DISPLAY

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

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Claudio Zannoni

Dal tubo a raggi catodici ai pixel. Display a cristalli liquidi. Tecnologia OLED. Display e-ink. Bibliografia

Dal tubo a raggi catodici ai pixel. – Un d. è un dispositivo che consente di visualizzare l’informazione (testi e immagini statiche o in movimento) proveniente da una sorgente. Esempi classici sono lo schermo di un televisore, di un computer (monitor), o di un telefono cellulare. Tradizionalmente e fino agli anni Ottanta un d. per TV consisteva di un tubo a raggi catodici (CRT, Cathode Ray Tube). In un CRT lo schermo corrisponde alla parete più ampia del tubo svasato sotto vuoto e l’immagine viene formata, riga dopo riga, da un fascetto di elettroni per ognuno dei tre colori fondamentali rosso (R), verde (G), blu (B) che, incidendo sui fosfori ricoprenti la superficie interna dello schermo, provocano l’emissione di luce. Questa tecnologia, svantaggiosa per peso del d. , consumo energetico, alti voltaggi, emissione di radiazioni, limiti nelle dimensioni dello schermo, non consente l’utilizzo in dispositivi mobili ed è stata quasi completamente sostituita negli ultimi anni da schermi a matrice in cui l’immagine (testo o grafica) viene rappresentata con un insieme discreto di punti indirizzabili (pixel), n sull’orizzontale e m sulla verticale, che forniscono una risoluzione n×m. Valori tipici sono 640×480 (VGA), 800×600 (SVGA), 1024×768 (XGA), 1280×1024(SXGA), 1920×1080 (Full HD oppure HD 1080), 2048×1080 (2K), 3840×2160 (Ultra-HD), 4096×2160 (super HD o 4K).

In un d. digitale ogni pixel cambia proprietà ottiche per effetto dell’applicazione e della variazione del campo elettrico proveniente dal circuito elettronico del dispositivo, per es. emettendo luce nei d. a plasma o in quelli OLED (Organic Light Emitting Diodes), o modulando la luce di una sorgente nei d. a cristallo liquido o in quelli a inchiostro elettronico (e-ink).

In un d. al plasma ogni pixel è simile a un microscopico tubo a scarica in cui una miscela di gas nobili (xenon e neon) viene portata allo stato di plasma, provocando l’emissione di luce R, G o B da fosfori depositati all’interno della cella. Il d. è quindi emissivo e i colori sono ottenuti per sintesi additiva da tre subpixel ravvicinati. Tali d., introdotti alla fine degli anni Novanta, richiedono alti voltaggi e, anche per le dimensioni dei pixel, sono adatti per schermi grandi, non per cellulari o laptops e sono ora sempre meno utilizzati.

Display a cristalli liquidi. – Negli ultimi anni il mercato dei d. è stato dominato dagli LCD (Liquid Crystal Display), usati in computer fissi e portatili, telefoni cellulari e televisori (passati da circa 500.000 nel 2001 a circa 180 milioni nel 2010) grazie al loro piccolo spessore, basso consumo, assenza di emissioni di radiazioni potenzialmente nocive, assieme ai buoni tempi di risposta (≈2÷15 ms) e al rapporto di contrasto (≈1000÷5000:1).

Il funzionamento dei principali tipi di LCD attuali, che descriveremo qui di seguito, dipende in maniera essenziale dalle particolari proprietà dei cristalli liquidi (CL), che riassumiamo brevemente. Anzitutto i CL sono sostanze che danno origine a fasi di equilibrio della materia esistenti fra stato cristallino e liquido in un certo intervallo di temperatura (o di altre variabili termodinamiche) e con proprietà tipiche sia dei cristalli sia dei liquidi. L’origine di queste proprietà sta nell’organizzazione molecolare dei CL. I CL nematici (CLN) usati normalmente nei d. presentano ordine orientazionale a lungo raggio, come i cristalli. Nel caso di CL formati da molecole allungate, queste tendono a essere parallele fra loro e a una direzione media (direttore, d). Nello stesso tempo i CLN non possiedono la stabile regolarità nelle posizioni molecolari tipica dei cristalli, ma sono caratterizzati dal disordine posizionale e dalla mobilità dei liquidi. La presenza di domini con orientazioni fortemente correlate delle dimensioni di centinaia di nanometri ha la conseguenza, fondamentale per i d., che l’orientazione di d in un nematico può essere facilmente controllata dall’esterno. È possibile ottenere un CLN orientato uniformemente in una certa direzione applicando un campo elettrico dell’ordine di pochi volt per micron di spessore. Questo monodominio possiede le proprietà di flusso di un liquido e le proprietà elettriche e ottiche di un cristallo uniassiale: la costante dielettrica ε, l’indice di rifrazione n, o la viscosità η avranno valori diversi se misurati parallelamente o perpendicolarmente al direttore d. In un film sottile (dai nanometri ad alcuni micrometri) d può perfino essere orientato da forze superficiali, per es. sfregando con un velluto lungo una certa direzione la superficie di supporto per indurre un allineamento uniforme parallelo alla stessa, o trattando chimicamente la superficie per ottenere un allineamento perpendicolare a essa. Sotto l’azione contemporanea di varie forze esterne, il direttore può anche essere costretto ad assumere configurazioni non uniformi, modificando le proprietà ottiche del CL. È da notare che al cessare dello stimolo esterno l’elasticità dei CL riporta la configurazione a quella originale.

