E-book

Il Libro dell'Anno 2001

Maurizio Costa e Fabio Ciotti

e-book

Dalla pagina di carta alla pagina elettronica: il libro cambia formato

Gli e-book e la nuova frontiera del libro digitale

di Maurizio Costa

17 maggio

Si inaugura nella sede espositiva del Lingotto di Torino la quattordicesima Fiera del libro, rassegna annuale dell'editoria italiana. Nei 270 incontri nei quali si articola la manifestazione, le case editrici presentano le loro novità di maggior rilievo e si discute sulle condizioni del mercato, che per la prima volta si trova a fare i conti con la produzione italiana di e-book. Il punto centrale del dibattito verte sulla possibilità che in futuro il libro stampato possa essere sostituito, in tutto o in parte, dal formato elettronico.

Un libro da accendere

Nel suo uso comune la parola libro contiene un'ambiguità di fondo. Con lo stesso termine si indicano concetti tra di loro connessi ma anche distinti: un oggetto fisico di carta, che si può toccare e maneggiare, e allo stesso tempo un testo, inteso come corpo discorsivo organizzato secondo proprie leggi. Per quelli che lavorano in una casa editrice a questi significati se ne aggiunge un terzo: quello di prodotto commerciale con determinate caratteristiche economiche e giuridiche relative, per es., al prezzo o alla protezione del diritto d'autore.

Fin qui, però, si parla di libri tradizionali. In realtà, ormai da qualche tempo, i libri non sono più solo di carta, e molte regole di base del settore editoriale stanno cambiando: la tecnologia ha fatto irruzione in un campo che da centinaia di anni non vedeva grandi discontinuità. Di conseguenza, le abitudini consolidate dei lettori dovrebbero nel medio-lungo periodo modificarsi. Le novità più importanti hanno nomi inglesi come print on demand, book on demand, e-paper (carta elettronica), e soprattutto e-book, il libro elettronico.

Con l'espressione libro elettronico l'ambiguità terminologica già osservata per il libro tradizionale, se possibile, aumenta. In senso generico e improprio per e-book si intende a volte un qualsiasi testo in formato elettronico, in pratica un file, che può essere di diversi formati (ascii, text, html, pdf, word). In senso stretto, la parola e-book indica, invece, quel particolare tipo di testo elettronico che, per il suo formato, è leggibile e consultabile attraverso il computer ma con modalità simili a quelle dei libri di carta. Questi testi, oltre che da terminali e personal computer portatili, sono leggibili da un dispositivo dedicato che viene tecnicamente definito come e-book reader (lettore di libri elettronici), ma a cui spesso ci si riferisce con il termine generico di e-book.

Anche in questo caso, dunque, parlando di e-book si possono intendere due cose diverse (sia pure legate tra di loro): da un lato, un testo digitale (sostanzialmente un file di un particolare formato), che per le sue caratteristiche di definizione del carattere, di scorrevolezza e di impaginazione offre un'esperienza di lettura analoga a quella di un libro; dall'altro, l'hardware, l'e-book reader, cioè lo specifico dispositivo fisico (in inglese, device) che permette, in alternativa al computer, di leggere questi testi, di solito scaricandoli da Internet.

I più moderni e-book reader sono dispositivi che davvero consentono di leggere un testo come se ci si trovasse di fronte un libro cartaceo e anche fisicamente sono simili per dimensioni e caratteristiche a un normale volume. I modelli più diffusi pesano qualche centinaio di grammi e presentano su una faccia uno schermo ad alta definizione con qualche semplice tasto: sfiorandolo si sfogliano le pagine elettroniche del libro. In commercio a livello internazionale ce ne sono ormai una decina, alcuni dotati anche di una copertina ripiegabile simile a quella di un qualsiasi volume paperback.

La maggiore differenza tra libro di carta ed e-book è la perdita dell'identificazione tra supporto fisico e testo. Mentre una copia cartacea dei Promessi Sposi rimarrà per sempre tale, un e-book reader su cui sia stato inserito il romanzo di Alessandro Manzoni potrà contenere allo stesso tempo moltissimi altri testi immagazzinati nella sua memoria digitale. Quella di leggere e conservare diverse opere utilizzando un solo oggetto fisico è la vera opportunità offerta dall'e-book, visto che un modello medio può immagazzinare fino a 150.000 pagine.

La distinzione tra supporti fisici e contenuti, o 'tra atomi e bit' - secondo una formula resa celebre da Nicholas Negroponte, direttore del Media Lab del MIT (Massachusetts institute of technology) di Boston -, è l'essenza stessa della rivoluzione digitale. Tenerla presente è utile anche per capire le sperimentazioni in corso in alcuni laboratori americani che, sia pure in prospettiva più lontana di quella dell'e-book, potrebbero profondamente cambiare la tradizionale concezione di libro.

Una strada alternativa: l'e-paper

Possibilità del tutto nuove si aprirebbero con l'utilizzo commerciale della cosiddetta e-paper (electronic paper o carta elettronica). A condurre esperimenti in questa direzione è il già citato Media Lab del MIT, ma analoghe ricerche sta conducendo anche la Xerox al Palo Alto Research Center, in California.

La carta digitale frutto dei tentativi del Media Lab ha tutte le caratteristiche della carta vera: flessibilità, pieghevolezza, leggerezza, eventuale rilegabilità in un libro simile a quelli tradizionali. Su questo materiale vengono applicate particelle d'inchiostro polarizzabili e alcuni circuiti elettrici. L'impianto è gestito da un processore digitale e da una memoria in cui sono contenuti testi diversi che possono essere di volta in volta richiamati e 'riscritti' sulle pagine dell'e-paper.

Una società nata da una costola del Media Lab, la E Ink Corporation, è già arrivata a risultati concreti, realizzando un sottile schermo rigido, commercializzato con il nome di Inmedia, formato da due strati: il primo è una lamina sottile di minuscole capsule di inchiostro dalle dimensioni di circa 100 micron (più o meno quelle di un capello); il secondo, posto immediatamente sotto, è un sistema di circuiti elettrici, controllato da un normale software per la gestione di display. Guardate nel loro insieme, le capsule di inchiostro formano una superficie di colore blu, ma ognuna di esse contiene una minuscola particella di pigmento caricata positivamente, che si muove verso l'alto colorando di bianco la capsula quando a essa è applicata una carica negativa. Il risultato è uno schermo su cui è possibile scrivere e riscrivere testi un numero potenzialmente infinito di volte, con una definizione paragonabile a quella della carta e con un consumo energetico bassissimo (secondo la società americana 1000 schermi utilizzati contemporaneamente consumano la stessa energia di una normale lampada per illuminazione).

