CIRILLO, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIRILLO, Domenico

Ugo Baldini

Nacque a Grumo Nevano (Napoli) l'11 apr. 1739 da Innocenzo Maria e Caterina Capasso.

La famiglia, senza appartenere alla nobiltà terriera o disporre di beni ingenti, era comunque d'un certo spicco e aveva una lunga tradizione nell'esercizio della professione medica e nell'interesse per le discipline naturafistiche: uno zio del padre, Nicola, era stato una delle più note personalità della cúltura scientifica napoletana tra Sei e Settecento; un altro zio, Santo, cultore di disegno e botanica, possedeva un'ampia collezione naturalistica derivante in parte da quella secentesca di Ferrante Imperato, che aveva notevolmente incrementato e che lascerà al C., il quale seguiterà ad arricchirla.

A circa sette anni il C. venne inviato a Napoli per iniziare gli studi, sotto la guida dello zio Santo, che l'avviò al disegno, tanto che quasi tutte le tavole illustrative delle sue successive opere botaniche e zoologiche saranno eseguite dal C. stesso. Poco dopo i quindici anni egli s'iscrisse ai corsi di medicina dell'università, laureandosi nel 1759, Frequentò anche le lezioni di botanica di D. Pedillo, e presumibilmente iniziò quella consuetudine di ricerca naturalistica sul terreno che s'incontra negli anni successivi: questo può contribuire a spiegare come nel 1760, quando, morto il Pedillo, la cattedra di botanica fu posta a concorso, il C. poté partecipare e vincerla, di fronte a concorrenti esperti e almeno in un caso, quello di N. Braucci, di capacità non mediocri.

È probabile che nella assegnazione d'un insegnamento universitario ordinario a un giovane ventunenne, che non aveva ancora pubblicato nulla, giocassero in misura apprezzabile, se certo non esclusiva, la risonanza della famiglia e i rapporti di amicizia con essa di membri influenti del corpo docente (uno dei più autorevolicattedratici di medicina, F. Serao, era stato amico e biografo di Nicola Cirillo); quest'impressione è accreditata dalle rimostranze del Braucci, anch'egli amico della famiglia, che giungerà a scrivere sull'episodio un opuscolo polemico. In ogni caso, giocarono nella scelta anche seri elementi scientifici, riassumibili nel fatto che negli anni precedenti l'insegnamento botanico s'era svolto a Napoli secondo moduli tournefortiani, ai quali lo stesso Braucci si manteneva fedele, mentre il C. si presentava come portatore d'una metodica, quella linneana, strutturalmente più adeguata e comprensiva. Naturalmente l'adesione al metodo linneano non si presenta nel C. chiara e articolata in tutte le sue implicazioni fin dall'inizio, com'è provato dalla presenza tra i suoi inediti di Institutiones botanicae iuxta methodum tournefortianum (a meno che queste ultime non fossero uno degli inediti di Nicola Cirillo che il C. possedeva e che in parte intendeva pubblicare). Si tratta però d'una tendenza che verrà approfondendosi e precisandosi, anche grazie alle esperienze compiute all'estero: è anzi possibile rilevare che il ruolo del C. nella botanica del secondo Settecento è essenzialmente quello di ristrutturatore della didattica e della ricerca nel Meridione in termini linneani. Il naturalista svedese, che avrà con lui una corrispondenza e scambi di dati, è senz'altro la personalità scientifica che più agì sul C., che giunse al punto di fargli erigere una statua nel giardino della propria casanapoletana. Le vaste esplorazioni naturalistiche del C. nel Regno borbonico e fuori di esso si mossero nella direzione della nuova sistematica, e in questo senso si può condividere la sostanza di passate valutazioni del suo lavoro botanico (che vi videro un'intera sistemazione linneana della flora dell'Italia meridionale), eccessive se assunte nel significato letterale.

