DISSEMINAZIONE

Enciclopedia Italiana (1932)

DISSEMINAZIONE (fr. dissémination; sp. diseminación; ted. Samenverbreitung; ingl. dissemination)

Giuseppe Catalano

Le piante, benché destituite di movimenti, possiedono mezzi potenti per conquistare lo spazio; e siccome ogni individuo vegetale trae origine da un corpo riproduttore o germe in vita latente, è evidente che cotesto potere di diffusione dipende non solo dal numero di tali germi, ma anche dalla loro relativa attitudine a spostarsi dal luogo in cui vengono originariamente prodotti dall'individuo genitore.

Nelle piante superiori i germi propagatori per eccellenza sono i semi, sia che questi si liberino totalmente dal frutto, sia che portino seco qualche parte di questo o altro organo più o meno trasformato dell'apparato fiorale in cui vennero generati, sia infine che restino chiusi nel frutto stesso, che si propaga allora come tale. Sotto il nome di disseminazione si comprende, nel suo complesso, l'atto per cui le piante si propagano per mezzo dei semi; ma per analogia si estende anche alla propagazione delle piante inferiori per mezzo delle spore, nonché a quella di molte specie delle stesse Fanerogame, che ha luogo per mezzo di speciali corpi riproduttori vegetativi, in sostituzione o in aggiunta alla propagazione per semi.

La prima chiara esposizione di questa funzione biologica, come rilevò L. Nicotra, risale allo stesso Linneo; nella Philosophia Botanica, ai capitoli IV e V troviamo infatti consacrati i più indubitabili principî della disseminazione, quali la funzione della bacca (Finis baccae ut semina ab animalibus serantur; Baccae creatae ut disseminentur ob pulpam) e soprattutto la distinzione di varî dispositivi coordinati alla disseminazione a opera di varî agenti esterni, quali il vento, alcune specie di animali, le correnti acquee, ecc. Ma nelle opere botaniche posteriori, là dove si parla della costituzione morfologica dei semi e dei frutti, non sempre si trova messo in evidenza il significato di tale costituzione, nei riguardi della funzione in parola. Solamente con il Hildebrand la dottrina biologica della disseminazione ricevette dignità scientifica e quasi contemporaneamente C. Darwin ne mise in luce l'importanza come fattore della distribuzione geografica delle piante. Ampio contributo allo sviluppo di questo capitolo della biologia vegetale diede anche la scienza italiana con F. Delpino, O. Beccari, A. Borzì, ecc.

La funzione propagativa implica che gli organi relativi siano mobili, e tali infatti sono i corpi riproduttori; se si tratta di semi, essi si mettono in libertà grazie alla deiscenza: se sono i frutti stessi in toto che si propagano o particolari germogli vegetativi, essi sono comunque destinati a distaccarsi dalla pianta madre, talora con l'ausilio di qualche azione esterna, tosto che abbiano raggiunta la maturità. Ma la loro dispersione nello spazio avviene, nel maggior numero dei casi, passivamente, cioè per l'azione di forze estranee all'organizzazione vegetale e spesso solo in un secondo tempo dopo il distacco. Esistono bensì nell'organizzazione vegetale, come già vide Linneo, caratteri mirabilmente rispondenti all'azione delle suddette forze disseminatrici; onde si hanno varî tipi di frutti e di semi singolarmente adattati, per ciò che concerne la loro dispersione nello spazio. Così si distinguono abitualmente i tipi a disseminazione: anemofila, idrofila e zoofila o zoidiofila, secondo che gli agenti della disseminazione sono rispettivamente il vento, l'acqua o gli animali. Queste espressioni, indicanti genericamente un rapporto biologico fra piante e agenti esterni, sono identiche a quelle usate dal Delpino per indicare i corrispondenti modi d'impollinazione e, quando ben chiaro di qual funzione si parla, non possono creare confusione. Furono tuttavia proposti altri termini. quali quelli di disseminazione anemocora, idrocora e zoidiocora (Ludwig); e per l'impollinazione, quelli di piante anemogame, idrogame e zoidiogame (Kirchner).

