DONNA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

DONNA (XIII, p. 146; App. I, p. 526; II, 1, p. 806; III, 1, p. 500)

Franca Rabaglietti

Il 1975 è stato proclamato dall'ONU l'anno internazionale della donna. A Città di Messico è stata tenuta una Conferenza internazionale, nel corso della quale è stata adottata una dichiarazione che comprende tre diversi capitoli: uguaglianza, sviluppo e pace, e che tende sostanzialmente a sottoporre all'attenzione dei paesi intervenuti quanto la discriminazione millenaria subita dalla d. danneggi in definitiva il pieno sviluppo delle società. La dichiarazione è stata approvata con 89 voti contro uno (Israele) e 14 astenuti (Stati Uniti, Santa Sede e altri paesi occidentali). Il movimento di liberazione della d. (v. femminismo, in questa App.) va quindi registrando al suo attivo il fatto di avere quanto meno portato sul piano della conoscenza mondiale la parte che ha la d. nei grandi problemi che travagliano l'umanità (razzismo, colonialismo, apartheid, crisi della famiglia, criminalità, prostituzione) e le sue possibilità di contributo alla soluzione, una volta abbattute le minorazioni morali e sociali dovute al privilegio maschile. È ovvio che molte situazioni di disagio possono essere attenuate da una legislazione che faccia acquisire alla d., e le garantisca, la pienezza dei diritti che le moderne costituzioni le riconoscono.

Non si tratta soltanto della legislazione di tutela della d. nelle sue tradizionali funzioni di riproduzione e di allevamento della prole (v. lavoro: Lavoro femminile, in questa App.); si tratta specialmente di portare la dignità sociale della d. a un punto in cui non si pongano e non si avvertano altre differenze rispetto al sesso maschile che non siano quelle dovute strettamente alla natura. Un notevole passo in tal senso è offerto dalla legge 9 febbraio 1963, n. 66, che fa cadere seccamente le discriminazioni relative all'accesso alle cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la magistratura, senza limitazioni di mansioni e di svolgimento di carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge. Disposizioni particolari possono regolare l'arruolamento della d. nelle forze armate e nei corpi speciali.

Riforma del diritto di famiglia. - Il nuovo diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) contiene norme che, in modo specifico, tendono a realizzare la parità dei coniugi. Da un punto di vista formale, è rilevante la modifica apportata all'art. 144 del codice civile, secondo cui la moglie assumeva il cognome del marito: oggi è consentito (art. 143 bis) che la moglie aggiunga al proprio cognome quello del marito e anche che conservi la cittadinanza italiana, salvo sua espressa rinuncia, se, per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte del marito, assuma una cittadinanza straniera. Inoltre, l'indirizzo della vita familiare e la residenza non sono più, per la d., quelli prescelti dal marito, ma quelli concordati con lui. Cade così l'istituto della potestà maritale (art. 144 cod. civ.) e viene sostituito con un tipo di accordo, ritenuto confacente con un'organizzazione democratica della famiglia e con la parità dei sessi.

Anche le cause di separazione personale ai sensi dell'art. 151 cod. civ. privilegiavano il marito, in quanto, nei suoi confronti, non era ammessa l'azione di separazione per adulterio senza il concorso di fatti costituenti ingiuria grave per la moglie.

La separazione può ora essere chiesta quando si verifichino fatti che, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, siano tali da rendere impossibile o intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare pregiudizio all'educazione della prole.

Il regime patrimoniale fra i coniugi è stato riformato nel senso che il marito non è più un "capo" naturale avente diritto inderogabile a esercitare certi poteri amministrativi.

L'art. 160 cod. civ. è stato sostituito con una norma ai sensi della quale sono entrambi i coniugi a non poter derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio. È stato soppresso l'istituto della dote, caratteristico della condizione femminile ormai tramontata, ed è stato sostituito con il "fondo patrimoniale", formato da determinati beni immobili, mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, destinati da terzi, da ciascuno o da ambedue i coniugi, a far fronte, con i frutti, ai bisogni della famiglia: la sua proprietà, salvo atto di costituzione contrario, spetta a entrambi i coniugi. Da notare che, nella norma che stabilisce la comunione legale degli acquisti, dei frutti, dei proventi e delle aziende a conduzione familiare, il lavoro della d. è considerato del tutto equivalente a quello dell'uomo.

L'art. 316 cod. civ., in forza del quale la potestà sui figli minori era esercitata dal padre, è stato sostituito da una norma che prescrive l'esercizio della patria potestà di comune accordo, con il ricorso al giudice in caso di contrasto su questioni di particolare importanza.