Dopo il conferimento della cattedra il C. mostrò di meritare ampiamente la designazione, rinnovando l'insegnamento e creando un valido nucleo di allievi, che formeranno l'ossatura della botanica meridionale tra la fine del secolo e l'inizio del successivo (S. Macrì, F. Ricca, G. Nicodemi e altri); tra i suoi uditori di questi anni vi fu anche F. Cavolini, allora studente di giurisprudenza, che dalle sue lezioni e da quelle di anatomia di D. Cotugno trarrà l'interesse naturalistico che ne farà lo zoologo più originale del tardo Settecento meridionale. I dati esterni della biografia del C. fino ai suoi ultimi anni sono il succedersi delle fasi d'una carriera accademica e professionale fortunata e intensa; la sua vita privata, essendo egli rimasto scapolo, si svolse, morto il padre, insieme con la madre e una sorella, frequentando un gruppo selezionato d'amici, tra cui si rinvengono quasi tutti i nomi più significativi dell'intellettualità napoletana del periodo. Fu docente di botanica fino al 1777, anno in cui, nel quadro della riforma universitaria operata dal marchese della Sambuca, passò all'importante cattedra di medicina teorica, e in seguito a quella di medicina pratica; medico nell'ospedale degli Incurabili, vi fu professore di fisiologia e ostetricia; medico di buona parte dell'aristocrazia, ricorse a lui di firequente la stessa famiglia reale, e ciò naturalmente creo contro di lui. specie nell'ambiente medico tradizionalista, risentimenti e invidie. A questi pare fosse dovuta la decisione del C. di lasciare la cattedra di botanica per concorrere a quella di medicina teorica, al probabile scopo di consolidare la propria posizione professionale.

Tutti questi dati costituiscono pero solo un riferimento esterno, una sorta di metro con cui misurare l'apprezzamento sociale d'un impegno culturale e di ricerca le cui motivazioni erano però diverse da quelle di un'ottica esclusiva di successo. In questo impegno complessivo si possono distinguere varie linee d'interesse, che tuttavia si svilupparono contemporaneamente e non senza connessioni: una serie di ricerche e scritti botanici, che corrisposero forse al più sentito dei suoi interessi scientifici, anche se il C. poté dedicargli solo porzioni del suo tempo; ricerche e pubblicazioni zoologiche, in particolare entomologiche, di spicco quantitativo e qualitativo inferiore rispetto alle botaniche, e diversi scritti medici e di fisiopatologia umana, spazianti dalla teoria fisiologica alla clinica e a temi che oggi si direbbero di medicina sociale; infine un interesse per le condizioni civili dell'epoca, viste con una disposizione mentale venata di umanitarismo e sentimentalismo alla Rousseau, associato ad altre esperienze culturali, derivanti non solo dalle letture ma dai viaggi, dai contatti personali ed epistolari, che svilupparono anche in lui la tipica disposizione francofila e anglofila di tanti illuministi meridionali schiacciati dal confronto con la realtà del loro paese. Per gli scritti botanici è stata proposta una distinzione tra opere didattico-espositive e di ricerca, che può venir utilmente mantenuta. Rientrano nel primo gruppo: le due versioni della Adbotanicas institutiones introductio (Neapoli 1766 e 1771); i Fundamenta botanicae, sive philosophiae botanicae explicatio (I-II, Neapoli 1785 e 1787; il secondo volume riguarda la materia medica vegetale, non la botanica in senso stretto); le Tabulae botanicae elementares quatuor priores sive icones partium, quae in fundamentis botanicis describuntur (Neapoli 1790).

La prima e la seconda Introductio forniscono, con piccole variazioni tra i due testi, definizioni dei fondamentali concetti sistematici linneani, attinte alla Philosophia botanica dello svedese (1751); il primo volume dei Fundamenta a parere del Delpino, che effettuò una comparazione analitica, e come dichiara il titolo stesso, è una ripresa quasi letterale dello stesso testo linneano, dal paragrafo 79 al 335, con inframezzati commenti e aggiunte del C., alcune delle quali, relative a piante dell'Italia meridionale, originali. Nei Fundamenta il C. nega la generazione spontanea delle piante e propone, accanto alle varie "stazioni" delle piante proposte da Linneo, una ulteriore, costituita dai terreni vulcanici, evidentemente desunta dal quadro geologico e floristico campano, che, se non sarà recepita nella trattatistica come nozione del tutto caratterizzata e autonoma, è però stata giudicata utile nell'analisi dì certi contesti. Le Tabulae scritto meno esteso e impegnativo (comprende quattro tavole relative alle parti fondamentali delle piante, con note esplicative), contengono però, nella tavola quarta e relative note, il contributo botanico singolo di maggior spicco fornito dal C.: si tratta dell'osservazione del processo di fecondazione degli ovuli mediante il plasma pollinico, effettuata con esattezza e in modo pressoché completo, tanto da portarlo vicino ad intuire nella sua giobalità il meccanismo di fecondazione nelle Fanerogame.