La dispersione dei semi a mezzo di agenti esterni costituisce la regola nel regno vegetale; non mancano tuttavia esempî di semi sprovvisti, almeno apparentemente, di qualsiasi disposizione avente scopo disseminativo. Avviene per lo più in questi casi che lo scopo di allontanare il più possibile i semi stessi dalla pianta madre viene ottenuto all'atto stesso della deiscenza, mediante un qualche meccanismo del frutto o di altre parti adiacenti, grazie a cui i semi abbandonano la pianta madre con una certa velocità iniziale. Questi casi sogliono essere considerati come forme di disseminazione attiva, in contrapposto alle altre, di disseminazione passiva, che costituiscono la grande maggioranza, senza tuttavia che si possa dire che con le prime restino tassativamente escluse le altre.

Disseminazione dell'atto della deiscenza. Frutti esplodenti. - Frutti tipicamente deiscenti sono le capsule, i legumi, le silique, ecc. Anche il modo di aprirsi nelle capsule è vario: in quelle di papavero, sorrette da lunghi peduncoli, a maturità si aprono, sotto il disco stimmatico, dei forellini, dai quali possono uscire i piccoli semi; ma, data la posizione eretta della capsula, ciò non può aver luogo che a poco per volta e solo se la capsula è scossa dal vento (apparecchio disseminativo ad aspersorio).

Nel genere Campanula alcune specie hanno capsule erette, altre pendenti; la deiscenza avviene in modo consimile a quella del papavero, cioè per fori o fessure, ma questi possono aprirsi, sia alla base, sia nel mezzo, sia nella parte superiore, sotto i lobi del calice, e ciò è spesso in rapporto con la posizione della capsula. Il risultato è sempre di regolare la uscita dei semi a poco per volta, talché la pianta possa avvantaggiarsi a lungo dell'azione del vento e avere la più ampia dispersione possibile.

In altri frutti a tipo capsulare la deiscenza avviene bruscamente, di solito per una rottura dell'equilibrio di tensione che si stabilisce fra le varie parti che compongono il frutto stesso, a causa della diversa struttura o delle diverse proprietà dei tessuti relativi. In conseguenza del brusco aprirsi i semi vengono lanciati tutti in una volta, con una certa forza, a distanza. Questo fenomeno dipende il più delle volte da differenti qualità igroscopiche dei tessuti che compongono le varie parti del frutto. Così nel ricino all'epoca della maturazione delle capsule, durante le ore più calde del giorno, si sente un frequente scoppiettio, dovuto al brusco aprirsi delle capsule mature; con ciò i semi, lisci, vengono lanciati con forza e si ritrovano tutto all'intorno sul terreno a distanza notevole. Molte altre Euforbiacee, specialmente dei paesi tropicali, hanno capsule deiscenti violentemente in un modo consimile; tra esse l'Hura crepitans dell'America Meridionale, che lancia i suoi semi con un'esplosione Simile a quella di un colpo di rivoltella. Nei frutti bacciformi (peponidi) di cocomero asinino (Ecballium elatenum) entra in giuoco la forza del turgore, la quale, crescendo a mano a mano che il frutto matura, finisce per soverchiare la resistenza del tessuto, nel punto in cui il peduncolo si attacca al frutto, talché a un determinato momento questo improvvisamente si distacca da quello e il contenuto, sotto forma di una poltiglia mucilagginosa frammista ai semi, viene schizzato fuori dal foro prodottosi, come il liquido da una pera di gomma elastica.

Un modo affatto particolare di lanciare i semi si osserva nella comune Oxalis acetosella; il meccanismo di lancio in questo caso si trova nei singoli semi stessi e precisamente nel loro guscio. Lo strato esterno di questo si fende, a un certo punto, sotto la tensione prodotta dagli strati più profondi, che si rigonfiano; i margini della fenditura si accartocciano istantaneamente e il seme è lanciato fuori con forza dalla capsula aperta.

Molte altre specie di piante posseggono frutti dotati di meccanismi svariati, con cui possono lanciare a distanza i semi; furono detti frutti esplodenti. Meccanismi consimili non mancano del resto neppure alle Crittogame, così come non mancano dispositivi intesi a provocare o a regolare l'uscita delle spore dagli organi in cui sono generate. Lo sporogonio dei Muschi può considerarsi come uno dei più tipici fra gli apparecchi di quest' ultimo genere; la parte superiore, ingrossata a urna contenente le spore, presenta, a seconda della specie, svariate strutture particolari che servono alla sua deiscenza e all'uscita delle spore, mentre il peduncolo o seta solleva in alto l'urna, così che il vento può facilmente disperderle. L'intero apparecchio ricorda singolarmente quello disseminativo del papavero.

