Diritto privato europeo [dir. U.E.]

Diritto on line (2014)

Benedetta Ubertazzi

Abstract

L’armonizzazione del diritto privato nazionale degli Stati membri non rientrava tra gli obiettivi originari della Comunità economica europea e il Trattato istitutivo non le attribuiva pertanto una competenza specifica in materia. La Comunità economica europea, prima, e l’Unione europea, dopo, hanno comunque armonizzato il diritto privato nazionale degli Stati membri in base alla propria competenza relativa all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno. L’armonizzazione europea del diritto privato nazionale degli Stati membri è stata tuttavia settoriale e minima, e pertanto duramente criticata. In materia di società, proprietà intellettuale e contratti l’Unione europea ha perciò perseguito un’armonizzazione facoltativa delle legislazioni nazionali degli Stati membri, fondata sul cosiddetto ventottesimo modello.

Armonizzazione settoriale e minima

L’armonizzazione del diritto privato nazionale degli Stati membri non rientrava tra gli obiettivi originari della Comunità economica europea e il Trattato istitutivo non le attribuiva pertanto una competenza specifica in materia. La Comunità economica europea, prima, e l’Unione europea, dopo, hanno comunque armonizzato il diritto privato nazionale degli Stati membri in base alla propria competenza relativa all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno. Il mercato interno è infatti uno spazio coincidente con il territorio dell’Unione europea, dove merci, persone, servizi e capitali circolano liberamente, e dunque senza gli ostacoli originati dalle normative nazionali che pongono condizioni di esercizio di queste libertà diverse per i rispettivi territori statali di riferimento. Per realizzare il mercato interno, la Comunità economica europea, prima, e l’Unione europea, dopo, hanno dunque eliminato questi ostacoli, armonizzando le normative nazionali degli Stati membri, affinché ponessero condizioni di esercizio delle libertà fondamentali uniformi per l’intero territorio UE. Quest’armonizzazione è stata realizzata dapprima secondo l’unica base giuridica sull’armonizzazione fino al 1986, ovvero l’attuale art. 115 TFUE (ex art. 94 TCE); poi grazie alla competenza di armonizzazione più ampia prevista dall’art. 114 TFUE (ex art. 95 TCE); ancora poi sulla base della competenza residuale per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea, tra cui il mercato interno, ex art. 308 TCE (ora art. 352 TFUE); e infine ai sensi delle nuove basi giuridiche previste dal Trattato di Lisbona per taluni settori del diritto privato, tra cui l’art.118 TFUE in materia di proprietà intellettuale. L’armonizzazione in esame è poi avvenuta a volte mediante decisioni, in particolare per trasporre strumenti di origine internazionale nel diritto dell’Unione europea (decisione 2001/539); altre volte tramite regolamenti, ad esempio per raggiungere una disciplina uniforme nel territorio UE in materia di trasporto (regolamento 261/2004) e di concorrenza (reg. 330/2010); ma principalmente mediante direttive, perché così stabilito dall’art.115 TFUE (ex art. 94 TCE) sull’armonizzazione e dall’art. 50 TFUE (ex art. 44 TCE) co. 1 sulla libertà di stabilimento (v. infra, § 2).

Le direttive vincolano gli Stati membri a perseguirne i fini, mentre li lasciano liberi di decidere come raggiungerli e implementarle nei propri ordinamenti; stabiliscono poi generalmente soltanto uno standard minimo di armonizzazione, e per il resto consentono agli Stati membri di prevedere normative più rigorose; realizzano così un’armonizzazione settoriale e minima delle normative nazionali degli Stati membri interessati; legittimano pertanto “discrepanze” tra queste normative peraltro non “sanabili” da una loro interpretazione conforme alle direttive medesime; e rendono perciò essenziale determinare la legge applicabile ai casi concreti in quanto l’applicazione dell’una o dell’altra legge nazionale conduce a risultati distinti. Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha perciò attribuito all’Unione europea la competenza ad accompagnare all’armonizzazione del diritto privato degli Stati membri quella del loro diritto internazionale privato, così che nei settori armonizzati in qualsiasi Stato membro dell’UE viene individuata la medesima legge applicabile a un caso con elementi di internazionalità.

