EMOSTASI

Enciclopedia Italiana (1932)

EMOSTASI (dal gr. αἷμα "sangue" e στάσις "fermata"; ted. Blutstillen)

Ottorino Uffreduzzi

Con questo temiine s'intende la cessazione della fuoriuscita del sangue da un vaso tagliato o comunque rotto. Si deve distinguere subito un'emostasi naturale e un'emostasi artificiale. L'organismo tende con alcuni mezzi naturali (talvolta sufficienti, talaltra no) ad arrestare la perdita sanguigna. La coagulazione del sangue è il primo freno alla libera emorragia. Le tonache vasali tagliate, con la loro contrazione e retrazione riducono il lume vasale nel punto reciso fino a causare un tale rallentamento della corrente sanguigna da raggiungere i limiti della coagulazione del sangue per cuì il lume così ridotto può essere occluso completamente dalla formazione d'un coagulo. Inoltre con la perdita del sangue diminuisce la pressione del sangue, ciò che costituisce un secondo e importante fattore di rallentamento della corrente sanguigna. Il coagulo aderisce a mano a mano alla parete, fino a concrescere completamente con quella nella successiva organizzazione e cicatrizzazione di questo tessuto connettivo giovane proliferato dalle pareti del vaso. In questo modo cessa spontaneamente l'emorragia, anche senza speciali provvedimenti chirurgici, purché non siano lesi i casi d'una certa importanza. Invece nelle ferite delle grosse arterie, per insulficienza della massa liquida e per l'inutilità del lavoro del cuore avviene la morte in sincope, prima che questi processi siano intervenuti efficacemente ad arrestare l'emorragia.

Si comprende, quindi, come fin dalla più remota antichità si sia cercato d'aiutare con mezzi artificiali questi mezzi naturali d'emostasi. È noto che il sangue mantiene lo stato liquido alla temperatura di 37° e che tutte le altre che si scostano da questa, verso il freddo o verso il caldo, ne provocano la coagulazione. Uno dei primi mezzi usati fu l'uso del freddo sotto forma di compresse ghiacciate, di vescica di ghiaccio, particolarmente adatti per arrestare o diminuire le emorragie sottocutanee, gli ematomi, ecc. È nota pure l'efficacia del lavaggio caldo (per esempio, le lavande vaginali oltre i 40%) per arrestare le metrorragie, e del ferro rovente o del termocauterio per arrestare l'emorragia col contatto. V'è poi tutta una serie di preparati chimici i quali favoriscono l'emostasi provocando la coagulazione del sangue (v. emostatici). Ma il mezzo più sicuro e antico d'emostasi, specie immediata, è la compressione, sia direttamente sul punto sanguinante o su tutta la ferita, sia sull'arteria principale della regione anatomica lesa quando la compressione sul punto sanguinante riesce impossibile o insufficiente. Così, per es., può essere necessaria la compressione dell'arteria femorale alla base del triangolo di Scarpa nelle emorragie profuse della gamba o della coscia, quella della carotide comune nelle emorragie nel campo d'irrorazione delle carotidi e specialmente dell'esterna, ferite settiche e tumori ulcerati della bocca, della lingua, della guancia, ecc. La compressione può essere fatta direttamente col dito (Galeno, Lanfranchi da Milano, T. Vanzetti) o con varie dita o con tutto il pugno chiuso, possibilmente su un piano osseo (compressione dell'aorta addominale nelle emorragie indomabili dei genitali femminili, del perineo). Se la compressione deve essere alquanto prolungata e specie se si tratta d'emostasi preventiva d'un campo operativo - oggi che sono abbandonati i varî tourniquets (J. L. Petit, G. Dupuytren, J. F. Esmarch) - si ricorre all'emostasi con un laccio elastico applicato alla radice dell'arto, in modo che l'arto, che è stato preventivamente vuotato dal sangue contenuto nei suoi vasi mediante l'espressione con la benda elastica, non riceva altro sangue e resti ischemizzato finché siano stati presi provvedimenti emostatici definitivi o finché sia stato espletato l'atto operativo. Col laccio elastico applicato secondo F. A. Momburg attorno alla vita, dopo avere respinto con la posizione declive gl'intestini nella parte alta dell'addome, si può fare un'emostasi della metà inferiore del corpo. Ideatore dello strettoio elastico è stato O. Grandesso Silvestri; il tubo elastico di J. F. Esmarch ne fu un perfezionamento; cosi pure all'Esmarch spetta il merito dell'ischemia preventiva per mezzo della benda elastica.

