SIRK, Douglas

Enciclopedia del Cinema (2004)

Sirk, Douglas

Renato Venturelli

Nome d'arte di Hans Detlef Sierck, regista tedesco, di origine danese, nato ad Amburgo il 26 aprile 1897 e morto a Lugano il 14 gennaio 1987. La sua carriera cinematografica, iniziata nella Germania degli anni Trenta, si svolse soprattutto negli Stati Uniti, dove negli anni Cinquanta divenne uno dei massimi esponenti del genere melodrammatico. Anche se le storie sono spesso convenzionali, i personaggi dei melodrammi di S. si rivelano ambigui e contraddittori, le relazioni evocano i modelli della tragedia classica, i conflitti tendono progressivamente a scaturire dall'interiorità dei protagonisti più che da avvenimenti eccezionali. Al tempo stesso il contesto, per lo più quotidiano e borghese, si trasfigura per il tipo di illuminazione antinaturalistica, l'uso inventivo e talvolta surreale del colore, la prepotente evidenza simbolica degli oggetti, l'importanza degli interni, ma anche di elementi primari degli esterni (aria, acqua, cielo).

Figlio di un giornalista, S. trascorse buona parte dell'infanzia in Danimarca, per tornare poi a stabilirsi con la famiglia in Germania, dove frequentò, presso le università di Monaco, Jena, Amburgo, corsi di legge, filosofia e storia dell'arte, tenuti questi ultimi da E. Panofsky da cui fu profondamente influenzato. Nel 1922 pubblicò una traduzione dei sonetti di W. Shakespeare e nello stesso anno esordì nella regia teatrale, diventando presto una delle figure più in vista del teatro tedesco, prima a Brema (1923-1929), quindi a Lipsia (1929-1936). Fin dall'inizio S. tentò di superare le esperienze espressioniste dell'epoca, dimostrando di saper coniugare esigenze commerciali, amore per i classici e attenzione per i contemporanei. Nel 1934 fu assunto dall'UFA come regista cinematografico e negli anni successivi realizzò una serie di film in cui sperimentò la rilettura della tradizione melodrammatica. In Schlussakkord (1936; La nona sinfonia), suo primo capolavoro, film con il quale vinse la Coppa per il miglior film musicale alla Mostra del cinema di Venezia, S. dimostrò di volersi lasciare alle spalle la matrice teatrale per sfruttare le caratteristiche del linguaggio cinematografico. Gli altri due film importanti del primo periodo tedesco, interpretati da Zarah Leander, la cantante-attrice che S. lanciò come diva, furono Zu neuen Ufern (1937; La prigioniera di Syd-ney), su una cantante inglese dell'Ottocento che si sacrifica per amore e viene deportata in Australia, e La Habanera (1937; Habanera), storia d'ambiente esotico in cui si intrecciano tensioni sociali e sentimentali.Alla fine del 1937 S. fuggì dalla Germania nazista, facendo inizialmente tappa in altri Paesi europei e ottenendo dapprima la supervisione artistica di un film franco-svizzero (Accord final, 1938, Accordo finale, di Ignacy Rosenkranz) e poi dirigendone uno olandese (Boefje, 1939). Poi, nel 1940, si trasferì negli Stati Uniti, dove firmò le sue opere con il nome di Douglas Sirk, muovendosi inizialmente nell'ambito di produzioni d'ambiente e di spirito europeo, come Hitler's madman (1943), Summer storm (1944; Temporale d'estate), da A.P. Čechov, o il brillante A scandal in Paris (1946; Uno scandalo a Parigi), ispirato alle imprese dell'ispettore F.