EDOARDO III, re d'Inghilterra

Enciclopedia Italiana (1932)

EDOARDO III, re d'Inghilterra

Reginald Francis Treharne

Figlio maggiore di Edoardo II, nacque il 13 novembre 1312. Accompagnò sua madre Isabella di Francia, quando essa si ritirò alla corte di suo fratello Carlo IV nel 1325; e lì nel 1326 Isabella combinò il suo matrimonio con Filippa, figlia del conte di Hainaut. Ma nel settembre 1326 Isabella ritornava in Inghilterra, col suo amante Ruggiero Mortimer; e, con l'aiuto di Enrico, conte di Lancaster, dei nobili e del partito influente dei funzionarî (officials), diretti dal vescovo Stratford, obbligava Edoardo II ad abdicare. Così il 24 gennaio 1327 il giovane Edoardo divenne re.

Benché il parlamento avesse nominato un consiglio presieduto da Lancaster, cugino e tutore di Edoardo, Isabella e Mortimer si accaparrarono tutto il potere, e gli sforzi infruttuosi fatti da Lancaster negli anni 1328-9 per rovesciarli portarono solo all'ingiusta esecuzione dell'alleato di lui, il conte di Kent. Ma la spudorata immoralità, l'avarizia e l'incapacità di Isabella e di Mortimer, che dopo la sfortunata campagna del 1327 concludevano i disonorevoli trattati con la Francia e con la Scozia, nei quali riconoscevano Roberto Bruce quale re di Scozia, disgustarono tutti, e nell'ottobre 1330 E. e i suoi amici, sostenuti da Lancaster e dal partito di Stratford, ottennero l'esecuzione di Mortimer per tradimento e confinarono in Castle Rising (Norfolk) Isabella. E. diveniva re di fatto; iniziava il suo governo cooperando coi nobili, diretti da Lancaster e con il partito dei grandi funzionarî, diretto da Giovanni e Roberto Stratford.

Tipico re guerriero, abile tattico, se pur deficiente stratega, E. riuscì a combinare alleanze che gli furono di gran vantaggio per le sue imprese all'estero; ma nell'interno egli non seguì una politica coerente, cercando solo di acquistare maggior potere e più denaro per le sue guerre e per lo sfoggio esteriore. Le sue stravaganze e la sua rapacità gli alienarono l'animo dei sudditi.

Sorsero subito delle difficoltà con la Francia. Quando morì Carlo IV nel 1328, Isabella, come figlia di Filippo IV, avanzò pretese al trono per E., benché le usanze francesi vietassero la successione femminile. Ma anche se fosse stata ammessa la discendenza femminile, avrebbe avuto maggiori diritti Carlo, figlio di Giovanna di Navarra, figlia di Luigi X. Le pretese di E. non furono accolte; ma, s' egli si rifiutò nel 1329 di rendere omaggio di vassallo a Filippo VI, vi si piegò nel 1331, quando Filippo ebbe promesso di restituire certe terre usurpate dai Francesi nell'Aquitania. Sennonché i torbidi sorti per la successione scozzese impedirono questo aggiustamento: nel 1333 E. distrusse l'esercito di David, figlio di Roberto Bruce, a Halidon Hill presso Berwick, e pose l'impopolare Edoardo Baliol sul trono di Scozia, come suo vassallo. Il nazionalismo scozzese, sostenuto dalla Francia, riprese forza: nonostante le feroci campagne degl'Inglesi del 1334, 1335 e 1336, Baliol fu espulso e verso il 1341 David fu rimesso sul trono.