Se l'emorragia avviene da una breccia o da una cavità e sia impossibile provvedere all'emostasi definitiva per la sede profonda della cavità o per il tipo dell'emorragia, si tampona con zaffi di garza più o meno stipati e impregnati eventualmente di sostanze emostatiche e disinfettanti (vioformio, adrenalina, ecc.). Così è molto in uso il tamponamento uterino e vaginale; la garza stipata comprime i vasi sanguinanti e favorisce inoltre la coagulazione del sangue. Si ricordi il tamponamento a saccoccia di J. v. Mikulicz, che viene lasciato nell'addome dopo interventi in cui non sia stata possibile un'esatta peritoneizzazione della superficie cruenta e una buona emostasi e che serve da tampone emostatico e da drenaggio. Per alcune emorragie, specie da vene sottocutanee, da varici, nelle quali per la friabilità della parete e per l'aderenza alla cute non si riesce a fare un'emostasi definitiva sul vaso, si ricorre a punti di sutura in massa, che prendono, oltre al vaso, anche i tessuti circondanti. Ma ogni progresso tecnico della chirurgia sarebbe stato impossibile senza l'introduzione della forcipressura e dei vari metodi collaterali, che consistono nell'afferrare i singoli vasi tagliati, o anche da tagliare, con una pinza speciale quali la pinza di J. Péan a testa di serpente, con cremagliera e la pinza di T. Kocher a dente di topo. Sia l'una che l'altra hanno lo scopo d'afferrare il vaso e di tenerlo schiacciato tra le branche in modo che non sfugga e scivoli via finché sia provveduto all'emostasi definitiva. L. Doyen fece costruire una pinza che sarebbe dovuta bastare da sola per l'emostasi temporanea e definitiva; purché le superficie delle pareti vasali che si schiacciano siano estese e lo schiacciamento intenso, non occorre altro per la chiusura del vaso e l'arresto dell'emorragia (v. angiotripsia). Ma la tecnica non si fida in genere di quest'emostasi e cerca in altri mezzi l'emostasi definitiva. "Vel torquere, vel ligare, vel calidissimo ferro comburere", dicevano gli antichi, e numerosi metodi furono suggeriti, tra cui hanno interesse storico la torsione già praticata da Avicenna, Paolo d'Egina e molto più tardi da L. Porta, da G. Dupuytren, da J. Z. Amussat, che fece costruire una pinza speciale. Consiste nell'afferrare il vaso con una pinza e torcerlo sul suo asse longitudinale, purché la pinza si stacchi per lacerazione del vaso sotto la presa. In questo modo si lacerano le tonache interne che si retraggono e s'accartocciano in modo che il vaso è occluso quando si lacera anche la tonaca esterna (torsione completa). Si può usare anche la torsione incompleta, quando si fa con la pinza un numero limitato di giri a seconda della grandezza del vaso (2-8 giri) senza giungere fino alla lacerazione: a torsione compiuta in tal caso si apre la pinza e si lascia la presa. Sono ormai abbandonate o rarissimamente usate l'agoclausura, l'agotorsione, l'agopuntura (A. Velpeau), l'agofilopressione (F. Rizzoli), l'uncipressione, ecc. Ma il metodo più sicuro e ormai quasi esclusivamente usato per l'emostasi definitiva è la legatura del vaso afferrato con un filo di catgut o di seta o di lino o d'altri materiali di sutura. Naturalmente ogni campo operativo può comportare speciali accorgimenti tecnici per l'emostasi; così, per esempio, va ricordata la flessione forzata d'alcune giunture per emostasi, specialmente negli aneurismi (ginocchio, gomito). Anche la posizione dell'arto del paziente (posizione elevata dell'arto, posizione seduta del paziente negl'interventi sul capo) può favorire l'arresto d'una emorragia o anche un certo grado d'ischemia preventiva del campo operativo. Per l'emostasi di vasellini che provengono dall'osso e che non possono venire afferrati vengono usati con vantaggio chiodini d'avorio da infiggere nel canale osseo, per l'emostasi dei vasi della diploe nella trapanazione del cranio s'usa cera vergine sterile (v. cranio-cerebrale, chirurgia) che viene spalmata sulla superficie di sezione o introdotta in forma di palline nelle perforazioni del trapano. ll potere emostatico d'alcuni tessuti, per esempio dei muscoli, viene usato per l'emostasi d'alcune ferite, per esempio nella chirurgia cerebrale, e a quest'ultimo riguardo non si può trascurare l'uso delle correnti ad alta frequenza per ottenere l'elettrocoagulazione (H. Cushing). L'elettrobisturi del resto viene attualmente usato anche in altri tessuti per il suo potere emostatico.

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