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GUIDALOTTI, Diomede

di Lucia Rodler - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)
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GUIDALOTTI, Diomede

Lucia Rodler

Nacque nel contado bolognese, agli inizi degli anni Ottanta del XV secolo, dal nobile Francesco e da Dorotea Cattani. La famiglia Guidalotti si chiamava anticamente Mazza e proveniva da Imola.

Allievo di Filippo Beroaldo il Vecchio e di Giovanni Battista Pio, che gli indirizzò la sua Praelectio in Plautum, Accium et Lucium Apuleium (Bononiae s.d.) e lo lodò nel IV libro degli Elegidia (ibid. 1509), il G. si laureò in filosofia nel 1504 nello Studio bolognese e nel biennio 1504-05 insegnò retorica e poesia con puntuale e diligente applicazione. Le sue attitudini di commentatore erudito lo spinsero, intorno ai ventidue anni, a cimentarsi con i poeti bucolici latini Calpurnio Siculo e Olimpio Nemesiano. Commentò sette egloghe del primo e quattro del secondo nel Calpurnii et Nemesiani poetarum bucolicum carmen una cum commentariisDiomedis Guidalotti Bononiensis, pubblicato a Bologna presso C. Bazalieri nel 1504, accompagnato da una breve dissertazione De bucolico carmine del G., che illustra la genesi di un gusto dominante anche nella produzione volgare. Solo postume videro la luce nel 1527 a Lione per i tipi di J. Crespini, le Adnotationes… in Publii Ovidii Nasonis… Metamorphoseoslibrorum XV, insieme con quelle di F. Beroaldo senior e altri.

Nella sua breve vita, il G. entrò in relazione con illustri scrittori contemporanei che apprezzarono il suo ingegno precoce: si possono ricordare Antonio Urceo, Vincenzo Calmeta, Giovanni Andrea Garisendi, Giovanni Filoteo Achillini. Non è pertanto strano che il G. abbia partecipato alle Collettanee grece latine e vulgari per diversi auctori moderni nella morte de l'ardente Seraphino Aquilano, curate dall'Achillini (Bologna, C. Bazalieri, 1504, cc. IIIv-IVr, 18v-19r, 69v-70r), con due sonetti, sei epigrammi latini e soprattutto con l'avvertenza ai lettori che precede la vita di Serafino Ciminelli l'Aquilano, composta dal Calmeta. In questa sede il G. rivelò una discreta lucidità critica, laddove riconobbe la natura composita delle Collettanee, non sempre metricamente corrette e in qualche caso addirittura pedestri.

Alla lungimiranza culturale il G. accompagnò quella politica. Visse nell'orbita dei Bentivoglio, cui mostrò una particolare devozione. A Lucrezia d'Este, figlia naturale del duca di Ferrara Ercole I, andata in sposa ad Annibale Bentivoglio, il G. dedicò la sua opera di maggiore successo, il Tyrocinio de le cose vulgari… cioè sonetti, canzoni, sestine, strammotti, barzelette, capituli, egloghe, e prosa (Bologna, C. Bazalieri, 1504).

Il Tyrocinio raccoglie oltre trecento rime di vari metri, come indicato nel frontespizio. Si apre con un epigramma latino di Pio e un sonetto di Achillini; chiudono l'opera sei egloghe pastorali intercalate da prose. Numerosi sono i componimenti di omaggio ai Bentivoglio che, rischiando talvolta l'adulazione, forniscono un limpido esempio di lirica cortigiana di area bolognese: il G. loda lo spirito pacificatore di Giovanni (II) Bentivoglio, offrendogli nell'occasione i propri servigi letterari; accoglie felicemente Ermes Bentivoglio ritornato dalla Spagna; plaude la nascita della figlia di Alessandro Bentivoglio.

La lirica encomiastica, civile e religiosa costituisce tuttavia una parte minoritaria dell'opera, che tratta soprattutto il tema amoroso, con una speciale attenzione rivolta al contesto bucolico. Senza dubbio il G. mostra bene l'eclettismo di fine secolo, rivelando anche una particolare inclinazione sperimentale, forse legata alla giovane età. Decisamente insolito rispetto alla tradizione petrarchesca risulta il titolo dell'opera, uscita il 15 apr. 1504, con una doppia dedica. Lucrezia d'Este, alla quale il G. confessa di non avere limato il lavoro con sufficiente accuratezza, è infatti la seconda dedicataria della raccolta, destinata in un primo tempo solo a una certa Emilia, "subietto" della maggior parte dell'"inventione", in cui si è voluto riconoscere una donna della famiglia Fondazza lodata da A.C. Tolomei. Resta il fatto che costei, cui era dedicata l'opera nel manoscritto, fatto circolare tra gli amici (oltre a quelli già citati, Antonio Pistoia e Ottaviano Roscio), non parve al G. una garanzia sufficiente per l'edizione a stampa, prudentemente offerta a un'esponente di casa Bentivoglio.