Gli scritti botanici di ricerca sono invece: il De essentialibus nonnullarum plantarum characteribus commentarium (Neapoli 1784); il Plantarum rariorum Regni Neppolitani fasc. I (ibid. 1788)e II (ibid. 1792;un terzo fascicolo, che il C. risulta aver completato, non fu stampato, probabilmente per le vicende dell'ultimo anno di vita dell'autore, e il Delpino riuscì solo a ritrovare undici tavole realizzate per illustrarlo); una memoria sulla "manna di Calabria" (estratta dal Fraxinus ornus)letta a Londra nel 1770davanti alla Royal Society e stampata nelle Philosophical Transactions (IX [1771], pp. 233-239);la monografia G. Cyperus Papyrus (Parma 1796), sul papiro fluviale dalla grande tradizione storica.

Il De Characteribus siproponeva d'essere una integrazione a Linneo, descrivendo caratteri da lui non osservati relativi a circa cinquanta generi. Si è però osservato che il C. esagera l'importanza di molti dei caratteri, e che il libro non offre spunti di grande rilievo. I fascicoli Plantarum rariorum sono invece nel complesso l'opera botanica maggiore del C., che vi descrive diverse specie da lui per primo osservate. In generale il suo contributo alla botanica si può descrivere come una estensione del. sistema linneano, senza aperture teoriche di particolare novità. Il botanico inglese A. Garden, da lui conosciuto, gli dedicherà un piccolo genere, quello delle Cyrillaceae.

La ricerca e l'attività medica furono invece al centro del ruolo civile del C.; le sue pubblicazioni propriamente mediche sono: De lue venerea (Neapoli 1780;traduzione italiana, Osservazioni pratiche intorno alla lue venerea, Napoli 1783;traduzioni tedesche edite a Lipsia e a Vienna nel 1790 e 1791;una traduzione francese, col titolo Traité complet et observations pratiques sur les maladies vénériennes, ou Nouvelle Méthode de guerir radicalment la syphilis la plus invéterée, fu, pubblicata a Parigi nel 1803da un dottor Auber, che presentò l'opera come sua).

Strettamente associato a questo primo scritto è l'Avviso intorno alla maniera di adoperare l'unguento di sublimato corrosivo nella cura delle malattie veneree (Napoli 1780;una traduzione tedesca si ebbe in Sammlung auserlesener Abhandliungen zum Gebrauche praktischer Aerzte, Leipzig 1781, VIII, pp. 526-551;una francese in Journal de méd., chir., pharm. ... [Paris], LIX [1783], pp. 566-526). Ancora a Napoli nel 1780furono pubblicati i Nosologiae methodicae rudimenta, sorta di compendio d'un trattato di patologia medica che il C. intendeva scrivere; nel 1783, sempre nella sua città, egli stampò il Tractatus de pulsibus, la Clavis universae medicinae Linnaei e il trattatello De aqua frigida. Aqueste opere vennero aggiungendosi le Riflessioni intorno alla qualità delle acque che si adoperano nella concia dei cuoi, parere sulle accuse di inquinamento delle acque mosse dalla facoltà medica ai conciatori di cuoio di Santa Maria Capua Vetere (Napoli 1784); il Metodo di amministrare la polvere antifebbrile del Dottor James (ibid. 1789);la Materia medica regni mineralis (Neapoli 1792)e infine le Formulae medicamentorum e Pharmacopea Londinensi excerptae e le Formulae medicamentorum usitatiores (ibid. 1796). Una Materia medica regni animalis, inedita, fu sottratta nel 1799alla distruzione delle carte del C. dal suo ex studente P. Carusi, e sarà pubblicata dal figlio Giuseppe Maria (Neapoli 1861). Nella presentazione di quest'opera G. M. Carusi ricorda diversi inediti del C., non chiarendo se fossero stati distrutti nel 1799;tuttavia in seguito non sono più stati segnalati, ad eccezione delle Osservazioni cliniche che sono forse da identificare con due volumi manoscritti del C., intitolati Malattie 1775 e Malattie 1777-9, relativi a casi clinici osservati in quegli anni nell'Ospedale degli Incurabili, e reperiti da F. Fede nel Museo nazionale di S. Martino.