Anche la rappresentanza dei figli e l'amministrazione dei loro beni spetta congiuntamente ai genitori. Di conseguenza, l'usufrutto legale che, ai sensi dell'art. 324, spettava al padre, è ora attribuito in comune ai genitori esercenti la patria potestà.

Legislazione protettiva del lavoro femminile. - Oltre alle norme che riorganizzano la tutela delle lavoratrici madri (v. lavoro, Lavoro femminile, in questa App.) e regolano l'occupazione femminile (l. 26 aprile 1934, n. 653, sostanzialmente immutata, e l. 29 novembre 1961, n. 1325), con d.m. 19 febbraio 1962 è istituita presso il ministero del Lavoro e della Previdenza sociale una commissione nazionale per le d. lavoratrici. Essa svolge indagini, effettua studi e formula proposte al fine di migliorare le condizioni di lavoro femminile (orientamenti e addestramento professionale; collocamento e migrazioni; disciplina e tutela del rapporto di lavoro; previdenza e assistenza sociale). La commissione, inoltre, è chiamata a dare pareri sull'applicazione della legislazione in materia di lavoratrici madri, di lavoratrici a domicilio, di lavoratrici domestiche e di ogni altra speciale categoria di lavoratrici.

Un altro testo legislativo con cui è stata eliminata una grave discriminazione è la legge 9 gennaio 1963, n. 7, che dispone la non validità delle clausole in base alle quali i datori di lavoro potevano procedere alla risoluzione del rapporto in conseguenza del matrimonio della lavoratrice.

Casalinghe. - Nel quadro dei provvedimenti diretti quanto meno ad alleviare talune penose conseguenze della condizione femminile, s'inserisce la l. 5 marzo 1963, n. 389, e il regolamento per l'esecuzione approvato con d.P.R. 24 aprile 1964, n. 665, sull'istituzione della "mutualità pensioni" a favore delle casalinghe, con lo scopo di gestire la corrispondente assicurazione volontaria.

La "mutualità pensioni" costituisce una gestione separata dell'Istituto nazionale della Previdenza sociale. Vi si possono iscrivere le donne che abbiano superato il 15° anno di età e che non abbiano superato il 50°, indicando la somma che desiderano percepire - come minimo - al raggiungimento del 65° anno di età. In base a tale somma l'Istituto determina l'ammontare del contributo costante da versarsi in ciascun anno per ottenere la pensione indicata.

Domestiche. - A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 27 marzo 1969, con cui è stata dichiarata l'illegittimità del secondo comma dell'art. 2068 che, fra l'altro, sottraeva alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro domestico, è stato stipulato nel maggio 1974 un contratto collettivo per i lavoratori domestici che, pur riguardando l'uno e l'altro sesso, riveste una grande importanza per le cosiddette collaboratrici familiari che costituiscono la percentuale prevalente della domanda di lavoro in questo campo. Il contratto, ovviamente, non ha efficacia erga omnes, ma vincola solo gl'iscritti alle associazioni stipulanti, potendosi estendere, tuttavia, a chi aderisca, attraverso la ricezione delle clausole nei contratti individuali, ai patti collettivi. Il contratto collettivo estende, per quanto possibile, ai lavoratori domestici la disciplina prevista per gli altri lavoratori subordinati e contiene norme che specificamente riguardano l'assunzione, le categorie, il periodo di prova, l'orario di lavoro, le festività infrasettimanali, le ferie, il congedo matrimoniale, le malattie e gl'infortuni, la retribuzione e l'estinzione del rapporto. Il contratto ha inoltre costituito una commissione paritetica nazionale, composta di due rappresentanti per ciascuna delle organizzazioni sindacali stipulanti, con compiti che comprendono l'adeguamento salariale e i tentativi di conciliazione delle controversie di lavoro.

Vedove. - Ai sensi dell'art.8 della l. 2 aprile 1968, n. 482, che contiene la disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e presso le aziende private, che occupino complessivamente più di 35 dipendenti, le vedove di coloro che siano morti per fatto di guerra o per servizio o per lavoro o in seguito all'aggravarsi delle infermità che diedero luogo alla corrispondente pensione, hanno diritto al collocamento obbligatorio; e lo stesso diritto compete alla moglie dell'inabile al lavoro per le medesime cause. Per la bibliografia v. la voce femminismo, in questa Appendice.

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