GUIDOBONO, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUIDOBONO, Domenico

Lucia Casellato

Nacque a Savona da Giovanni Antonio, decoratore di ceramiche, e da Geronima Croce, decimo di undici figli, il 6 nov. 1668, secondo l'atto di battesimo rintracciato e pubblicato da Varaldo (p. 233).

Fu battezzato presso la chiesa di S. Giovanni Battista della stessa città, ed ebbe come padrino il genovese Domenico Piola, tra i più importanti pittori attivi in Liguria nella seconda metà del Seicento. La circostanza riveste un qual certo rilievo poiché evidenzia la familiarità del padre del G. con l'ambiente artistico genovese, che molto avrebbe influito sulla crescita professionale dei suoi figli. Rimane difficile dunque pensare che, sia pure dopo un primo insegnamento paterno a Savona, l'apprendistato del G. non fosse avvenuto proprio presso la bottega genovese dello stesso Piola, anche considerando che molto probabilmente il medesimo tirocinio era già stato praticato dal più celebre fratello maggiore del G., Bartolomeo. Proprio la fama e la fortuna critica di cui ha goduto quest'ultimo hanno in parte reso difficile ricostruire del G. sia la vita sia l'attività pittorica. Se, infatti, già le notizie biografiche riguardanti il minore dei Guidobono sono decisamente scarne, a questo si deve anche aggiungere il disinteresse della critica che ha concentrato la propria attenzione unicamente sull'attività del "prete di Savona" (come era soprannominato Bartolomeo) lasciando del tutto in disparte l'opera del G., e anzi attribuendogli spesso unicamente le tele peggiori del più noto fratello. D'altro canto, fin da giovane il G. lavorò, e forse viaggiò, insieme con Bartolomeo, affiancandolo nell'esecuzione di molte opere. Anche da ciò deriverebbero le difficoltà degli studiosi a riconoscere la produzione pittorica autonoma dell'artista, che non fu oggetto di specifica attenzione prima della pur sommaria ed estemporanea ricostruzione del suo catalogo condotta da Castelnovi nel 1956 in calce al saggio su Bartolomeo.

Mancano fonti documentarie che possano far chiarezza intorno ai primi spostamenti del G., ma è abbastanza plausibile immaginare il giovanissimo artista al seguito del fratello maggiore che, all'inizio degli anni Ottanta, intraprese una serie di viaggi volti ad approfondire le proprie conoscenze artistiche. Similmente a Bartolomeo, dunque, per il G. si può ipotizzare un primo soggiorno torinese durante gli anni 1684-85, quando cioè al fratello fu affidato l'incarico di eseguire gli affreschi per il santuario di Casanova presso Carmagnola, cittadina vicina al capoluogo piemontese. Qui l'abate Innocenzo Milliavacca gli commissionò nel 1686 la decorazione delle ante dell'organo dell'abbazia, disperse dopo la soppressione del monastero nel XVIII secolo: probabilmente la prima impresa autonoma del Guidobono.

A questo periodo sarebbe riconducibile l'esecuzione da parte del G. di alcune tele a soggetto biblico, non documentate, ma a lui ascrivibili su base stilistica: tra le più significative, Il congedo di Tobiolo nella collezione Gambaro-Ottone a Genova (ripr. in Newcome Schleier, 2002, p. 114) e Susanna e i vecchioni ora al Louvre (ibid., p. 75).

Sempre secondo i documenti, negli anni seguenti il G. si divise fra Casanova e Torino, e concluse gli ulteriori lavori nel frattempo affidatigli dall'abbazia, come si evince dal pagamento di 12 lire "concessili in Torino li 30 giugno 1688 per saldo della pittura fatta al Cemeterio" (Casanova, p. 182).

Non si hanno notizie certe intorno all'artista durante questi anni. Si sa però che nel 1705 il G. era sicuramente di nuovo a Torino insieme con il fratello, ed era anche sposato con Maria Caterina, figlia di Giovanni Battista Gnecco, dalla quale aveva già avuto Maria Giacinta, Beatrice, e Vittorio. L'intero gruppo familiare risulta infatti registrato negli atti del censimento disposto a Torino appunto in quell'anno (Gli artisti a Torino).

