CELESIA, Emanuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CELESIA, Emanuele

Nilo Calvini

Nacque in Finalborgo (Savona) il 3 ag. 1821 da Vincenzo e da Caterina Melzi, in una famiglia della nobiltà locale. Nel 1837 il padre, che da anni esercitava l'attività di giudice di mandamento ad Albenga, vi trasferì la famiglia, e il C. vi frequentò il corso di filosofia. Passò quindi a Genova, dove il 15 nov. 1839 conseguì il diploma di "magistero in belle lettere"; iscrittosi poi alla facoltà di giurisprudenza, il 30 luglio 1844 ottenne la laurea in legge. Aveva intanto cominciato la sua produzione letteraria.

Oltre a un carme scritto nel 1839 in morte di G. Gallesio, aveva composto varie poesie uscite su giornali e opuscoli e nel 1843 ristampate dal tipografo Guglielmini di Milano sotto il titolo di Canti di E. Celesia. Nello stesso anno il tipografo Ferrando di Genova pubblicava una sua traduzione della Lucrezia di F. Ponsard. In questo periodo il C. avrebbe scritto anche alcune tragedie, rimaste inedite. Nel 1844 pubblicò in Torino un poemetto in ottave intitolato Ad un angelo e due canzoni, Vox in deserto e Ad una infelice.

La sua attività maggiore fu però dedicata all'Espero, giornale di letteratura, scienze, belle arti, teatro, varietà, uscito in Genova dal dicembre 1840 sotto la direzione di F. Alizeri.

Sotto il programma culturale, il giornale aveva nascosti intenti politici. Gli articoli del C., nella rievocazione ed esaltazione di personaggi del passato, rivelano l'intento di offrire modelli di virtù patriottica; si veda ad esempio l'articolo L'Italia e gli stranieri (20 febbraio, 20 marzo, 5 maggio 1841), in cui, in tono retorico ma convinto, esalta la superiorità dell'italiano in tutti i campi, quasi preludendo tematiche del Gioberti. In tutti gli anni di vita del giornale, pubblicato fino al 1845 (quando fu soppresso dalla polizia, allarmata dal carattere liberaleggiante), il C. fu uno dei più assidui e importanti collaboratori.

Contemporaneamente pubblicava articoli anche sull'Eco dei giornali. Questa attività giomalistica lo mise presto in corrispondenza con importanti uomini della cultura e della politica, come L. Costa, R Giuria, F. De Boni, A. Brofferio. Quest'ultimo, nel novembre 1845 lo invitava a collaborare alle Tradizioni italiane, di cui era imminente la pubblicazione. Gli scritti del C. affrontavano sempre più argomenti politici, rivelando le sue tendenze verso un liberalismo avanzato e verso il repubblicanismo. L'attività letteraria e politica non gli impedì intanto di esercitare in Genova l'avvocatura: nel 1847 aveva fatto domanda di iscrizione all'albo degli avvocati.

L'impegno politico non si limitò agli scritti, Tra il '47 e il '49, nel periodo di preparazione e lotta per l'indipendenza e unità nazionale, il C. fu tra i protagonisti della battaglia democratica a Genova.

