GOULD, Elliott

Enciclopedia del Cinema (2003)

Gould, Elliott

Silvia Colombo

Nome d'arte di Elliott Goldstein, attore cinematografico statunitense, nato a New York il 29 agosto 1938. Con il suo fisico dinoccolato, l'espressione perennemente ironica e l'affascinante ambiguità dei suoi personaggi è stato uno dei volti simbolo della controcultura americana degli anni Sessanta e Settanta, in un periodo di grande cambiamento della mentalità collettiva e del costume.

Cresciuto in una modesta famiglia ebrea di Brooklyn, studiò danza e arte drammatica fin da bambino, cominciando all'età di otto anni a recitare e ballare in teatro e in alcune serie televisive. Iscrittosi alla Columbia University, dopo un anno abbandonò gli studi per Broadway, dove lavorò come ballerino di fila (1957), attore (1960) e primattore (1962), e soprattutto conobbe l'attrice-cantante Barbra Streisand: un incontro (e anche un confronto, all'interno di un travagliato matrimonio) decisivo per le sue scelte professionali. G. infatti iniziò a frequentare (1965) i corsi dell'Actors Studio per avvicinarsi al cinema. Dopo alcune piccole parti ‒ nel film di avventure esotiche The confession (girato nel 1965 e poi distribuito nel 1971 con il titolo Quick, let's get married, noto anche come Seven different ways; Il tesoro del Santo) di William Dieterle, e nella commedia brillante The night they raided Minsky's (1968; Quella notte inventarono lo spogliarello) di William Friedkin ‒, ottenne finalmente un ruolo importante nel 1969 in Bob and Carol and Ted and Alice (Bob & Carol & Ted & Alice) di Paul Mazursky, briosa satira dei nuovi costumi sessuali della classe media, che gli valse una nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista. Ben più significativa fu la sua partecipazione a M*A*S*H (1970; M.A.S.H.) di Robert Altman: nel ruolo di un cinico chirurgo privo di scrupoli, che con il suo lucido disincanto si prende gioco delle follie della guerra, G. mise a punto quelle che saranno le caratteristiche del suo personaggio, sempre in bilico tra amarezza e strafottente irriverenza. Dopo Getting straight (1970; L'impossibilità di essere normale) di Richard Rush, in cui è uno studente incerto tra le tentazioni rivoluzionarie e una più concreta aspirazione al successo, lavorò con Alan Arkin nella graffiante commedia nera Little murders (1971; Piccoli omicidi), tratta da una pièce di J. Feiffer, dall'attore già interpretata a Broadway nel 1967 (fu questo anche il primo film finanziato dalla Brodsky-Gould Productions, fondata da G. due anni prima con Jack Brodsky); quindi con Ingmar Bergman nell'irrisolto En passion, Beröringen (1971; L'adultera), in un improbabile ruolo di archeologo. Fu ancora Altman a offrirgli l'occasione di esprimere al meglio le sue doti con The long goodbye (1973; Il lungo addio), dal romanzo di R. Chandler, in cui, nella parte del detective Philip Marlowe, dà vita a un amaro e malinconico antieroe crepuscolare; ma anche con California split (1974; California poker), in cui è uno sbandato e stralunato giocatore di professione, e Nashville (1975), in cui interpreta sé stesso.In seguito G. ha lavorato soprattutto in televisione, mentre nel cinema, tranne qualche parte da protagonista (Capricorn one, 1978, di Peter Hyams), si è ritagliato piccoli ruoli in film molto diversi tra loro (è stato scritturato quattro volte anche in Italia). Dopo Bugsy (1991) di Barry Levinson, è comparso in The player (1992; I protagonisti), ancora di Altman, nuovamente come interprete di sé stesso. Ha poi sostenuto ruoli secondari in American history X (1998) di Tony Kaye e in Ocean's eleven (2001; Ocean's eleven ‒ Fate il vostro gioco) di Steven Soderbergh.

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