Anche in molti rappresentanti dei varî ordini di Funghi si hanno processi analoghi di dispersione delle spore; fra gli apparecchi di lancio ricordiamo qui soltanto quello della Mucoracea Pil0b0lus cristallinus, in cui l'intero sporangio viene proiettato a distanza dal suo peduncolo fortemente teso per turgore, che finisce per scoppiare al disotto di quello.

Gli sporangi di molte Felci posseggono pure dispositivi per mettere in libertà le spore. Nelle Polipodiacee è caratteristico il cosiddetto anello, che, in forma di una serie sporgente di cellule con le membrane radiali e interne fortemente ispessite, percorre il dorso e la sommità dello sporangio, arrestandosi verso la metà del lato ventrale di esso. A maturità questo anello scatta elasticamente come una molla, arrovesciandosi, squarciando in tal modo le pareti sottili dello sporangio, il cui contenuto può quindi mettersi in libertà. Comunque, sia che i corpi propagatori, semi o spore, vengano attivamente lanciati fuori all'atto della deiscenza e escano semplicemente senza alcuna spinta iniziale, la vera dispersione a distanza è compito degli agenti esterni a cui abbiamo già accennato. Questi entrano in giuoco appena i semi stessi vengono allo scoperto e la loro azione è precisamente resa efficace dagli adattamenti morfologici e strutturali, di cui quelli sono forniti.

Disseminazione anemofila. - Questa avviene anzitutto quando i i semi sono leggerissimi, assai piccoli e in numero strabocchevole. Le Orchidee porgono esempio di tale adattamento; i semi di Dendrobium attenuatum, secondo il Beccari, pesano all'incirca 1/200 di milligrammo; nelle capsule di certe specie di Stanhopea i semi si contano a milioni. È chiaro peraltro che non tutti questi semi diffusi dal vento pervengono in posti dove possono fermarsi e germogliare. L'epifitismo di molte specie di Orchidee è certamente in rapporto con questa maniera di disseminazione. Caratteri analoghi hanno le spore delle Felci, le quali sono pure disperse dal vento; e anche fra le Felci si hanno specie epifite, mentre molte altre prosperano in siti dove i germi non potrebbero altrimenti pervenire che dall'aria. In moltissimi altri casi, nei quali è parimenti il vento l'agente disseminatore, la costituzione morfologica dei semi è improntata al principio della diminuzione del peso specifico o, ciò che torna lo stesso, a quello dell'aumento massimo possibile del volume. Esso viene attuato mediante lo sviluppo o l'aggiunta di appendici di varia foggia e origine, che funzionano come organi atti a dar presa al vento e a permettere quindi una volitazione sufficiente, nella maggior parte dei casi, ad allontanare il seme dalla pianta madre. Così nei pini e negli abeti i semi sono accompagnati da un'ala che si separa come una sottile lamella dallo strato superficiale interno della squama fruttifera. Altre volte, in semi di solito appiattiti, i margini si prolungano in un'espansione membranacea più o meno ampia; ciò si vede, ad es. nella Cucurbitacea Zanonia macrocarpa e nella Bignoniacea Pithecoctenium echinatum. Questi semi, somiglianti a piccoli aeroplani, possono slittare sugli strati atmosferici e percorrere così lunghi tratti in senso orizzontale, prima di toccare il suolo.

Allo stesso scopo altri semi sviluppano invece peli o setole variamente disposti, a paracadute, a ventaglio, a ciuffi, ecc. Esempî cospicui sono offerti dai semi di cotone, di salice, di pioppo, di Epilobium, Eriophorum, di molte Asclepiadacee e Apocinacee, ecc.

Quando si propagano i frutti in toto per mezzo del vento, si differenziano organi di volitazione analoghi ai precedenti a spese di talune parti del frutto stesso ovvero di organi del fiore primitivo o comunque adiacenti, i quali presentano corrispondenti metamorfosi. Nell'olmo, nel frassino, nell'acero e in altre piante una porzione del pericarpio si espande in un'ala, dando luogo a quella forma caratteristica di frutto che è detta samara. Nei tigli la brattea che sottende l'infiorescenza e che concresce in parte col peduncolo di questa, serve come organo di volitazione allorché quella si trasforma in infruttescenza e si distacca dal ramo. Numerose Chenopodiacee, come Atriplex, Salsola, Suaeda, Anabasis, ecc., Leguminose, come Platypodium, Pterocarpus, Myroxylon, talune Dipterocarpee, Sterculiacee. ecc. porgono esempio di trasformazione, secondo i casi, del peduncolo, del calice, di una brattea, del legume o di singoli carpelli nelle più disparate maniere in organi di volitazione. Molte Composite hanno similmente disseminazione anemofila; i frutti seminiformi in questi casi sono provvisti d'un organo di volitazione, il cosiddetto pappo, che corrisponde morfologicamente al calice del fiore originario.

