Empatia

Dizionario di Medicina (2010)

empatia


Capacità di immedesimarsi e fare propri gli stati d’animo di un’altra persona. Il termine è stato a lungo usato nel campo dell’arte e della contemplazione della natura, senza riferimento esplicito all’interazione interpersonale. Successivamente, la caratterizzazione dell’e. quale meccanismo generale di riconoscimento reciproco tra creature dotate di mente, ha aperto la strada a studi psicologici e neurobiologici.

Fenomenologia dell’empatia

L’e. è la spontanea risposta dell’organismo allo stato emotivo percepito, osservato o puramente immaginato di un altro individuo. Entrare in e. significa sperimentare uno stato emotivo in sintonia con quello dell’individuo con cui viene stabilito un contatto. L’innesco del processo empatico è accompagnato dalla consapevolezza che il sentimento esperito ha origine proprio dal meccanismo di immedesimazione con l’altro. In una prospettiva evoluzionistica, si può supporre che l’e. offra il vantaggio di ridurre il rischio di danneggiare i membri del gruppo sociale, motivando invece comportamenti altruistici che portano benefici all’intera comunità. Viceversa, l’assenza di e. si associa a gravi stati psicopatologici, in quanto gli individui che ne sono affetti feriscono gli altri senza provare rimorso o sensi di colpa. L’e. è inoltre cruciale per la creazione e il rafforzamento del legame tra il neonato e l’adulto che lo accudisce, una funzione essenziale alla crescita cui fa eco, in età più avanzate, quella di forte collante all’interno della coppia. I primi studi sperimentali provengono da ricerche di tipo sociale o psicologico, attratte dal tentativo di comprendere come percezione, emozione e cognizione possano originare un meccanismo tanto potente da consentire di ‘mettersi nei panni degli altri’ in modo così pieno e pervasivo. Nel 2002, Stephanie D. Preston e Frans de Waal hanno ipotizzato che l’immedesimazione consegua dalla capacità di creare una rappresentazione mentale dello stato emotivo osservato negli altri. Una volta attivata, tale rappresentazione richiama spontaneamente reazioni somatiche e autonomiche tipiche di quello stato emotivo.

Basi neurobiologiche dell’empatia

Nel primo decennio del 21° sec., le neuroscienze hanno contribuito a rafforzare le conoscenze sull’e. identificando i circuiti cerebrali in grado di innescare il processo empatico. Un contributo essenziale è derivato dagli studi di imaging cerebrale funzionale (➔), che consentono di visualizzare l’attivazione delle aree cerebrali coinvolte nei processi mentali. Questi studi hanno evidenziato che la percezione di odori disgustosi e l’osservazione di volti che esprimono disgusto evocano le medesime risposte neuronali. In entrambe le condizioni, si rileva l’attivazione dell’insula anteriore, una regione già in precedenza riconosciuta come deputata al processamento del disgusto. In uno studio di Tania Singer è stato inoltre identificato il circuito neuronale responsabile del dolore empatico. La situazione sperimentale prevedeva che un soggetto venisse sottoposto a monitoraggio dell’attivazione cerebrale mediante risonanza magnetica funzionale mentre riceveva una stimolazione dolorosa alla mano o, in alternativa, mentre osservava il partner ricevere lo stesso tipo di stimolazione (attraverso uno specchio; il partner rimaneva seduto accanto allo scanner). Tramite tale procedura, è stato possibile individuare l’attivazione di un preciso circuito cerebrale, definito matrice del dolore, che accompagna il dolore percepito o quello empatico. L’attivazione della matrice del dolore, che comprende l’insula anteriore e posteriore, la corteccia cingolata anteriore rostrale e caudale, la corteccia somatosensoriale e sensori-motoria, il tronco encefalico e il cervelletto, è comune a entrambe le situazioni, con l’unica eccezione delle aree deputate alla componente sensoriale discriminatoria della fonte del dolore, che si attivano solo nel caso del dolore percepito. Le restanti aree della matrice sono necessarie al processamento della componente affettiva del dolore e permettono l’immedesimazione nel dolore altrui. L’attivazione di tali aree è correlata al grado di conoscenza e affetto nei confronti della persona osservata. Un’ipotesi attraente è che il cervello riconosca e condivida gli stati emotivi tramite un meccanismo a specchio in cui le stesse aree cerebrali si attivano sia nel caso dell’osservazione di un’emozione, sia nel caso della sua effettiva esperienza. Tale meccanismo coinvolgerebbe i neuroni specchio (➔ neurone, Neuroni specchio), individuati e descritti da Giacomo Rizzolatti mediante registrazioni dall’area motoria F5 della scimmia. I neuroni specchio presentano la sorprendente proprietà di rispondere sia quando la scimmia esegue un’azione sia quando essa osserva un altro individuo effettuare la stessa azione. I neuroni specchio presentano caratteristiche motorie identiche ai neuroni motori, ma hanno proprietà visive peculiari: non rispondono alla semplice presentazione visiva di oggetti, né sono influenzati dalle loro qualità fisiche, e la loro attivazione dipende piuttosto dall’osservazione di atti finalizzati. È stato proposto che i neuroni specchio agiscano da generatori di rappresentazioni interne che conducono al riconoscimento e alla comprensione del significato degli atti altrui. Se applicato alla sfera delle emozioni (➔), il meccanismo a specchio renderebbe immediatamente disponibile nel cervello la riproduzione dello stato emotivo osservato, consentendo così di comprendere in modo diretto le emozioni degli altri. Più recentemente, è stato dimostrato che lo sviluppo del sistema dei neuroni specchio è deficitario nei bambini affetti da autismo (➔); come conseguenza di tale deficit, i bambini con autismo ad alto funzionamento potrebbero capire le intenzioni altrui a livello cognitivo ma essere privi del meccanismo che consente la comprensione degli altri su base esperenziale.

empatia

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Giacomo rizzolatti

Tronco encefalico

Neuroni specchio

Frans de waal

Fenomenologia