A partire dai primi anni del nuovo secolo nella capitale sabauda cominciò per il pittore un periodo di più intenso lavoro in proprio, anche a causa della morte del fratello nel 1709. Al medesimo anno si riconducono gli affreschi nel presbiterio della cattedrale torinese, raffiguranti nella cupola L'apoteosi di s. Lorenzo, titolare della chiesa, e nei pennacchi le Virtù cardinali (Schede Vesme).

Causa però della maggiore notorietà professionale del G. fu sicuramente la continuativa presenza dell'artista, nell'arco di circa un ventennio, all'interno di palazzo Madama, per volere della stessa reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, nota come "madama reale", ma da non confondersi con Maria Cristina Borbone di Francia, duchessa di Savoia, alla quale per prima fu dato lo stesso soprannome.

Alcuni documenti attestano il legame professionale del pittore con la corte sabauda fin dal 1710 (Griseri, 1989, pp. 234 s.), presso la quale, insieme con molti altri artisti, il G. si trovò a partecipare alla risistemazione del palazzo secondo il desiderio della stessa duchessa, che ne voleva fare una dimora non meno sfarzosa del palazzo reale, reggia del figlio Vittorio Amedeo II. Durante un restauro, nel 1923, si scoprì nella cosiddetta "camera nova verso il Po", denominata successivamente stanza della Primavera, dal soggetto degli affreschi della volta, un'iscrizione che non lasciava alcun dubbio sull'identità dell'autore della decorazione: "Die X Xmbris 1714 D. Guidobono perfecit" (Telluccini, p. 109; Mallé, 1970, p. 149).

Dal pennello del G. deriverebbe anche la decorazione della camera da letto di madama reale, raffigurante l'Apoteosi di Giovanna Battista di Savoia-Nemours (ibid., p. 153), già attribuita a Daniele Seyter prima (Viale, p. 15) e a Lorenzo Dufour poi (Griseri, 1963, e 1967, pp. 172, 216), ma che esibisce tutte le coordinate stilistiche proprie di un pittore di formazione genovese quale il G. era. Difficile, stabilire con certezza la cronologia di questi affreschi, sebbene, a parere di Mallé (1970, p. 154), l'impaginazione dei riquadri, entro i quali campeggiano grandi figure allegoriche e motivi floreali, ricordi più propriamente uno schema decorativo in auge verso la fine del Seicento. Ciò indurrebbe dunque ad anteporre gli affreschi dell'alcova alla decorazione della stanza della Primavera, dove, pur se l'impianto generale delle riquadrature è condizionato ancora dal modello dei quadraturisti bolognesi Antonio Maria e Giovanni Enrico Haffner, nell'esecuzione delle parti più libere il G. si orientò sempre più verso quella maniera graziosa e leggera propria dello stile rococò.

Non si esauriscono comunque solo a questi due ambienti gli interventi del pittore savonese in palazzo Madama, poiché sono riconducibili ancora alla sua mano gli affreschi della sala delle Quattro Stagioni, del "gabinetto cinese", e, infine, quelli della "camera nova verso piazza Castello" o "veranda a sud-ovest", creata da Filippo Juvarra nel 1721, data che segna quindi il termine post quem per la datazione dei dipinti.

Nonostante l'impegno costante all'interno di palazzo Madama, il G. lavorò verosimilmente anche in altre residenze nobiliari torinesi. Così, sulla base di una affinità compositivo-stilistica con la decorazione della sala della Primavera, gli sono stati attribuiti anche gli affreschi del palazzo Coardi di Carpeneto (Griseri, 1989, p. 236), ai quali si possono aggiungere plausibilmente anche quelli a soggetto religioso e le tre tele delle sovrapporte per un soggiorno del palazzo dei marchesi di Saluzzo di Paesana (Torino 1675-1699, p. 343).

Con la morte di Maria Giovanna di Savoia, nel 1724, si concluse anche il periodo torinese dell'artista, che si trasferì a Genova, dove non mancò di ottenere ancora commissioni di una certa importanza. Sono da ricondursi a questa fase tarda del pittore - e non intorno al 1700, come suggerito da Castelnovi (p. 250) in opposizione alla più antica testimonianza di Alizieri, ormai pienamente accolta dalla critica più recente - l'esecuzione degli affreschi a palazzo De Mari - Casareto in piazza Campetto. Qui, in specie nella galleria, il linguaggio pittorico del G., quand'anche declinato sull'esempio del fratello Bartolomeo, dimostra tuttavia una più disinvolta padronanza nell'accostare l'elemento decorativo a quello figurativo, raggiungendo effetti di delicata eleganza.

