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empatia

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Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si suole rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung.

In estetica, e. indica un tipo di percezione vissuta antropomorficamente di fronte a oggetti: una colonna sottile che regge un grosso capitello può suscitare un senso di disagio, di squilibrio, di sforzo. Questi fenomeni sono stati studiati da T. Lipps (1903) come emozioni estetiche.

A partire dai primi anni 1990 la problematica della comprensione empatica (intesa come quella forma di immedesimazione negli stati psicologici dell’altro a cui sarebbe subordinata la spiegazione, o ‘comprensione’, del suo comportamento) è stata al centro di un significativo quanto vivace dibattito nella filosofia della psicologia e nella filosofia della mente (oggi rientranti nella scienza cognitiva). Fermo restando il riferimento ai modelli storici della comprensione empatica (il Verstehen di G. Simmel e W. Dilthey in Germania, il re-enactment di R.G. Collingwood in Gran Bretagna), il rinnovato dibattito ha preso le mosse da alcuni sviluppi della filosofia analitica del linguaggio e della mente, in particolare da una celebre tesi di W.V. Quine secondo la quale l’attribuzione dei cosiddetti atteggiamenti proposizionali o stati intenzionali (credenza, desiderio, speranza ecc.), attraverso i quali nella psicologia del senso comune normalmente spieghiamo il comportamento dei nostri simili secondo il classico modello mezzi-scopi, si basi essenzialmente su una simulazione di tipo empatico. Tale simulazione empatica costituisce per Quine (Pursuit of truth, 1990) una modalità epistemica naturale con la quale correntemente e spesso inconsciamente attribuiamo credenze, desideri e percezioni. Utilizzata e sviluppata sin dai primi anni 1980, questa tesi è alla base della ripresa del concetto di simulazione empatica nella filosofia della mente.

Il concetto di e., particolarmente importante nella prassi psicoterapeutica, ha trovato un’applicazione, negli ultimi due decenni del 20° sec., nell’ambito della cosiddetta psicologia del sé di H. Kohut. L’e. diviene, in questo contesto, un elemento fondamentale della teoria della tecnica psicanalitica, mostrando in particolare la sua efficacia nella terapia della patologia narcisistica. Secondo Kohut, è condizione naturale dello sviluppo il passaggio attraverso fasi narcisistiche, nelle quali il bambino si percepisce e si relaziona con il mondo in una forma onnipotente e ‘grandiosa’; queste fasi dovrebbero trovare un rispecchiamento empatico nelle figure di accudimento, pena un loro ripresentarsi in forma patologica nell’individuo adulto. È allora compito dell’analista, nella terapia di adulti che presentino questa patologia, operare con e. (ponendosi, cioè, in risonanza emotiva con le reali esigenze del paziente) nei confronti dei desideri infantili di rispecchiamento avanzati dal paziente, fornendo peraltro sostegni via via più evoluti in funzione di una trasformazione flessibile (e non di una sostanziale eliminazione, come sostenuto da altri teorici, per es., da O. Kernberg) dei tratti narcisistici della sua personalità.

Vedi anche
Heinz Kohut Kohut ‹kòoët›, Heinz. - Psicanalista austriaco naturalizzato statunitense (Vienna 1913 - Chicago 1981). Tra i maggiori innovatori della teoria e della tecnica psicoanalitica, ha posto al centro della sua indagine il concetto di sé, definito "un centro di iniziative e un contenuto di impressioni" la cui ... emozione Processo interiore suscitato da un evento-stimolo rilevante per gli interessi dell’individuo. La presenza di un’emozione si accompagna a esperienze soggettive (sentimenti), cambiamenti fisiologici (risposte periferiche regolate dal sistema nervoso autonomo, reazioni ormonali ed elettrocorticali), comportamenti ... narcisismo Tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l'oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza ... psicopatologia Disciplina che studia gli accadimenti della vita psichica patologica, inquadrandoli in concetti generali che ne esprimono le condizioni di insorgenza, le dimensioni, le modalità di manifestazione e i reciproci rapporti. Come disciplina che ha per obiettivi teorie generali, che possono non avere applicazione ...
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Altri risultati per empatia
  • empatia
    Dizionario di Medicina (2010)
    Capacità di immedesimarsi e fare propri gli stati d’animo di un’altra persona. Il termine è stato a lungo usato nel campo dell’arte e della contemplazione della natura, senza riferimento esplicito all’interazione interpersonale. Successivamente, la caratterizzazione dell’e. quale meccanismo generale ...
  • empatia
    Dizionario di filosofia (2009)
    Termine con cui si è soliti rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung (anche tradotto con «simpatia simbolica»), usato in estetica e in psicologia per indicare la capacità di porsi nella situazione di un’altra persona con nessuna o scarsa partecipazione emotiva (quest’ultima è invece presente ...
  • Empatia
    Universo del Corpo (1999)
    Lucio Pinkus Gianni Carchia In psicologia per empatia (termine derivato dal greco ἐν, "in", e -πάθεια, dalla radice παθ- del verbo πάσχω, "soffro", sul calco del tedesco Einfühlung), si intende la capacità di comprendere lo stato d'animo e la situazione emotiva di un'altra persona, in modo immediato ...
Vocabolario
empatìa
empatia empatìa s. f. [comp. del gr. ἐν «in» e -patia, per calco del ted. Einfühlung (v.)]. – In psicologia, in generale, la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente...
empàtico
empatico empàtico agg. [der. di empatia] (pl. m. -ci). – Relativo all’empatia, caratterizzato da empatia: comprensione e.; capire in modo empatico. ◆ Avv. empaticaménte, in modo empatico, con empatia.
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