Pur riproponendo numerosi motivi usuali della lirica cortigiana (il cagnolino, l'anello, la collana, il ballo, il fazzoletto, la lucciola, l'incertezza amorosa, la mosca molesta), il Tyrocinio presenta qualche innovazione tematica, prevalentemente di gusto parodistico: così il mal di piedi, causato da una freccia d'amore finita nel posto sbagliato, e ancora il mal di bocca, il sudore, la donna con la tosse o il raffreddore. Per queste originali scelte tematiche il G. viene ricordato tra i lirici amorosi più lontani dal modello petrarchesco. Un felice tono popolareggiante è spesso riservato a canzoni, canzonette e barzellette che divagano con leggerezza intorno a temi connessi all'amore: l'aurora, la primavera, l'immaginazione, il sonno, e pure la fallacia, la penitenza. In tutti i casi il G. rivela una notevole perizia fisiognomico-descrittiva: agli occhi del poeta la donna si anima mentre fila, dipinge, parla, si muove con indosso vesti colorate e splendenti.

I testi bucolici che chiudono l'opera contengono il racconto di un'esperienza pastorale fatta dal poeta, che avrebbe assistito alla rappresentazione di alcune egloghe allestite da Baldassarre Cattani, zio dell'autore, nella sua villa bolognese in occasione del viaggio nella città del lusitano Enrico Cajado (Hermicus). Il G. e gli amici si avventurano in una partita di caccia, ma vengono interrotti dalla confessione disperata del pastore Florindo, amante non amato incerto tra la vita e la morte. Il tradizionale gusto bucolico (tra i modelli il G. cita Teocrito, Virgilio, Calpurnio e Petrarca) vuole che i pastori mostrino un'inverosimile ospitalità verso i giovani nobili, omaggiati con una cena descritta dettagliatamente (lattuga, pesce di fiume, scalogno, aglio, uva passa, fichi, castagne, mele), oltre che con altri cinque dotti canti dialogici sulla quiete dei campi e gli instabili amori boscherecci (che vedono come interlocutori Corydo, Moelibeo, Thyrse, Menalcha, Lycida, Egone, Damone e l'amata Clearista). Poche volte il risultato convince, anche nelle parti in prosa, piuttosto ricercate e pretenziose.

Pare certo che l'Achillini esagerasse quando, nel Viridario (Bononiae 1513, p. CLXXXVI), parlò della notorietà assunta dall'autore del Tyrocinio, affermando addirittura che il libro era "sparso in popoli diversi". Nel 1538, però, venne compiuto un furto editoriale ai danni del G. che passò inosservato sino ai tempi del Quadrio. A Bologna, a istanza di Ippolito Ferrarese, uscì anonima un'opera intitolata Potentia d'Amore, opera nova non mai più vista de uno elegantissimo poeta, el quale non vuole nome, in laude della sua cara Emilia, nella quale si contiene sonetti, strambotti, capitoli, canzoni, barzellette, stampata poi altre volte in area veneta e attribuita a Baldassarre Olimpo Alessandri da Sassoferrato, che altro non è, salvo poche variazioni volte a cancellare l'identità dell'autore, che il Tyrocinio de le cose vulgari del Guidalotti.

Mancano altre notizie biografiche sul G., che morì giovane, intorno ai venticinque anni. Non risulta infatti credibile la datazione tarda, proposta dall'Orlandi e confermata dal Quadrio, che colloca la morte nel 1526. Documenti di famiglia confermano un decesso assai anteriore, per il quale il Fantuzzi fece la data del 17 ag. 1505, mentre il Lamma, il più scrupoloso biografo del G., suggerì un periodo di tempo compreso tra il 15 agosto e il 30 nov. 1505. Certo è che nel 1508 il G. era rimpianto dal poeta Giacomo Costanzi, amico di G.B. Pio, e la famiglia (in particolare le sorelle Camilla e Costanza) litigava per la sua eredità, almeno secondo la testimonianza di Montefani-Caprara.

Accanto alla produzione filobentivolesca e amorosa il G. compose poesie di contenuto civile e di tono satirico-moraleggiante, tra cui il sonetto Misera Italia, a che condotta sei, che venne ristampato ancora nel secondo Ottocento. Il G. vi esprime un profondo rammarico nei confronti dell'Italia, oppressa dalla dominazione straniera e disonorata dall'ignavia e dalle discordie interne. Altro argomento caro al G. è quello religioso, come mostrano i componimenti dedicati a fra Mariano da Genazzano, acerrimo nemico di Girolamo Savonarola. Altre rime del G. si trovano nella raccolta funebre promossa da G.A. Garisendi e depositata nel ms. 2618 della Biblioteca universitaria di Bologna (un sonetto, in particolare, è rimasto inedito).

