DOMENICO di Bartolomeo da Venezia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DOMENICO di Bartolomeo da Venezia (Domenico Veneziano)

Hellmut Wohl

La data e il luogo di nascita di D. non sono documentati, ma egli si firma "Domenicho da Vinesia" in una lettera del 1438 a Piero de' Medici (G. Gaye, Carteggio inedito, I, Firenze 1839, pp. 136 s.), "Domenicus de Venetiis" nel tabernacolo dei Carnesecchi e nella pala d'altare di S. Lucia dei Magnoli, mentre nei documenti contemporanei viene chiamato "Domenico di Bartolomeo da Vinegia" (per i documenti citati all'interno della voce, se non altrimenti indicato, si fa riferimento al regesto contenuto in Wohl, 1980). La questione relativa al luogo di nascita di D. è complicata dal dibattito sul luogo della sua formazione artistica: Venezia per il Vasari (1568) e la Toscana per Crowe e il Cavalcaselle (1911); sebbene questa seconda ipotesi sembri più probabile, non c'è accordo a riguardo.

Secondo il Vasari (1568), D. al momento della morte, accertata al 1461, aveva 56 anni; è invece probabile che fosse più giovane, dato che, considerando le sue opere, dovette iniziare l'apprendistato artistico non prima del 1422-23, datazione che farebbe collocare la nascita attorno al 1410.

Non si conosce il nome del suo maestro; tutte le sue opere superstiti mostrano una profonda conoscenza e padronanza delle conquiste formali fiorentine sia nella resa realistica, sia nella rappresentazione del movimento, nell'uso della prospettiva e della luce e nell'organizzazione compositiva; esse peraltro richiamano Gentile da Fabriano e Pisanello per i modi di esecuzione e per i motivi iconografici; per queste ragioni Kennedy (1938) e Wohl (1980) hanno ipotizzato che D. abbia compiuto l'apprendistato presso la bottega di Gentile da Fabriano a Firenze e che nel 1426 abbia seguito il maestro a Roma, dove lavorò prima con lui, poi con Pisanello ai perduti affreschi di S. Giovanni in Laterano. Secondo questa ipotesi D. ritornò in seguito a Firenze, dove rimase fino al 1437, quando andò a Perugia.

La carriera artistica di D. è attestata da vari documenti, che tuttavia non si riferiscono alle opere conservate.

Il più antico di questi è la citata lettera a Piero de' Medici del 10 apr. 1438 nella quale gli chiedeva che gli fosse affidata la pala di S.Marco. Nonostante la commissione fosse stata data all'Angelico, D. risulta comunque a Firenze nella primavera del 1439, poiché l'11 maggio di quell'anno ricevette il primo di una serie di pagamenti per la decorazione a fresco del coro di S. Egidio (oggi perduta). Il successivo pagamento del 12 sett. 1439 fu effettuato a Piero della Francesca che nel documento risulta assistente di Domenico. Un secondo gruppo di pagamenti va dal 10 giugno 1441 al 28 maggio dell'anno successivo; un pagamento finale è datato 10 giugno 1445. Dalla descrizione degli affreschi fatta dal Vasari (1568) si può dedurre che i primi pagamenti si riferiscono all'Incontro presso la Porta Aurea, i secondi alla Nascita della Vergine e l'ultimo al Matrimonio della Vergine. Di quest'ultima composizione D. esegui soltanto la sinopia della quale è stato ritrovato un frammento nel 1938 insieme con una striscia raffigurante il terreno e i piedi alla base dell'affresco. L'opera, infatti, rimase incompleta finché Alessio Baldovinetti si impegnò a compiere il lavoro il 17 apr. 1461. Secondo il Vasari (1568) ed altre fonti cinquecentesche D. non terminò l'affresco perché fu ucciso da Andrea del Castagno, ma la notizia è stata smentita dal Milanesi (1878), che ha appurato che la data di morte di Andrea (1457) è anteriore di quattro anni a quella di Domenico.