Per il momento, Inmedia è stato utilizzato come display luminoso nei negozi. Il quotidiano The Arizona Republic ha impiegato gli schermi come locandine, aggiornate via Internet, in alcune postazioni strategiche nei dintorni di Phoenix. Ora si prevede di passare dallo schermo a un vero e proprio libro, che potrebbe diventare anche una sorta di giornale permanente, destinato a essere riscritto, una o più volte al giorno, grazie al semplice collegamento con una qualsiasi rete di telefonia digitale.

La rivoluzione alle porte: print on demand, book on demand

Le ricerche sulla carta elettronica avranno ricadute sul mondo del libro solo tra alcuni anni. Più vicina è un'altra novità che potrebbe determinare importanti cambiamenti. La possibilità di disporre di testi digitalizzati depositati su archivi elettronici, accessibili magari via Internet, apre, per es., la strada al cosiddetto print on demand (POD) o allo short run printing. Nel primo caso il lettore può ottenere la stampa di singole copie (è questo il print on demand in senso stretto) di testi rari o comunque non disponibili in catalogo. Il risultato sarà del tutto simile per qualità e impaginazione a un normalissimo libro. Nel secondo caso, quello dello short run printing, la riproduzione non riguarderà copie singole ma tirature limitate. Presto, dunque, si potranno dischiudere nuove possibilità (anche in termini di prezzo) a chi acquista libri per motivi di studio, consultazione e ricerca.

Ormai alle porte è anche la realizzazione del cosiddetto book on demand, vale a dire un libro cartaceo (oppure elettronico) che viene realizzato appositamente, in base alle esigenze espresse dal singolo cliente, attingendo da un archivio elettronico esistente. L'esempio più chiaro di un prodotto del genere è quello delle guide turistiche, stampate in base allo specifico itinerario di viaggio che il lettore intende seguire.

Quanto le ipotesi di print on demand e di book on demand siano concrete lo dimostrano le iniziative avviate da catene di librerie quali Barnes & Noble negli Stati Uniti: presso alcuni magazzini e punti di vendita selezionati sono state introdotte macchine in grado di stampare e rilegare a richiesta del cliente piccole quantità di testi digitalizzati che, una volta usciti dalla macchina, sono del tutto simili a quelli tradizionali. Secondo gli analisti del mercato librario negli USA, questi 'bancomat del libro', che potranno essere gestiti anche via Internet, diventeranno di uso comune entro pochi anni e potranno essere utilizzati non soltanto nelle librerie ma anche nelle sale d'aspetto di stazioni o aeroporti e nei grandi magazzini.

Per quanto riguarda invece il book on demand è da segnalare l'esperienza di Booktailor, una società con sede a Londra, controllata dal gruppo tedesco Bertelsmann. Attraverso un sito Internet realizzava guide turistiche e altri prodotti editoriali su misura. Il lettore sceglieva i contenuti desiderati; un motore di ricerca trovava gli argomenti su un archivio preesistente in formato digitale e li metteva in ordine, indice compreso. Confermata l'ordinazione (tutta la procedura richiedeva pochi minuti) il libro, rilegato e impaginato come un normale testo, veniva inviato a casa per posta. La società non è riuscita a sopravvivere alla crisi che ha coinvolto molte altre Internet companies e ha chiuso i battenti in estate, dopo circa un anno di attività. Un esempio, questo, che può essere considerato significativo: le innovazioni tecnologiche più promettenti, anche in campo editoriale, non garantiscono di per sé il superamento della verifica di un mercato sempre più orientato al breve o brevissimo periodo.

E-book: questione di tecnologia

A cambiare, almeno in parte, le abitudini dei lettori e l'attività delle case editrici nei prossimi anni sarà in tutta probabilità l'e-book. Il suo sviluppo è strettamente legato all'evoluzione dell'industria informatica, relativamente sia all'hardware sia al software. Da questo punto di vista la diffusione di Internet non ha fatto altro che accelerare uno sviluppo ormai avviato da tempo: inizialmente riservata a pochi e costosissimi mainframe aziendali, la capacità di elaborazione si è distribuita fino a consentire di produrre dispositivi di dimensioni ridottissime in grado di gestire i software più complessi. Così, a computer desktop (da scrivania) o laptop (portatili) si sono affiancati personal digital assistant (PDA) e pocket pc, in grado di scrivere e memorizzare testi, fungere da agenda elettronica, comunicare con Internet e gestire software che riproducono l'esperienza di lettura. "Con Internet il computer si è moltiplicato", ha dichiarato di recente il numero uno dell'informatica mondiale Bill Gates. Dal computer come lo si è sempre inteso si è passati a una serie di dispositivi che interagiscono tra di loro in maniera evoluta e che, a costi diversi e con un diverso posizionamento di mercato, sono indirizzati a soddisfare le più disparate esigenze dell'utilizzatore.

L'ultimo device lanciato negli Stati Uniti nel corso del 2001 è il web pad o web tablet (a proporlo sono, tra gli altri, colossi come Sony e Siemens). Si tratta di una via di mezzo tra agenda elettronica e computer portatile: altezza e larghezza superano di poco quelle di un foglio protocollo, mentre lo spessore è di pochi centimetri. I migliori web pads in genere hanno un processore che va dai 200 ai 400 megahertz, disco rigido fino a 6 gigabyte di memoria, e in molti casi un software in grado di gestire gli stessi compiti del personal computer. Di solito i web pads si connettono a Internet attraverso una base che funziona anche come caricabatterie.