Il principio dell'aumento del volume e quindi la produzione di superficie atte a dar presa al vento e a permettere la diffusione dei corpi riproduttori viene attuato grazie a modificazioni di organi diversissimi quanto all'origine morfologica, si noti che la disseminazione anemofila si trova rappresentata quasi in ogni ordine del regno vegetale.

Disseminazione idrofila. - Non meno importante per i suoi effetti biologici, quantunque molto meno diffusa, è la disseminazione che si effettua a opera delle acque correnti e soprattutto dei fiumi e delle correnti marine. Per mezzo dei fiumi certe specie di piante che ne abitano le sponde si propagano da monte a valle, il che spiega l'uniformità e la regolarità della vegetazione che talora si notano lungo le grandi vie fluviali, almeno entro certi limiti e finché sussistono nella regione condizioni uniformi. Galleggiabilità e resistenza all'azione dell'acqua sono le condizioni necessarie per questa forma di disseminazione; ciò tanto più nelle piante litoranee, i cui frutti o semi vengono propagati dalle correnti marine. L'esempio più cospicuo fra queste ci è offerto dalla palma da cocco; il suo frutto è provvisto all'esterno di uno spesso strato di tessuto fibroso, grossolano e robusto, che gli permette di galleggiare, proteggendo il sottostante guscio lapideo, fragile, dallo spaccarsi nell'urto contro gli scogli. La germinabilità del seme non è compromessa dal soggiorno nell'acqua marina. Così questi frutti si diffondono di costa in costa e, in grazia alle correnti marine, da un'isola all'altra o da un continente all'altro.

Similmente si propagano i frutti di molte altre palme, Pandanacee, di Cerbera odollam, Barringtonia speciosa, Calophyllum inophyllum, Terminalia catappa, Heritiera litoralis, ecc.

Disseminazione zoidiofila. - Molte altre specie di piante hanno frutti e semi adattati alla disseminazione per mezzo degli animali. In modo preminente adempiono siffatto ufficio gli uccelli (disseminazione ornitofila), sia ingoiando i semi che vengono poscia restituiti intatti, dopo avere attraversato il tubo digerente, sia trasportandoli esternamente attaccati a qualche parte del loro corpo. Carattere essenziale dei semi destinati ad essere propagati nel primo modo è la resistenza all'azione dei succhi intestinali degli uccelli. Questi vengono indotti a ingoiarli perchè i frutti, in cui essi sono contenuti, sono per lo più adatti alla loro alimentazione e servono pertanto come esca. Tale è il significato biologico delle bacche e in genere dei frutti succosi multiseminati, ricchi di polpa spesso zuccherina e vivacemente colorata, che sono proprî di moltissime specie di piante. Fra gli esempî possiamo qui ricordare il vischio, le cui bacche, avidamente divorate dai tordi, propagano il parassita di albero in albero; e poi Myrtus communis, Hedera helix, Sambucus nigra, Prunus avium, Rubus idaeus, Vitis vinifera e molte altre, le cui bacche servono di nutrimento o semplicemente allettano diverse sorta di uccelli. Allo stesso modo molte altre specie di piante sono disseminate da alcuni mammiferi; ma sono frutti che, staccati a maturità dalla pianta madre, cadono a terra, dove vengono mangiati da detti animali. Se ne hanno esempi nel carrubo, nel tamarindo, nel dattero, ecc., tutti provvisti di semi eccezionalmente resistenti (disseminazione entozoica).

Anche notevole è il trasporto dei frutti o dei semi eseguito dagli uccelli per mezzo di parti esterne del loro corpo, specialmente delle zampe o del becco. Particolarmente attivi sono gli uccelli acquatici; le loro zampe palmate trattengono sempre grumi di terriccio o di fango, in cui frequentemente si trovano semi, che per tal modo possono venire trasportati da uno stagno all'altro. Gli stessi uccelli trasportano spesso anche germogli vegetativi di piante acquatiche; tali ad es. quelli di Hydrocharis morsusranae e di talune specie di Utricularia.

