ELEONORA de' Medici, duchessa di Mantova

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 42 (1993)

ELEONORA de' Medici, duchessa di Mantova

Sonia Pellizzer

Nacque a Firenze il 28 febbr. 1567, primogenita di Francesco (granduca di Toscana dal 1574) e di Giovanna d'Austria. Fu battezzata un anno dopo e il Vasari fu incaricato dell'addobbo del battistero di S. Giovanni; in città si allestirono giochi e mascherate e la commedia I Fabii di Lotto del Mazzo con la regia di B. Lanci e la scenografia del Giambologna (J. Boulogne).

E. ebbe quattro sorelle (Romola, nata nel 1568 e morta dopo pochi giorni di vita; Anna, nata nel 1569 e morta nel 1584; Isabella, nata nel 1571 e morta l'anno seguente, Maria, nata nel 1575, futura regina di Francia) e un fratello, Filippino, nato il 9 apr. 1578 e morto quattro anni dopo. Quanto i dissapori tra i genitori e l'ingrandirsi dell'influsso di Bianca Capello sul padre e sulla corte abbiano segnato l'infanzia di E. non è dato sapere. Il 9 apr. 1578, comunque, quando Giovanna d'Asburgo morì di parto, il granduca si affrettò a sposarsi con "la veneziana".

L'anno seguente Belisario Vinta, segretario di Stato di Francesco I, fu mandato presso i Gonzaga di Mantova per offrire la mano di E. al primogenito del duca Guglielmo, Vincenzo. La missione fallì, e sembra che non poco abbia pesato nel rifiuto l'ostilità della duchessa Eleonora d'Asburgo, sorella della defunta Giovanna, verso la nuova granduchessa di Toscana. Nel 1581 arrivò a Firenze una proposta di matrimonio tra E. e il principe ereditario di Lorena, ma fu il granduca questa volta a dire no: le convenienze politiche gli consigliavano allora di mantenersi fedele alla Spagna.

Nell'ottobre 1582, ancor prima che venisse sciolto lo sfortunato matrimonio tra Vincenzo Gonzaga e Margherita Farnese, il duca di Mantova tornò a riconsiderare la proposta di tre anni prima: la domanda di nozze fu inoltrata a Firenze con la mediazione degli Estensi e le trattative per conto di E. furono seguite da Bianca Capello, probabilmente desiderosa di far sentire la sua autorità soprattutto su chi meno volentieri l'avrebbe riconosciuta. Il granduca assegnò in dote alla figlia 300.000 scudi d'oro, in virtù dei quali la corte medicea poté anche pretendere quella famosa "prova" che tanto scalpore sollevò e a cui i marchesi di Mantova cercarono invano di opporsi: Vincenzo dovette mostrare la sua "potentia et attitudine al matrimonio" su cui a Firenze - presumibilmente non del tutto in buona fede - si nutrivano dubbi. Il 6 genn. 1584 furono firmati i capitoli matrimoniali e, nel marzo dello stesso anno, a Venezia, in presenza di testimoni, Vincenzo si sottopose all'"esame".

Belisario Vinta da Venezia si recò subito a Mantova: i Medici volevano che lo sposo stesso si recasse a Firenze a prendere la sposa e il segretario dovette usare tutta la sua sapienza diplomatica per vincere le resistenze al viaggio. Il 4 apr. 1584, comunque, poté scrivere a Bianca Capello che "La venuta del sig. Principe è risoluta".

Ad aprile arrivarono a Firenze per prendere la sposa oltre a Vincenzo, Camillo Capilupi - che offrì a E. per conto del marchese Guglielmo un gioiello stimato 10.000 scudi - e numerosi altri nobili mantovani. Arrivò a Firenze anche monsignor Della Corgna, chierico di Camera, inviato del papa Gregorio XIII ad assistere alle nozze. In città si organizzarono feste, danze, giochi e fuochi artificiali. La simbolica "processione della rosa" avvenne il 18 aprile e la sera stessa, al banchetto, Vincenzo fu visto "baciare e ruttare pubblicamente e frequentemente con la principessa" (Fortuna).

Il corteo nuziale giunse a Mantova il 28 apr. 1584: E. entrò in città su una "carrozza coperta per metà, per dar agio a tutto il popolo di vederla: vestiva un drappo di seta bianchissimo e teneva sulla testa una regale corona intessuta di grosse perle" (Amadei). Era di statura alta e il medico ducale Marcello Donati la dice "bellissima". Dalla madre aveva preso le grosse labbra degli Asburgo; aveva un colorito chiaro, grazia di gesti e di parole, un'intelligenza attenta e coltivava interessi diversi. Il matrimonio fu celebrato domenica 29 aprile e le feste - iniziate il 22 e funestate dal crollo di un palco eretto in piazza S. Pietro che causò "oltre venti morti" (Volta) - durarono fino al giorno seguente.