Con le loro caratteristiche i web pads non fanno altro che anticipare lo strumento che dovrebbe rappresentare una svolta nel settore e costituire una novità importante anche per la diffusione dell'e-book: il cosiddetto tablet personal computer, il cui lancio è previsto per il 2002. A puntare tutte le sue carte sul tablet è Microsoft, la società informatica che fornisce i propri sistemi operativi a circa il 90% dei computer installati nel mondo. Il tablet, leggerissimo, avrà le dimensioni di un foglio A4, pochi centimetri di spessore, sarà in grado di compiere tutte le funzioni di un computer desktop: per la scrittura si potrà utilizzare una tastiera di accompagnamento o uno stilo in grado di interagire con lo schermo. Secondo Microsoft sarà il tablet il nuovo standard nell'informatica mondiale; grande e leggero come una cartelletta, per la sua maneggevolezza e per la qualità del suo schermo sarà lo strumento ideale per leggere gli e-book. Su ogni tablet sarà infatti installato di serie il software Microsoft Reader, l'altra grande novità su cui la società di Seattle spera di fondare il successo degli e-book.

Microsoft Reader si basa sulla tecnologia clear type sviluppata nei laboratori della Microsoft: scomponendo i pixel, i micropunti che costituiscono l'unità di base degli schermi dei moderni computer, riesce a triplicare la definizione dell'immagine e consente di regolare dimensioni e nitidezza del carattere. Per voltare pagina basta sfiorare un tasto; è possibile inserire dei segnalibri per recuperare i passi più interessanti, sottolineare o evidenziare passaggi di testo, inserire appunti e note. Una funzione di ricerca permette di recuperare parole o espressioni e di controllare significati e sfumature in un dizionario incorporato. In più, Reader ha una caratteristica importante: i testi tradotti in questo formato contengono un codice crittografico che rende impossibili la stampa e la copiatura su computer diversi da quelli dell'utilizzatore. A prima vista sembra un limite, ma senza questa garanzia nessun autore e nessun editore accetterebbero di passare i propri testi in un formato che non assicurerebbe alcun tipo di ritorno economico. Quella di Microsoft non è l'unica piattaforma per e-book. A proporre altri standard commerciali sono Adobe, un altro grande nome dell'informatica, e Gemstar, che ha assorbito due tra le società pionieristiche nel settore dell'e-book, Softbook e Nuvomedia. Con tutta probabilità saranno questi tre gruppi a disputarsi il mercato negli anni a venire. Anche se fare previsioni sul settore è impresa ardua: la tecnologia si evolve giorno dopo giorno e la velocità del cambiamento subisce continue accelerazioni. "Dire oggi che cosa sarà l'e-book - ha detto un analista - sarebbe come aver scritto la storia della stampa a caratteri mobili il giorno dopo l'invenzione di Gutenberg".

La forza del cambiamento

Resta da stabilire quale sarà l'impatto economico dell'e-book sul settore del libro. Forrester Research, una delle maggiori società di ricerca nel campo delle nuove tecnologie, ha pubblicato qualche tempo fa una sua previsione: nel 2005 il libro elettronico peserà sul mercato statunitense circa 7,8 miliardi di dollari, coprendo più o meno il 17% del mercato dell'editoria. Secondo gli analisti di Forrester gran parte della somma sarà spesa per acquisire testi elettronici; una quota molto più piccola (251 milioni di dollari) riguarderà la vendita di dispositivi fisici specificamente dedicati alla lettura (e-book reader). Nella maggior parte dei casi, dunque, l'e-book si leggerà sui computer: da quelli più piccoli (pocket e personal digital assistant) ai già citati tablet. Un ostacolo alla sua diffusione potrà essere rappresentato dalla difficoltà che le società del settore informatico dimostrano nel trovare uno standard comune, mentre alcuni settori del mondo editoriale si dimostreranno più permeabili di altri.

Secondo gli analisti, il boom dell'e-book dovrebbe essere sicuro in settori come quello dell'editoria scolastica. I vantaggi del libro elettronico in questo campo sono evidenti: la possibilità di passare da un argomento all'altro attraverso i link ipertestuali, le potenzialità multimediali offerte dall'incrocio tra e-book e computer (per es. un libro dedicato alle lingue straniere può offrire file audio con la corretta pronuncia). Tra i pregi ci sono le possibilità di adattare i testi alle esigenze dell'allievo e di aggiornarli praticamente in tempo reale attraverso Internet. Infine testi ed elaborati potranno essere condivisi a distanza tra gli allievi stessi e tra allievi e professori.

Particolarmente adatta all'uso dell'e-book potrebbe essere anche l'editoria professionale (si pensi semplicemente all'opportunità di variare e aggiornare la manualistica in tempo reale). Intuibili anche le potenzialità legate al turismo e in generale alla mobilità (qui il grande valore aggiunto per chi viaggia dovrebbe essere costituito dalla possibilità di immagazzinare grandi quantità di testi e informazioni in un unico supporto fisico).

Bastano le dimensioni quantitative e qualitative che secondo tutti gli analisti il fenomeno libro elettronico assumerà nei prossimi anni, per parlare di svolta epocale? Uno dei più noti storici della cultura, Roger Chartier (autore con Guglielmo Cavallo di una apprezzata Storia della lettura), ha paragonato l'avvento dell'e-book al passaggio, avvenuto tra il 2° e il 4° secolo dell'era cristiana, dal volumen al codex. Il primo, costituito da un rotolo, fu sostituito dal vero e proprio libro (il codex, appunto), fatto di fogli piegati e rilegati che consentì per la prima volta di sfogliare i testi e di ritrovare con una certa facilità questo o quel passaggio. "La rivoluzione odierna - sostiene Chartier - è altrettanto importante, ma è ancora più radicale poiché modifica, al tempo stesso, la tecnica di trasmissione dei testi, il supporto della loro lettura e i loro possibili utilizzi". Fondamentale, secondo l'autore francese, è la possibilità offerta dalla nuova tecnica di organizzare il testo su diversi livelli, in maniera finora inedita, passando da una fruizione sequenziale a una ipertestuale.