L’armonizzazione obbligatoria, settoriale e minima del diritto privato nazionale degli Stati membri ha tuttavia originato cosiddette isole nel mare costituito dai diritti privati nazionali ed ha così aumentato i rischi di navigazione dei privati. Essa è stata perciò duramente criticata. In materia di società, proprietà intellettuale e contratti l’Unione europea ha quindi perseguito un’armonizzazione facoltativa delle legislazioni nazionali degli Stati membri, fondata sul cosiddetto ventottesimo modello. Questo modello è costituito da regolamenti UE cosiddetti opzionali, per distinguerli da quelli tradizionali di applicazione necessaria. (i) I regolamenti opzionali non vogliono armonizzare le normative nazionali degli Stati membri, ma creano regimi di diritto privato uniforme applicabili ai privati che li designano come legge regolatrice al posto di quella di uno dei 27 (ora 28) Stati membri dell’UE che dovrebbe altrimenti applicarsi: e realizzano così il cosiddetto ventottesimo modello. (ii) I regolamenti opzionali prevedono inoltre regimi di diritto privato più completi di quelli sanciti dagli atti UE di armonizzazione delle normative nazionali degli Stati membri, ma comunque non esaustivi: e devono perciò venire integrati dalla legge nazionale applicabile secondo i regolamenti medesimi o le norme di diritto internazionale privato del foro cui essi rinviano, legge nazionale che a volte può anche venire scelta dai privati interessati. (iii) I regolamenti opzionali favoriscono perciò l’autonomia privata sostanziale e a volte anche quella conflittuale, a vantaggio del commercio e degli operatori del mercato interno.

Ventottesimo modello

Società

Le norme nazionali degli Stati membri impongono alle persone giuridiche condizioni per trasferire la propria sede statutaria o la propria amministrazione centrale dallo Stato del foro a un altro Paese membro (limitazioni in uscita), o da quest’ultimo allo Stato del foro (limitazioni in ingresso); si applicano alle società con sede statutaria o amministrativa nello Stato del foro, a seconda che quest’ultimo segua il criterio di diritto internazionale privato dell’incorporazione o rispettivamente della sede; e limitano perciò la libertà di circolazione delle persone giuridiche e quindi anche il mercato interno UE. Per ridurre le conseguenze negative sul mercato interno delle normative nazionali in esame, la Corte di Giustizia le ha armonizzate, dichiarando incompatibili con gli artt. 49 e 54 del TFUE (già artt. 43 e 48 TCE) alcune loro limitazioni in uscita o in ingresso (sulle limitazioni in uscita v. C. giust.: 27.9.1988, C-81/87, Daily Mail; 16.7.1988, C-264/96, Imperial Chemical Industries; 13.12.2005, C-446/03, Marks & Spencer; 12.9.2006, C-196/04, Cadbury Schweppes; 16.12.2008, 210/06, Cartesio. Sulle limitazioni in ingresso v. C. giust. 10.7.1986, C-79/85, Segers; 9.3.1999, C-212/97, Centros; 5.112002, C-208/00, Überseering; 30.9.2003, C-167/01, Inspire Art.; 13.12.2005, C-411/03, SEVIC). L’intervento armonizzatore della Corte è stato tuttavia parziale proprio perché casistico, mentre il legislatore UE non ha inciso sufficientemente sul diritto societario degli Stati membri, ad esempio imponendo loro un unico criterio tra quello dell’incorporazione e quello della sede. L’armonizzazione del diritto privato societario è stata pertanto settoriale e minima, e il mercato interno UE è rimasto segmentato.

