vero in meccanica quantistica, nell'ambito della quale la predizione esatta del comportamento di un sistema risulta impossibile: non si possono infatti determinare simultaneamente con precisione assoluta posizioni e velocità delle particelle (principio di indeterminazione di Heisenberg). Di conseguenza, la d.m. è un metodo classico, e non può valere nei casi in cui la meccanica quantistica è essenziale alla corretta descrizione del fenomeno, come, per es., nel trattamento dell'elio, o quando l'effetto tunnel sia importante. Fortunatamente la meccanica classica dà risposte corrette in gran parte dei casi d'interesse per la fisica della materia.

Il cuore di un programma di d.m. consiste nell'iterazione di un ciclo comprendente il calcolo delle forze agenti a un istante dato su ciascun atomo o molecola e l'esecuzione del moto delle particelle per un tempo successivo τ molto piccolo, durante il quale le forze possono essere considerate costanti. Affinché l'integrazione delle equazioni sia corretta, τ non può di norma essere maggiore di un ventesimo circa del tempo caratteristico di oscillazione di una particella attorno a una sua posizione di equilibrio: un tipico valore di τ è di circa 10-14 secondi. La maggior parte degli esperimenti di d.m. sono eseguiti iterando il ciclo base per un numero di volte che va da 104 a 105. È perciò possibile investigare fenomeni di una durata complessiva dell'ordine di 10−9 secondi.

Il numero di particelle utilizzate è generalmente dell'ordine del migliaio, ma in alcuni casi eccezionali si è giunti a usare circa 105 atomi. Limiti al numero di particelle sono dati dalla memoria del calcolatore e, soprattutto, dal tempo di calcolo. Le dimensioni dei campioni simulati pongono una questione fondamentale riguardante la validità del metodo: sebbene il numero di particelle sia relativamente grande, esso resta infatti di molti ordini di grandezza inferiore al numero di atomi che compongono i sistemi macroscopici (dell'ordine di 1023). Non è ovvio a priori che le proprietà di un sistema della taglia accessibile alla simulazione siano effettivamente rappresentative del sistema macroscopico che si desidera studiare: spesso quindi l'uso di sistemi relativamente piccoli per lo studio di un problema specifico può essere giustificato solo a posteriori. Tuttavia l'esperienza ha mostrato che in generale le proprietà di volume sono solo debolmente dipendenti dal numero di particelle qualora si faccia uso di condizioni periodiche al contorno (CPC).

Tali condizioni consistono nel concentrare l'attenzione su una piccola regione dello spazio (cella base) nella quale siano contenute tutte le singole particelle che definiscono il sistema. Si considera poi che tale cella sia inserita in un reticolo regolare composto di infinite sue copie: la d. all'interno di ciascuna copia è identica a quella della cella base. Ogni particella è libera di lasciare la cella base per migrare in una cella adiacente: in tal caso una particella uguale a essa entra dalla faccia opposta con uguale velocità, provenendo da un'altra cella adiacente (v. fig.) e il numero di particelle resta invariato ovunque: si realizza così un sistema infinito e senza superfici. Ogni particella interagisce con le sue prime vicine, a qualunque cella esse appartengano (convenzione della minima immagine, v. fig.). La necessità d'introdurre CPC risulta ovvia se si considera che in una cella cubica contenente N3 atomi disposti regolarmente, circa 6N2 particelle si trovano sulle facce della cella: pertanto in un sistema di 1000 atomi oltre la metà fanno parte dello strato più superficiale, e se non si usano CPC la maggior parte delle particelle si trova in posizione atipica rispetto a quella che si desidera di solito investigare.

L'uso di CPC non è comunque privo di inconvenienti. Esse possono infatti introdurre degli sforzi esterni, impedendo al sistema di raggiungere il suo vero stato di equilibrio: di conseguenza, trasformazioni di fase che comportano un forte riarrangiamento strutturale possono essere inibite. Inoltre si possono generare correlazioni temporali spurie: una perturbazione locale può infatti propagarsi attraverso le repliche periodiche del sistema e riapparire nel punto originale dopo un tempo τRL/c, dove L è la dimensione della cella base e c è la velocità di propagazione del suono nel sistema. Per un sistema di 1000 atomi di argon vicino al punto triplo τR vale circa 3·10-11 secondi.

La dimensione della cella base pone un limite al tipo di fenomeni che possono essere indagati: questi infatti non possono essere caratterizzati da fluttuazioni spaziali di lunghezza d'onda superiore a essa. Per es., un sistema composto da circa 1000 atomi di argon ha dimensioni dell'ordine di 3 nm che corrispondono a un numero d'onda minimo di circa 2 nm−1: questo rende difficile l'investigazione delle regioni in cui, nello stato liquido, appaiono le più interessanti eccitazioni collettive. Tra i fenomeni non indagabili a causa della taglia del sistema simulato hanno rilevanza particolare i fenomeni di punto critico, che sono caratterizzati da fluttuazioni di larga scala. Va osservato che le dimensioni lineari del sistema crescono solo come la radice cubica del numero di particelle, per cui per raddoppiare le dimensioni della cella base si deve aumentare di 8 volte il numero di atomi.