Ma la rivoluzione del codex - ricorda ancora Chartier - è durata diversi secoli, nel corso dei quali codex e volumen hanno convissuto mantenendo un loro specifico spazio. È quello che sta per accadere ora tra libro tradizionale e libro elettronico. Quest'ultimo potrà forse, ma solo in un giorno lontano, prendere definitivamente il sopravvento. Per il momento la carta ha un ruolo ancora insostituibile. Nel corso del 2000 uno dei riconosciuti maestri della letteratura horror, Stephen King, fece scalpore per il tentativo di percorrere una strada nuova pubblicando in Rete un suo racconto, Riding the bullet, che fu scaricato dai computer di oltre 500.000 lettori; a pochi mesi di distanza King ha ripetuto l'esperimento con un romanzo a puntate, non riscuotendo però grande consenso. Quest'anno per il suo ultimo thriller, accolto come al solito da attese di successo multimiliardario, ha scelto una via più tradizionale: quella di un bel volume rilegato.

repertorio

Internet e la diffusione del sapere

di Fabio Ciotti

Le tecnologie digitali sono un poderoso motore di trasformazione sociale e culturale. Tuttavia, negli ultimi due o tre anni l'attenzione di analisti e pubblicistica si è concentrata sui loro effetti sulla produzione e la circolazione di beni e capitali. Il dibattito culturale sui nuovi media, invece, è rimasto nell'ombra, illuminato solo saltuariamente dalla scintillante luce riflessa dai fiumi di denaro virtuale che sembrava dovessero fluire ininterrottamente da quanto era collegato, in qualche modo, a Internet.

La crisi della cosiddetta new economy, oltre a svelare la natura ideologica di tante asserzioni piuttosto avventate (come quelle che pretendevano di aver finalmente trovato la chiave per uno sviluppo economico esente da fluttuazioni cicliche), ha consentito di riportare in primo piano l'attenzione sugli effetti culturali della rivoluzione digitale, che appaiono altrettanto se non più profondi di quelli strettamente economici.

Infatti, nel giro di pochi anni la diffusione delle nuove tecnologie ha dato origine a nuove pratiche comunicative individuali e collettive, nuovi linguaggi e forme di espressione, nuovi modi di produzione e disseminazione dell'informazione. Siamo in presenza di un processo di trasformazione che investe sin dalle fondamenta l'edificio culturale occidentale, in modo non dissimile da quanto è avvenuto tra il 15° e il 16° secolo con l'invenzione e la rapida diffusione della stampa a caratteri mobili. Anzi, con ogni probabilità le conseguenze della rivoluzione digitale saranno anche più profonde, se si tiene conto del fatto che essa si colloca in un contesto di globalizzazione delle relazioni sociali, economiche e culturali che amplifica la pervasività del processo.

Naturalmente in medias res è assai difficile fare previsioni sull'esito della trasformazione. È possibile tuttavia individuare alcuni nodi critici su cui a più riprese si è concentrata l'attenzione degli studiosi: il primo è quello rubricato in genere come il 'problema della selezione dell'informazione'; il secondo, strettamente connesso al precedente, è quello relativo alla formazione della conoscenza; il terzo, infine, è quello relativo al destino della testualità e delle forme di sapere a essa connesse nell'era digitale. Prima di affrontare questi temi, è opportuno fornire un breve quadro delle tecnologie in questione.

Internet: il medium della comunicazione globale

La 'rivoluzione digitale' poggia su due pilastri ideali: il primo è costituito dal computer, e in particolare dal personal computer; il secondo dalle telecomunicazioni digitali, e in particolare dalla rete Internet. Proprio intorno alla prodigiosa espansione di questa rete telematica, nata nei laboratori informatici di alcune università statunitensi oltre 30 anni fa, ruota gran parte delle trasformazioni cui abbiamo accennato.

Il personal computer è ormai parte dell'orizzonte di esperienze comuni: sebbene in pochi sappiano come realmente funzioni, esso non è più considerato un oggetto misterioso. Non si può dire lo stesso di Internet. A differenza del personal computer, che è pur sempre un oggetto fisico ben individuabile, Internet non sembra avere una collocazione precisa nello spazio. Anzi, proprio da questa sua natura immateriale paiono derivare tutte le sue straordinarie caratteristiche.

In effetti è piuttosto difficile riuscire a dare una definizione esaustiva e chiara di Internet in poche parole. Nel fenomeno Internet convergono aspetti tecnologici, comunicativi e socioculturali. Secondo il livello di descrizione adottato, si può dare della rete una diversa definizione. Se la si considera dal punto di vista tecnologico, Internet non è affatto un misterioso luogo immateriale: essa infatti è costituita da alcuni milioni di computer, disseminati per tutto il pianeta, e connessi tra loro mediante cavi, anch'essi di vario tipo, o apparati di trasmissione e ricezione radio. Più precisamente essa è una rete di reti telematiche, che collega in tutto il mondo migliaia di reti, basate su tecnologie e infrastrutture diverse. I computer collegati a Internet in modo permanente e attraverso delle linee di trasmissione dedicate vengono detti host. Oltre agli host veri e propri, moltissimi computer si collegano alla rete in modo temporaneo. Si tratta di collegamenti che vengono effettuati mediante linee telefoniche (sia analogiche sia digitali). La maggior parte di questi collegamenti temporanei è effettuata da utenti domestici, utenti cioè che si collegano alla rete Internet dalle loro abitazioni private.

Questa descrizione permette di cogliere l'aspetto tecnologico della rete, ma non esaurisce il discorso sulla sua natura. Soprattutto, non dice cosa è Internet dal punto di vista dell'utente, e dunque non spiega la grande importanza che essa riveste nel moderno universo della comunicazione sociale. Per capire meglio il significato di questa affermazione, pensiamo per analogia a uno strumento che conosciamo bene: il telefono. Anche la rete telefonica è un apparato tecnico, composto di apparecchi telefonici, cavi e centrali di smistamento. Ma soprattutto è uno strumento di comunicazione, ed è così che la considerano i milioni di utenti che ne fanno uso. Ebbene, Internet, proprio come la rete telefonica, permette la diffusione e lo scambio di informazione tra milioni di persone. Anche se sono i computer a prendersi carico della gestione e del trasferimento di tale informazione in forma digitale, il suo contenuto è prodotto dagli uomini che stanno davanti al video e alla tastiera. Naturalmente, come ogni analogia, anche questa non esaurisce tutti gli aspetti del fenomeno che vuole chiarire. Infatti, a differenza del 'vecchio' telefono, Internet è in grado di offrire ai suoi utilizzatori una varietà di strumenti di comunicazione e dunque una capacità di comunicare molto più ricca e articolata.