Aqueste opere vanno aggiunti alcuni discorsi tenuti dal C. in sedute dell'Accademia delle scienze, di cui era stato nominato membro pensionario, titolo che a sua richiesta fu mutato in onorario, e poi pubblicati (Discorsi accademici, prima ed. parziale, Nizza, ma in realtà Napoli, 1787;prima ediz. completa, senza data e luogo, ma Napoli 1799); tra di essi hanno argomento latamente medico quelli su La cagione della sensibilità; La sensazione de' moribondi; La prigione; L'ospedale; La cagione della vita. Siriallaccia invece alle ricerche botaniche il discorso Del moto edella irritabilità de' vegetali, mentre hanno tono morale-letterario la Passeggiata quinta e la Passeggiata settima di J. J. (Rousseau), I piaceri della solitudine e Le virtù morali dell'asino.

Unitamente a questa produzione, infine, va considerato lo Entomologiae Neapolitanae specimen primum (Neapoli 1787), l'unica pubblicazione in cui il C. mise a frutto gli esemplari di insetti raccolti nel corso delle sue vaste ricerche.

Un giudizio sulla produzione medica deve tener conto del suo intento, che non era quello di approfondire la ricerca pura o applicata, ma piuttosto di modernizzare la didattica e la prassi medica a Napoli e nel Regno, introducendo acquisizioni altrove già affermatesi o emergenti. Ciò non significa che la grande esperienza e ampiezza di riferimenti culturali non mettano in grado il C. d'avanzare proposte anche originali ed efficaci: tra esse, quella dell'uso del bicloruro di mercurio nella terapia esterna della sifilide (la "ricetta del Cirillo"). Tra i tratti notevoli del suo pensiero medico è l'interesse per la cosiddetta sfigmica, cioè per lo studio delle pulsazioni assunte ad indice di dati fisiologici e patologici, attuali e pregressi. Pare che questo interesse gli fosse destato dall'incontro che ebbe a Napoli nel 1770 con un cultore cinese di questo metodo diagnostico; d'allora in poi dedicò molta attenzione all'argomento, servendosene nella prassi clinica. Un aspetto rivelatore dell'approccio medico del C. è poi il suo comparativismo, tendente a vedere la biologia umana come strutturalmente assimilabile a quella animale; è questo un tipico tema della biologia illuministica, teorizzato dal Buffon, e come tale è atto a chiarire i presupposti metodici e filosofici di fondo cui il pensiero medico del C. va riportato. Nell'opera entomologica, dedicata a Ferdinando IV (che pare provvedesse alle spese editoriali), il C. espose osservazioni sue e del suo allievo Nicodemi, corredandole egli stesso di ottime tavole illustrative.

Quanto detto per la produzione mqdica serve a individuare l'origine ed il carattere della particolare "politicità" del C., estensione in direzione civile e genericamente etica di riflessioni e problemi sorti in un ambito "tecnico"; ciò costituisce un tratto distintivo della sua posizione, che si mantiene scevra da caratterizzazioni ideologico-politiche, marcate (a meno di non considerare come loro spia fatti come le prestazioni gratuite o semigratuite effettuate dal C. per i più disagiati dei suoi clienti), anche se naturalmente agì su di lui il riformismo illuministico. L'influsso di questo lo toccò non solo attraverso i suoi testi basilari, di cui è palese l'influsso, ad esempio nei Discorsi, ma soprattutto tramite i lunghi soggiorni all'estero, in particolare in Francia e Inghilterra; già anziano, dichiarerà che la vecchia madre era l'unico vincolo che lo tratteneva dal lasciare l'Italia. Già nel 1770 o prima, in qualità di medico personale, accompagnò in, viaggio per l'Europa una nobildonna inglese, lady Walpole; a Parigi conobbe le personalità centrali dell'ambiente illuministico, tra cui il Franklin, il Buffon e il Diderot, col quale ultimo pare familiarizzasse particolarmente; a Londra conobbe il Pringle e W. Hunter, fu ammesso alla Royal Society e vi lesse la memoria citata. In seguito manterrà rapporti epistolari con questi e altri ricercatori; la passione per i viaggi, anche a scopo di ricerca naturalistica, è un aspetto dei cosmopolitismo settecentesco in lui ben presente: nel 1770 o 1771 si recò in viaggio nelle isole greche con l'abate A. Fortis, che nel resoconto del viaggio (Saggio di osservazioni sopra l'isole di Cherso e Ossero, Venezia 1771) utilizzerà alcune sue osservazioni botaniche; nel 1786 si trovava tra gli intellettuali che accofnpagnarono nel suo viaggio verso Istanbul G. Zulian, inviato dalla Repubblica veneta presso la Porta.

