GONZAGA, Eleonora

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GONZAGA, Eleonora

Irene Cotta

Nacque a Guastalla il 13 nov. 1686, terzogenita di Vincenzo, duca di Guastalla dal 1692, e di Maria Vittoria figlia di Ferrante (III) Gonzaga, pure duca di Guastalla dal 1632 al 1678.

Nel corso della sua vita ebbero spesso un peso determinante vicende e considerazioni di carattere dinastico, proprie di un periodo storico, quello della prima metà del Settecento, che vide estinguersi varie dinastie sovrane, in particolare i Gonzaga, nei due rami di Guastalla e di Mantova, i Cibo e i Medici.

A Guastalla la situazione dinastica era diventata piuttosto complessa. Alla morte, nel 1678, del duca Ferrante (III) la successione venne reclamata dal genero Ferdinando Carlo duca di Mantova, in forza degli accordi stipulati in occasione del suo matrimonio con la primogenita del defunto duca. Successivamente, però, anche Vincenzo Gonzaga che, come cugino di Ferrante, ne era il più stretto parente in linea maschile, fece presenti alla corte imperiale i suoi diritti. Egli aveva inoltre sposato, nel 1679, in seconde nozze Maria Vittoria, secondogenita dello stesso Ferrante, da cui ebbe in breve tempo cinque figli: Maria Isabella, Antonia, la G., Antonio Ferdinando, Giuseppe Maria. La causa per la successione si trascinò per diversi anni fino a quando, con decreto del 4 maggio 1692, l'imperatore Leopoldo I riconobbe a Vincenzo i diritti reclamati sul Ducato di Guastalla, premiando così la fedeltà da lui sempre manifestata al partito imperiale, a differenza di Ferdinando Carlo, da tempo ormai legato alla causa francese. Tale sovranità gli fu riconfermata poi nel 1699, a seguito di una nuova causa originata da un controricorso di Ferdinando Carlo. Tuttavia, quando quest'ultimo venne dichiarato decaduto dalla corte di Vienna, a seguito dell'appoggio fornito al partito francese durante la guerra di successione spagnola e anche dopo la sua morte, avvenuta il 5 luglio 1708, senza aver lasciato eredi legittimi, Vincenzo non riuscì a far valere i suoi diritti di successione al Ducato di Mantova. L'Austria infatti colse subito l'occasione di annettersi uno Stato di notevole importanza strategica per il dominio dell'Italia settentrionale e respinse tutti i ricorsi del duca, dichiarando Mantova Ducato ereditario di casa d'Austria.

I primi anni di vita della G. furono caratterizzati dalle incertezze sul destino paterno e dalle tormentate vicende del Ducato, durante gli anni della guerra della Lega di Augusta prima e di quella di successione spagnola dopo, che portarono a diverse occupazioni militari del piccolo Ducato, sempre incerto fra il partito imperiale da un lato e quello francese dall'altro. Non sembra quindi che il duca Vincenzo dedicasse particolari cure e attenzioni all'istruzione e all'educazione dei figli.

La G., tuttavia, all'età di ventitré anni era, secondo le descrizioni dei contemporanei, di bellissimo e brioso aspetto, godeva di una perfetta salute e faceva prevedere di poter essere una madre feconda. Tali requisiti, appurati in vari modi da diversi inviati toscani alla corte di Guastalla, suggerirono al granduca Cosimo III de' Medici di chiederla in moglie per il fratello Francesco Maria.

La dinastia medicea vedeva ormai incombere il pericolo di estinzione, essendo rimasti sterili sia il matrimonio del gran principe Ferdinando, sia quello di Gian Gastone; mentre le potenze europee seguivano la situazione con grande interesse e, l'Austria in particolare, cercavano pretesti per rivendicare la sovranità sul Granducato.

L'estrema soluzione escogitata da Cosimo III fu di proporre al fratello, già quarantottenne, la rinuncia alla dignità cardinalizia per prendere moglie. E la G., la cui famiglia non impegnava i Medici con nessuna delle potenze allora coinvolte nella guerra di successione spagnola e il cui padre aveva ogni interesse a legarsi con la casa di Toscana, sembrò così la sposa ideale.