In primo luogo, le informazioni scambiate su Internet non sono solo ed esclusivamente suoni, ma sono informazioni multimediali. Sulla rete, infatti, viaggiano tutti i generi di informazioni che un qualunque computer è in grado di utilizzare e manipolare: testi, immagini, filmati, suoni e programmi informatici, il tutto codificato in formato digitale. In teoria, ogni utente della rete è in grado di inviare e ricevere informazioni in ciascuna di queste forme. Un'altra caratteristica della comunicazione sulla rete è la sua interattività, intendendo con tale termine la possibilità per ogni utente della rete di essere sia emittente sia destinatario della comunicazione e quella per il destinatario di intervenire attivamente nelle forme e nei tempi della fruizione (ascolto, lettura, visione ecc.) dei messaggi.

In secondo luogo, Internet mette a disposizione dei suoi utenti una pluralità di strumenti di comunicazione che possono e devono essere utilizzati in modi e contesti diversi. Ognuno di questi strumenti, infatti, fornisce diverse funzionalità e modalità di comunicazione e di accesso alle informazioni.

Alcuni di essi sono strumenti di comunicazione personale. Per es., mediante la posta elettronica (uno dei primi strumenti che la rete ha messo a disposizione dei suoi utenti) è possibile inviare messaggi privati a un altro singolo utente, come avviene per la posta tradizionale. Mediante le conferenze telematiche, invece, è possibile inviare un messaggio pubblico, che numerosi altri utenti potranno leggere, e al quale, in modo altrettanto pubblico, potranno replicare, fino a costruire dei veri e propri forum in cui una certa comunità di utenti, accomunati da un particolare interesse, si impegna in appassionati dibattiti. Gli strumenti che abbiamo visto finora hanno la caratteristica di rendere possibile una forma di comunicazione 'asincrona'. Essi, cioè, impongono un salto temporale tra la trasmissione del messaggio da parte del mittente e la sua ricezione da parte del o dei destinatari, e la conseguente risposta. Tuttavia su Internet sono disponibili tecnologie che permettono di comunicare anche in tempo reale, sempre mediante lo scambio di brevi messaggi scritti. Tra queste le più note e diffuse sono le cosiddette chat.

Ma lo strumento che ha fatto di Internet un fenomeno di massa, e che ne ha cambiato decisamente il volto, rendendo l'interazione con la rete un'attività semplice e gradevole, è senza dubbio il WWW (World Wide Web). Il nome di questo sistema, che tradotto in italiano suonerebbe 'la ragnatela mondiale', fornisce un'immagine assai illuminante della sua natura. WWW, infatti, è un'enorme rete di documenti, contenenti testi, immagini ma anche suoni e animazioni, distribuiti tra i vari nodi di Internet, e collegati tra loro a formare una trama virtualmente infinita. Lungo questa trama ogni utente può costruire i suoi percorsi di lettura, guidato dai suoi interessi e dalla sua curiosità. Un simile sistema di organizzazione delle informazioni viene denominato ipertesto.

Dalla selezione dell'informazione alla formazione delle conoscenze

La 'ricchezza comunicativa' che Internet mette a disposizione dei suoi utenti si traduce in un aumento di complessità nella sua utilizzazione: sia perché ognuno degli strumenti di Internet richiede uno specifico apprendimento dal punto di vista strettamente applicativo e da quello concettuale e comunicativo, sia perché la massa di informazioni che essa mette a disposizione di ogni singolo utente è di numerosi ordini di grandezza superiore rispetto a quella fornita dai media 'tradizionali'.

Per fare alcuni esempi, il numero delle conferenze tematiche pubbliche presenti sulla rete è superiore ormai alle 30.000 unità, e ogni giorno in ciascuna di esse vengono inviate anche diverse centinaia di messaggi, per non parlare delle decine di migliaia di conferenze private e dei milioni di messaggi di posta elettronica. Ma l'idea di un vero e proprio oceano di informazioni si adatta soprattutto al World Wide Web. Basti pensare che oggi vi si contano diversi miliardi di pagine che trattano degli argomenti più disparati e che sono realizzate da autori ed editori di ogni tipo: si va dalle università alle industrie private (grandi e piccole), dai centri di ricerca ai negozi on-line, dalle imprese editoriali ai partiti politici. Vi sono poi le numerosissime home pages personali che vengono approntate da singoli utenti della rete. L'esplosione di massa del fenomeno Internet è dovuta essenzialmente a questo quanto mai variopinto e variegato mare di informazioni che milioni di persone quotidianamente consultano.

A fronte di tale ricchezza informativa le capacità di selezione, gestione, valutazione e soprattutto riflessione critica di un comune essere umano sembrerebbero decisamente sopraffatte. Si pone dunque un evidente problema: non c'è il rischio che l'abbondanza degeneri in caos informativo e che la valutazione critica e selettiva delle informazioni venga meno, facilitando di conseguenza la diffusione di cattive o false informazioni? Si noti, per inciso, che il problema ha anche un suo risvolto sociale: infatti è probabile che la capacità di selezione e valutazione critica dell'informazione 'grezza' sia tanto maggiore quanto più alto è il livello di competenza culturale del soggetto e di conseguenza il livello sociale al quale egli appartiene. I nuovi media, dunque, rischiano di approfondire i solchi della divisione sociale e di allargare la sperequazione nella distribuzione del capitale cognitivo.

A questo proposito è opportuno distinguere i due aspetti del problema: il primo è quello relativo alla 'pura e semplice' ricerca e selezione delle informazioni; il secondo riguarda, invece, la capacità di trasformare le informazioni individuate in conoscenza vera e propria, esercitando il giudizio critico nella valutazione delle stesse. L'allarme da più parti espresso circa il rischio di overflow informativo pare non tenere conto sia del fatto che esistono oggi numerosi e avanzati sistemi di ricerca e organizzazione dell'informazione in rete, sia del fatto che gli utenti sembrano aver maturato autonome strategie di ricerca e selezione.

Il fenomeno dei portali, per es., al di là delle valenze economiche, è a questo riguardo esemplare. Nati come strumenti di accesso, spesso collegati ai vari strumenti di ricerca dell'informazione in rete, i portali si sono progressivamente espansi e diversificati, sino a divenire dei veri propri continenti nel caotico mare informativo del Web: continenti caratterizzati da complesse e organizzate architetture informative e che, da questo punto di vista, si oppongono alla tradizionale disorganizzazione dell'informazione di rete. In tal modo questi prodotti editoriali hanno cercato di venire incontro a un'esigenza che emergeva in modo spontaneo dagli utenti della rete man mano che il loro numero cresceva e la loro caratterizzazione demografica si diversificava rispetto a quella originale: mettere ordine dove regnava il disordine, selezionare e gerarchizzare dove prevalevano la reticolarità e l'orizzontalità, valutare e qualificare dove trionfava l'indistinzione.

