AMONIO, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

AMONIO, Domenico

Elena Fasano Guarini

Nacque verso il 1648 a Castel Bolognese, da Mario e Laura Biancolli (o forse Biancolelli). Passò i suoi anni giovanili a Roma, non sappiamo se seguendo regolari studi di medicina o facendo soltanto il garzone farmacista, come dice il Bernier, in generale assai malevolo verso i medici del suo tempo, nei suoi Essais de médecine (1689). Intorno al 1670 giunse in Francia, al seguito del duca di Nevers e di monsieur de Brissac, che aveva conosciuto a Roma. Probabilmente dietro loro intervento, l'anno successivo gli fu assegnata da Luigi XIV una pensione, sia pur modesta (200 livres annue). Monsieur de Brissac nel 1676 gli trovò inoltre un'ottima sistemazione presso la sorella Marguerite de Cossé, superiora dell'abbazia benedettina di Chelles. Qui l'A., godendo dell'affettuosa protezione e della fiducia della Cossé, diede inizio a una fortunata carriera di medico alla moda, alternando somministrazioni di pozioni ricavate dalle erbe, che egli coltivava nel giardino dell'abbazia, a prescrizioni, quali decotto di midollo di cervo, impacchi di mosto d'uva e applicazione delle mani reumatizzate nella gola di un bue. Tra le sue prime clienti vi fu Madame de Sévigné, che abitava allora poco lontano dall'abbazia, e che, nelle sue lettere del 1676-77 si dimostra conquistata non solo - e forse non principalmente - dall'abilità del giovane medico, ma anche dal suo aspetto attraente e dal suo modo garbato di discorrere, sia pur sempre solo in italiano. Dopo alcuni mesi, però l'A., la cui presenza provocava un certo fermento nell'abbazia femminile, fu costretto dal visitatore dell'Ordine ad andarsene.

Compì allora un viaggio a Roma, dove, almeno secondo quanto egli stesso raccontava e Madame de Sévigné riferiva, un suo zio era maestro di camera di Innocenzo XI (mentre un altro zio sarebbe stato maestro di camera di Clemente X). Certo, più tardi, l'A. apparve effettivamente legato a diversi personaggi della corte pontificia di Innocenzo XI, ma nel 1676 la sua parentela con il maestro di camera del papa, vera o millantata che fosse, non gli fruttò quanto sperava: nel 1677 l'A. riprese il cammino della Francia, e, dopo un breve soggiorno a Marsiglia, presso la figlia di Madame de Sévigné, Madame de Grignan (luglio 1677), entrò al servizio del duca di Nevers.

Negli anni seguenti la sua fama di medico si affermò nella capitale francese: nel dicembre 1679 il Mercure Galant diede il solenne annuncio della scoperta da parte dell'A. di un medicamento capace di vincere le febbri continue. Egli ebbe ira le sue clienti numerose dame della corte, come mademoiselle de Coulanges, madame Le Tellier e la stessa favorita di Luigi XIV, mademoiselle de Fontanges. Secondo il Bernier, egli avrebbe reso a quest'ultima anche servizi che esulavano dalle sue strette competenze di medico, persuadendo Marguerite de Cossé a disfarsi dell'abbazia di Chelles, che fu immediatamente assegnata alla sorella della Fontanges, Cathérine de Scorailles de Roussille (1680). L'anno seguente (1681), però, la Fontanges, caduta in disgrazia, morì: non mancarono voci di avvelenamento e sospetti a carico dell'A., dissipati dall'autopsia, che ebbe luogo nonostante la resistenza di Luigi XIV.

L'A., che già nel 1680 aveva ottenuto le lettere di naturalizzazione, nel 1681 fu nominato medico ordinario del re, e tale restò almeno fino al 1689. Introdotto presso il re e i suoi ministri, era, d'altra parte, legato a personaggi della corte pontificia, quali il cardinale Maidalchini, che lo aveva incaricato di riscuotere le rendite che Luigi XIV gli aveva concesso in Francia, e allo stesso nunzio a Parigi, A. M. Ranuzzi. Nel corso della lunga crisi tra Luigi XIV e Innocenzo XI, quando il re vietò al nunzio l'accesso al proprio palazzo (1687-88), l'A. parve alle due parti l'intermediario segreto ideale. Nel novembre 1687 il segretario di stato Colbert de Croissy lo aveva già incaricato di presentare al nunzio le rimostranze del re per l'accoglienza riservata a Roma all'ambasciatore francese, Lavardin. Nel gennaio 1688, quando, in seguito alla complessa questione sorta con il rifiuto del Lavardin di accettare il controllo della polizia pontificia sul proprio quartiere, Innocenzo XI volle far sapere a Luigi XIV che era incorso nella scomunica, senza, tuttavia, dare a questa scomunica un carattere pubblico e ufficiale, che, secondo il nunzio, avrebbe soltanto provocato un pericoloso irrigidimento del re. fu incaricato l'A. di recare il delicato annuncio al sovrano: ed egli lo fece con grande riservatezza, mantenendosi poi per tutto l'anno in rapporto con il Ranuzzi, anche quando questi venne sottoposto a stretta sorveglianza nel convento di Saint-Lazare.