Per superare le barriere al mercato interno originate dalle normative nazionali in materia societaria, il diritto UE è quindi andato oltre l’armonizzazione settoriale e minima tramite il ventottesimo modello. Proprio in materia societaria infatti è stato emanato il primo regolamento opzionale n. 2137/85 sul gruppo europeo di interesse economico (GEIE), che costituisce una nuova entità “comunitaria” alternativa a quelle nazionali degli Stati membri, e volta ad agevolare e sviluppare l'attività economica e promuovere la cooperazione oltre le frontiere di persone fisiche e giuridiche (art. 3 e considerando 2). L’UE ha poi emanato i regolamenti opzionali n. 2157/2001 sulla Società europea (SE) e n. 1435/2003 sulla Società cooperativa europea (SCE), mentre la Commissione europea ha recentemente presentato una proposta di regolamento sulla Società privata europea (SPE) (COM 2008/396 def.). I regolamenti opzionali in materia societaria si fondano non sull’attuale art. 114 TFUE, relativo all’armonizzazione delle legislazioni nazionali degli Stati membri, ma sull’ex art. 235 (ora art. 352 TFUE) sulla competenza residuale per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea, tra cui il mercato interno. (i) I regolamenti opzionali in esame devono venire scelti dai privati interessati come legge applicabile alternativa a quella nazionale degli Stati membri e si applicano soltanto alle fattispecie transazionali localizzate nel territorio UE, ma non alle situazioni meramente interne a singoli Stati membri o localizzate in Paesi terzi: così i fondatori del GEIE devono avere l’amministrazione centrale o esercitare un’attività a titolo principale in Stati membri diversi (art. 4, co.2); così ancora una SCE può venire costituita da almeno cinque persone fisiche residenti in quantomeno due Stati membri (v. art. 2); così infine una SE può venire costituita da società per azioni soggette alla legge di Stati membri diversi (art. 2, co.1). (ii) I regolamenti opzionali in esame non sono esaustivi, ma devono venire integrati dalle normative nazionali applicabili in via suppletiva e da essi individuate: la legge individuata dalle norme di conflitto del foro disciplina le questioni di stato e di capacità delle persone fisiche e giuridiche che lo compongono, mentre quella dello Stato della sede del GEIE ne regola il funzionamento e le obbligazioni contrattuali ad esso relative (art. 2). Quest’ultima legge può peraltro venire modificata dai privati interessati trasferendo la sede del GEIE in un altro Stato membro dell’UE (artt. 13 e 14). Previsioni simili, mutatis mutandis, sono stabilite per la SCE e per la SE. (iii) I regolamenti opzionali in materia societaria consentono quindi ai privati di sceglierli come regimi alternativi a quelli degli Stati membri e di individuare la sede delle forme societarie in esame e così la loro lex societatis: essi favoriscono perciò l’autonomia privata sostanziale e conflittuale, a vantaggio del commercio e dei cittadini del mercato interno.

Proprietà intellettuale

Le norme nazionali in materia di proprietà intellettuale si fondano sul principio di territorialità, che designa una limitazione spaziale del diritto per cui esso esiste unicamente sul territorio dello Stato che lo concede e ciascuno Stato è competente a determinare per il proprio territorio quali beni immateriali concedere, i titolari di questi beni, il contenuto dei relativi diritti, quando essi si estinguono e se e come tutelarli. Il principio di territorialità concerne pertanto l’essenza stessa dei diritti di proprietà intellettuale, che sono per l’appunto diritti separati ed indipendenti per ciascuno Stato: ad un’identica opera dell’ingegno, invenzione o segno distintivo corrispondono nei diversi Stati tanti diritti di proprietà intellettuale quanti sono i Paesi per il cui territorio si è chiesta l’esclusività dell’uso e dunque la protezione di opere, invenzioni e segni. Il principio di territorialità dei diritti di proprietà intellettuale comporta perciò evidentemente una segmentazione del mercato interno UE, che ha indotto il legislatore comunitario ad armonizzare talune condizioni di concessione e di protezione dei diritti di proprietà intellettuale nazionali sulla base degli artt. 53 TFUE (ex art. 47 TCE), 74 TFUE (ex art. 66 TCE) e 114 TFUE (ex art. 95 TCE) relativi alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione dei servizi e all’armonizzazione delle normative degli Stati membri per il funzionamento del mercato interno. La Corte di Giustizia ha poi ulteriormente armonizzato talune legislazioni nazionali degli Stati membri, dichiarandole discriminatorie e dunque incompatibili con l’art. 12 del Trattato CE (ora art. 18 TFUE). L’armonizzazione UE è stata tuttavia settoriale e minima e non ha pertanto né mutato la natura spazialmente limitata al territorio nazionale dei diritti di proprietà intellettuale, né eliminato le conseguenti segmentazioni del mercato interno.