L'illuminismo dei Discorsi interessa in ambito teorico Per la forte caratterizzazione dei rapporti tra fisico e morale dell'uomo, ma ciò che vi si nota maggiormente è il netto influsso dell'umanitarismo rousseauiano, che fa schiprare il C. a favore d'una drastica riforma delle condizioni delle carceri e degli ospedali (nei discorsi intitolati appunto La prigione e L'ospedale). Nel discorso su Ipiaceri della solitudine il C. esalta le venature preromantiche dello stesso Rousseau e di autori come Young o Gray, e la poesia degli spazi alpini di A. von Halier ("l'immortale Allero"). Tutto ciò mostra come l'origine di questo illuminismo, non è marcatamente politica, quanto meno che in esso l'accento non batte preferenzialmente sui meccanismi istituzionali e di potere; congruente con questa impressione è il fatto che il C., pur membro della massoneria (appartenenza che non assumeva, come noto, significati politici molto immediati e impegnativi, godendo essa di vaste adesioni ai vertici stessi dello Stato borbonico), non sembra aderisse ad alcuno dei clubs giacobini costituitisi a Napoli durante la Rivoluzione francese. Non si tratta, ovviamente, di vera assenza della dimensione politica, che contrasterebbe con dati così caratterizzanti come l'amicizia col Filangieri ed ancor più col Pagano (col quale ultimo, insieme con amici come G. Albanese e N. Pacifico, egli tenne una sorta di accademia privata); pare però assente nel C. quell'esclusiva concentrazione sulla dimensione politica dei fatti che si trova in un Pagano, e quindi la conseguente rigidezza di ricette ideologiche e politiche.

Sulla base di queste considerazioni va valutata l'intera vicenda della sua adesione alla Repubblica del 1799, e il ruolo che vi svolse. La prima storiografia sull'argomento, dal Cuoco al Lomonaco del Rapporto al cittadino Carnot e al Botta, pur recependo il dato della mancanza d'un palese interesse politico del C. anteriormente alla Repubblica, lo interpretò nel senso del comportamento confacente ad una schiva personalità di studioso, che però non esita ad assumersi delle responsabilità quando il corso dei fatti lo esigerà, sostenendole fermamente fino alla conclusione tragica. L'intreccio reale dei fatti e delle motivazioni è però più complesso e, se non meno umano e stimabile, certo meno astrattamente ideologico ed eroico; è merito del Croce aver aperto questa nuova direzione interpretativa, basata sul testo d'una lettera che il C., orinai prigioniero dopo il crollo della Repubblica, inviò a lady Hamilton.

Dopo l'ingresso a Napoli del corpo di spedizione francese, ai primi del 1799, il generale Championnet procedette alla formazione d'un governo repubblicano, cercando di farvi partecipare varie personalità ritenute aperte al nuovo corso ideale e politico; tra di esse egli comprese il C., che però declinò i ripetuti inviti. Dopo alcuni mesi, quando la conduzione politica della situazione napoletana fu assunta dall'Abrial, che compì un rimpasto di govemo, il C. ricevette nuove pressioni (anche, si può pensare, da parte del Pagano e di altri amici che avevano accottato d'impegnarsi); dopo un altro rifiuto, egli finì per accettare, entrando a far parte della Commissione legislativa. Nella citata lettera a lady Hamilton, che tende a sminuire il suo ruolo nelle vicende rivoluzionarie, egli sostiene che alla base della sua accettazione v'erano state anche minacce, e che durante la repubblica le sue iniziative personali erano state esclusivamente umanitarie e assistenziali. Come notò il Croce, in queste affermazioni non v'è niente d'intrinsecamente improbabile, né di contrastante con specifici dati di fatto: che i Francesi affiancassero alla persuasione le minacce nel tentativo di coinvolgere personalità rappresentative è fatto certo, così com'è vero che nella Legislativa le dirette iniziative del C. furono assistenziali e umanitarie; entro la Commissione fu infatti il Pagano a perseguire sistematicamente la codificazione legislativa dei principi rivoluzionari, a partire dal testo costituzionale. Quanto. al C., la sua iniziativa più notevole fu il Progetto dicarità nazionale, con la costituzione d'un fondo di assistenza popolare che dotò di gran parte delle sue sostanze; non v'è quindi bisogno di vedere nella lettera alla Hamilton un tentativo estremo di alterare i connotati della propria azione. Ciò però non implica che le attenuazioni della lettera fossero tutta la verità; infatti poco dopo l'ingresso nella Legislativa il C. ne divenne presidente, controfirmandone gli atti, dal 19 maggio al 3 giugno 1799, Se quindi l'accettazione della richiesta francese fu stentata, o anche forzata (ma il suo antico uditore Cavolini, sottoposto a pressioni analoghe, non cedette, e non ne subì conseguenze), certamente non lo furono le ulteriori assunzioni di responsabilità. Inoltre non dovette deporre a suo favore presso i Borboni il suo assenso a misure drastiche come la confisca dei beni degli emigrati, misure per le quali si attribuì a lui e Pagano la nomea di "i Robespierre- di Napoli". Un giudizio equilibrato sul suo ruolo politico può insomma venire solo da uno studio accurato di tutta la sua azione durante la repubblica.