E. andò ad abitare gli appartamenti del palazzo ducale che fanno parte della Domus nova, sistemati da A. M. Viani. Il 4 giugno gli sposi, diretti a Venezia, erano a Ferrara e ancora a Ferrara si trovavano il 12 giugno, di ritorno a Mantova. Torquato Tasso, sempre bisognoso di protezioni, scrisse in quell'occasione tre sonetti e il 29 giugno inviò una canzone a Marcello Donati perché la presentasse a Vincenzo, in lode del quale era stata scritta. Un'altra ne compose dedicata alla duchessa di Mantova e in una terza cantò le nozze e l'unione delle case Gonzaga e Medici.

Il 7 maggio 1586 E. diede alla luce il primo figlio, Francesco.

Sensibile al richiamo dell'arte, E. aveva un raffinatissimo gusto del bello: da Firenze aveva portato l'amore per il melodramma che, grazie a lei, a Mantova avrebbe avuto - dopo quella alla corte dei Medici - una seconda fioritura; si rivolgeva a Venezia per avere le sete, le porcellane, le lane più pregiate; nel maggio 1592 ringraziava con una lettera il consorte che le aveva promesso di procurarle il dipinto di Andrea del Sarto che avrebbe voluto nel suo camerino. E quando, il 25 luglio 1586, le venne presentato il Tasso, liberato dall'ospedale di S. Anna, lo accolse con benevolenza e lo rassicurò sulla propria protezione che, da allora, non venne in effetti mai meno. Sappiamo che nel settembre di quello stesso anno E. gli fornì il denaro necessario per acquistare un Sofocle in latino che il poeta cercava da tempo, e che l'anno successivo, da Roma, egli non smetteva di chiedere aiuti economici alla sua protettrice.

Il 26 apr. 1587 E. dava alla luce il secondogenito, Ferdinando: ogni timore circa la successione al Ducato era così fugato. Ippolita d'Este, contessa di Mirandola, madrina per conto del re e della regina di Francia, portò ad E. per conto della regina stessa un "gioiello di grande prezzo" (Amadei).

Alla fine dell'aprile 1589 il duca, la duchessa e il cardinale Gian Vincenzo Gonzaga si recarono a Firenze per onorare le nozze del granduca Ferdinando con Cristina, figlia di Carlo, duca di Lorena.

Il 4 agosto di quell'anno nacque il terzogenito di E., Guglielmo Domenico: il Tasso non dimenticò di comporre una canzone e di chiedere un prestito. Il 2 ott. 1591 E. dette alla luce la prima femmina, Margherita. L'anno seguente il Tasso dedicò alla duchessa la Corona di dodici sonetti, aggiungendovi altri due componimenti, il Monile e la Catena, e nel gennaio 1593 le donò una Nuova scielta di rime, omaggio che E. gradì tanto da pensare di regalargli "due turchine". Saputolo, il poeta le scrisse da Roma informandola di preferire un rubino e una perla legata in oro e qualche mese dopo E. lo esaudì.

Il 15 maggio 1592 morì il piccolo Guglielmo: "io mi trovo sana del corpo ma dell'anima sconsolatissima", scrive E. a Vincenzo. Accanto a lei era la suocera, Eleonora d'Asburgo. Con lei i rapporti, a dispetto delle vicende precedenti le nozze, furono sempre molto stretti e affettuosi.

L'8 febbr. 1594 E. diede alla luce l'ultimo figlio maschio, Vincenzo, e quattro anni più tardi, il 23 sett. 1598, nacque Eleonora, l'ultima figlia.

Nel 1597 ritornò a Mantova Margherita Gonzaga, vedova di Alfonso II d'Este: il fratello Vincenzo progettava di renderla governatrice del Monferrato (progetto che, a sentire il Volta, E. avrebbe ostacolato per invidia), ma Margherita non accettò l'offerta.

Quando le casse dello Stato cominciarono a risentire dell'esagerata prodigalità e degli sperperi di Vincenzo - che passava di festa in festa e "si faceva marito a tante donne" come dice il Litta (ebbe tra l'altro tre figli naturali), dimostrandosi tutt'altro che attento all'interesse dello Stato - E. cominciò a occuparsi personalmente delle finanze ducali. Il 27 giugno 1599 lasciò Mantova diretta a Firenze per assistere alle nozze della sorella Maria con re Enrico IV: accompagnò poi gli sposi da Firenze a Marsiglia e non esitò a insistere "fortemente" presso la sorella per mettere il duca Vincenzo sotto la protezione del re di Francia.

