GREPPI, Emanuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GREPPI, Emanuele

Elisa Signori

Nacque a Milano il 27 nov. 1853 dal nobile Carlo e da Maria Padulli.

Avviato sin dalla giovinezza agli studi giuridici ed economici, trasse dall'illustre tradizione familiare e dalle carte setteottocentesche dell'archivio domestico, di cui fu attento studioso, stimolo per ricerche di storia finanziaria e politica, ma soprattutto per un impegno di operoso civismo, che lo portò a distinguersi come uno fra gli esponenti rappresentativi del liberalismo moderato lombardo.

Presidente di orfanotrofi e membro dei consigli d'amministrazione di Opere pie e istituti ospedalieri, presidente dell'Opera Bonomelli per la protezione degli italiani emigrati all'estero, fu consigliere comunale di Milano per quasi trent'anni nelle giunte Belinzaghi, Negri, Vigoni, Ponti, dando prova di competenza amministrativa e finanziaria e conquistando una riconosciuta autorevolezza. Nella seconda metà degli anni Ottanta seguì le vicende della progettazione del piano regolatore di Milano, ove crescita demografica e sostenuto sviluppo economico-produttivo imponevano scelte fondanti per un generale riassetto edilizio e urbanistico.

L'unificazione, anche tributaria ed elettorale, della città e dei suoi "corpi santi", la demolizione della cinta dei bastioni e il conseguente varo di grandi iniziative di costruzione viaria, la sistemazione della piazza d'armi e la progettazione di un quartiere residenziale nell'area compresa tra il foro Bonaparte e l'arco del Sempione, gli interventi di edilizia scolastica, ospedaliera, cimiteriale, le opere idrauliche e di decoro monumentale - come in piazza Cinque giornate - erano gli ambiti cruciali dell'impegno amministrativo nella modernizzazione strutturale della città: il G. ne offrì un'accurata disamina nel 1890, affrontando il problema chiave del rapporto tra finanze comunali, entità dell'indebitamento e urgenze di spesa (Le opere e le spese edilizie del Comune di Milano nell'ultimo quinquennio, Milano 1890).

La competenza del G. in materia di pubblica amministrazione e in particolare in tema di rapporti finanziari Comune-Stato trovò un congeniale contesto anche nell'attività dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), la cui costituzione, nel 1901, diede vita a un'originale esperienza di approfondimento della cultura amministrativa italiana.

L'Associazione divenne luogo di confronto delle istanze del municipalismo, ma anche strumento di autodifesa dei Comuni dalle ingerenze delle autorità governative e il G., pur politicamente distante dalle posizioni del sindaco radicale di Milano G. Mussi che l'aveva promossa, s'impegnò in questa stessa linea divenendo per alcuni anni presidente dell'ANCI e promuovendo la riforma dei tributi locali (Per le finanze comunali. L'opera dell'associazione dei Comuni. Le direttive e gli aspetti pratici della riforma dei tributi locali, ibid. 1913).

Membro della giunta liberale capeggiata da E. Ponti, al governo della città dal 7 febbr. 1905 all'11 maggio 1909, ne condivise l'impostazione riformatrice di largo respiro e l'approccio pragmatico più adeguato ai bisogni di un grande comune moderno e industriale. Nel luglio 1906, tuttavia, le sue dimissioni dall'incarico di assessore alle Finanze, motivate ufficialmente da condizioni di salute, furono il primo sintomo del manifestarsi di divergenze interne allo schieramento liberale.

Di fatto, la gestione Ponti, connotata da un'audace politica di spesa, dinamicamente proiettata verso investimenti produttivi ingenti e volta allo sviluppo di servizi pubblici meno costosi e più efficienti, finì per suscitare critiche via via più aspre, specie in merito al progetto di sostituire all'imposta sul valore locativo una tassa di famiglia "di ragionevole progressività".