Dopo la caduta di questa il C. fu tra coloro che s'imbarcarono sulla flotta napoletana per riparare in Francia; come noto il tentativo non riuscì, impedito dalle navi di Nelson; ed i repubblicani furono tenuti in stato di detenzione nelle acque del Golfo di Napoli. Il C., trattenuto sulla nave "St. Sebastian", venne trasferito a terra ai primi d'agosto e rinchiuso nella segreta più profonda del Castel Nuovo, la fossa detta del Coccodrillo, con circa quindici compagni tra i quali Pagano, Albanese, Logoteta, Poerio e Conforti. Secondo certe testimonianze il gruppo dispusse a lungo, quasi in un'atmosfera da Fedone platonico, sulla immortalità dell'anima, e quasi tutti i suoi membri erano inclini ad accettarla: in questo può vedersi un elemento caratterizzante l'illuminismo dei circoli napoletani, più deistico che radicalmente materialistico. Il 24 agosto, in seguito a voci su tentativi di evasione, il C. e altri furono trasferiti in Castel Sant'Elmo, dove il 30 settembre furono interrogati dall'inquisitore Speciale; le sentenze di morte si ebbero il-5 e 6 ottobre. Dopo il tentativo di sminuire le sue responsabilità fatto con la Hamilton, il C. parve comprendere con chiarezza la realtà della sua situazione: l'unica via per evitare la pena capitale, data anche l'irritazione dei Borboni per quello che consideravano tradimento d'un uomo cui erano stati larghi del loro favore, era di chiedere la grazia, ciò che sarebbe equivalso ad un'ammissione di colpevolezza.

A questo punto sembra essersi prodotta in lui una reazione di grande dignità e coraggio, evidente in testimonianze che, se nel primo Ottocento vennero dilatate ad assumere carattere di esemplarità, non si ha motivo di ritenere dubbie, e che mostrano il superamento dell'incertezza ideale, prima ancora che umana, di cui la lettera a lady Hamilton era stata la spia. Tali sono la sua affermazione, citata dal Carusi, che non si sarebbe degradato chiedendo perdono per azioni che non costituivano colpe; l'attestazione del Cuoco secondo cui durante la detenzione il C. fu informato che il Nelson era orientato ad appoggiare la domanda di grazia, se l'avesse presentata, e che egli rifiutò di farlo; l'atteggiamento di orgogliosa superiorità assunto di fronte allo Speciale. Sono prove indubbie di questo mutamento d'atteggiamento anche la dichiarazione del Nelson, secondo cui durante la detenzione il C. si sarebbe comportato "da sciocco", e l'affermazione epistolare della regina Maria Carolina secondo cui egli tenne un comportamento "ostinato".

Dopo l'emissione della sentenza le bande sanfediste saccheggiarono ed incendiarono l'abitazione del C.; andarono, così distrutte le collezioni botaniche e zoologiche, la biblioteca e diverse opere inedite, oltre ai manoscritti di Nicola Cirillo. La sentenza di morte per impiccagione ebbe esecuzione il 29 ott. 1799; il C. salì sul patibolo dopo il Pagano, e prima del Ciaia e del Russo.