-E. Vidocq. Nel dopoguerra si misurò con il noir in Sleep, my love (1948; Donne e veleni) e con Shockproof (1949; Fiori nel fango), quindi tentò nel 1949 di rientrare in Europa, deluso dall'esperienza americana. Le condizioni dell'industria cinematografica tedesca lo spinsero però a tornare a Hollywood, dove firmò con la Universal Pictures il contratto che diede una svolta definitiva alla sua carriera. Da quel momento iniziò infatti a sperimentare il sistema hollywoodiano dei generi: insinuò sottili elementi di critica nella commedia (Has anybody seen my gal?, 1952, Il capitalista); fece incursioni nel western (Taza, son of Cochise, 1954, Il figlio di Kociss), nel peplum (Sign of the pagan, 1954, Il re dei barbari), nell'avventura (Captain Lightfoot, 1955, Il ribelle d'Irlanda). Raggiunse però i risultati migliori con la serie dei melodrammi che realizzò a partire dal 1953, godendo di notevole autonomia nei confronti dello studio e lavorando per lo più con il direttore della fotografia Russell Metty, il consulente per il colore William Fritzsche, il musicista Frank Skinner e il produttore Ross Hunter. Nel modello strutturale del genere S. seppe introdurre un afflato morale e uno studio dei sentimenti che rendono con grande tensione figurativa e narrativa la vita claustrofobica della provincia americana. Dopo All I desire (1953; Desiderio di donna), il film che segnò la sua carriera fu Magnificent obsession (1954; Magnifica ossessione), storia a forti tinte basata su amore e cecità, medicina e religione, irresponsabilità vitalistica e ripensamento morale: in questa occasione S. passò a quell'uso estremo del colore che avrebbe caratterizzato le sue opere migliori, e lanciò definitivamente come star Rock Hudson, interprete di otto dei suoi film. Il grande successo ottenuto diede il via a una serie di capolavori: All that heaven allows (1955; Secondo amore) e Written on the wind (1956; Come le foglie al vento), film in cui i temi dei rapporti familiari, del tradimento, della seduzione, della labilità dei sentimenti si accompagnano a una emotività esacerbata; The tarnished angels (1957; Il trapezio della vita), da W. Faulkner, A time to love and a time to die (1958; Tempo di vivere) dall'omonimo romanzo di E.M. Remarque, in cui le passioni private sono messe in contrasto con la tragedia della guerra; Imitation of life (1959; Lo specchio della vita), melodramma sui rapporti complessi e sofferti tra madre e figlia e remake del film omonimo (1934) di John M. Stahl, in cui S. evidenzia il gioco delle illusioni e delle apparenze. In questi film, il regista portò a saturazione i conflitti sentimentali attraverso un'esemplare fusione di sapienza drammaturgica e sapienza figurativa. L'osservazione della borghesia americana si caratterizza infatti per una grande intensità emotiva, accompagnata però da un sottile senso di distacco che si manifesta proprio attraverso gli eccessi espressivi, fino a quelli che S. definiva unhappy happy end, dove la regola del lieto fine viene rispettata lasciando tuttavia un senso di amarezza e di fallimento.

Nel 1959 decise di porre fine all'esperienza hollywoodiana e tornò in Europa dove riprese il nome di Detlef Sierck per svolgere l'attività teatrale, insegnò cinema e firmò come Douglas Sirk tre cortometraggi realizzati con gli allievi. Dopo un breve periodo di oblio la sua opera venne riscoperta alla fine degli anni Sessanta e rilanciata all'inizio dei Settanta, quando J. Halliday pubblicò un libro-intervista, il Festival di Edimburgo gli dedicò nel 1972 un'ampia retrospettiva, e Rainer W. Fassbinder si schierò tra i suoi più entusiasti e convinti estimatori, contribuendo a far coincidere la rivalutazione del regista con una più generale riflessione sull'intero melodramma cinematografico.

Bibliografia

Sirk on Sirk: interviews with Jon Halliday, London 1971.

M. Stern, Douglas Sirk, Boston 1979.

J.-L. Bourget, Douglas Sirk, Paris 1984.

A. Castellano, Douglas Sirk, Firenze 1987.

B. Klinger, Melodrama and meaning: History, culture and the films of Douglas Sirk, Bloomington 1994.

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