E più che ai portali orizzontali, o portali generalisti (i portali nel senso classico, i 'megasiti' di accesso alla rete che offrono strumenti di ricerca, contenuti e servizi ad ampio spettro tematico), si deve pensare ai cosiddetti portali verticali (detti anche portali tematici o di nicchia), che offrono contenuti, servizi e strumenti di ricerca dedicati a particolari domini tematici (sport, cinema, informatica, finanza, cultura, gastronomia ecc.) o rivolti a ben definiti gruppi sociali e comunità (caratterizzati dal punto di vista etnico, religioso, economico, culturale, sessuale ecc.).

Nell'ambito dei portali trova collocazione una serie di strumenti specificamente dedicati alla ricerca di informazioni. Le directory sono liste di siti Web suddivise per categorie tematiche organizzate secondo un schema gerarchico o (più raramente) alfabetico, in genere corredate di una breve descrizione o recensione associata a ciascun sito. La loro progettazione e implementazione richiede l'intervento da parte di personale (più o meno) specializzato, che definisce la struttura dell'albero categoriale e - spesso su segnalazione degli utenti o degli stessi responsabili dei siti recensiti - vaglia ogni sito valutandone il tema e il livello qualitativo prima di inserirlo in una categoria. Il criterio su cui questi strumenti si fondano è dunque quello della selezione qualitativa.

I motori di ricerca si basano su enormi archivi full text in cui viene memorizzato e indicizzato il contenuto testuale di milioni di pagine Web. La costruzione e l'aggiornamento di tali archivi avvengono per mezzo di moduli software detti crawler o spider, che incessantemente scandagliano il Web, scaricano le pagine e le trasferiscono al sistema di indicizzazione. Per effettuare la ricerca occorre specificare, mediante l'uso dell'interfaccia, una serie di termini chiave, eventualmente connessi mediante operatori logici, o di restrizione del campo di ricerca (per es., le pagine in una data lingua, o appartenenti a determinati domini Internet). Il motore restituisce come output l'elenco di tutte le pagine in cui occorrono tali termini, corredato in genere di un breve estratto di ciascuna di esse e del suo indirizzo.

I canali, infine, possono essere considerati come guide ragionate dedicate a un determinato ambito tematico (per es., lavoro, moda, sport, arte ecc.), che associano una selezione di siti e risorse esterne a recensioni, articoli di approfondimento e notizie. Non va dimenticata, poi, l'importanza dell'interscambio informale di notizie e consigli tra gli utenti stessi, nel contesto dei vari sistemi di comunità virtuale, anch'essi notevolmente cresciuti in questi ultimi anni.

Parallelamente, si deve rilevare come gli utenti della rete, in linea di massima, abbiano sviluppato competenze e attitudini che li portano a individuare nella rete stessa punti di riferimento informativi affidabili e a elaborare tassonomie delle fonti che utilizzano in base alla loro affidabilità, basandosi sul senso comune.

Diverso è il discorso per quanto riguarda la capacità di valutazione critica delle informazioni o, per così dire, la trasformazione delle informazioni in conoscenza soggettiva. Se, come abbiamo visto, gli strumenti e le strategie per la ricerca di informazioni hanno subito un notevole sviluppo, non è avvenuto altrettanto per la competenza richiesta per esercitare un'autonoma capacità di giudizio critico sul tali informazioni. È chiaro che la soluzione di questo problema (non limitato, peraltro, esclusivamente alle informazioni reperite su Internet) ricade sulle istituzioni della formazione, sia quella primaria sia quella permanente. Infatti, la capacità di giudicare non può prescindere tanto dal bagaglio culturale soggettivo, quanto dalla conoscenza della 'retorica della comunicazione on-line'. La conoscenza delle strategie comunicative adottate da chi produce l'informazione, infatti, è essenziale per giungere a una comprensione più profonda e, se possibile, critica del messaggio.

La trattazione articolata di un simile argomento imporrebbe un'analisi approfondita che, in gran parte, è ancora da sviluppare. Si possono, comunque, fare alcuni esempi. In primo luogo bisogna tenere presente che gli scopi che regolano la progettazione e costruzione di un sito Web sono duplici: esso vuole sia comunicare dei contenuti (o fornire dei servizi), sia catturare l'attenzione dell'utente per il tempo più lungo possibile, convogliandola in particolare verso alcuni contenuti o servizi specifici, quelli che possono essere direttamente o indirettamente valorizzati dal punto di vista economico. Di conseguenza la scelta dei contenuti e la loro collocazione nell'organizzazione complessiva del discorso sono determinate da precise scelte. Per es., non è un caso che i temi ricorrenti nei canali di gran parte dei portali siano viaggi, famiglia, moda e simili: si tratta di domini ai quali è facilmente associabile una serie di messaggi promozionali diretti e indiretti, o ai quali è possibile collegare servizi di vendita on-line.

In secondo luogo, l'obiettivo di chi fornisce contenuti on-line è di mantenere il controllo sull'attenzione degli utenti. Dunque i collegamenti stabiliti tra le risorse interne al suo sito sono prevalenti e maggiormente evidenziati rispetto a quelli che puntano verso risorse esterne. D'altra parte, l'opinione comune che la struttura ipertestuale dia completa autonomia al lettore è erronea. Se è vero che in un ipertesto il fruitore può teoricamente scegliere se e quali collegamenti seguire, è altrettanto vero che quei collegamenti sono comunque stati previsti da chi ha prodotto l'ipertesto, e che in una pagina Web si possono usare numerosi artifici grafici per evidenziare alcuni link e rendere meno fruibili altri.