Filippo VI intanto occupava l'Agenais e minacciava d'invadere l'Inghilterra, mentre i marinai francesi e inglesi combattevano continuamente nella Manica. Quindi E. preparò la sua flotta, si alleò con l'imperatore Ludovico il Bavaro, col duca di Brabante e coi conti di Hainaut, di Gheldria e di Juliers; ma utili alleati suoi erano unicamente le città fiamminghe: Gand, Bruges, Ypres e Cassel, che, sotto la direzione di Jacques van Artevelde di Gand, si erano rivoltate contro il loro conte Luigi e contro Filippo VI e che strinsero alleanza con E., per assicurare il loro commercio con l'Inghilterra (importazioni di lana), tanto necessario per loro. Così, nel 1338 E. condusse un grande esercito ad Anversa, ma i suoi alleati si rifiutarono di combattere, e la burlesca campagna del 1339 finì per esaurire i suoi fondi. Nel gennaio 1340 i Fiamminghi persuasero E. ad assumere il titolo di re di prancia, poi egli ritornò in Inghilterra per formare un nuovo esercito. Ma il 24 giugno 1340, con la decisiva battaglia navale di Sluys, E. allontanò il pericolo dell'invasione francese e rese sicuro per le navi inglesi il mare, anche se la mancanza di fondi gl'impediva di trar frutto dalle sue vittorie. La campagna del 1340 fallì, ed E. fece tregua. Intanto sorgevano contrasti interni: E., che cercava di governare da autocrate, elevò il suo consiglio privato, che risiedeva ad Anversa ed era formato da nobili sottomessi e da funzionarî della casa, al disopra del Consiglio della reggenza in Inghilterra, dominato invece dall'arcivescovo Stratford e dai grandi funzionarî dello stato. Stratford rispose col limitare le sovvenzioni ed E. dovette cedere; ma tornato in Inghilterra nel novembre del 1340, licenziò i grandi funzionarî e giudici, sostituendoli coi suoi famigliari. I grandi del regno gl'impedirono tuttavia di punire l'arcivescovo Stratford, sostenendo che questi, come pari, poteva essere giudicato solamente dal parlamento; ed E. dovette altresì promettere di far nominare i grandi funzionarî dal parlamento. Così, benché egli avesse presto annullato queste concessioni, tuttavia abbandonò il suo tentativo di governare per mezzo della sua corte privata, cooperando quindi coi grandi nel parlamento e coi funzionarî dei grandi dipartimenti.

Nonostante la tregua conclusa nel 1340, E. e Filippo continuarono a combattere con inutili e dispendiose battaglie, per sostener gli aspiranti rivali al ducato di Bretagna (1342-45), finché nel 1345 la guerra fu ripresa formalmente. Enrico di Lancaster condusse tre incursioni fortunate dalla Guascogna, riportando vittorie ad Auberoche (1345), ad Aiguillon (1346) e a Poitiers (1346) e conquistando l'Agenais, il Périgord, l'Angoulême e la Saintonge. Nel 1346 E. devastò con un forte esercito la Normandia e minacciò Parigi; respinto verso il nord da Filippo, egli offrì battaglia presso Crécy nel Ponthieu (26 agosto) e, maneggiando abilmente i suoi arcieri e la sua disciplinata fanteria, distrusse l'esercito, molto più numeroso, dei Francesi. La potenza di Filippo VI era con ciò pressoché annientata, ed E. poté assediare indisturbato Calais. La resa di questa città nel 1347 gli aprì un permanente ingresso in Francia. Intanto il suo protetto, Giovanni di Montfort, si assicurava il ducato di Bretagna, e il re Davide di Scozia, alleato dei Francesi, era sconfitto e catturato presso Neville's Cross. Tuttavia la mancanza di fondi costrinse E. a fare tregua nel settembre del 1346; l'Inghilterra, benché arricchita dalla preda fatta in Francia, e dal commerciti fiammingo, e benché entusiasta dei successi di E., cominciava a sentirsi stanca degli sforzi fatti. Quanto precaria fosse la situazione, dimostra il fallimento - che ebbe gravi ripercussioni in Italia - della grande casa fiorentina dei Bardi e dei Peruzzi, banchieri del re, rimasti allo scoperto per i prestiti fatti al re. Lo stesso parlamento, che prima aveva votato larghi sussidî, ottenendo concessioni importanti da E., verso il 1348 cominciò a declinare le responsabilità della politica estera e a chiedere i negoziati di pace.

Invece, dopo otto anni d'irregolari combattimenti sul confine, la guerra fu ripresa nel 1355. Il figlio maggiore di E., Edoardo il principe Nero, che comandava in Guascogna, fece delle incursioni distruttive nella Linguadoca (1355), e nella Francia centrale (1356), riportando presso Poitiers (19 settembre 1356) una vittoria ancora più strepitosa di quella di Crécy, e facendo prigioniero il re di Francia, Giovanni. La Francia cadde nell'anarchia; ma il reggente Carlo respinse le condizioni di pace offerte dagl'Inglesi nel 1358 ed E. allora devastò la Francia di NO., da Calais fino alla Borgogna (1359-60), pur non riuscendo a prendere Reims e Parigi. Finalmente, dai lunghi negoziati di Bretigny uscì il trattato di Calais (ottobre 1360); con esso Giovanni veniva liberato contro promessa di un enorme riscatto; venivano dati a E. Calais, Ponthieu e tutta l'Aquitania (compresi il Poitou, il Limosino, il Rouergue e il Bigorre). Le pretese di E. alla corona di Francia e la questione della sovranità della Francia sull'Aquitania furono invece deliberatamente omesse.