Nel '47 e '48 fu tra i promotori delle dimostrazioni patriottiche in Portoria e in Oregina; partecipò alle manifestazioni di entusiasmo per la elezione di Pio IX e per l'indipendenza e la fratellanza degli Italiani, palesando il suo caldo sentimento con inni e canzoni d'occasione; una sua relazione sulle dimostrazioni genovesi del 1847, pubblicata sull'Eco dei giornali, fu ristampata sulla Patria di Firenze il 17 settembre. Quale membro del Comitato dell'ordine e capitano della compagnia dei bersaglieri della guardia nazionale di Genova, si adoperò per contenere il furore popolare nella sommossa del 1º marzo 1848 per cacciare i gesuiti (sebbene gli avversari lo abbiano invece incolpato di aver contribuito alla manifestazione). Sempre più legato ai principî mazziniani, il 25 luglio 1848, in divisa della guardia civica, dal pulpito della chiesa di S. Maria Maddalena commemorava il sacrificio dei fratelli Bandiera, incitando allo sterminio dei "barbari tedeschi". Anche se la commemorazione suscitò la disapprovazione di alcuni, tuttavia la cittadinanza considerava il C. tra i migliori rappresentanti del patriottismo antiaustriaco genovese. Il 29 luglio fu così inviato con altri deputati a Torino per chiedere, come poi scrisse, "un pronto armamento e mobilitazione delle cittadine milizie", e per spingere il Parlamento ad una più energica azione. Partecipò ai tumulti scoppiati in Genova l'8 ag. 1848 in seguito alle disastrose notizie della guerra e alla capitolazione di Milano. Il popolo insorto, irrompendo a mano armata nelle sale dello Stato Maggiore, chiese un governo provvisorio e l'occupazione delle fortificazioni sulle alture della città. Con queste stesse richieste furono inviati al governatore, rappresentante il governo sabaudo in Genova, due deputati, il C. e il suo amico avv. N. Federici, presso il quale egli aveva fatto per un certo tempo pratica legale. Ottennero solamente il permesso di entrare in alcuni forti, dove la guarnigione militare piemontese, assai più numerosa delle milizie civiche, avrebbe mantenuto il controllo.

Nel C. si era formata la convinzione che il governo sabaudo avesse tradito la causa italiana; a ciò alluse pubblicamente nell'inno Alla riscossa, letto il 3 sett. 1848 durante un banchetto patriottico tenuto al teatro Carlo Felice. Il 10 settembre stendeva una protesta contro il generale G. Durando, commissario straordinario a Genova, cui ne seguì un'altra contro il ministro P. D. Pinelli: venne così in fama di sovversivo, sia presso i moderati sia presso il governo che lo sorvegliava, mentre però la maggior parte dei concittadini non ne disapprovava la condotta, continuando i tumulti antipiemontesi. In dicembre il C. con D. Morchio, M. D. Brescianini e L. Priario venne incaricato di stendere un ultimatum al re con la richiesta di un'Assemblea costituente, di un ministero democratico e le dimissioni dell'intendente G. Ponga di San Martino; il testo fu letto dal C. stesso il 12 dicembre dinanzi a una folla plaudente di dimostranti che iniziò immediatamente la raccolta delle sottoscrizioni per le vie, e il C. fu scelto quale deputato per la consegna al re dell'ultimatum. Nel gennaio 1849 veniva eletto presidente del Circolo italiano di Genova.

L'avversione genovese al governo di Torino sfociò nel marzo-aprile 1849 in una insurrezione per il mancato accoglimento delle varie richieste. Fu costituito un governo provvisorio composto da un triumvirato: G. Avezzana, D. Morchio, C. Reta, col C. come, segretario generale. Il presidio sabaudo, comandato dal generale G. De Asarta, dovette arrendersi alle truppe del gen. Avezzana; all'arrivo però dei rinforzi comandati dal gen. A. La Marmora il governo provvisorio dovette abbandonare la città. Il C., fuggito verso Roma, fu arrestato; venne però amnistiato e l'anno successivo da Vittorio Emanuele II fu nuovamente nominato maggiore del battaglione della guardia nazionale di Genova.

Del moto insurrezionale il C. stesso scrisse dettagliatamente nel Diario degli avvenimenti di Genova nell'anno 1848, che inizia dal 1º gennaio e termina improvvisamente col 27 marzo 1849. Rimasto a lungo inedito presso la Civica Biblioteca Berio di Genova, fu pubblicato a cura del comune genovese soltanto nel 1950. Gli fu anche attribuito l'anonimo opuscolo, edito con l'indicazione di Italia 1850, Della rivoluzione di Genova nell'aprile 1849esposta nelle sue vere sorgenti. Memorie e documenti di un testimonio oculare, più probabilmente redatto da C. Reta.

