Dittatura

Dizionario di Storia (2010)

dittatura


Carica istituita nell’antica Roma, dove era prevista dalla legge e limitata nel tempo, la d. è passata a indicare, in Età moderna, un regime caratterizzato dalla concentrazione di tutto il potere in un solo organo.

La dittatura in età romana

Magistratura straordinaria romana, fornita di imperium maius, cioè della pienezza dei poteri civili e militari; poteva sospendere tutte le altre magistrature. Il dittatore non poteva durare in carica oltre sei mesi; aveva 24 littori, era nominato su richiesta del senato dai consoli, più tardi fu eletto dai comizi. La data dell’istituzione è assegnata al 501 o al 498 a.C. e il primo dittatore sarebbe stato Tito Larcio o Manio Valerio. L’origine della d. va connessa probabilmente con il dittatore della Lega latina, magistrato che per la natura stessa della lega dovette essere straordinario e dotato di pieni poteri. Alla carica i plebei furono ammessi soltanto dal 356 a.C. La d. decadde nel 3° sec. a.C.: l’ultimo dittatore con poteri militari (rei gerundae causa) è del 216. Fu rinnovata, da Silla e da Cesare, ma con valore quasi di monarchia.

La dittatura nell’Età moderna e contemporanea

In epoca moderna il termine ha continuato a indicare sistemi di governo contraddistinti da una forte concentrazione di poteri nelle mani di un individuo o di un gruppo ristretto di individui, ma ha perduto del tutto (o quasi) qualsiasi riferimento al carattere eccezionale, limitato e temporaneo di tale concentrazione di poteri e soprattutto alla sua natura «costituzionale». In tal modo, insieme ai concetti solo in parte analoghi di dispotismo e di tirannide, la d. è diventata una delle categorie che vengono di regola utilizzate per definire quell’ampio spettro di regimi politici autoritari, illiberali e antidemocratici (o non democratici) che, talora fondati su un ampio consenso di massa, attribuiscono a un capo o a un piccolo gruppo di persone poteri arbitrari e privi di controllo. Regimi di questo tipo possono fare ricorso in gradi diversi alla coercizione come strumento di governo e spesso si affermano in contesti politici in cui, almeno formalmente, i diritti di libertà e il principio del governo limitato continuano a sussistere. Essi si sono storicamente imposti all’interno di società e di sistemi politici di tipo tradizionale oppure ormai pienamente modernizzati sia sul piano economico e sociale sia su quello della partecipazione politica. In quest’ultimo caso, le d. si sono costantemente sforzate di conquistare il consenso popolare, spesso costruendo intorno al capo un vero e proprio culto della personalità. Le d. moderne e contemporanee hanno assunto molteplici forme. Sono state dominate da élite politiche o militari. Hanno assunto il profilo di d. rivoluzionarie, conservatrici o reazionarie. Si sono fondate sul ruolo determinante di una singola personalità oppure di oligarchie politiche, burocratiche o di partito. In base a una celebre tipologia, esse si possono utilmente classificare in d. autoritarie, cesaristiche e totalitarie. Le prime – per es., la Spagna di F. Franco e il Portogallo di A. Salazar – si fondano su un basso livello di mobilitazione politica delle masse e sul controllo dei tradizionali apparati di potere dell’esercito, della polizia, della magistratura e della burocrazia, che vengono utilizzati come strumenti di repressione per stroncare qualsiasi forma di opposizione. Le seconde – tipico il caso di Napoleone – sono costruite intorno alla figura carismatica di un capo che si sforza di governare sulla base di un forte sostegno popolare, e dunque in un contesto di mobilitazione politica crescente. Le ultime infine – i due casi classici sono quelli della Germania nazista e dell’Unione Sovietica staliniana – si basano sia sul controllo dei tradizionali apparati di potere sia sul culto del capo carismatico. A differenza delle prime due forme, esse traggono altresì la propria forza da un processo di mobilitazione permanente delle masse, realizzato attraverso una propaganda capillare dell’ideologia del regime e il ricorso indiscriminato al terrore. Espressione caratteristica di questa forma di dittatura è l’esistenza di un partito unico che rappresenta il veicolo principale della propaganda e dell’indottrinamento di regime e nel contempo la negazione di qualsiasi parvenza di pluralismo politico, che è invece ancora compatibile con i modelli della dittatura autoritaria e di quella cesaristica. L’Età contemporanea è stata teatro di molteplici esperienze dittatoriali. Tra le più significative devono essere citate la d. rivoluzionaria dei giacobini durante la Rivoluzione francese; la d. cesaristica di Napoleone Bonaparte e poi di Napoleone III; le d. comuniste in Unione Sovietica, in Cina e più in generale nei Paesi del cosiddetto socialismo reale (fu K. Marx a teorizzare l’idea della d. del proletariato come fase di transizione al socialismo sotto la direzione del Partito comunista); le d. fasciste nell’Italia di B. Mussolini e nella Germania di A. Hitler; le svariate d. militari e civili che hanno segnato la storia dell’America Latina e quella dei Paesi sorti dal processo di decolonizzazione in Asia e in Africa.

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