Poesie del G. sono in Scelta di sonetti e canzoni dei più eccellenti rimatori di ogni secolo, I, Bologna 1709, pp. 162 s.; il commento a Calpurnio e a Nemesiano è edito in Poetae Latini rei venaticae scriptores et bucolici antiqui cum notis variorum, Lugduni Batavorum-Hagae Comitum 1728; Egloghe boscherecce del secolo XV-XVI, a cura di C. Rubbi, Venezia 1785, pp. 64-68; Poesie pastorali e rusticali raccolte e illustrate, a cura di G. Ferrario, Milano 1808, pp. 16-19; il sonetto all'Italia in Tre sonetti patriottici di poeti dell'estremo Quattrocento, a cura di F. Flamini, Pisa 1895, pp. n.n.; le sei egloghe volgari che concludono il Tyrocinio sono disponibili in versione elettronica in www.cibit.humnet.unipi.it/index_le.htm. Tra i pochi manoscritti attribuiti al G.: Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 2618, c. 51; Londra, British Library, Add. Mss., 25596, cc. 6v, 13v.

Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 4207, vol. 44: L. Montefani-Caprara, Famiglie bolognesi, vol. I, cc. 166-169; Ibid., Biblioteca dell'Archiginnasio, Mss., B.719: B. Carrati, Alberi genealogici della famiglie bolognesi, c. 63; G. Costanzi, Collectaneorum hecatostys prima ad Hadrianum cardinalem, Fani 1508, cap. XV; A.C. Tolomei, Laudi delle donne bolognesi, Bologna 1891, p. 27; G.N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina, Bologna 1623, p. 48; P.A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1714, pp. 98 s.; F.S. Quadrio, Della storia e ragione d'ogni poesia, II, 1, Milano 1741, pp. 222-224; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 330-333; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni, Bologna 1848, p. 171; C. Malagola, Della vita e delle opere di Antonio Urceo, Bologna 1878, pp. 246-248; E. Lamma, D. G. e il Tyrocinio delle cose vulgari, in L'Ateneo veneto, s. 4, XIX (1895), 2, pp. 185-201; XX (1896), 1, pp. 14-37; A. Luzio - R. Renier, La cultura e le relazioni letterarie di Isabella d'Este Gonzaga, in Giorn. stor. della letteratura italiana, 1901, vol. XXXVIII, pp. 41 s.; F. Cavicchi, Una raccolta di poesie italiane e latine per la morte di frà Mariano da Genazzano, ibid., 1902, vol. XL, pp. 155-157; L. Frati, I Bentivoglio nella poesia contemporanea, ibid., 1905, vol. XLV, pp. 23 s.; E. Carrara, La bucolica di Fausto (per una recente edizione di P.F. Andrelini), ibid., 1920, vol. LXXVI, p. 26; A. Serra-Zanetti, L'arte della stampa a Bologna nel primo ventennio del Cinquecento, Bologna 1959, pp. 116, 212, 252; A. Rossi, Serafino Aquilano e la poesia cortigiana, Brescia 1980, pp. 101, 139-145, 150, 161 s., 180; B. Bentivogli, La poesia in volgare. Appunti sulla tradizione manoscritta, in Bentivolorum magnificentia. Principe e cultura a Bologna nel Rinascimento, a cura di B. Basile, Roma 1984, pp. 178, 181; D. Delcorno Branca, Note sull'editoria bolognese nell'età dei Bentivoglio, in Schede umanistiche, II (1988), pp. 19-32; A. Rossi, Lirica volgare del primo Quattrocento: alcune annotazioni, in Forme e vicende per Giovanni Pozzi, a cura di O. Besomi et al., Padova 1988, pp. 126-128, 130, 132-134; P. Vecchi Galli, Il ms. 165 della Biblioteca universitaria di Bologna (con inediti di Sabadino degli Arienti), ibid., pp. 226, 243; I lettori di retorica e humanae litterae allo Studio di Bologna nei secoli XV-XVI, a cura di L. Chines, Bologna 1992, p. 31; P. Vecchi Galli, La stampa a Bologna nel Rinascimento fra corte, Università e città. Rassegna del libro di rime, in Sul libro bolognese del Rinascimento. Quaderno di Schede umanistiche, a cura di L. Balsamo - L. Quaquarelli, Bologna 1994, pp. 134-136, 142, 146, 148 s.; L. Chines, La parola degli antichi. Umanesimo emiliano tra scuola e poesia, Roma 1998, p. 107; P.O. Kristeller, Iter Italicum, IV, p. 115.

Vedi anche
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