Durante le tre spedizioni di Vincenzo in Ungheria a soccorso delle armate imperiali (nel luglio 1595, nel luglio 1597 e nel luglio 1601) fu E. che resse il governo della città. Nel 1606 accompagnò in Francia la figlia Margherita sposa a Enrico di Lorena: fu un viaggio di molti mesi (E. fu presente anche al battesimo del primogenito della sorella Maria e di Enrico IV) e al ritorno Vincenzo l'accolse con fuochi artificiali in piazza S. Pietro e grandi festeggiamenti.

Dell'educazione spirituale dei figli E. aveva voluto si occupasse padre Antonio Folcario, confessore della suocera. Nel 1607 Ferdinando fu creato cardinale, nonostante non avesse ancora compiuto il ventunesimo anno di età, e nel 1608 Francesco sposò a Torino Margherita di Savoia.

Tre anni più tardi, nel febbraio 1611, E. fu improvvisamente colpita da apoplessia: "si levò la mattina con uno sconcio storcimento della bocca verso l'orecchia destra, in guisa che non potea favellare che fosse intesa, ne mangiare se non malagevolmente", scrisse il Donesmondi. In città furono sospesi i festeggiamenti per il carnevale mentre la duchessa veniva portata a Cavriana, nella speranza che un cambiamento d'aria le potesse giovare. Durante il periodo quaresimale Vincenzo fece cantare ogni venerdì una messa in S. Andrea e offrì alla chiesa doni di gran valore. Ma la guarigione non venne e a Cavriana E. morì nella notte tra l'8 e il 9 sett. 1611, mentre il duca Vincenzo si trovava in Monferrato. Per celebrare i funerali si aspettò il suo ritorno: fu sepolta l'8 ottobre nei sotterranei della chiesa di S. Andrea. In suo onore furono recitate due orazioni del conte Scipione Agnelli e del padre Collini.

L'ultima opera dedicatale dal Tasso era stata, nel 1591 la Genealogia della casa Gonzaga (poemetto che rimase stranamente inedito fino al 1666). Ma il Tasso non fu l'unico poeta che lodò E.: ci è pervenuto infatti un sonetto del Marino (in La galleria) che celebra il ritratto de La duchessa di Mantova in una medaglia di piombo.

E. fu ritratta una prima volta, nel 1578, da Alessandro Allori insieme con la sorella Anna (dipinto disperso) e una seconda volta da F. Pourbus il Giovane (il dipinto ora è a Firenze alla Galleria Pitti). In un'altra tela lo stesso pittore dipinse la Famiglia di Vincenzo Gonzaga: la moglie Eleonora con i figli (Mantova, palazzo ducale). Il Rubens, infine, ritrasse E. nella famosa tela della Trinità, che si trova nel Museo del palazzo ducale di Mantova.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, datt. P. 1771: A. Bellù, Le due Eleonore del quadro della Trinità di Rubens; I. Donesmondi, Dell'istoria ecclesiastica di Mantova, Mantova 1616, pp. 261, 351, 457, 466; C. Volta, Compendio cronologico-criticodella città di Mantova, III, Mantova 1831, pp. 130-225; S. Fortuna, Le nozze di E. de' M. con Vincenzo Gonzaga, a cura di E. Saltini, Firenze 1868; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino-Roma 1895, I, pp. 388-778 passim; G. Fochessati, I Gonzaga di Mantova e l'ultimo duca, Milano 1911, pp. 79-89; C. Cottafavi, Palazzo ducale di Mantova. La galleria dei marmi e la loggia di E. de' M., in Bollettino d'arte (1933-34), pp. 128-139; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, Mantova 1955, II, pp. 846-70 passim; III, pp. 33-278 passim; Mantova, la storia, le lettere, le arti, I, Mantova 1961, pp. 29-83; A. M. Nagler, Theatre Festivals of the Medici 1539-1637, London 1964, p. 37; L. Berti, Il principe dello studiolo. Francesco I de' Medici e la fine del Rinascimento fiorentino, Firenze 1967, pp. 278-310; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, p. 250; M. Bazzotti, La pala della Trinità, in Rubens a Mantova, Milano 1977, pp. 28-53; G. Schizzerotto, Rubens a Mantova tra gesuiti, principi e pittori, Mantova 1979, pp. 57, 65; E. Micheletti, Le donne dei Medici, Firenze 1983, pp. 166-169.

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