Per superare le barriere al mercato interno originate dalle normative nazionali in materia di proprietà intellettuale, il diritto UE è quindi andato oltre l’armonizzazione settoriale e minima tramite il ventottesimo modello. Tramite regolamenti opzionali l’UE ha infatti creato titoli di proprietà intellettuale unitari sempre territoriali ma spazialmente coincidenti con l’intera estensione del mercato interno dell’Unione europea. Questi regolamenti si fondano non sull’attuale art. 114 TFUE sull’armonizzazione delle legislazioni nazionali degli Stati membri, ma dapprima sulla competenza residuale e funzionale alla realizzazione degli obiettivi dell’UE, tra cui il mercato interno, ex art. 308 del TCE (ora art. 352 TFUE) e dopo il Trattato di Lisbona sulla competenza specifica per creare diritti di proprietà intellettuale UE tramite regolamenti opzionali nell’ambito dell’instaurazione e del funzionamento del mercato interno ai sensi del nuovo art. 118 TFUE (sull’art. 308 TCE si fondano il reg. n. 40/94 sul marchio comunitario, poi modificato dal reg. n. 207/2009; il reg. n. 6/2002 su disegni e modelli comunitari; il reg. n. 2100/94 sulla privativa comunitaria per ritrovati vegetali, poi modificato dal reg. n. 15/2008. Sull’art. 118 TFUE si fondano i due regolamenti UE sul brevetto europeo con effetto unitario nn. 1257/2012 e 1260/2012 e il regolamento n. 1151/2012 sulla qualità dei prodotti alimentari). (i) I regolamenti opzionali in esame creano dunque regimi di diritto privato uniforme applicabili ai privati che li scelgono al posto di o in aggiunta alla legge nazionale altrimenti applicabile (i titoli UE di proprietà intellettuale possono infatti coesistere con analoghi titoli nazionali di proprietà intellettuale). I privati, risiedenti o meno in Stati UE, possono scegliere i regolamenti opzionali in esame semplicemente registrando il marchio comunitario presso l’Ufficio di armonizzazione a livello di mercato interno di Alicante e il brevetto europeo con effetto unitario presso l’Ufficio europeo dei brevetti di Monaco di Baviera. (ii) I regolamenti opzionali in materia di proprietà intellettuale non sono esaustivi, ma devono venire integrati dalle normative nazionali applicabili in via suppletiva. Così il relativo regolamento si applica agli effetti, l’uso, il trasferimento, la cessione e la licenza, la priorità, la registrazione, la durata e il rinnovo del marchio comunitario nonché a pratiche e procedimenti amministrativi sul marchio comunitario, mentre non regola altre materie tra cui la contraffazione, alla quale è allora applicabile in via suppletiva la legge individuata dalle norme di conflitto del foro dei Tribunali dei marchi comunitari (art. 101, co. 2 e 3 del regolamento sul marchio comunitario), ovvero la legge dello Stato in cui essa è avvenuta, ex art. 8.2 del reg. n. 864/2007 (Roma II). Previsioni simili, mutatis mutandis, sono stabilite dai regolamenti sui disegni e modelli comunitari (art. 88) e sulla privativa comunitaria per ritrovati vegetali (art. 97). Anche il reg. n. 1257/2012 sul brevetto europeo con effetto unitario non è esaustivo, ed anzi sancisce un regime sostanziale molto meno completo di quelli degli altri regolamenti opzionali sui titoli di proprietà intellettuale UE. Il reg. n. 1257/2012 deve quindi venire integrato dalla legge «dello Stato membro partecipante in cui tale brevetto abbia effetto unitario e nel quale, in base al registro europeo dei brevetti: a) il richiedente aveva la residenza o la sede principale di attività alla data di deposito della domanda di brevetto europeo; o b) se la lettera a) non si applica, il richiedente aveva una sede di attività alla data del deposito della domanda di brevetto europeo» (art.7, co. 1); o dalla legge tedesca in qualità di legge dello Stato della sede dell’Organizzazione europea dei brevetti, quando il richiedente non ha la residenza, la sede principale di attività o la sede di attività in uno Stato membro partecipante in cui tale brevetto ha effetto unitario (art. 7, co. 3). La legge così individuata è peraltro armonizzata dalla Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5.10.1973, riveduta il 17.12.1991 e il 29.11.2000 (CBE) e ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE. (iii) I regolamenti opzionali in materia di proprietà intellettuale consentono quindi ai privati di sceglierli come modelli alternativi o suppletivi a quelli degli Stati membri favorendo l’autonomia privata sostanziale a vantaggio del commercio e dei cittadini del mercato interno.

