GALLORI, Emilio Pasquale

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALLORI, Emilio Pasquale

Rita Bernini

Nacque a Firenze il 3 apr. 1846 da Gaetano, bottegaio, e Assunta Raddi. Studiò all'Accademia delle belle arti della sua città, dove ebbe come insegnanti A. Costoli per la scultura e T. Lessi per il disegno; nel 1868 conseguì il posto di studio a Roma (1869-72), avendo vinto il concorso triennale con il bassorilievo in gesso I fratelli di Giuseppe ebreo che presentano le di lui vesti insanguinate a loro padre, facendolo credere estinto. Fino dagli esordi dimostrò bravura e originalità, pronto e brillante ingegno, aderenza al vero, tanto da essere considerato rappresentante della scultura nel gruppo dei macchiaioli insieme con A. Cecioni e S. Grita. Nel 1873 espose all'Accademia di Firenze il saggio di pensionato del terzo anno, un gesso raffigurante Nerone vestito da donna che studia le pose per presentarsi sulla scena. Per il soggetto spregiudicato, anche se ispirato da Tacito, la scultura suscitò scandalo e vivacissime polemiche, dividendo l'opinione pubblica in due fazioni opposte.

All'Accademia il Nerone ottenne solo un premio di incoraggiamento secondo i voti di V. Consani, L. Paganucci, U. Cambi, E. Zocchi e G. Dupré, che ne apprezzarono la parte modellativa ma giudicarono immorale l'atteggiamento lascivo e ambiguo; solo A. Rivalta dette parere favorevole alla realizzazione in marmo, lodando anche il concetto, il sentimento e il carattere; si schierarono poi col G. molti giovani, tra cui A. Cecioni, T. Signorini, C. Boito, e un gruppo di artisti residenti a Roma che fecero pubblicare una protesta contro il giudizio dei professori accademici (Cose d'arte, in Fanfulla, 11 febbr. 1873). La decisione dell'Accademia implicava l'esclusione dell'opera del G. dall'Esposizione universale di Vienna del 1873, dato che potevano esservi presentati solo marmi, cosicché gli amici dello scultore promossero una colletta per la realizzazione in marmo (Il Giornale artistico, 1873, n. 1, p. 7; n. 2, p. 12), e per la spedizione a Vienna; da questa città la scultura fu poi inviata a un'esposizione in America o in Inghilterra ma con ogni probabilità andò perduta nel naufragio della nave che la trasportava.

Dal Nerone il G. trasse un primo bozzetto, che venne estratto a sorte fra i sostenitori e toccò alla marchesa Teresa Bartolommei, e un secondo, in età avanzata, in terracotta, conservato nella Pinacoteca municipale Foresiana di Portoferraio, dove è conservato pure il busto marmoreo del Nonno napoleonico, ritratto di Jacopo Foresi. Fra il 1874 e il 1878 il G. fu a Londra, dove alla Royal Academy espose il ritratto a figura intera della signora T.S. Lee (1874), di George Ponsonby Crawford, del maggiore F.I. Rickard e della signora Collard Drake (1875), una statuetta in terracotta raffigurante Filippo Lippi (1876) e Mamma's darling (1878). Rientrato in Italia in quell'anno, si stabilì a Roma dove continuò a dedicarsi a statuette di genere, ritratti, busti veristi: all'Esposizione nazionale di Torino del 1880 presentò con successo il gruppo in gesso Le sorelle di latte (fuso successivamente in bronzo da Plinio Tammaro; bozzetto in terracotta: già in casa Gallori a Siena), che fu riproposto l'anno successivo all'Esposizione nazionale di Milano, insieme con la mezza figura in terracotta Il fumo agli occhi (probabilmente il ritratto del padre; versione in bronzo: anch'essa già in casa Gallori a Siena) e con la statuetta in bronzo Dupré giovinetto, quest'ultima inviata nel 1883 anche all'Esposizione di belle arti di Roma. Opera giovanile sono poi i Putti del proscenio del teatro Verdi a Pisa.

Il G. prese parte alle grandi imprese pubbliche di fine secolo: per la facciata del duomo di Firenze eseguì il modello della statua di S. Pietro (1882-83; marmo, 1884-85), e per il portale destro la figura di S. Elisabetta (archivolto), la Vergine Addolorata (cuspide) e, in collaborazione con C. Zocchi, gli Angeli vincitori e i ribelli (sguancio). Lavorò ai progetti per i monumenti a Vittorio Emanuele II di Milano e Roma, concorrendo per quest'ultimo nel 1881 insieme con E. Ximenes. Pochi mesi dopo gli fu assegnata la statua di S. Giacomo Minore (1884 circa) per la navata sinistra della basilica di S. Paolo fuori le Mura a Roma; nello stesso anno il G. vinse il concorso per la statua in marmo del poeta Pietro Metastasio, ritratto con realismo pittorico in abito settecentesco, e inaugurata il 21 apr. 1886 in piazza S. Silvestro (dal 1910 collocata in piazza della Chiesa Nuova: P. P., Il monumento di Pietro Metastasio, in Nuova Antologia, 16 maggio 1910, pp. 372-375). Nel 1883 partecipò al concorso per il Monumento a Giuseppe Garibaldi al Gianicolo, che vinse l'anno successivo poiché il suo progetto fu giudicato il migliore per l'eccellente concetto, la maestà dell'insieme e il carattere monumentale, austero ed elevato. Il monumento fu inaugurato il 20 sett. 1895, venticinquesimo anniversario della breccia di porta Pia, con un discorso di F. Crispi.

