PUSEY, Edward Bouverie

Enciclopedia Italiana (1935)

PUSEY, Edward Bouverie

Alberto Pincherle

Teologo anglicano, nato a Pusey il 22 agosto 1800, morto all'Ascot Priory (Berkshire) il 16 settembre 1882. Studiò a Eton e Oxford; nel 1823 divenne fellow dell'Oriel College, dove incontrò J. Keble e Newman. Per consiglio dell'ebraista Ch. Lloyd andò a studiare in Germania (1825-1827) la teologia razionalista e le sue cause: fu a Gottinga; Berlino, Bonn, studiò con Eichhorn e Schleiermacher, conobbe Bunsen, Tholuck, Neander, apprese l'arabo e il siriaco. Di ritorno, nel Historical enquiry into the probable causes di tale razionalismo, lo attribuì al "morto ortodossismo", al freddo accoglimento, senza convinzione, del dogma, che avrebbe spento la vita religiosa del luteranesimo; temette lo stesso per l'Inghilterra. Incompreso, fu accusato così di razionalismo come di pietismo. Si difese con una seconda parte del suo libro; che del resto, da vecchio, sconfessò. Ma esso mostra in germe le preoccupazioni del suo spirito, tradotte nell'insegnamento, più rivolto alle questioni religiose che alle filologiche, dell'ebraico impartito da lui come Regius professor di ebraico e canonico della Christ Church, dal novembre 1825. Come ebraista, scrisse soltanto le Lectures on Daniel the Prophet (Oxford 1864, voll. 3); come arabista, completò il catalogo dei codici arabi della Bodleiana, iniziato da A. Nicoll.

Dapprima liberale e sostenitore della candidatura del Peel come rappresentante dell'università ai Comuni (1829), scorse poi nel liberalismo una minaccia per la sua Chiesa; nelle Remarks on... benefits of the Cathedral institutions (1833) difese il sistema esistente; nello stesso anno aderì al movimento del Newman e alla pubblicazione dei Tracts for the times, cui contribuì con le Scriptural views of Holy Baptism (1835, 3 fascicoli; del 1°, riedizione molto accresciuta, 1839) e un saggio sull'eucaristia. Suo è il progetto delle traduzioni patristiche (Library of the Fathers). Nei sermoni e in numerose polemiche difese il movimento, sostenne il Newman, fu a sua volta sospeso per due anni dalla predicazione (1843), senza che le accuse di eterodossia risultassero provate, onde lo sdegno anche del Gladstone, di cui il P. rimase amico e sostenne la candidatura nel 1847. Intanto, si moltiplicavano le conversioni al cattolicismo, ed egli stesso era vivacemente attaccato. È il momento critico della sua vita: trapianta nel mondo anglicano l'istituzione delle suore di carità; fonda, segretamente, come atto di penitenza, una chiesa a Leeds (1845) e per i sermoni che vi tiene subisce aspre critiche; il Ward, cui l'affida, poco dopo si converte. Più veementi si fanno gli attacchi in occasione della cosiddetta "aggressione papale" (ristabilimento della gerarchia cattolica in Inghilterra) nel 1850; il vescovo Wilberforce di Oxford gl'inibisce di predicare nella sua diocesi. Difende invano il vecchio tutorial system contro le innovazioni al regime dell'università proposte da una commissione reale (1852); si mostra ostile all'insegnamento teologico di B. Jowett, professore di greco. Rifiuta di fare dichiarazioni contro la chiesa cattolica (Letter to the Bishop of London, 1850), ma conferma il suo tenace attaccamento alla chiesa anglicana, nel cui seno dichiara di voler morire; nega che la conversione al cattolicismo sia la conseguenza logica dei principî del "movimento di Oxford", di cui è ormai capo - ma rimasto solo, o quasi - e al quale molti dànno il suo nome (puseysm). Perciò si oppone al "latitudinarianismo", sempre più fonda la sua teologia sull'insegnamento patristico e sulle dottrine dei teologi anglicani del sec. XVII e, fedele a queste e anche per ostacolare i passaggi al cattolicismo, cerca i modi di riunire le due chiese (The Church of England a Portion of Christ's One Holy Catholic Church and a means of restoring visible unity. An Irenicon, 1865; e le lettere pubbliche al Newman). Nella chiesa romana trova che solo poche dottrine e parecchie pratiche sono tali da allontanare gl'Inglesi; nei principî del gallicanismo trova le basi della possibile intesa. Qualche vescovo francese, come il Darboy, si mostra favorevole; ma lo combatte aspramente il Manning, e tutta l'azione religiosa di Pio IX, dal 1867 al 1870, gli toglie le ultime illusioni. Cerca allora di richiamare all'unità anglicana i wesleyani, e di unire anglicani e greci ortodossi (On the clause "and the Son" in regard to the Eastern Church, 1876); sempre invano. Ma le sue dottrine finirono con essere accolte e su esse si fonda il cosiddetto "anglocattolicismo" moderno: figlio di quell'ostinazione e di quella fedeltà, tutte inglesi, nel mantenere e difendere principî anche contro le conseguenze da tutti ritenute legittime e nell'aderire a un'istituzione, giustificata già dal fatto di essere nazionale e di esistere da secoli. E per questo ebbe invece poca simpatia per il ritualismo. Fra le altre opere, sono da ricordare: The Councils of the Church (1854), The Doctrine of the Real Presence (1855), il commento popolare ai profeti minori; e i numerosi volumi di sermoni (University sermons, 1872, voll. 3; Parochial sermons, 1848-1869, voll. 3, ecc.). Alla sua morte, gli amici ne acquistarono la biblioteca, conservata nella Pusey House, a Oxford.

Il fratello maggiore, Philip (1799-1855) sposò nel 1822 Emily sorella di H. J. G. Herbert lord Porchester, poi terzo conte di Carnarvon (1800-1849), e con lei visse alcuni anni a Roma (dove fu amico di Bunsen e donò alla cappella tedesca bronzi del Thorwaldsen), fu eletto varie volte alla Camera dei comuni, amico e seguace di R. Peel; fu tra i fondatori dell'Agricultural Society of England, presidente della sezione agricola all'esposizione di Londra del 1851 ed ebbe una posizione importante nella vita politica e intellettuale; fu fellow della Royal Society.

Bibl.: H. P. Liddon, Life of E. B. P., Londra 1895, voll. 3; E. B. Pusey, The story of Dr. P.'s life, ivi 1900; Y. Brilioth, The Anglican Revival, Londra 1925: inoltre, v. newman; oxford, XXV, p. 859; e Dictionary of Nat. Biography, s. v. (anche per Philip).

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