In terzo luogo, gli strumenti di ricerca, come le directory o (in misura minore) i canali, che vengono considerati uno strumento di accesso esaustivo e 'neutrale' all'universo informativo del Web, sono in realtà il frutto di una selezione orientata da scelte ben precise (spesso legate a interessi commerciali). Esse rispecchiano cioè una certa visione della rete che non è assolutamente oggettiva. Si prendano, per es., gli alberi delle categorie di una directory: l'organizzazione di questi alberi rispecchia sia la visione generale dell'informazione di rete di chi li produce, sia le strategie di marketing degli inserzionisti a cui il portale deve la sua redditività. Lo stesso vale per la selezione e l'ordinamento dei siti all'interno delle varie categorie. Non sono immuni da orientamenti predeterminati nemmeno le modalità di funzionamento dei motori di ricerca, molti dei quali, infatti, vendono l'opportunità di comparire nelle prime cinque o dieci posizioni nei risultati delle ricerche su termini altamente significativi dal punto di vista commerciale. E questo non sempre avviene alla luce del sole.

Quelli elencati solo alcuni degli elementi che caratterizzano la comunicazione on-line, ma comunque rendono evidente come essa costituisca un discorso comunicativo complesso, la cui organizzazione risponde a scelte strategiche e rispecchia una particolare visione del mondo e della rete.

Verso un sapere non-testuale?

Le osservazioni fatte finora portano ad affrontare un problema sul quale si è molto discusso negli ultimi anni. Internet, le possibilità offerte dagli ipertesti, la codifica in formato digitale di tipi diversi di informazione, l'interattività sembrano mettere in questione la centralità di quello che per secoli è stato il medium culturale per eccellenza: il libro. Siamo dunque davanti, come dicono in molti, a un evento di portata epocale, cioè alla fine della cultura del libro e con essa del sapere testuale?

Il libro stampato, come sappiamo, è il risultato di quella che, per l'importanza dei suoi effetti, è spesso considerata una vera e propria rivoluzione: l'invenzione da parte di J. Gutenberg, alla metà del 15° secolo, della stampa a caratteri mobili. La rivoluzione gutenberghiana introdusse una nuova tecnologia di produzione, trasmissione e conservazione del testo. Naturalmente queste 'nuove tecnologie' non mancarono di influenzare il tipo di testualità che veniva prodotta, trasmessa e conservata; sappiamo cioè che i testi prodotti all'interno di un 'ambiente gutenberghiano' ne conservano un'impronta anche strutturale. Ma sappiamo altrettanto bene che testi lineari erano prodotti prima dell'invenzione della stampa e anche che quella della stampa non è stata la prima delle trasformazioni a cui la forma materiale di testi è stata soggetta.

Insomma, la forma 'testuale' del sapere, sebbene indubbiamente influenzata dalle tecnologie con cui viene prodotta, diffusa e conservata, sembra godere di una permanenza funzionale che si perpetua sin dall'invenzione della scrittura e che, si può prevedere, rimarrà tale anche nell'era digitale. Anzi, proprio la diffusione di Internet ha funzionato da stimolo a una rinnovata diffusione della scrittura presso strati sociali che l'avevano quasi del tutto abbandonata: basti pensare al fenomeno della posta elettronica e delle pagine Web personali.

Diverso è il discorso sul futuro del libro cartaceo in quanto manufatto. È possibile che tra qualche decennio il libro sarà sostituito, quanto meno in parte, da qualche forma di e-book. Ma anche l'eventuale scomparsa del libro cartaceo non determinerà l'estinzione del 'sapere testuale' che ha caratterizzato la nostra civiltà e la crisi radicale dei valori e dei contenuti culturali a esso associati: il pensiero analitico, la priorità del linguaggio verbale, l'attenzione alla qualità espressiva delle parole, la capacità di formazione di un'identità individuale profonda, la grande letteratura e così via. È probabile che i nuovi media digitali offriranno l'opportunità di sviluppare e sperimentare nuovi modelli e contenuti culturali che si affiancheranno a quello testuale, ma non lo sostituiranno. E anche se prima o poi la comunicazione testuale abbandonerà il supporto cartaceo a favore dei supporti digitali, i testi - in quanto oggetti comunicativi astratti - continueranno a svolgere (e vedranno forse accresciute) le loro irrinunciabili funzioni cognitive ed estetiche.

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Comunicare in rete: chat, forum, newsgroup

Tramite la rete non è soltanto possibile spedire messaggi a qualunque altro utente, una volta noto il suo indirizzo di posta elettronica (e-mail), ma si può partecipare a una discussione sia off-line sia on-line. Il primo caso è quello della mailing list, del newsgroup e del forum, il secondo quello della chat.

La mailing list è una lista di indirizzi e-mail caratterizzati dall'appartenere a persone che hanno un interesse comune. Si tratta di una specie di 'giornale' creato da tutti gli iscritti alla stessa: chiunque abbia qualcosa da dire riguardante l'argomento della lista, voglia segnalare qualcosa di interessante, oppure voglia lanciare una discussione, o chiedere aiuto a persone più esperte, spedisce un messaggio di posta elettronica a un indirizzo convenzionale. Il gestore della lista (che può essere una persona fisica oppure un apposito computer, detto listserver) provvede quindi a rispedire tutti i messaggi giunti a tale indirizzo a tutti gli appartenenti alla mailing list.

La newsletter è un servizio che permette di ricevere nella propria casella e-mail periodicamente (con cadenza giornaliera, settimanale, mensile ecc.) informazioni su un argomento di proprio interesse (cinema, musica, libri, computer ecc.). Il contenuto della newsletter, che di fatto è un'e-mail spedita in automatico a tutti gli iscritti al servizio, è curato dai redattori del fornitore dello stesso, che leggono, si informano, navigano su Internet e selezionano le news da proporre agli iscritti. Un altro uso della newsletter è quello di informare prontamente i visitatori abituali di un sito in caso di aggiornamenti o iniziative varie. Per iscriversi a un servizio di newsletter è di solito sufficiente lasciare il proprio indirizzo e-mail, a volte accompagnato dai dati personali, al gestore del servizio.