I vari tipi di d. LCD si differenziano per il tipo di allineamento superficiale del CL e per la risposta al campo elettrico, ricordando che materiali con anisotropia dielettrica Δε=εpar−εperp (rispetto al direttore d) maggiore o minore di zero (normalmente con molecole dotate di un dipolo parallelo o perpendicolare all’asse lungo) si allineano rispettivamente in direzione parallela o perpendicolare al campo.

La grande maggioranza degli LCD attuali è del tipo twisted nematic (TN), in particolare del modello a matrice attiva (AM) thin film transistor (TFT), in cui ogni pixel è attivato da almeno un transistor depositato sulla superficie di supporto.

fig. 1

In un TN LCD (fig. 1) un sottile strato di CL con Δε>0 è contenuto fra due lastrine di vetro G1, G2 ciascuna delle quali trattata per indurre un allineamento planare e uniforme lungo una certa direzione u1, u2 e a cui aderisce un film (P1, P2) che polarizza la luce incidente lungo la stessa direzione. Le due lastrine che formano la cella vengono montate sovrapposte con una spaziatura di alcuni μm e perpendicolari tra loro (u1⊥u2), facendo sì che a riposo (OFF) il direttore si disponga a elica. Il pixel viene stampato con un conduttore trasparente, tipicamente ossido di indio-stagno (ITO), che permette di collegarlo alla circuiteria del dispositivo e di utilizzarlo come elettrodo. La luce della retrosorgente (fluorescente o LED), polarizzata da P1, viene ruotata di 90° dalla configurazione a elica (in OFF) emergendo dal polarizzatore P2. Il pixel viene attivato per applicazione di un campo elettrico alternato che allinea il CL lungo il campo rendendo il pixel nero se l’elica viene completamente svolta o grigio secondo una scala programmata (per es., di 256 livelli). Il pixel agisce quindi come interruttore ottico. Il colore è ottenuto componendo il pixel con almeno tre subpixel con filtro R, G o B e molto vicini, consentendo di realizzare i vari colori. Per migliorare l’angolo di visione un ulteriore film di compensazione ottica viene sovrapposto al display. In una variante chiamata supertwisted nematic (STN) l’angolo di twist viene aumentato oltre 90° (per es., 240°) per aggiunta al CL di un soluto chirale.

Negli ultimi anni altri tipi di d., in particolare quelli in plane switching (IPS) e vertical alignment (VA), hanno trovato notevole diffusione commerciale.

fig. 2A

In un d. IPS le pareti interne superiori e inferiori della cella, G1 e G2, sono trattate in modo da indurre allineamento planare delle molecole di CL lungo una stessa direzione (u1 parallelo a u2 parallelo a x) e gli elettrodi E sono applicati sullo stesso lato (G2 in fig. 2A). In OFF la luce polarizzata da P2 passa attraverso il dominio uniforme di CL ed è bloccata dal polarizzatore perpendicolare P1 oscurando il pixel. Se i due elettrodi sono lungo x, come in figura, utilizzando un CL con Δε<0 il campo fa ruotare di 90° il direttore vicino a G1 e la configurazione ritorta così ottenuta consente alla luce di attraversare il pixel. Alternativamente si utilizza un CL con Δε>0, se i due elettrodi sono lungo y.

Nella tecnologia VA (fig. 2B) il trattamento delle superfici G1 e G2 con un opportuno polimero produce un allineamento del CL perpendicolare alle superfici (verticale) a parte un leggero pretilt, facilitato da apposite protuberanze. A campo spento il pixel appare quindi buio; a campo ON, e con un materiale con Δε<0 le molecole di CL tendono a disporsi perpendicolarmente al campo creando una struttura che, grazie alla birifrangenza dei CL, lascia passare la luce.