Come avvocato, il C. difese liberali genovesi processati per motivi politici dal governo, come M. G. Canale per la dimostrazione su monte Fasce del 1851 e altri per le dimostrazioni del giugno 1857. Strinse rapporti con A. Bertani, con il quale collaborò per l'organizzazione dell'impresa dei Mille, specialmente per la seconda spedizione della fine del maggio 1860, facilitando l'arruolamento e cercando mezzi di sussistenza ai giovani che numerosi affluivano in Genova. Patrocinò in quell'occasione i fabbricanti di cartucce che erano stati arrestati, e per incarico del Bertani si interessò di appianare alcune divergenze, riguardanti la Cassa centrale, sorte tra gli organizzatori per motivi amministrativi. Fu nominato segretario del Comitato di soccorso all'emigrazione italiana in Genova, e della Commissione promotrice per il dono nazionale a Garibaldi che, sotto la presidenza di C. Cabella, iniziò la sua attività in Genova nel novembre del 1860. Nel 1862 fu eletto consigliere comunale di Genova.

Nel novembre del 1862 ebbe la nomina di professore di lettere nell'istituto tecnico cittadino. Fondato due anni prima, unito poi al nautico nel 1865, l'istituto costituiva per Genova un vanto, sia per la ricchezza delle attrezzature sia per l'attività degli insegnanti. Pur mantenendo questo insegnamento per molti anni, il C. ebbe contemporaneamente altri incarichi. Nel 1865 gli fu affidata la direzione della Biblioteca universitaria, alla cui ristrutturazione si dedicò con molto impegno (cfr., del C., La Biblioteca universitaria di Genova: cenni storici, Genova 1872). Negli stessi anni fu nominato professore aggregato della facoltà di lettere dell'università; ebbe così l'occasione di interessarsi alla storia degli studi, e scrisse parte del secondo volume della Storia dell'Università di Genova (Genova 1867) a completamento dell'opera di L. Isnardi, rimasta interrotta per la morte di questo (I vol., Genova 1861); nello stesso 1867 pubblicò anche una Relazione intorno alle odierne condizioni della R. Università di Genova: opere entrambe in cui non mancano pagine polemiche, specialmente contro i gesuiti, per tanti anni direttori degli studi in Genova, e contro quei nobili che li avevano sostituiti. Contribuì alla diffusione popolare della cultura attraverso i periodici Gazzetta delle scuole italiane (1863), Il Giornale degli operai (1863-66), Alba, periodico scientifico letterario settimanale (1865-66), Giornale delle biblioteche (1867-73), Movimento di Genova. Su quest'ultimo nel 1863 pubblicò uno studio su G. L. Fieschi, che poi uscì in volume col titolo La congiura del conte Gianluigi Fieschi: memorie storiche del sec. XVI cavate da documenti originali ed inediti (Genova 1865), e per il quale entrò in polemica con E. Bernabò Brea, autore di un documentato lavoro sullo stesso argomento. Nel 1867 fu delegato alla sorveglianza delle scuole del comune di Genova; nello stesso anno si recò in Germania per studiarvi l'organizzazione scolastica, i metodi di insegnamento e i risultati ottenuti. Il Ministero della Pubblica Istruzione nel 1868 gli affidò una missione a Parigi e a Berlino di indagine sui musei e le biblioteche, e poi l'incarico di partecipare al congresso scientifico-pedagogico di Bruxelles.