A questo medesimo giro d'anni risalgono pure i dipinti per il genovese palazzo Negrone, in piazza Fontane Marose (Gavazza - Magnani, pp. 74, 176).

Poco o nulla si conosce degli ultimi anni dell'attività e della vita dell'artista. Nel 1737 i padri del convento di Nostra Signora Assunta a Genova, detto anche santuario della Madonnetta, ricevettero dal G. un quadro di sua mano, raffigurante l'Adorazione dei pastori, in cambio di un dipinto, di medesimo soggetto, del fratello Bartolomeo (Castelnovi, p. 244; Ghio, p. 749).

Secondo quanto riferito dalle fonti più antiche (Soprani - Ratti, p. 146), il G. morì nel 1746 a Napoli, dove, ormai anziano, si era trasferito da qualche tempo per lavoro.

Fonti e Bibl.: R. Soprani - G.C. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1797, pp. 145 s.; F. Alizieri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1874, p. 428; A. Telluccini, Il palazzo Madama di Torino, Torino 1928, pp. 102, 109; G. Delogu, Pittori minori liguri lombardi piemontesi del Seicento e Settecento, Venezia 1931, pp. 30, 144; V. Viale, La pittura in Piemonte nel Settecento, in Torino, XXI (1942), 6, p. 17; G.V. Castelnovi, Ricerche per il Guidobono, in Emporium, LXII (1956), 738, pp. 243-258; A. Griseri, Mostra del barocco piemontese, a cura di V. Viale, II, Torino 1963, p. 63; Schede Vesme…, II, Torino 1966, p. 571; A. Griseri, Le metamorfosi del barocco, Torino 1967, pp. 120, 172, 216; L. Mallé, Palazzo Madama in Torino, I, Torino 1970, pp. 138, 141, 143 s., 149, 152-154, 164, 166, 170, 190, 192, 196, 206, 274, 276, 280; C. Varaldo, Note sui Guidobono a Savona, in Atti del III Convegno internazionale della ceramica, Albisola… 1970, Savona 1970, pp. 225-237; La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1971, pp. 252, 264, 277, 291 s.; L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte, Torino 1973, pp. 62, 67-69, 271-273; La Pinacoteca civica di Savona (catal.), Savona 1975, p. 206; F. Marzinot, Ceramica e ceramisti di Liguria, Genova 1979, pp. 210, 214, 235; M. Newcome Schleier, Notes on Guidobono, in Antichità viva, XX (1981), 6, pp. 31-33; G. Romano, Figure del barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province, Torino 1988, p. 351; A. Cottino, Bartolomeo Guidobono - D. G., in La natura morta in Italia, a cura F. Zeri, I, Milano 1989, pp. 116 s.; A. Griseri, I nuovi protagonisti della decorazione, in Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città, a cura di A. Griseri - G. Romano, Torino 1989, pp. 231, 234-237; F. Simonetti, Basilica di S. Maria Assunta a Camogli, Genova 1989, pp. 20 s.; E. Gavazza - F. Lamera - L. Magnani, La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Genova 1990, pp. 424, 445 s.; L. Ghio, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 748 s.; Casanova, arte, storia e territorio di una abbazia cistercense, Carmagnola 1990, pp. 6, 111, 116, 118 s., 178, 180-182, 210; M. Newcome Schleier, in Kunst in der Republik Genua (catal.), a cura di B. Schwenk - B.-M. Walter, Frankfurt a.M. 1992, pp. 181, 219, 614; Torino 1675-1699: strategie e conflitti del barocco, a cura di G. Romano, Torino 1993, pp. 296 s., 340 s., 343, 346-348, 353; Gli artisti a Torino dai censimenti 1705-1806, Torino 1996, p. 15; La cripta ritrovata. D. G. e gli affreschi nascosti dell'abbazia di Casanova, Cavallerleone 1998; E. Gavazza - L. Magnani, Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel Settecento, Genova 2000, pp. 24, 72, 74, 77, 121, 173, 176, 397, 401, 405, 427; M. Newcome Schleier, Bartolomeo e D. G., Torino 2002; G. Spione, Bartolomeo e D. G. in Piemonte, in G. Spione - F. Cappelletti, I fratelli Guidobono e Daniel Seiter: l'avvio della grande composizione a Torino fra Seicento e Settecento, Torino 2002, pp. 19-118; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 462; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 284.

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