Proprio nella discussione su questo punto il G. rese esplicito il suo dissenso, astenendosi poi nella votazione relativa. Benché ancora sostenuta dal voto della maggioranza, la giunta entrò pertanto in crisi per la strisciante opposizione dell'ala liberale più conservatrice e, alle dimissioni di Ponti, fece seguito un breve esperimento, pilotato dall'assessore anziano B. Gabba (11 maggio 1909 - 21 giugno 1910). Il G. fu deciso avversario anche della gestione Gabba, di cui criticò apertamente il bilancio preventivo, connotato, a suo parere, da un'eccessiva esposizione debitoria, e il programma complessivamente giudicato generico. Non è un caso che, dopo la crisi apertasi a palazzo Marino nel 1910, il G. diventasse il leader del gruppo costituzionale milanese, appoggiato apertamente dal Corriere della sera come la persona più adatta per realizzare una nuova politica, che fosse "di raccoglimento" ma "non di inerzia" (Corriere della sera, 18 genn. 1911). Alle elezioni comunali del 22 genn. 1911 la lista costituzionale risultò vittoriosa e in Consiglio il G. fu designato quale sindaco. Deputato del secondo collegio di Milano (eletto una prima volta nel 1897 e poi confermato nelle legislature XXII e XXIII), il G. non poté accettare subito la carica, incompatibile con il seggio parlamentare, e presiedette la nuova giunta come assessore anziano facente funzione di sindaco sino al 18 sett. 1911, quando furono formalizzate le sue dimissioni alla Camera.

Espressioni non convenzionali di stima e apprezzamento da parte dei presidenti del Consiglio e della Camera, L. Luzzatti e G. Marcora, commentarono la conclusione di un'attività parlamentare incisiva, che aveva visto il G. intervenire su temi per lo più attinenti alla sua esperienza di amministratore, talvolta facendosi interprete di istanze sostenute dalla già citata ANCI, che svolse un ruolo importante di stimolo all'attività legislatrice. In tal senso il G. intervenne nel 1909 a proposito del progetto giolittiano di revisione della legge comunale e provinciale, auspicando che, più che con parziali ma inefficaci ritocchi, si procedesse a una riforma organica. Come agenda di tale rielaborazione legislativa egli suggeriva alcuni aspetti: la definizione dei poteri del sindaco, le attribuzioni del commissario prefettizio, la natura dei reciproci rapporti tra sindaco e giunta e, in generale, un riassetto delle finanze comunali e della relativa gestione; erano tutti, secondo il G., altrettanti nodi da sciogliere per rispondere alla domanda di semplificazione e di efficienza che veniva dai poteri locali (Atti parlamentari, 27 maggio 1909, pp. 1444-1451). Tra gli altri interventi del G. alla Camera spiccano la relazione a proposito dell'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole comunali (ibid., tornate 18 e 20 nov. 1909), l'attenzione alla prassi delle municipalizzazioni, alla disciplina del lavoro notturno, nonché l'opposizione alla legge Credaro sui provvedimenti per la scuola elementare, in particolare relativamente ai libri di testo.

Divenuto sindaco a tutti gli effetti del capoluogo lombardo, il G. impostò quella che definì una politica "invernale", ossia prioritariamente finalizzata al contenimento del deficit di bilancio, in costante aumento da anni e tale da incrinare la solidità delle finanze comunali.

La soluzione non poteva trovarsi nell'ambito della sola Milano, costretta come altri grandi Comuni italiani a far fronte a ingenti spese senza che fosse intervenuto un più equo riparto delle entrate tra l'esazione fiscale statale e quella comunale. Né poteva l'amministrazione presieduta dal G. sospendere in itinere iniziative di spesa già avviate o ridimensionare bruscamente servizi da tempo attivati: unica via praticabile restava una politica di caute economie, coniugata con modesti aumenti fiscali (nelle aliquote del dazio consumo su alcuni generi non di necessità e nella sovraimposta sulle aree fabbricabili) e con la razionalizzazione del servizio di accertamento delle tasse, specie di quella di famiglia istituita in precedenza, il cui gettito era passibile di espansione. I risultati si colsero nel 1912 e 1913 con una riduzione del disavanzo che la crisi del periodo bellico, tuttavia, di lì a poco nuovamente dilatò.