Il Principe Nero, come principe dell'Aquitania e della Guascogna, tentò di formare di queste conquiste uno stato nuovo; ma la sua disastrosa spedizione in Castiglia del 1367 distrusse il suo esercito, rovinò la sua salute e lo portò al fallimento finanziario. Il focatico imposto da lui per l'estinzione dei suoi debiti, precipitò il malcontento nel paese. I borghesi si risentivano fortemente del governo inglese; i nobili odiavano l'amministrazione istituita dagl'Inglesi, costosa, centralizzata e in prevalenza composta d'Inglesi. Essi fecero appello a Carlo V, come al sovrano del principe, e questi volontieri lo citò nel 1369 alla sua corte; ma, avendo il principe risposto sdegnosamente, la guerra ricominciò: nell'Aquitania si accese la ribellione, e gli eserciti francesi, evitando battaglie aperte, esaurirono gl'Inglesi con piccole scaramucce e scorrerie. Il principe, abbattuto e ridotto alla disperazione, tornò nel suo paese nel 1371, rinunziando all'Aquitania; il suo fratello minore, Giovanni di Gaunt, devastò la Francia, da Calais fino a Bordeaux, senza potere né costringere il nemico a una battaglia né far cessare la rivolta. Una flotta franco-castigliana, dopo aver sconfitto la flotta di E., tagliò le comunicazioni marittime e, quando nel giugno del 1375 E. accettò una tregua, il dominio degl'Inglesi in Francia era rovinato: solo Calais, Cherbourg, Brest, Bordeaux e Bayonne rimasero in mano degl'Inglesi.

E. stesso aveva abusato delle risorse inglesi. Difficoltà economiche di lunga durata, aggravate dalle stragi periodiche della peste, condussero a una crisi; lo statuto dei lavoratori (1351) che regolava gli stipendî e i prezzi, funzionava male, creando molte amarezze fra la classe dei contadini; mentre la manipolazione egoistica che E. aveva fatto dei regolamenti del mercato della lana aveva arrecato grandi difficoltà ai negozianti. Per di più E., vecchio e debole, cadde sotto il dominio poco scrupoloso della sua amante Alice Perrers e di altri favoriti. La politica inglese degenerò quindi in lotta di partiti, nella quale i figli di E. stavano a capo dei gruppi rivali, usando le risorse dei vasti appannaggi, che il padre aveva assicurato loro col farli sposare a eredi di grandi famiglie terriere.

La questione politica principale era però costituita dalla lotta contro la chiesa. I vero che, nonostante la supposta politica francofila dei papi di Avignone, E. era riuscito a concludere un efficace accordo con la curia e ch'egli cercava solo di limitare e non di distruggere l'influenza papale in Inghilterra, senza voler far cessare i diritti papali sui benefici inglesi, o proibire qualunque appello fatto ad Avignone. Ma Wycliffe, denunciando la ricchezza e la corruzione dei grandi prelati, trovò degli ardenti sostenitori: lo stesso quarto figlio di E., Giovanni di Gaunt, duca di Lancaster, diresse un forte attacco dei baroni contro i grandi funzionarî ecclesiastici dello stato, riuscendo a farli licenziare nel 1371 e a farli sostituire da elementi laici. Sennonché i ministri di Lancaster, essendosi mostrati corrotti e incapaci, furono incolpati delle vergognose sconfitte degl'Inglesi in Francia; e, su azione del Principe Nero, unito con Edmondo Mortimer, conte di March, e i prelati, essi furono deferiti alla Camera dei lord, che pronunciò la loro condanna e li fece imprigionare. Ma il Principe Nero morì nel luglio del 1376, e Lancaster riebbe la sua influenza. In mezzo a tutte qveste lotte E., ormai un puro strumento dei partiti aristocratici, morì il 21 giugno 1377. Per l'ordine della giarrettiera, da lui fondato, v. giarrettiera, ordine della.

Bibl.: J. Ramsay, The Genesis of Lancaster, Oxford 1913; W. Stubbs, The Constitutional History of England, III, Oxford 1903; T. F. Tout, the Political History of England, Londra 1905; id., Chapters in the Admin. Hist. of Medieval England, III, V, Manchester 1928-30; B. Wilkinson, The Chancery under Edward II, Manchester 1929; G. Unwin, Finance and Trade under Edward III, Manchester 1918; J. Mackinnon, History of Edward III, Londra 1900; S. Armitage Smith, John of Gaunt, Londra 1904; G. M. Trevelyan, England in the age of Wicliffe, Londra 1899.

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