Contratti

Le numerose differenze sostanziali tra le normative nazionali degli Stati membri sul diritto dei contratti dissuadono i professionisti dall’operare in Stati membri diversi da quelli di origine, con ripercussioni negative sul mercato interno e sui consumatori europei, che hanno una scelta più limitata di prodotti a un prezzo superiore. Per ridurre queste conseguenze negative, la Comunità economica europea, prima, e l’Unione europea, poi, hanno armonizzato taluni settori del diritto contrattuale degli Stati membri. Ad esempio in materia di diritti dei consumatori l’UE ha di recente adottato la direttiva 2011/83/UE del 25.11.2011, che istituisce uno Statuto europeo dei diritti del consumatore, si applica a «qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore» (art. 3) in sostituzione delle numerose direttive precedenti in materia e consente misure più favorevoli al consumatore da parte degli Stati membri. L’armonizzazione UE in materia di diritto dei contratti è tuttavia soltanto settoriale e minima e non elimina perciò talune differenze importanti tra le normative degli Stati membri e le conseguenti segmentazioni del mercato interno (v. le critiche ricordate supra, § 2).

Per superare le barriere al mercato interno originate dalle normative nazionali in materia di diritto dei contratti, il diritto UE è quindi andato oltre l’armonizzazione settoriale e minima tramite il ventottesimo modello. Se alcune importanti iniziative accademiche suggeriscono questa strada già dagli anni ottanta, la Commissione europea e il Parlamento europeo hanno pubblicato una comunicazione sul diritto contrattuale europeo nel 2001 (COM/2001/0398 def.). Un numero significativo di accademici europei ha elaborato e pubblicato un documento provvisorio denominato Quadro comune di riferimento nel settore del diritto europeo dei contratti nel 2009. La Commissione ha poi istituito un gruppo di esperti per un quadro comune di riferimento nel settore del diritto europeo dei contratti con la decisione 2010/233 del 26.4.2010; il gruppo di esperti si è pronunciato in senso favorevole a un futuro strumento europeo relativo al diritto dei contratti di natura facoltativa il 3.5.2011; la Commissione ha così presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita nel 2011 (COM/2011/0635 def) (di seguito: il futuro regolamento opzionale). (i) Il futuro regolamento opzionale non armonizza le normative nazionali degli Stati membri in materia di diritto dei contratti, ma crea piuttosto un corpus completo di norme di diritto contrattuale, comprensivo di alcune regole relative alla parte generale del contratto e della disciplina specifica del “tipo contrattuale” più strettamente connesso alla idea stessa di mercato UE, ovvero della vendita di beni e dei contratti ad essa collegati tra cui la fornitura di contenuto digitale e di servizi connessi. Il futuro regolamento opzionale si applica ai contratti: conclusi tra imprese e consumatori (B2C) o tra imprese (B2B) di cui almeno una sia una «piccola impresa» (art. 7); collegati quantomeno in parte al territorio UE e transfrontalieri, o a quelli interni soltanto se i rispettivi Stati membri UE lo consentono (artt. 13 e 14); in cui le parti lo designano come legge regolatrice tramite una scelta di legge effettuata in base all’art. 3 del reg. n. 593/2008 (Roma I), in alternativa alla legge che in mancanza di questa scelta di legge sarebbe stata applicabile secondo le norme di diritto internazionale privato del foro, tra cui per gli Stati UE quelle del regolamento Roma I, e direttamente o a condizione che la legge altrimenti applicabile consenta la scelta del regime opzionale in esame quando la legge “scartata” è quella di uno Stato membro dell’UE o rispettivamente di un Paese terzo. (ii) Il futuro regolamento opzionale, poi, non è esaustivo, ma deve venire integrato dalle normative nazionali applicabili in via suppletiva e individuate dalle norme di diritto internazionale privato del foro cui esso