Tra gli aspetti qualificanti della gestione del G. vanno in particolare segnalati: la riorganizzazione del settore dell'assistenza e beneficenza comunale, l'aumentato controllo nell'esercizio dell'Azienda elettrica municipale, l'avvio dello studio per la costruzione della metropolitana, il progetto del porto fluviale e del canale navigabile volti a collegare Milano a Venezia, la vertenza avviata nei rapporti Comune-Stato circa l'inapplicabilità, sostenuta da Milano, dell'imposta di ricchezza mobile ai redditi industriali del Comune, il varo del piano per la costruzione della Città degli studi, in vista dell'auspicata creazione del nuovo ateneo ambrosiano (cfr. I. Superti-Furga, L'attività del Consiglio comunale e della giunta municipale di Milano dal 1910 al 1922, in Il Comune di Milano. Storia amministrativa delle province lombarde, Milano 1970, pp. 199-229). Era quest'ultimo un progetto ambizioso, sorretto da un'onerosa convenzione finanziaria approvata in Consiglio nel maggio 1913, che impegnava Stato, Comune ed enti locali a contribuire per una spesa complessiva di 15 milioni. Malgrado l'opposizione dei socialisti e la critica dell'ex sindaco B. Gabba, il progetto venne approvato (Milano, Archivio comunale, 1912-13, I, Atti del Consiglio comunale, sedute 16 e 19 maggio 1913, pp. 795-832; II, Allegati, Proposta di convenzione per l'istituzione di un consorzio per l'assetto generale degli istituti superiori di istruzione a Milano).

In seguito alle elezioni politiche del 26 ott. 1913, prime in Italia a suffragio universale maschile, il ridimensionamento dei consensi espressi al partito liberale pose il problema della rappresentatività della giunta milanese in carica e determinò le dimissioni della maggioranza; queste, di fatto, non erano state invocate dalla minoranza la quale, durante la gestione del G., politicamente conciliativa, aveva collaborato in un clima di correttezza e di fiducia. Tuttavia, nonostante l'importanza delle questioni rimaste aperte e in sospeso - come la convenzione con la società Edison e con l'Unione del gas, la tariffazione dell'energia elettrica, il riassetto del servizio tramviario, il nuovo regolamento per gli impiegati comunali - la giunta ritenne mancassero le condizioni per rimanere in carica e, soprattutto, per presentare un bilancio preventivo con impegni di spesa proiettati anche nel futuro. È significativo, tuttavia, che, dopo le elezioni amministrative del giugno 1914, all'atto dell'insediamento in Consiglio della nuova giunta socialista il 30 di quel mese, il sindaco E. Caldara rivolgesse agli avversari parole di stima e di apprezzamento.

Seguendo l'esempio del proprio predecessore Ponti, anche il G. pubblicò nella Nuova Antologia un appassionato quadro del proprio operato come sindaco, rilevando una sostanziale continuità d'impostazione nell'amministrazione cittadina del primo cinquantennio postunitario e additando nell'irrisolta problematica delle finanze comunali un campo aperto all'improrogabile iniziativa legislativa sia a proposito del dazio consumo, sia in tema di tassa di famiglia e imposta sui fabbricati (I problemi municipali di Milano, 1° maggio 1914, pp. 48-63).

La crisi bellica aprì di lì a poco un nuovo ambito di impegno per il G., nominato senatore il 16 ott. 1913 nella sua qualità di deputato per tre legislature.

Durante la Grande Guerra il G. presiedette la commissione esecutiva del Comitato per la raccolta dei fondi pro assistenza civile, dando poi conto dei risultati della sottoscrizione, promossa in collaborazione con i senatori Ponti e L. Mangiagalli e con le testate del Corriere della sera e de Il Secolo, e finalizzata alla fondazione di un ospizio a Gorla per la rieducazione professionale dei mutilati e all'erogazione di finanziamenti agli ospedali e alle famiglie dei richiamati (cfr. Il Comitato lombardo per la raccolta dei fondi, in Assistenza civile, I [1919], 1, pp. 29 s.).

Proprio a partire da questo impegno assistenziale e patriottico va forse inteso il successivo favore del G. per le iniziative del fascismo milanese, da lui fiancheggiato sin dal suo sorgere. Già nel giugno 1919 la contiguità e solidarietà tra il Fascio delle associazioni patriottiche milanesi, di cui il G. era personalità rappresentativa, e i Fasci di combattimento di B. Mussolini erano segnalate nel rapporto dell'ispettore generale di Pubblica Sicurezza G. Gasti (in R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, I, Bologna 1991, p. 626). Tale interesse si trasformò in esplicita adesione all'epoca della crisi Matteotti (E. Savino, La nazione operante, Milano 1928, p. 126).

