EGEMONIA

Enciclopedia Italiana (1932)

EGEMONIA (dal gr. ἡγεμονία)

Giuseppe Favaro

Sta ad indicare presso i moderni la supremazia di uno stato su altri stati minori. Presso i Greci indicò anzitutto il potere di comandare inerente a talune magistrature, e corrispondeva pressappoco all'imperium dei Romani, a somiglianza del quale ebbe anche certe limitazioni territoriali. Il suo contenuto essenziale è il comando militare con tutti i diritti che vi sono annessi. L'egemonia, o piuttosto - date le limitazioni territoriali a cui è soggetta - la possibilità di esercitare l'egemonia, è concessa insieme con la carica a cui è inerente. Vi può essere egemonia senza magistratura: ciò avviene di solito quando un magistrato, terminato il periodo della sua carica, tiene ancora il comando finché arrivi il successore. L'egemonia in senso politico trae origine da quella in senso militare. Nelle simmachie o leghe di stati aventi come scopo esclusivo la guerra, accanto al potere di deliberare, esercitato sempre da un consiglio o συνέδριον, in cui ogni stato è rappresentato, è necessario un potere esecutivo e un potere giudiziario che punisca i membri colpevoli di qualche azione contraria agl'interessi della lega. Il potere giudiziario può essere affidato al Consiglio stesso o ad uno degli stati, mentre il potere esecutivo, cioè la direzione delle guerre della lega, per cui è necessaria una certa unità di comando, è preso di solito dallo stato più importante. In questa direzione delle guerre consiste appunto l'egemonia: per cui il comando supremo degli eserciti alleati è tenuto da magistrati dello stato egemone e soltanto da essi. Con ciò è lasciata agli stati contraenti una perfetta autonomia nel senso stretto della parola, cioè il possesso e l'uso di leggi proprie (νόμοι): quindi, siccome l'espressione νόμος non è applicabile ai rapporti con l'estero (trattati ecc.), l'autonomia non viene offesa da qualche limitazione a cui viene sottoposta la politica estera dei singoli stati, in caso di conflitto con gl'interessi della lega. Finché la lega è in pace i singoli alleati sono liberi di far guerra, sia contro stati estranei alla lega, sia anche fra di loro; ma non appena la lega entra in guerra, tutte le forze degli alleati devono essere a disposizione dello stato egemone. La conclusione di trattati è limitata, in pratica, oltre che dagl'interessi della lega, dalla volontà dello stato egemone che cerca di impedire che si formino confederazioni minori che potrebbero contrastare alla sua potenza. È naturale che esso cerchi di trattare non già con gli alleati, ma con ogni singolo stato separatamente: gli stati quindi sono legati da trattati particolari con lo stato egemone, ma fra di loro non hanno relazioni diverse da quelle che potevano avere con stati estranei alla lega.

L'azione dello stato egemone deve limitarsi alla direzione della guerra, e, almeno teoricamente, non può intervenire in nessun modo negli affari interni degli alleati; né influire sulla loro costituzione, né controllarne l'amministrazione, né esigere il regolare pagamento di tributi, né far giudicare dai proprî tribunali i processi degli alleati ecc.: tutti questi fatti costituirebbero una violazione dell'autonomia, e quindi porterebbero alla trasformazione dell'egemonia in impero (ἀρχή). Esempio famoso di questa trasformazione ci è dato dalla lega delio-attica: a poco a poco, con la graduale soppressione delle autonomie degli alleati, la simmachia diviene impero e gli alleati diventano sudditi (ὑπήκοοι): di questo ebbero chiara coscienza i contemporanei. L'egemonia è in Grecia una delle forme fondamentali di unione di più stati e rappresenta il maggiore sforzo fatto dai Greci per raggiungere l'unità.

Gli storici moderni si sono domandati la ragione del persistere, attraverso tutta la storia greca, delle forme egemoniche, e l'hanno cercata chi nelle condizioni geografiche e climatiche, chi nelle qualità della razza, chi nella religione (Fustel de Coulanges), chi nell'influenza dell'epopea omerica (Ferrabino), chi, infine, nelle condizioni in cui si è svolta la espansione del popolo greco (De Sanctis). Più probabile sembra la spiegazione del Ferrabino, purché s'intenda il fattore omerico entro certi limiti, e cioè come il primo elemento formatore del carattere greco, su cui abbia poi influito l'abitudine di considerare la libertà comunale come forma ideale di governo e l'egemonia come unica forma di unità che lasci sussistere le autonomie cittadine. Con ciò si vuole spiegare non già la ragione del fenomeno, ma quella della sua persistenza.

Bibl.: W. Wachsmuth, Hellenische Alterthumskunde, Halle 1849, I, p. 172 segg.; W. Vischer, Über die Bildung von Staaten und Bünden, Basilea 1849; id., in Kleine Schriften, Lipsia 1877, I, pp. 308-381; A. Peyron, L'egemonia nella traduzione di Tucidide, I, Torino 1861, p. 475; G. grote, History of Greece, Londra 1907, parte 2ª, cap. 45°; Fustel de Coulanges, La città antica (trad. Perrotta), Firenze 1924, p. 260 segg.; H. Francotte, La polis grecque, Paderborn 1907; H. Swoboda, Die griech. Bünde u. der moderne Bundesstaat, Praga 1915; A. Ferrabino, IL problema della unità nazionale nella Grecia, Firenze 1921; U. Kahrstedt, Griechisches Staatsrecht, I, Gottinga 1922; A. Jardé, La formation du peuple grec, Parigi 1923; A. Ferrabino, L'impero ateniese, Torino 1927; G. Glotz, La cité grecque, Parigi 1928; A. Ferrabino, La dissoluzine della libertà nella Grecia antica, Padova 1929; G. De Sanctis, Essenza e caratteri della storia greca, in Nuova antologia, LXV (1930), p. 409 segg.

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