Il principe Francesco Maria, dopo un'iniziale riluttanza a rinunciare, oltre alla porpora, a tutti i vantaggi a essa connessi, potere, prestigio e ricche rendite, che gli consentivano di condurre vita gaia e brillante nella prediletta villa di Lappeggi, accondiscese ai progetti del fratello, presentando al papa formale rinuncia alla dignità cardinalizia il 19 giugno 1709. Non altrettanto disponibile fu però l'atteggiamento della G. che, sposata per procura a Guastalla il 30 giugno, mostrò scarsissimo entusiasmo già nel viaggio verso Firenze, come appare nella minuta descrizione fattane da Luigi Gualtieri, dispensario maggiore del granduca, incaricato di scortarla. Quando poi incontrò lo sposo, giunto ad accoglierla ai confini della Toscana e fu celebrato il matrimonio l'11 luglio, manifestò chiara ripugnanza sia per la sua età, sia per l'aspetto fisico, non certo gradevole.

Il matrimonio, su cui sembravano convergere tanti interessi, come dimostrano le numerose lettere dell'elettrice palatina Anna Maria allo zio Francesco Maria, in cui chiedeva insistentemente notizie del tanto sospirato "cuginino", si rivelò così fin dall'inizio un fallimento, come del resto furono tutti gli ultimi matrimoni dei Medici.

Si tennero consigli di famiglia, furono richiesti gli interventi del duca Vincenzo e del vecchio confessore di Guastalla, ma inutilmente: la G. cercava ogni pretesto per evitare il marito, ora fingendosi malata, ora dedicandosi a questo o quel divertimento di corte, a volte ricorrendo persino al bere. Francesco Maria, del resto già di salute malferma, si isolò a sua volta; i suoi malanni si aggravarono e, dopo nemmeno due anni di matrimonio, morì il 3 febbr. 1711. La vedova continuò a risiedere a Firenze, partecipando attivamente alle cerimonie ufficiali di corte e circondandosi di una piccola cerchia di letterati ed eruditi, fra i quali G. Lami e A. Magliabechi, o poeti come G.B. Fagiuoli. Nel 1719 fu sul punto di risposarsi con Filippo d'Armstadt, governatore imperiale di Mantova; dopo lunghe trattative, culminate con l'arrivo a Firenze del marchese Della Valle, per dare l'annuncio ufficiale al granduca e fissare la data delle nozze, queste furono all'improvviso e inspiegabilmente annullate. Forse per l'intervento diretto della corte di Vienna che non vedeva volentieri tale matrimonio per i diritti ereditati che la G. avrebbe potuto vantare su Guastalla o sulla stessa Mantova o per le strane voci che in quegli anni circolavano in Firenze sulla principessa.

In particolare, le voci, riportate anche dal diarista Francesco Settimanni, accusavano la G. di avere tenuto una vita sregolata e perfino di aver avuto uno o due figli illegittimi: voci confermate, nel Diario fiorentino del Settimanni, da due disposizioni testamentarie dettate dalla principessa, nel 1724, in occasione di una sua grave malattia, a favore di un certo Francesco Baulas, forse uno dei suoi presunti figli o, più semplicemente, un suo protetto. E, in effetti, tali notizie, non suffragate da prove più consistenti sembrano oggi prive di fondamento.

Qualche anno dopo, invece, nel 1729, gravi vicende di carattere familiare costrinsero la G. a tornare a Guastalla. Qui infatti era morto suo fratello Antonio Ferdinando; mentre l'altro fratello Giuseppe Maria era stato tenuto lontano dalla corte per quasi quindici anni, in una condizione di segregazione che aveva influito profondamente sulla sua salute mentale. Così, alla morte di Antonio Ferdinando, il ministro Pomponio Spilimbergo riuscì a fargli succedere lo squilibrato Giuseppe Maria accentrando di fatto tutti i poteri di governo nelle sue mani.