Socio e poi presidente della Società storica lombarda, il G. si era dedicato fin dalla giovinezza agli studi storici, con un particolare riguardo alla storia finanziaria - per esempio nel lavoro dedicato a Il Banco di S. Ambrogio, in Archivio storico lombardo, X (1883), pp. 514-548 - e con una spiccata attenzione al Settecento lombardo. L'impresa di maggior lena, comunque, fu senz'altro l'edizione del Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, un progetto accarezzato per decenni, anticipato dalla pubblicazione di alcune lettere tratte dall'archivio familiare, e infine approdato - sotto gli auspici della Società storica lombarda e grazie alla disponibilità dell'archivio Sormani-Andreani - a realizzazione graduale per l'impegno congiunto del G., di F. Novati e di A. Giulini. Il primo tomo apparve a stampa nel 1923 (Milano), con ampia prefazione del G., e l'opera era giunta all'ottavo al momento della sua morte.

Il G. morì a Milano il 9 febbr. 1931.

Tra gli scritti del G., a quelli già segnalati vanno aggiunti: I Decurionati nelle città provinciali dell'antico Stato di Milano, in Memorie presentate alla Commissione araldica lombarda, Milano s.d.; Francesco Sforza in Brianza, in Arch. stor. lombardo, I (1874), pp. 275-296; Nuovi documenti sul regno di Ferdinando IV di Napoli tratti da una corrispondenza privata, ibid., VI (1879), pp. 198-204; Fogliani e Tanucci. La caduta del Tanucci, in Arch. stor. italiano, s. 4, X (1880), pp. 175-180; Gli ultimi Estensi, in Arch. stor. lombardo, VIII (1881), pp. 133-156; Saggio sulle condizioni economiche del Milanese verso il 1780, in Annali di statistica e del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, s. 2, XIX (1881); La dominazione austriaca, in Conferenze di storia milanese, Milano 1897, pp. 453-510; Felice Calvi, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XV (1901), pp. 429-450; Un tragico eminente (V. Alfieri) discusso e giudicato nella corrispondenza privata di due illustri lombardi, A. e P. Verri, ibid., XVII (1902), pp. 161-168; Un'opera inedita di A. Verri sulla storia d'Italia, ibid., s. 4, III (1905), pp. 95-139; Discorso per il cinquantenario della Società storica lombarda, ibid., s. 5, X (1923), pp. 257 ss.; Giuseppe Ricchieri, commemorazione, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, LX (1927), 15-20, pp. 875-882.

Fonti e Bibl.: Necr. in Arch. stor. lombardo, s. 6, VIII (1931), pp. 201-210; Commemorazione, in Annuario del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento, Bologna 1933, p. 88; Arch. di Stato di Milano, Gabinetto di prefettura, b. 60, f. 309/2; Atti del Consiglio comunale di Milano, 1909-13; Atti parlamentari, Camera dei deputati, legisl. XXIII, sess. 1909-13, Discussioni, voll. I, IV, VI, VII, Roma 1914, ad indices; F. Turati - A. Kuliscioff, Carteggio, a cura di F. Pedone, Milano 1949, I, p. 445; II, pp. 574, 708, 956; III, pp. 26, 30, 375 s.; IV, pp. 619, 661 s.; F. Nasi, Da Mussi a Mangiagalli, 1899-1926, Milano 1969, pp. 49, 52-55, 57 ss., 73, 78, 139; M. Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cinque anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze 1979, pp. 48, 364 s.; Id., La giunta Caldara. L'amministrazione comunale di Milano negli anni 1914-1920, Milano-Bari 1986, pp. 8-11, 51, 143 s., 221, 259; L. Tinelli, L'attività del Consiglio comunale e della giunta municipale di Milano dal 1901 al 1909, in Il Comune di Milano. Storia amministrativa delle province lombarde, Milano 1970, pp. 199-229; A. Porro, Amministrazione e potere locale: il Comune di Milano, in L'amministrazione nella storia moderna, II, Milano 1985, p. 1843; Enc. Italiana, XVII, sub voce.

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