Il C. proseguiva intanto una intensa attività di scrittore, pubblicando a Genova Dante in Liguria (1869), Le teogonie dell'antica Liguria (1869), Relazione al VII Congresso pedagogico italiano sul tema settimo (Istruzione femminile) (1871), Storia della pedagogia italiana (1872), oltre numerosi scritti occasionali. Nel quadro della salvaguardia della natura invocò divieti alla pesca con reti a maglia piccola e altri provvedimenti per evitare danni alle varie specie animali, e pubblicò queste tesi nell'opuscolo Della protezione dovuta agli animali (Genova 1870). Negli stessi anni fondò le scuole professionali femminili, e fu nominato presidente del Comitato ligure per l'istruzione e l'educazione del popolo e della Società di letture e conversazioni scientifiche. Il 13 marzo ottenne l'incarico dell'insegnamento di letteratura italiana nell'università di Genova, e quale titolo per conseguire la nomina a ordinario (conferitagli nel marzo del 1882)pubblicò un Canzoniere (Genova 1879), dove alla miglior parte della sua precedente opera poetica sono aggiunti alcuni componimenti. Nell'ottobre del 1877 fu eletto consigliere provinciale per il mandamento di Calizzano e Finalborgo; nel 1878 il comune di Genova gli affidò l'assessorato della Pubblica Istruzione. Nel 1882per meriti storici entrò nella Deputazione di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia; nel 1889 funominato direttore della scuola di magistero della facoltà di lettere dell'università di Genova. Morì a Genova il 25 nov. 1889.

Si ricordano ancora i seguenti scritti, tutti pubblicati a Genova: Storie genovesi del sec. XVIII (1855); La scuola professionale femminile (1860); Porti e vie strate dell'antica Liguria (1863); Dell'antichissimo idioma dei Liguri (1863); Degli insegnamenti letterari negli istituti industriali e professionali (1869); Petrarca in Liguria (1874); Savignone e val di Scrivia: passeggiate appennine (1874); La valle del Varo: passeggiate alpine (1875); Del Finale ligustico: cenni storici (1876); Val di Pia: passeggiate appennine (1879); Storia della letteratura in Italia ne' secoli barbari (1882-83). Linguaggio e proverbi marinareschi (1884); Ilaghi delle meraviglie in val d'Inferno (Alpi marittime) (1885); Della topografia primitiva di Genova (1886); Chir-Achirian e il Cantico dei cantici: epitalamio nazionale degli ebrei (1887); Saggio di toponomia ligure (1888).

Fonti e Bibl.: A. Colombo, Lettere ined. di A. Brofferio ad E. C., Cuneo 1909; G. Bustico, Il carteggio Brofferio-C., Domodossola 1910; E. Costa, I fondi archivistici della Bibl. univers. di Genova riguardanti il Risorgimento: Le carte di E. C., in Rass. stor. del Risorg.,LII (1965), pp. 579 ss.; L. Grillo, E. C.,in Giornale degli studiosi di lettere, scienze, arti e mestieri in Liguria, V(1873), 9, pp. 121-127, 150-153; A. Manno, L'opera cinquantenaria della R. Deputaz. di storia patria di Torino, Torino 1884, pp. 226 ss.; L. Cappadoro, Elogio di E. C., Genova 1890; A. Pastore, Commem. di E. C.,Genova 1891; U. Monti, E. C. poeta, in La Gazz. di Genova, LXXXIV (1916), 4, pp. 3 s.; E. Dervieux, L'opera cinquant. della R. Deput. di storia patria diTorino, Torino 1935, pp. 39-158; A. Cappellini, Dizionario biogr. di genovesi illustri e notabili, Genova 1936, sub voce; C. Spellanzon, Storia delRisorg. e dell'unità d'Italia, III, Milano 1936, pp. 204 ss.; VI, ibid. 1959, p. 668; G. Grassano, L'attività giornalistica di E. C. prima del 1848. La collabor. all'Espero (1840-1845), in Misc. distoria del Risorg. in onore di A. Codignola, Genova 1967, pp. 195ss.; G. Grassano, Biografia di E. C., I, La formazione letter. e politica (1821-1846) in Figure e gruppi della classe dirigente ligure nelRisorgimento, Genova 1971, pp. 69 ss.; L. Tamburini-G. Petti Balbi, La stampa periodica a Torino e a Genova dal 1861 al 1870, Torino 1972, pp. 3, 143, 151, 155.

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