DOMIZIO ENOBARBO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

DOMIZIO ENOBARBO (Cn. Domitius Ahenobarbus)

B. M. Felletti Maj

Figlio del pompeiano Lucio Domizio, morto a Farsalo, e di Porcia, sorella di Catone.

Fu avversario di Cesare, seguì le sorti di Bruto e Cassio, sconfiggendo duramente a Brundisium la flotta di Domizio Calvino (42 a. C.). Fu colpito dalla lex Pedia; in seguito parteggiò per Antonio, il quale lo inviò come governatore in Bitinia. Ebbe il consolato nel 32 a. C. con Gaio Sosio. Rimasto fedele lungamente ad Antonio, infine lo abbandonò prima della battaglia di Azio. Accostatosi ad Augusto, morì pochi giorni dopo di malattia.

Coniò fra il 42 e il 40 a. C., in una zecca asiatica o greca, aurei e denari particolarmente interessanti per l'iconografia repubblicana. Sul dritto portano una testa virile, diversa sugli aurei e sui denari, volta a destra, con la stessa leggenda ahenobar. Sugli aurei si ha una testa rotondeggiante, in parte calva, un volto carnoso, con un accenno quasi impercettibile di barba sotto la mandibola. Sui denari si ha una testa allungata, con volto ossuto, barbuto, ma dai tratti generici e impersonali. Gli aurei hanno nel rovescio un tempio tetrastilo ad alto podio e la leggenda cn. domitius. l. f. imp-nept. I denari hanno una prora volta a destraà, sormontata da un trofeo, con la leggenda cn. domitius imp. Tutti gli esegeti sono stati concordi riconoscendo nel tempio quello di Nettuno in circo Flaminio, a cui la famiglia Domizia era legata per averlo costruito, o abbellito, o per particolare devozione. Nel ritratto sugli aurei è stato riconosciuto dai numismatici in genere l'E. vincitore a Brindisi, acclamato in questa occasione Imperator; fece eccezione il Grueber, attribuendolo al fondatore del tempio, che opinò essere stato il Cn. Domitius Ahenobarbus console nel 192 a. C. Il Vessberg recentemente, in base a un calcolo dell'età di Lucio e Gneo Domizio in confronto a quella del ritratto, escluse l'E. vivente e ritenne trattarsi del padre, o dell'avo. Il tipo virile del denario, invece, parve al Babelon (seguito poi da tutti gli studiosi) potersi identificare col primo Domizio che portò il nome di Enobarbo, dopoché i Dioscuri, annunciandogli la vittoria del lago Regillo sui Latini, mutarono in rosso, a prova della loro divinità, il colore nero della sua barba. Nel rovescio è chiara l'allusione alla vittoria di Brindisi. Il ritratto è evidentemente di ricostruzione; il Vessberg lo ha accostato al Bruto (v.) del Museo dei Conservatori, insieme a un gruppo di effigi monetali del I sec. a. C., che hanno avuto probabilmente per prototipi le statue di uomini illustri innalzate in Roma fra lo scorcio del IV e la prima metà del III sec. a. C. Il ritratto degli aurei è invece un vero ritratto. Non par dubbio che derivi da una scultura e che questa fosse opera di scuola greca. Vi si riconoscono tratti di realismo, espressi in taluni esemplari con violenza barocca, in altri con plasticismo più composto; rimane comunque una notevole testimonianza della ritrattistica dell'ultimo ellenismo a servizio dei generali romani. La data più probabile è fra il 50 e il 40 a. C. (v. anche enobarbi).

Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ikon., I, Stoccarda 1882, pp. 24, 198 ss.; Müntztaf., I, 12, III, 74; E. Babelon, Monnaies de la République, Parigi 1885, I, Domitia, nn. 21, 22; A. von Sallet, in Zeitschrift für Numismatik, 18, 1892, p. 203; H. A. Grueber, Coins of the Roman Republic, II, Londra 1910, p. 487 ss., tav. CXII, 14, 15; R. Bartoccini, Il tempio di Nettuno sull'aureo di Cn. Domizio Enobarbo, in Atti e Mem. Ist. It. di Num., III, 1917, p. 83 ss.; M. von Bahrfeldt, Goldmünzenprägung, p. 67; O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte d. römischen Republik, Lund 1941, pp. 123, 151 ss., tav. II, 7, 8, IX, 4.

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