ELETTROCHIMICA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

ELETTROCHIMICA (XIII, p. 722; App. II, 1, p. 835)

Mario M. JACOPETTI

Negli ultimi trenta anni notevoli progressi sono stati compiuti in ogni ramo della e.: lo stesso campo di studio di questa scienza è stato ampliato, le applicazioni tecniche si sono perfezionate e sviluppate, lo studio di fenomeni dal punto di vista elettrochimico è stato di ausilio ad altri campi della scienza; accenneremo solo ad alcuni punti di maggiore interesse.

Il Faraday è stato oggetto di determinazioni abbastanza recenti, che hanno confermato il valore di 96.500 coulomb per questa costante fondamentale, uguale al prodotto di due altre costanti universali, il numero di Avogadro e la carica dell'elettrone.

D. A. Mac Innes e collaboratori hanno sviluppato un metodo per la misura del numero di trasporto: tale metodo è fondato sul fatto che il limite di separazione fra due soluzioni elettrolitiche si muove sotto l'azione di un campo elettrico ad esso perpendicolare, senza che il limite stesso divenga impreciso per fenomeni di diffusione, se si osservano opportune condizioni sperimentali. Con tale metodo, sono stati determinati i numeri di trasporto di moltissimi ioni, in ottima concordanza con i valori trovati secondo il metodo classico di Hittorf. Con una tecnica molto delicata Mac Innes ha anche eseguito misure di numeri di trasporto dallo studio di pile a forza centrifuga, ottenendo valori in buon accordo con quelli esistenti nella letteratura.

Le moderne vedute sulle soluzioni si differenziano sostanzialmente da quelle classiche, fondate sulla analogia - derivante dalla legge di Van't Hoff - tra le particelle di un soluto in soluzione e le molecole di un gas. Queste vedute restano valide solo per le soluzioni estremamente diluite; per una soluzione concentrata, dove per ogni molecola di soluto si hanno solo poche molecole di solvente, appare anche intuitivo che non può essere corrispondente alla realtà fisica l'idea che un soluto si comporti come un gas in un ambiente di volume eguale a quello della soluzione; la struttura della soluzione deve quindi immaginarsi in modo diverso.

I liquidi si considerano più come solidi allo stato disordinato, nei quali l'agitazione termica distrugga l'ordine rigoroso della struttura, e si parla di semicristallinità dei liquidi, ed in particolare dell'acqua, che fra i solventi è quello di maggiore interesse. La presenza nella soluzione degli ioni, dotati di carica elettrica, complica ancora di più i fenomeni: bisogna infatti considerare l'influenza del solvente sulla ionizzazione, la influenza che gli stessi ioni hanno sulla struttura del solvente, le interazioni di natura coulombiana che gli stessi ioni esercitano fra di loro.

I progressi sulla conoscenza della struttura degli elettroliti e sulle proprietà e comportamento delle soluzioni hanno permesso di inquadrare il problema in maniera sempre più precisa.

Lo studio delle soluzioni in solventi non acquosi dimostrò presto la importante influenza del valore della costante dielettrica del solvente sul valore della conduttività; di conseguenza la suddivisione degli elettroliti in "forti" e "deboli" non aveva più validità generale, poiché lo stesso elettrolita appariva forte o debole a seconda del solvente nel quale era disciolto.

Oggi si parla di elettroliti "ionofori" e "ionogeni": i primi sono quelli i quali posseggono già gli ioni nel loro reticolo cristallino, e per i quali non si può quindi parlare di una vera e propria ionizzazione, e per i quali anche la ipotesi di molecole indissociate non corrisponde alla realtà dei fatti fisici; i secondi invece sono quelli i quali, pur avendo una molecola con legami di tipo covalente, possono, a contatto con adatto solvente, fornire degli ioni. Nello stesso tempo si parla di elettroliti "associati" e "non associati". La idea della associazione degli ioni (coppie di ioni) è un concetto introdotto da N. Bjerrum, secondo il quale le coppie di ioni si formano in quei solventi in cui la energia potenziale, determinata dalla attrazione coulombiana dei due ioni a contatto, è molto maggiore del termine kT, che esprime la energia cinetica determinata dalla temperatura; allora la coppia di ioni sarà stabile e, sebbene diversa da una molecola indissociata, non parteciperà alla conduzione elettrolitica. Alla idea di una parziale dissociazione di molecole neutre si sostituisce quello di una associazione di ioni liberi, ed invece che di grado di dissociazione si parla di frazione di ioni liberi. Il concetto della dissociazione degli ioni è stato usato da C. Kraus e R. M. Fuoss, i quali immaginano anche ioni tripli.

La teoria delle soluzioni elettrolitiche ha segnato un primo fondamentale progresso con la teoria della interazione elettrostatica formulata da P. J. Debye e W. K. Hückel nel 1923, e sviluppata in tempi più recenti (cfr. elettroliti, App. II, 1, p. 839).

Questa teoria ha ricevuto una brillante conferma sperimentale, ed ha permesso di spiegare il comportamento anomalo della conduttività di soluzioni sottoposte a campi elettrici elevatissimi (effetto Wien), e di prevedere quello delle soluzioni sottoposte a campi elettrici alternativi di frequenza molto alta (effetto Debye-Falkenhagen), come poi la esperienza ha confermato.

La teoria però vale al limite per concentrazioni estremamente diluite; in un primo tempo si pensò che tale limitazione dipendesse dalle semplificazioni introdotte necessariamente nella trattazione analitica, e si tentò di estendere la teoria attraverso sviluppi analitici più elaborati. Qui diremo solo che un sensibile progresso fu realizzato da L. Onsager che pervenne per la conduttività equivalente alla equazione

dove i simboli hanno lo stesso significato di prima ed α e β sono due costanti, con il carattere di quelle precedentemente ricordate.

Anche la equazione di Onsager però è una legge limite, e precisamente la equazione della tangente alla origine della curva della conduttività in funzione della radice quadrata della concentrazione ionica; inoltre si avevano non poche perplessità circa il comportamento degli elettroliti deboli per i quali non è possibile pensare ad una dissociazione completa come si può invece fare per gli elettroliti forti (o ionofori, come oggi si propone di chiamarli).

Ricorderemo che un vastissimo lavoro sperimentale, inteso sempre a conoscere natura, struttura e comportamento delle soluzioni, ha messo a disposizione degli studiosi una grande quantità di dati, così che oggi esistono tabelle e raccolte di soli dati elettrochimici. La fondazione (1949) di un Comitato internazionale di termodinamica e cinetica elettrochimica ha messo in evidenza la opportunità e convenienza della collaborazione fra i cultori di questa scienza, ed anche la fondamentale importanza degli studî cinetici e termodinamici nel campo della elettrochimica. Fra le molteplici attività di questo Comitato internazionale segnaliamo qui quella relativa alla nomenclatura elettrochimica, la quale costituisce un problema sempre vivo, e che solo ora si avvia ad una chiarificazione e precisazione sul piano internazionale.

Bibl.: B. E. Conway, Electrochemical data, Londra 1952; H. S. Harned e B. B. Owen, Physical chemistry of electrolytic solutions, Londra 1958; R. A. Robinson e R. H. Stokes, Electrolyte solutions, New York 1955; W. J. Hamer, The structure of electrolyte solutions, Londra 1959; R. M. Fuoss e F. Accascina, La conducibilità elettrolitica, Roma 1959.

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