Su consiglio di G. Sacconi il G. adottò lo stile architettonico romano d'epoca repubblicana. Rivolta al Vaticano, la statua equestre di Garibaldi, in atteggiamento calmo, poggia su un alto basamento in granito, sui lati del quale si trovano i due gruppi allegorici dell'America con l'Industria e il Commercio e dell'Europa con la Storia e il Genio; sui lati anteriore e posteriore sono raffigurati in altorilievo La difesa di Roma nel 1849 da parte dei bersaglieri di Luciano Manara e Lo sbarco a Marsala nel 1860; sotto ai rilievi sono incisi i nomi delle battaglie; sulla base, la Lupa di Roma e il Leone di Caprera e un fregio con armi antiche romane. Garibaldi indossa il berretto magiaro e il poncho americano, adottato nelle guerre di Montevideo. La statua equestre fu fusa dallo stabilimento di A. Nelli, i gruppi dal Galli di Firenze. Il monumento a Garibaldi fu celebrato da G. D'Annunzio nelle Canzoni della gesta d'Oltremare.

Del 1890 è il Monumento Montorzi nel cimitero suburbano di Pisa (sezione acattolici), con due grandi figure simboliche. Per il Vittoriano il G. eseguì l'altorilievo raffigurante la Libertà (1900 circa, timpano del pronao di destra) e dopo la morte di E. Chiaradia, autore del monumento di Vittorio Emanuele II, fu incaricato nel 1902 di portarne a termine la statua equestre in bronzo dorato. Per la facciata del palazzo di Giustizia di Roma gli furono commissionate le statue del console Lucio Licinio Crasso e del proconsole Giuliano Salvio, seduti e togati, dei quali eseguì solo i modelli. All'Esposizione universale di Parigi del 1900 e poi a quella internazionale di Roma del 1911 il G. espose la statua in marmo della Tristitia (indicata erroneamente talvolta come Il Dolore), premiata a Parigi con medaglia d'oro: eseguita nel 1889 e destinata alla propria tomba nel cimitero di Siena, si trova dal 1939 nella sala del Risorgimento del palazzo pubblico (modelletto in gesso e relativa fusione in bronzo: Siena, Collezione Chigi Saracini). Nel 1909 eseguì il busto di Giuseppe Giusti, inaugurato in Campidoglio il 28 novembre. Nel 1912 terminò la statua equestre di Francesco Ferrucci, rappresentato in armatura cinquecentesca, per la cittadina di Gavinana, che deve al G. anche il Monumento a Garibaldi (1911). A Roma fece decorare il proprio villino dal pittore simbolista G. Bargellini: delle decorazioni (distrutte) rimangono le fotografie dei cartoni nell'album del pittore.

Negli ultimi anni di vita il G. si era trasferito a Siena, dove nel 1890-92 fu membro della giuria nel concorso per il monumento a Garibaldi vinto da R. Romanelli; nel 1891 risulta esaminatore all'istituto d'arte e nel 1902 membro della commissione nominata dal ministero per il restauro della facciata di S. Francesco. A Siena eseguì poi un Bassorilievo per Baldassarre Peruzzi e un medaglione in bronzo col ritratto del conte Guido Chigi Saracini (1924), conservato nell'omonima collezione.

Di abitudini borghesi e modeste, dopo la celebrità datagli dal monumento a Garibaldi si raccolse in un'attitudine contemplativa. Apparteneva alla massoneria e fu amico dei garibaldini, particolarmente di E. Socci. Credeva nell'arte come consolatrice ed educatrice e volle istituire negli ultimi anni di vita un premio per i giovani scultori all'Accademia delle belle arti di Firenze, a somiglianza del premio Ussi per la pittura. Alla Galleria degli Uffizi si conserva l'Autoritratto (busto in bronzo).

Il G. morì nella sua villa presso Siena il 24 dic. 1924.

Sono ricordati anche un Ritratto della figlia (Pignotti) e opere incompiute, tra le quali una Madonnina, promessa a una figlia, monaca del convento del Bambin Gesù a Roma (Bruchi). Collaboratore del G. fu Carlo Romanelli (nato nel 1872), allievo di A. Bortone e uscito nel 1891 dall'Accademia di Firenze (Callari).

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