Richiamata a Guastalla da una forte opposizione popolare, la G., rendendosi conto dello stato di salute del fratello, si illuse di essere nominata reggente, in attesa che la corte di Vienna riconoscesse i suoi diritti alla successione, essendo l'ultima della famiglia. Giostrando abilmente con lo Spilimbergo e contando sul favore popolare, iniziò a raccogliere prove e testimonianze mediche sulla salute del fratello. In ciò poté contare sull'aiuto del plenipotenziario imperiale a Milano, il conte Carlo Borromeo, che, convinto della malattia mentale del duca e degli intrighi dello Spilimbergo, aveva preso a cuore la causa della G. e cercava di favorirla presso l'imperatore Carlo VI.

La G. stessa mandò a Vienna nel gennaio 1730 il notaio Galloppi con un memoriale che provocò un aperto conflitto con il ministro Spilimbergo. Questi contrattò sia a livello diplomatico, brigando alla corte imperiale e riuscendo a ottenere un decreto che gli delegava provvisoriamente l'amministrazione dello Stato fino alla completa guarigione del duca Giuseppe Maria, sia imprigionando o esiliando da Guastalla molti seguaci della principessa, per indebolirne la posizione. Ma il coronamento delle sue abili manovre fu la riuscita combinazione matrimoniale fra il duca e la principessa Maria Eleonora di Schleswig-Holstein, che, conclusa nel 1731, significò il riconoscimento ufficiale della normalità di Giuseppe Maria e quindi della situazione politica di Guastalla.

A questo punto la G., preoccupata anche del fallimento di una congiura ai danni dello Spilimbergo - da lei approvata se non proprio suscitata - e della conseguente ondata di arresti e processi, preferì lasciare il Ducato e trasferirsi a Vienna per seguire personalmente la sua causa. Vi si trattenne a lungo, illusa anche dalla benevola accoglienza dei sovrani, trattata con ogni riguardo dalla corte, ma senza veder minimamente accolte le sue rivendicazioni. Finalmente, convinta dell'inutilità di tale permanenza e oppressa dai debiti contratti, tornò in Italia, dove visse tra Firenze, Venezia e Padova.

La G. si spense a Padova il 16 maggio 1742 e fu sepolta nella basilica di S. Antonio, nella cappella del beato Luca Belludi.

Pochi mesi prima di morire aveva lasciato erede dei suoi beni allodiali il granduca di Toscana Francesco Stefano di Lorena, in cambio della corresponsione del suo assegnamento vedovile, della rendita della sua dote e del pagamento dei suoi numerosi debiti.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, ff. 5857 (lettere della G. al marito), 5858 s. (lettere dell'elettrice palatina Anna Maria e di Vincenzo Gonzaga di Guastalla al principe Francesco Maria de' Medici), 5863, 5757 (sui contatti con la corte di Guastalla preliminari al matrimonio effettuati tramite il marchese Alessandro Capponi), 6392 (relazione scritta da L. Gualtieri sul viaggio della G. da Guastalla a Firenze); Miscell. medicea, f. 629 (documenti relativi all'eredità della G.); Mss., ff. 141-145: F. Settimanni, Diario fiorentino; Ibid., Carte di Eleonora Gonzaga, ff. 1-68 (prevalentemente documentazione contabile); G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione praestantium, I, Florentiae 1742, pp. 301-304; I. Affò, Istoria della città e Ducato di Guastalla, III-IV, Guastalla 1787, passim; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova, II, Padova 1853, p. 336; Vita della principessa E. di Toscana, in Vita di tre principesse di casa Medici, Firenze 1887, pp. 55-65; L. Grottanelli, Gli ultimi principi della casa dei Medici e la fine del Granducato di Toscana, Firenze 1897, pp. 141-144; E. Robiony, Gli ultimi dei Medici e la successione al Granducato di Toscana, Firenze 1905, pp. 88-91; G. Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, Firenze 1909, pp. 652 s., 666-670; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, II, Firenze 1925, pp. 685-715; G. Bongiovanni, I Gonzaga, Milano 1930, pp. 177 ss.; M. Bertolani Del Rio, La malattia mentale di Giuseppe Maria Gonzaga, ultimo duca di Guastalla, Modena 1950, passim; H. Acton, Gli ultimi Medici, Torino 1962, pp. 255 s.

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