Le condizioni al contorno rispecchiano in generale il tipo di sistema che si desidera simulare. Le CPC già descritte sono adatte allo studio di proprietà di volume, ma vengono utilizzate anche nel caso in cui l'obiettivo sia quello di studiare il comportamento delle superfici: in questo caso però la periodicità è imposta solo nelle due direzioni che definiscono la superficie stessa: si ottiene così una striscia infinita, limitata da due superfici (una superiore e una inferiore). È naturalmente possibile usare altri tipi di condizioni al contorno (per es., atomi fissati sul bordo della cella, pareti riflettenti, o condizioni libere) qualora si vogliano studiare fenomeni specifici.

Oltre alle condizioni al contorno, la soluzione di un sistema di equazioni differenziali richiede di specificare le condizioni iniziali: vanno cioè assegnate posizione e velocità di ciascuna particella. Per le posizioni, quando non disponibili da una simulazione precedente, si scelgono quelle di equilibrio (se note come nel caso di un cristallo) oppure si generano casualmente: in quest'ultimo caso tuttavia vanno evitate sovrapposizioni che porterebbero ad altissime energie d'interazione. Per le velocità si scelgono di solito valori casuali con i vincoli che la quantità di moto totale risulti nulla e che il valore quadratico medio delle stesse corrisponda alla temperatura desiderata.

Una difficoltà della d.m. potrebbe nascere dal fatto che per la maggior parte dei sistemi non-lineari un errore infinitesimo nella determinazione della configurazione iniziale è sufficiente a far crescere esponenzialmente nel tempo la distanza nello spazio delle fasi tra la traiettoria reale e quella calcolata (instabilità di Lyapunov). Questo significa che solo un calcolo di precisione infinita potrebbe seguire la ''vera'' evoluzione di un sistema (ammesso di poterne determinare con precisione infinita lo stato iniziale!), mentre al calcolatore non solo si ha precisione finita nella rappresentazione dei numeri, ma si verificano anche errori di troncamento durante il calcolo. Ciò non costituisce tuttavia un inconveniente, se quel che si desidera è il calcolo di valori medi. Infatti ciò che conta in tal caso è il campionamento dello spazio delle fasi: errori e instabilità altro non fanno che contribuire alla corretta esplorazione dello stesso, purché si garantisca la non variazione delle quantità che devono conservarsi.

Nella d.m. tradizionale, oltre alla quantità di moto totale, sono conservate l'energia totale E, il numero di particelle N e la densità ϱ (ovvero il volume V della cella base). L'insieme statistico è perciò il microcanonico. Negli esperimenti reali le quantità termodinamiche fissate sono spesso differenti (per es. la temperatura T e/o la pressione P). Per avvicinare la simulazione alle condizioni sperimentali sono state sviluppate negli anni Settanta e Ottanta tecniche che permettono di eseguire simulazioni di d.m. anche in insiemi statistici differenti, tra i quali il canonico (N, T e V costanti) e l'isotermo-isobaro (N, P e T costanti). In questi casi le equazioni del moto sono in genere derivate a partire da una lagrangiana efficace giustificata a posteriori, e includono il contatto con un bagno termico (per mantenere costante la temperatura anziché conservare l'energia) e/o le equazioni di evoluzione per il volume della scatola (che può variare così da mantenere costante la pressione). Un'ulteriore generalizzazione consiste nel permettere alle pareti della cella di variare forma, dimensioni e angoli relativi, con la sola restrizione che pareti opposte restino parallele (onde poter applicare le CPC). Quest'ultima versione della d.m. permette di rimuovere gli sforzi spuri introdotti dall'usuale implementazione delle CPC e di lavorare in condizioni di sforzi assegnati, consentendo di osservare trasformazioni strutturali e di trovare le vere configurazioni di equilibrio.

Bibl.: J. P. Hansen, I. R. McDonald, Theory of simple liquids, Londra 1976; Molecular dynamics simulation of statistical mechanics systems, a cura di G. Ciccotti e W. G. Hoover, Amsterdam 1986; W. G. Hoover, Molecular dynamics, Berlino 1986; Computer simulation of liquids, a cura di M. P. Allen e D. J. Tildesley, New York 1987; Simulation approach to solids: molecular dynamics of equilibrium crystals and more, a cura di M. Ronchetti, G. Jacucci, Dordrecht 1991.

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