Dal settembre 1447 al 19 luglio 1448 D. ricevette venti pagamenti per una coppia di cassoni (oggi perduti) dipinti per il patrizio fiorentino Marco Parenti; e tra il 9 febbraio ed il 21 luglio 1450 è documentato che dipinse uno stendardo (perduto) per la Compagnia di S. Antonio abate ad Arezzo. In un contratto del 2 dic. 1454 stipulato tra i cappellani del palazzo dei Priori di Perugia ed il pittore Benedetto Bonfigli, per la decorazione di metà della cappella dei Priori, sono nominati come giudici dell'opera, una volta completata, D., fra' Angelico e Filippo Lippi.

Il 14 maggio 1455 D. affittava una casa nella parrocchia di S. Paolo nel quartiere di S. Maria Novella a Firenze.

Il 10 luglio 1457 D. e fra' Filippo Lippi ricevevano un pagamento dalla Compagnia della Ss. Trinità di Pistoia per aver valutato la pala della Trinità di Francesco Pesellino (Londra, National Gallery). La sepoltura di D. in S. Pier Gattolino è registrata alla data 15 maggio 1461 nei libri dei morti dell'arte dei medici e speziali fiorentini e dell'ufficio della Grascia. Un registro senza data della Compagnia fiorentina di S. Luca annovera D. fra i suoi membri.

Tre delle opere rimaste di D. sono ricordate nelle fonti cinquecentesche: il tabernacolo dei Carnesecchi (Londra, National Gallery, firmato); il polittico di S. Lucia (anch'esso firmato), il cui pannello centrale è a Firenze agli Uffizi, mentre cinque tavolette della predella si trovano a Berlino-Dahlem, Gemäldegalerie (Martirio di s. Lucia), a Cambridge, Fitzwilliam Museum (Annunciazione e Miracolo di s. Zanobi) e a Washington, National Gallery (S. Francesco riceve le stimmate e S. Giovanni Battista nel deserto); l'affresco con i Ss. Giovanni Battista e Francesco (Firenze, Museo di S. Croce). Altre quattro opere non datate sono con certezza autografe di D.: un tondo con l'Adorazione dei Magi (Berlino-Dahlem, Gemäldegalerie), che si è ipotizzato provenisse da palazzo Medici, e le tavole con Madonna con Bambino di Bucarest (Museo nazionale d'arte), di Washington (National Gallery) e di Firenze (Villa "I Tatti", The Harvard Univ. Center of Ital. Studies).

Secondo il Vasari la prima opera eseguita da D. appena giunto a Firenze è il tabernacolo dei Camesecchi. Questo deteriorato affresco, staccato dalla sua collocazione originaria nel canto dei Carnesecchi a Firenze nel 1852, consiste in una Madonna con Bambino su un trono prospettico fortemente aggettante e nelle teste di due santi che erano a figura intera; è concordemente considerato opera giovanile, eseguita prima del soggiorno di D. a Perugia. La Madonna con Bambino di Bucarest, fortemente influenzata da Masaccio e Donatello, è ritenuta anch'essa opera giovanile, ma è probabile che sia stata eseguita a Perugia. L'Adorazione dei magi di Berlino sembrerebbe commissionata dai Medici attorno al 1440, dopo che D. aveva completato il primo affresco di S. Egidio. La rappresentazione ricercata e vigorosa delle figure e dei costumi, il realismo e la profondità spaziale del paesaggio possono dare un'idea degli affreschi perduti. La pala di S.Lucia e le tavolette della predella sono unanimemente collocate attorno al 1445; mostrano una notevole integrazione fra disegno bidimensionale e tridimensionale nell'applicazione di un modulo comune per costruire la prospettiva e stabilire la proporzione di figure e sfondi architettonici. L'opera segna anche una progressione nello sviluppo del movimento e dell'espressione delle figure, come anche nella definizione realistica della luce come sostanza spazialmente funzionale, atmosferica. I Ss. Giovanni Battista e Francesco nell'affresco di S. Croce sono più drammaticamente realistici, e più aspramente incisivi, dei loro precedenti nel polittico di S. Lucia. Per la vicinanza stilistica dell'affresco alla produzione finale di Andrea del Castagno a villa Pandolfini ed alla Ss. Annunziata, si ritiene eseguito dopo il 1450. L'opera si trovava originariamente nella cappella Cavalcanti, nella parete divisoria fra navata e coro, smantellata dal Vasari nel 1566; pertanto l'affresco fu spostato in quell'occasione nella parete meridionale, da dove fu infine staccato nel 1954. La Madonna con Bambino di Washington e quella dei Tatti sono opere più difficili da datare: entrambe hanno raffinatezze ed eleganze incompatibili con la produzione iniziale di D., riconducibili, invece, alle caratteristiche della pittura e della scultura fiorentina dell'ultimo decennio della vita di Domenico.