rinvia. Trale materie escluse dal suo ambito di applicazione rientrano «la personalità giuridica, l’invalidità del contratto derivante da incapacità giuridica, illegalità o immoralità, la determinazione della lingua del contratto, la non discriminazione, la rappresentanza, la pluralità di debitori e creditori, la modifica delle parti compresa la cessione, la compensazione e la confusione, il diritto di proprietà compreso il trasferimento del titolo, la proprietà intellettuale e la responsabilità extracontrattuale. La questione se domande concorrenti attinenti alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale possano essere fatte valere assieme è anch’essa esclusa dal campo di applicazione del diritto comune europeo della vendita»: esse sono regolate dalla legge nazionale individuata, anche sulla base di una scelta di legge dei contraenti, dal regolamento Roma I, dal regolamento Roma II o da «altre norme di conflitto [del foro] pertinenti» (considerando 27). (iii) Il futuro regolamento opzionale consente quindi ai privati di sceglierlo come modello alternativo a quelli degli Stati membri e di individuare la legge applicabile in via ad esso suppletiva e favorisce perciò l’autonomia privata sostanziale e conflittuale.

Fonti normative

Regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio del 25.7.1985 relativo all’istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE), in GUCE, L 199/1985; regolamento n. 40/94 del Consiglio, del 20.12.1993, sul marchio comunitario, in GUCE, L 11/1994, poi modificato dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26.2.2009, sul marchio comunitario, in GUUE, L 78/2009; decisione del Consiglio del 5.4.2001 sulla conclusione da parte della Comunità europea della convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo, convenzione di Montreal, 2001/539/CE, in GUCE, L 194/2001; regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8.10.2001, relativo allo statuto della Società europea (SE), in GUCE, L 294/2001; regolamento n. 6/2002 del Consiglio, del 12.12.2001, su disegni e modelli comunitari, in GUUE, L 3/2002; regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22.7.2003, relativo allo statuto della Società cooperativa europea (SCE), in GUCE, L 207/2003; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11.2.2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, CE 261/2004, in GUCE, L 46/2004; regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11.7.2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II), in GUUE, L 199/2007; regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.6.2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), in GUUE, L 177/2008; regolamento n. 15/2008 del Consiglio, del 20.12.2007, che modifica il regolamento (CE) n. 2100/94 per quanto riguarda la legittimazione a presentare domanda di privativa comunitaria per ritrovati vegetali, in GUUE, L 8/2008; proposta di regolamento del Consiglio relativo allo statuto della Società privata europea (SPE) COM/2008/0396 def., inedita e disponibile su www.europa.eu; regolamento della Commissione del 20.4.2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, UE 330/2010, in GUUE, L 102/2010; direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25.10.2011, sui diritti dei consumatori, in GUUE, L 304/2011; proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo relativo a un diritto comune europeo della vendita, COM/2011/0635 definitivo - 2011/0284, inedita e disponible su www.europa.eu ; regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21.11.2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, in GUUE, L 343/2012;regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17.12.2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria, in GUUE, L 361/2012; regolamento (UE) n. 1260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17.12.2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile, in GUUE, L 361/2012.

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