Analogamente, cioè per trasporto diretto per mezzo di qualche parte esterna del corpo, ha luogo una vasta disseminazione a opera di animali diversi dagli uccelli; ne sono state anzi distinte diverse forme, con nomi speciali a seconda della specie dell'animale. Come caratteri correlativi nei frutti o nei semi si osserva principalmente lo sviluppo di organi o appendici di varia natura morfologica, ma aventi comunque l'ufficio di attaccare il frutto o il seme stesso al corpo dell'animale. Così si osservano uncini nei frutti seminiformi di Xanthium, Lappa, Bidens, Cynoglossum, Geum, Pavonia, Urenia, Anthriscus, Daucus, Galium, Sycios, Circaea, Cenchrus, Uncinia, ecc., per mezzo dei quali si attaccano fortemente al vello degli animali pascolanti, come pecore, capre, gazzelle; questi pertanto li trasportano a qualche distanza, finché non riescono a liberarsene (disseminazione eriofila). Esistono pure frutti forniti di appendici spinescenti, che possono conficcarsi nello zoccolo di alcuni mammiferi ed essere così trascinati a qualche distanza. Molti altri animali sono considerati come agenti disseminatori per determinate categorie di frutti; così le scimmie per frutti corticati, come banane, arance, opunzie, ecc.; taluni chirotteri frugiveri, come le rossette, per i semi di Ginkgo, di Cycas, di Magnolia; taluni rettili, come le tartarughe, per i semi di Capparis e le comuni lucertole, ad es. per i fichi, particolarmente nelle specie cauliflore (disseminazione saurofila). Infine anche le formiche sono indubbiamente attivi agenti disseminatori per l'istinto che hanno di cercare e di trascinare nei loro nidi semi di piante, che non sempre poi consumano o che abbandonano per via (disseminazione mirmecofila).

Fu già tenuto come un fatto coordinato alla disseminazione ornitofila anche il mimismo di talune specie di frutti e di semi. Come è noto in molti casi, per la loro conformazione e per il colore gli uni o gli altri somigliano mirabilmente a insetti o a bruchi o vermi; gli uccelli insettivori, scambiandoli per veri insetti o vermi, li mangiano, per restituirli altrove indigeriti. Più generalmente però si pensa che il mimismo, di cui si hanno molti altri mirabili esempî tanto nel regno vegetale quanto in quello animale, abbia significato protettivo; e anche nei casi sopra menzionati abbia piuttosto come risultato quello di proteggere i frutti o i semi in questione dalla voracità degli uccelli granivori.

Finalmente l'uomo stesso, coi suoi traffici, volontariamente o no, trasporta molte specie di vegetali da un luogo all'altro e va quindi pure considerato come agente di una disseminazione, che può dirsi antropofila. Ciò vale specialmente per la disseminazione a grandi distanze o longinqua, nella quale si tratta di superare importanti barriere naturali, come mari o alte catene di monti; infatti è accertato che solo per opera diretta o indiretta dell'uomo molte specie di piante hanno potuto varcare gli oceani e naturalizzarsi altrove. Tali sono ad es. le piante americane Erigeron canadense, Galinsoga parviflora, Solidago canadensis, Stenactis bellidiflora, Oenothera biennis, Opuntia vulgaris e altre specie che ora si trovano qua e là naturalizzate o avventizie in Europa e nell'Africa mediterranea. Né qui si parla di talune specie di piante coltivate, che hanno seguito l'uomo civile nella colonizzazione delle varie parti del mondo, inselvatichendosi talora lungi dalla patria d'origine.

Bibl.: F. Hildebrand, Die Verbreitungsmittel der Pflanzen, Lipsia 1873; C. Darwin, Origine delle specie per selezione naturale, traduz. ital., Torino 1875; O. Beccari, Palme della Nuova Guinea e altri lavori, in Malesia, I-III (1877-86); H. Dingler, Die Bewegung der pflanzlichen Flugorgane, Monaco 1889; F. Delpino, Note ed osservazioni botaniche, decuria seconda, Genova 1890; G. E. Mattei, Areonautica vegetale, Napoli 1902; A. Borzì, Ricerche sulla disseminazione delle piante per mezzo dei Sauri, in Mem. Soc., ital. dei XL, s. 3ª, XVII (1911); A. Béguinot, Osservazioni e documenti sulla disseminazione a distanza, in Atti Acc. veneto trentina-istriana, V, 1912.

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