Secondo il Vasari (1568), le opere perdute di D. includono., oltre agli affreschi di S. Egidio ed ai cassoni per Marco Parenti, pitture murali cominciate da D. insieme con Piero della Francesca nella volta della sacrestia della basilica di S. Maria a Loreto e terminate da L. Signorelli e gli affreschi nel palazzo Baglioni di Perugia, andati perduti nel 1540, quando il palazzo fu distrutto. Il Santi (1970) ha identificato un monumentale Uomo in armi (Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria) con un frammento di queste pitture, ma il cattivo stato di conservazione non permette di collegarlo a ciò che si conosce dello stile iniziale di Domenico. Nell'inventario dei Medici del 1494 si trovano due dipinti di D.: un Ritratto di dama e una Figura allegorica, eseguita ad olio. Questo potrebbe dar credito all'affermazione del Vasari secondo cui D. portò a Firenze la tecnica ad olio fiamminga. Ma il perduto dipinto ed anche la Nascita della Vergine di S.Egidio, per cui l'uso dell'olio è confermato da tre acquisti fatti da D. di olio di semi di lino, potrebbero essere stati eseguiti con la tecnica mista descritta da Cennino Cennini.

Le opere autografe di D. (per quelle apocrife cfr. Wohl, 1980) possono essere divise cronologicamente in tre periodi.

Alla fase iniziale (1435-40 c.) appartengono il tabernacolo dei Carnesecchi. la Madonna con Bambino di Bucarest e l'Adorazione dei magi (Berlino-Dahlem), nelle quali D. crea una sintesi fra le innovazioni di Masaccio e Donatello e il naturalismo ornamentale di Gentile da Fabriano e Pisanello, ma dimostra anche di conoscere il gusto per l'equilibrio e la regola dell'Angelico e dei maestri fiorentini minori.

Nel periodo cosìddetto intermedio (1445 c.), in cui vanno collocati la sinopia per il Matrimonio della Vergine di S. Egidio e il pannello centrale raffigurante la Sacra conversazione con le cinque tavolette della predella della pala di S. Lucia, D. esplora le proprietà spaziali ed espressive della linea e del colore, l'uso realistico della luce e l'applicazione dei sistemi proporzionali per controllare ed integrare la visione prospettica ed il disegno bidimensionale. In questo modo e nella chiarezza e sensitività dei soggetti narrativi D. mette in pratica alcune importanti idee espresse dall'Alberti nel De pictura. Nelle opere dell'ultimo periodo (1450-61 c.) si muove in tre delle direzioni caratteristiche di quel decennio: gusto per la ricca decorazione (Madonna con Bambino, "ITatti"), maniera intirnistica nell'esprimere emozioni religiose (Madonna con Bambino di Washington), preferenza per le immagini profondamente realistiche ed ascetiche dei santi (affresco di S. Croce).

Le poche opere rimaste dimostrano che, più di qualsiasi altro pittore del Quattrocento, D. fu incline alle più varie e aperte sintesi stilistiche. Egli ebbe anche un profondo influsso su pittori diversi come Piero della Francesca, Antonio Pollaiolo, Andrea del Verrocchio, Filippino Lippi, le cui mobili tipologie facciali sono conseguenziali alle teste nella pala di S. Lucia, e Bartolomeo Dei (detto della Gatta).

Insieme con Andrea del Castagno, con cui fu spesso confuso nel corso del XVI secolo, D. ebbe un durevole influsso sullo sviluppo della pittura fiorentina del Rinascimento, confrontabile per importanza a quello di Filippo Lippi.

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