Economia e diritto

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

economia e diritto

Alberto Heimler

Disciplina (ingl. law and economics) che ha per oggetto la verifica della giustificatezza e dell’efficacia delle norme esistenti rispetto agli obiettivi che esse si prefiggono e l’individuazione delle opportune misure di riforma da adottare (➔ anche giustizia, teorie della; Comparative Law and Economics). Le norme giuridiche e le sanzioni associate a una eventuale loro violazione possono essere interpretate come incentivi (➔ incentivo) volti a indirizzare il comportamento degli individui e delle imprese in direzioni socialmente vantaggiose, per es. incoraggiando l’adozione di precauzioni contro gli incidenti o evitando la formazione dei cartelli tra imprese (➔ collusione).

Studi su economia e diritto

Dopo l’analisi di T. Hobbes (➔) e J. Locke (➔), C. Beccaria (➔) e J. Bentham (➔) furono i precursori dell’analisi economica del diritto.

Negli anni 1960 tale disciplina fu rilanciata e rinnovata dai contributi di R.H. Coase (➔) sull’importanza dei diritti di proprietà nel risolvere i problemi delle esternalità (➔) tramite lo strumento negoziale, di G. Calabresi (➔) sulle diverse regole di risarcimento (per es., nel caso di responsabilità oggettiva si è responsabili di qualsiasi danno comunque provocato, a prescindere da qualsiasi elemento di colpa, mentre nel caso di responsabilità per negligenza si è responsabili solo dei danni riconducibili a un comportamento colposo), di H. Demsetz (➔) sulla nascita dei diritti di proprietà in relazione ai costi di transazione a essa associati e di G.S. Becker (➔) sull’analisi economica degli incentivi all’azione criminale (➔ criminalità).

Negli anni 1970 R. Posner (➔) delineò per la prima volta un quadro completo di riferimento per l’intero ambito del d., pubblicando The economic analysis of law (1973), un manuale pionieristico e innovativo. Punto di riferimento del testo è il criterio elaborato da Calabresi, per il quale obiettivo delle previsioni normative è la minimizzazione della somma dei costi necessari per evitare gli incidenti e del valore dei danni provocati.

In Europa, e in Italia in modo particolare, è da segnalare l’opera di P. Trimarchi che, nello stesso periodo in cui Coase e Calabresi e gli altri studiosi statunitensi pubblicavano i loro lavori, giunse a conclusioni analoghe nel volume Rischio e responsabilità oggettiva (1961). Edito in italiano, non venne conosciuto all’estero. Trimarchi non creò comunque una scuola e la sua opera non ebbe pertanto l’occasione di esercitare un ruolo propositivo negli studi di e. del d. come avrebbe potuto. ● Nei decenni successivi l’analisi economica del d. ha assunto caratteristiche più formali, diventando una vera e propria disciplina di studio e di insegnamento, grazie all’opera di P.A. Diamond (➔) e A.M. Spence (➔), sui diritti relativi e gli incentivi volti a evitare gli incidenti e, poi, di M. Polinsky e S. Shavell, sulle modalità di applicazione delle norme.

Evoluzione dell’analisi economica del diritto

Inizialmente limitata alla valutazione degli incentivi legati all’esistenza/assenza di diritti di proprietà e, da questo punto di vista, particolarmente rilevante per ordinamenti giuridici basati sulla common law (➔), l’analisi economica del d. è andata progressivamente evolvendosi, estendendosi a tutte le materie in cui le norme giuridiche impattano sui comportamenti economici di individui e imprese (tra cui il d. societario, il d. antitrust, la regolazione economica, il d. urbanistico, il d. del lavoro, la tutela della proprietà intellettuale, il d. ambientale, il d. internazionale e comunitario), acquisendo così sempre maggior rilievo e influenzando le modalità legislative e sanzionatorie di tutti gli ordinamenti giuridici. L’analisi economica ha cioè colmato il vuoto generato nel campo degli studi giuridici dalla mancanza di un’adeguata teoria del comportamento di individui e imprese in grado di prevedere gli effetti delle leggi.

Oltre a influenzare il legislatore o il regolatore, l’analisi economica del d. è volta a indirizzare il giudice verso l’adozione di modalità applicative della legge adeguate ai casi individuali. In particolare, essendo per es. impossibile per le parti di un contratto prevedere con esattezza tutte le eventuali circostanze di controversia associate al mancato adempimento, il ruolo dei giudici è anche quello di completare e perfezionare i termini del contratto. È necessario, pertanto, che il giudice sia consapevole delle conseguenze di criteri di risarcimento diversi. Un risarcimento del danno basato sul principio dei ‘danni da aspettativa’ riporta la posizione della parte lesa nella situazione in cui si sarebbe venuta a trovare se l’altra parte avesse eseguito regolarmente la propria prestazione, mentre quello basato sul principio dei ‘danni da affidamento’ riconduce la parte non inadempiente nella medesima posizione in cui si sarebbe trovata qualora l’altra parte non avesse assunto alcuna obbligazione. Gli economisti hanno dimostrato che in generale il risarcimento dei danni da aspettativa permette di internalizzare i costi dovuti all’inadempimento e incentiva a prendere le necessarie precauzioni contro tale eventualità, cose che i danni da affidamento non sono in grado di garantire. L’evoluzione della giurisprudenza incide, pertanto, sulla minimizzazione dei danni associati al mancato adempimento, circostanza sulla quale è importante che i giudici siano sensibilizzati.