Qualche tempo dopo, non sappiamo esattamente in quale anno, l'A. perse il favore reale: il 21 marzo 1691 si trovava ancora presso il re, cui presentò allora un italiano, inventore di un nuovo tipo di dardo; nel 1700 non aveva altro titolo che quello di "gentilhomme italien", e quindi in tale data aveva sicuramente già perso il suo posto di medico ordinario del re. Secondo il De Luynes, l'A. aveva fatto costruire un busto di Cesare, con una rassomiglianza assai lusinghiera con Luigi XIV, e lo aveva poi spacciato come autenticamente romano al re, che lo fece collocare nelle gallerie di Versailles. La scoperta dell'imbroglio sarebbe stata la causa della rovina dell'Amonio.

Comunque siano andate le cose, questa rovina non fu totale: non solo egli continuò a godere delle rendite accumulate negli anni precedenti (tra le quali una, di 1000 lire sugli aiuti e gabelle dell'Hôtel de Ville di Parigi); ma neppure gli fu totalmente precluso l'accesso a corte: nel 1701 vi si recò nuovamente per fare omaggio a Luigi XIV di una raccolta di componimenti di poeti bolognesi scritti in suo onore. Abbandonò, tuttavia, completamente la medicina (e le ricerche di un elisir di lunga vita, da distillarsi dal corpo di un criminale vivente, alle quali egli, secondo il De Luynes, aveva progettato di dedicarsi) e si diede completamente alle speculazioni finanziarie, in collegamento con alcuni manieurs d'argent  internazionali, attività nella quale, del resto, si era già sperimentato negli anni in cui era medico del re. Il suo nome ritorna più volte quale agente incaricato di riscuotere lettere di cambio per diversi stranieri, e quale speculatore in corrispondenza con alcuni informatori stranieri durante la guerra d'Olanda.

Il 2 febbr. 1709 l'A. sposò Marie-Madeleine Bedé, nipote del medico Elie Bedé de Hautecuve, che fornì forse a Molière il modello per il Desfonandrès de L'Amour médecin. Ella gli portò la cospicua dote di 100.000 livres. Dal contratto matrimoniale l'A. risulta essere stato allora proprietario di diverse terre in Emilia e di rendite sugli aiuti e gabelle e altri titoli per un ammontare di 11.087 lire. I suoi affari dovettero prosperare negli anni successivi poiché nel 1716 fu iscritto per la somma di 600.000 livres sulla lista di gens d'affaires redatta in vista di una loro tassazione. Egli si rifiutò allora di presentare i suoi conti alla Camera di giustizia, come era stato quell'anno prescritto di fare (editto del 7 marzo 1716), e in conseguenza di ciò fu messo in prigione (novembre 1716). Non sappiamo come e quando ne uscì: ma è lecito pensare che, dati gli appoggi di cui godeva, e la facilità con cui le pene personali venivano in simili casi commutate in ammende finanziarie, egli sia stato liberato in breve tempo.

L'A. morì alla fine di gennaio 1721. Lasciò una figlia, Marie-Madeleine, il cui tutore fu L. Camus Destouches, maresciallo degli eserciti del re.

La figura dell'A., medico, finanziere, avventuriero., godette di una larga notorietà, non sempre favorevole, ai suoi tempi a Parigi: non solo egli è ricordato nelle memorie e nelle lettere di diversi personaggi, vissuti intomo alla corte, e in opere di medicina (ricordiamo oltre al Bemier, M. de Saint-Martin, che elogia un ritrovato dell'A. contro il paludismo), ma anche nelle opere di alcuni noti letterati come J.-B. Rousseau. Stando alla chiave pubblicata nel 1697, egli sarebbe anche adombrato in uno dei Caratteri del La Bruyère (il XXI, nel quale, però, in generale viene riconosciuto un altro avventuriero italiano, il Caretti).

Fonti e Bibl.: Mercure Galant, décembre 1679, p. 25; M. de Saint-Martin, Moiens faciles et éprouvés dont Monsieur de l'Orme premier Medecin et ordinaire de trois de nos rois et ambassadeur à Clèves pour le Duc de Nevers s'est servi pour vivre près de cent ans, Caen 1682, p. 227; J. Bernier, Essais de Médicine, où il est traité de l'Histoire de la Médecine et des medecins, Paris 1689, II partie, p. 465; J.-B. Rousseau, Oeuvres, Paris 1820, II, p. 349; Journal du Marquis de Dangeau, a cura di E. Soulié e L. Dussieux, XVI, Paris 1859, p. 490; Mémoires du duc de Luynes sur la Cour de Louis XV (1735-1738), a cura di L. Dussieux e E. Soulié, V, Paris 1861, p. 174; Madame de Sévigné, Lettres, a cura di M. Monmerqué, Paris 1861-1868, IV, pp. 432-433, 467, 471; V, passim; J. La Bruyère, Oeuvres, a cura di G. Servois, II, Paris 1865, p. 318; A. Jal, Dict. critique de biographie et d'histoire, Paris 1867, pp. 42-43; C. S. Le Paulmier. Dominique A., gentilhomme italien, médecin de Louis XIV et de Madame de Sévigné, in Mémoires de la Soc. de l'hist. de Paris et de l'Ile de France, XX(1893), pp. 33-50; M. Dubruel, L'excommunication de Louis XIV, in Etudes, CXXXVII (1913), pp. 608-635; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XIV, Roma 1943, p. 266; J. Orcibal, Louis XIV contre Innocent XI, Paris 1949, pp. 11, 31, 52-53; Dict. de biogr. franç., II, coll. 687-689.

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