Il newsgroup è una discussione su un argomento particolare, consistente in note scritte a un sito centrale Internet e ridistribuite attraverso Usenet, una rete di gruppi di discussione, che fa uso di un protocollo chiamato NNTP (Network news transfer protocol). La differenza rispetto alla mailing list consiste nel fatto che per leggere o scrivere in un newsgroup non è necessario essere iscritti a esso; gli articoli dei newsgroup sono conservati in appositi newsserver e non intasano la casella postale personale. In realtà, per ovvi motivi di spazio, i server per le news conservano soltanto gli articoli più recenti. Il numero di articoli e il tempo di conservazione variano da server a server. Per lo stesso motivo, quando si scrive un articolo per un newsgroup esso non viene pubblicato immediatamente in tutto il mondo, ma deve trascorrere un certo periodo di tempo perché venga trasmesso ai vari server. I gruppi sono organizzati in gerarchie a seconda dell'argomento e il loro nome è formato da una serie di parole separate da punti: la parola più a sinistra indica un grosso insieme, procedendo verso destra le varie parole indicano sottoinsiemi sempre più piccoli fino all'ultima che rappresenta il nome del gruppo. Alcune categorie di primo livello - dette talvolta 'gerarchie' - sono: news (informazioni e discussioni su Usenet stessa), soc (discussioni sociali e politiche), rec (discussione sulle attività ricreative), sci (discussioni scientifiche a livello professionale), misc (gruppi di argomento vario), comp (gruppi di discussione sui computer), it (gruppi di discussione in italiano) ecc.

Non molto diverso è il forum di discussione, al quale però si accede non tramite un programma particolare, ma direttamente dal Web: è come una 'bacheca', sulla quale ognuno può liberamente aggiungere un messaggio, che tutti gli altri partecipanti al forum possono leggere in tempo reale.

La chat permette di parlare con altri utenti in tempo reale, purché siano in rete nello stesso istante. Le comunicazioni avvengono, generalmente, attraverso scambi di messaggi di testo; ma esistono anche chat vocali e la possibilità di vedere l'altro utente tramite l'uso di una webcam. È possibile parlare tutti insieme o privatamente tra due persone. Le chat sono spesso gestite da servizi on-line o siti e usano in genere un protocollo chiamato IRC (Internet relay chat). Per poter usare IRC è necessario disporre di un programma cliente e dell'indirizzo di un server IRC; tramite il programma è possibile collegarsi al server, che funziona in un certo senso da 'ripetitore': ciascuna delle persone collegate con IRC spedisce i propri messaggi al server a cui si è collegata, che a sua volta li rispedisce a tutti gli altri server esistenti nel mondo. Su un canale IRC gli utenti sono normalmente identificati da un nick (nickname, soprannome), che si sceglie al momento di entrare in chat. Esistono chat organizzate nella forma di giochi di ruolo, oppure di cartoons, per cui per entrare nel canale l'utente sceglie di diventare un personaggio del cartoon e i suoi messaggi vengono visualizzati nei caratteristici balloons.

A differenza delle forme di comunicazione sopra analizzate, le chat sono caratterizzate dalla compresenza dell'interlocutore, elemento questo tipico della comunicazione parlata. Il linguaggio che viene utilizzato è uno strano miscuglio di scrittura e oralità che sfrutta le potenzialità di entrambi. Per es., si usano moltissimo le interiezioni (aaah, mmmh, mah, argh ecc.), oppure, per evidenziare stupore o gioia, si allungano le vocali finali di una parola o di una frase (ciaoooooo!!!!). L'utilizzo di maiuscole e minuscole è stravolto: in chat scrivere intere frasi o parole con le lettere maiuscole equivale a gridare. Un altro fenomeno linguistico interessante è quello della notazione sillabica, adottata per esigenza di sintesi: per es., 'per' diventa 'x', sia da solo sia in composti come xché, xò ecc.; il suono 'ch' viene sostituito con 'k'; C6 equivale a 'ci sei?'. L'interattività della comunicazione, infatti, deve fare i conti con la velocità con cui si riesce a digitare una frase, per cui si usano moltissime abbreviazioni. Nei paesi di lingua anglosassone si usano i TLA (Three letter acronyms), cioè abbreviazioni di tre o più lettere di parole o frasi, che permettono una digitazione più veloce e riducono i tempi di attesa (per es., 'pls' per 'please', 'tnx' per 'thanks', oppure 'jam' per 'just a minute'; chiedere a qualcuno 'a/s/l?' equivale a chiedere l'età, age, il sesso, sex, e il posto in cui si digita, location). Nella lingua italiana i TLA sono pochissimi ('cmq' per 'comunque', 'dgt' per 'digitare', 'tvb' per 'ti voglio bene' ecc.), anche perché si usano spesso quelli inglesi. Un altro problema del messaggio scritto è quello di far comprendere all'interlocutore lo stato d'animo dello scrivente, onde evitare fraintendimenti. A tale scopo si usano smiles o emoticons, o faccine, che sono piccoli disegni ottenuti digitando soprattutto segni di interpunzione, parentesi, asterischi e segni matematici che in genere rappresentano un volto (disposto perlopiù in senso orizzontale). Le prime emoticons (termine che deriva dalla crasi di emotion e icon) furono inventate nel 1981 da Scott Fahlam, ricercatore di informatica presso l'università di Pittsburgh.

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L'uso di Internet in Italia

Secondo un rilevamento compiuto a fine marzo 2001 da Idc Italia e Abacus, nell'ultimo anno il numero di italiani che usano la rete è cresciuto di 2.000.000, raggiungendo la cifra di 12.641.000. La ricerca, che ha preso in esame un campione di 5000 persone tra i 14 e i 65 anni, ha consentito di tracciare un 'profilo' dei navigatori italiani. Di essi il 74% accede a Internet da casa, il 39% dal lavoro e il 17% da scuola; il 46% degli utenti che dispongono di un accesso personale si collega sia da casa sia dall'ufficio.

Gli utenti regolari sono per il 66,9% uomini; la percentuale del 33,1% delle donne è sensibilmente più bassa della media europea (43%), ma sta crescendo. Un terzo dei navigatori è costituito da giovani tra i 25 e i 34 anni. I ragazzi fra i 14 e i 17 anni sono il 10%. Le persone fra i 55 e i 65 anni sono solo il 5%. I liberi professionisti sono la categoria di lavoratori che fa l'uso maggiore di Internet: di essi si collega il 60%; molto bassa è la percentuale di insegnanti (5%).

I navigatori 'esperti' che usano Internet da più di tre anni sono il 13%, mentre i 'neofiti' che hanno scoperto il Web nell'ultimo anno sono il 37%. Il 42% di questi nuovi utenti si collega tramite le consolles di videogiochi. Appena il 3% dei collegamenti avviene utilizzando il sistema Wap dei telefonini.

Nella rete gli italiani cercano soprattutto informazioni, mentre sono relativamente pochi i fruitori di e-commerce. Il servizio più sfruttato è quello della posta elettronica.

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