Fonti e Bibl.: Oltre al necessario riferimento agli studi sulla Repubblica partenopea, a partire dai contributi dei contemporanei (Cuoco, Conetta, Botta, Lomonaco) per giungere agli studi recenti (sui quali siveda la Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A. M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, pp. 423 s.), sono rilevanti, ai fini documentari e critici, i seguenti scritti: Novelle letterarie, XXIX(1768), coll. 575 s.; serie 2, XII (1791), coll. 73 s., 381 s.; XVII (1786). coll. 789-91; M. Pagano, Lettera di M. P. al Signor D. C., Napoli 1781 (rist. in Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1962, pp. 828-832); C. Girtanner, Malattie veneree, Venezia 1802, pp. 922-947; G. A. Moschini, Della letter. venez. del secolo XVIII fino a' nostri giorni, II, Venezia 1806, p. 97; G. M. Arrighi, Saggio stor. per servire di studio alle rivoluzioni politiche e civili del Regno di Napoli, III, Napoli 1813, p. 205; F. Pignatelli, Memorie, I, Napoli 1820 p. 371; B. Vulpes, Inaugurazione dei ritratti aisette medici napoletani, Napoli 1836; C. Minieri-Riccio, Mem. stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 101 s.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, ad Indicem;P. C. Gandi, D. C., ovvero i repubblicani ed i borboniani. Dramma storico polit. in quattro parti, Savigliano 1852; G. M. Carusi, Vita di D. C., Napoli 1861; M. D'Ayala, Vita di D. C., in Arch. stor. ital., s. 3, XI (1870), parte 2, pp. 107-145; XII (1870). parte 1, pp. 106-125; Id., Vite degli Italiani benemeriti della libertà e della Patria, Roma 1883, p. 181; A. Ranieri, Per un busto a D. C., Napoli 1885; Alcuni scritti ined. dei Cotugno e del C., a cura di C. Minati, Pisa 1890; A. Franchetti, Delle opinioni polit. di D. C., in Lettere ed arti (Bologna), 10 maggio 1890; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, in Mem. del R. Ist. Veneto di scienze, lettere ed arti, XXV (1895), p. 51; XXVI(1901). p. 32; V. Fontanarosa, D. C. botanico, medico, scrittore e martire polit. del secolo XVIII, Napoli 1899; Breve cenno sulla nascita e fine di D. C. Presidente della Repubblica partenopea del 1799, Grumo Nevano 1899; Albo della Rivoluz. napoletana del 1799, Napoli 1899, p. 21; F. Delpino-G. Paladino-G. Ria-F. Fede, Scritti del Comitato napoletano per le onoranze centenarie a D. C., Napoli 1901; D. Marinelli, I giornali. I(1794-1800), Napoli 1901, pp. 105 s. e passim;S. Masucci, Vita di D. C., Napoli 1904; Id., I Discorsi accad. di D. C., Napoli 1908; C. Schaurer, Per i martiri campani del 1799, Caserta 1906; V. Diamare, Ilnaturalismo idealistico nell'opera e nella vita di Vesalio e C., Siena 1923; G. B. De Toni, Appunti dal carteggio ined. di D. C., in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, XVI(1925), pp. 193-195; A. Benedicenti, Malati, medici, farmacisti, Milano 1925, pp. 1092, 1185, 1218; Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 457, 460, 558; B. Croce, La domanda di grazia di D. C., in La rivoluzione napol. del 1799, Bari 1926, pp. 251-261; N. Rodolico, La legge sui feudi della Repubblica napol., in Studi in on. di M. Schipa, Napoli 1926, pp. 146 ss. (da vedere però unitamente a G. Galasso, La legge napol. del 1799, in Riv. stor. ital., LXXVI[1964], pp. 507-29); G. Natali, IlSettecento, Milano 1929, ad Indicem; Un'avventuriera tra due medici (nel centen. della nascita di D. C.), in Il Giardino di Esculapio, XIII (1940), 1, pp. 23-43; 2, pp. 44-58; G. B. Vico, Opere, VIII, a cura di F. Nicolini, Bari 1941, ad Indicem;A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, p. 178; G. Solari, Studi su F. M. Pagano, a cura di L. Firpo, Torino 1963, ad Indicem;F. Lombardi, La scienza e l'arte medica di D. C., Napoli 1964; C. Francovich, Storia della masson. in Italia, Firenze 1974, ad Indicem;A. Hirsch, Biogr. Lex. der hervorrag. Aerzte, II, p. 33; Enc. Italiana, X, pp. 440 s.

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