Recentemente si sono diffusi microdisplay a riflessione, invece che a trasmissione, LCOS (Liquid Crystal On Silicon), utilizzati nei mirini delle macchine fotografiche, nei visori oculari (near-to-eye) e nei videoproiettori. Il CL è depositato su uno strato riflettente che ricopre la superficie di silicio di un circuito integrato e la luce può essere riflessa o meno, pixel per pixel, sfruttando i meccanismi già descritti.

I vantaggi degli LCD annoverano anche alte risoluzioni, importanti per la TV ad alta definizione (HD), peso contenuto, ampio spettro di colori (con qualche limite sul giallo, che corrisponde a una regione ridotta del triangolo del colore RGB), che li rendono competitivi in tutti i segmenti di mercato. Nei moderni d. Retina© il pixel ha dimensioni minori di 80 μm, consentendo densità che superano la risoluzione dell’occhio umano (circa 290 PPI).

Tecnologia OLED. – Un OLED è diodo organico a emissione di luce. Tipicamente consiste di un sandwich di vari strati organici dello spessore di qualche decina di nanometri compresi fra due elettrodi. Il catodo è sovente uno specchio metallico (per es., di argento o alluminio) con alta riflettività, mentre l’anodo è uno strato trasparente di ossido di indio-stagno (ITO, Indium Tin Oxide) su vetro. Applicando un voltaggio di alcuni volt agli elettrodi, gli elettroni sono iniettati dal catodo e le lacune dall’anodo in direzione opposta. Le cariche si muovono sotto l’effetto del campo elettrico attraverso uno strato di trasportatori di elettroni (ETL, Electron Transporting Layer) e di lacune (HTL, Hole Transporting Layer). La ricombinazione delle cariche in uno strato intermedio (EML, Emission Layer) contenente gli emettitori in una matrice, porta alla creazione di fotoni con frequenza ν (e quindi colore) data dal salto energetico fra il più basso stato elettronico libero (LUMO, Lowest Unoccupied Molecular Orbital) e il più alto stato occupato (HOMO, Highest Occupied Molecular Orbital) delle molecole fluorescenti o fosforescenti, di natura polimerica (POLED) oppure di basso peso molecolare (SMOLED), che emettono luce.

Anche gli OLED sono ora spesso depositati su una matrice attiva di transistor per applicazioni nei d. (AMOLED). La tecnologia OLED ha vari vantaggi: spessore sottile (<300 nm, senza considerare lo strato trasparente), leggerezza e flessibilità, ampio angolo di visione, luminosità, ottimo contrasto (anche di 105:1), brillantezza dei colori, basso tempo di risposta e alta efficienza energetica. I limiti attuali risiedono nella durata e nella stabilità nel tempo dei colori se i tre emettitori R, G, B affiancati invecchiano con tempi diversi. Una diversa e più semplice tecnologia OLED prevede un unico emettitore che genera luce bianca, mentre i colori vengono ottenuti con filtri R,G,B come per gli LCD. Con i recenti sviluppi si è passati dai piccoli schermi dei telefoni a TV di oltre 50 pollici.

Display e-ink. – Una tecnologia completamente diversa, di tipo elettroforetico, è usata per i lettori in bianco e nero di libri elettronici (e-book readers). In alcuni dei lettori più affermati il d. consiste di un film polimerico trasparente in cui sono disperse minuscole capsule (<100 μm) contenenti microparticelle di pigmenti neri o bianchi e di carica opposta sospese in un olio trasparente.

fig. 3

I pixel corrispondono a combinazioni di elettrodi superficiali a cui si applica un voltaggio di un certo segno, causando la migrazione dei pigmenti con cariche di segno opposto che diventano visibili o meno dall’alto (fig. 3). Una griglia di elettrodi consente di applicare diverse combinazioni di cariche alle capsule e visualizzare una scala di grigi. Fra le varie differenze rispetto ai d. descritti in precedenza si ha la bistabilità: anche a campo spento l’immagine permane, riducendo il consumo energetico.

Bibliografia: W. den Boer, Active matrix liquid crystal displays. Fundamentals and applications, Amsterdam-Oxford 2005; P. Semenza, Can anything catch TFT LCDS?, «Nature photon ics», 2007, 1, pp. 267-68; K.-H. Kim, J.-K. Song, Technical evolution of liquid crystal displays, «NPG Asia materials», 2009, 1, pp. 29-36; M. Ricci, M. Mazzeo, R. Berardi et al., A molecular level simulation of a twisted nematic cell, «Faraday discuss», 2010, 144, pp. 171-85; N.T. Kalyani, S.J. Dhoble, Organic light emitting diodes: energy saving lighting technology. A review, in Renewable and sustainable energy reviews, 16° vol., Amsterdam 2012, pp. 2696-2723.

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