ENDEMISMO

Enciclopedia Italiana (1932)

ENDEMISMO (dal gr. ἔνδημος "indigeno")

Augusto Béguinot

Con questa parola si designa il fatto che un certo numero di specie di piante e di animali sono esclusivi di limitati territorî e mancano assolutamente nei circostanti e nei lontani: esodemismo (L. Buscalioni) è il fatto inverso. Naturalmente la superficie del territorio ha un valore relativo e convenzionale: la Campanula Vidalii non si trova che in un solo scoglio bagnato dal mare non lungi dalle coste orientali di Flores (Azorre), la Nananthea perpusilla solo in alcune minuscole isolette presso la Sardegna e la Corsica, mentre manca nelle due isole madri, la Melitella pusilla solo in qualche punto di Gozo e di Malta e la Centaurea crassifolia soltanto in quest'ultima isola; ma endemici si possono considerare anche le acacie a fillodio e gli eucalitti che sono quasi tutti confinati nel continente australiano. Nell'uso comune, però, questo appellativo è riferito a piante e animali esistenti in territori i cui confini sono politici e quindi convenzionali e le cui flore e faune furono per lunga tradizione studiate entro i confini stessi: così si parla di endemismi della flora e fauna italiana, francese, spagnola, libica e via dicendo. È d'uopo, inoltre, fare rilevare che endemica di una data regione può riuscire una varietà, razza o piccola specie (geografica), una specie ben definita, un genere, una famiglia, una tribù, ecc.: l'importanza dei gruppi endemici, per caratterizzare un territorio, cresce con la gerarchia sistematica. Regioni possedenti tribù, famiglie intere e un numero cospicuo di generi di una data famiglia in esse confinati sono per ciò stesso contraddistinte e possono essere considerate come sede di uno sviluppo separato e, fino ad un certo punto, autonomo.

Per quanto concerne la genesi appare chiaro che sotto la qualifica d'endemico noi comprendiamo cose molto disparate: anzitutto un'entità che, sorta da epoca remota in un dato territorio non se ne è mai allontanata: poi specie che ebbero per il passato una vasta area distributiva e in seguito, per il mutare delle condizioni esterne, per rivolgimenti geologici o semplicemente per interno logoramento, finirono col trovarsi localizzate là dove noi le troviamo: così la paleontologia ci dice che il genere Gingko, oggi monotipico e confinato in qualche punto della Cina e del Giappone, fu un genere rappresentato da parecchie specie che ebbero una larga distribuzione nell'emisfero boreale: i Taxodium ora americani e il Glyptostrobus esclusivo della Cina hanno lasciato abbondanti avanzi fossili nel Terziario europeo e così molti altri generi. Si ha nel primo caso un endemismo autoctono, nel secondo un endemismo per conservazione o per accantonamento (detto anche endemismo di reliquato) e in ambedue un paleogenismo isolato nel sistema come è nello spazio, spesso monotipico, con affinità e collegamenti poco evidenti: sicché noi possiamo riconoscerlo come tale anche in mancanza di documenti paleontologici. Qualche volta, nonostante l'accantonamento e l'area disgiunta, due specie endemiche possono essere restate molto affini fra di loro: così il faggio euro-asiatico e quello nordamericano, il platano d'Oriente e il neogeo, l'alloro delle Canarie e il nostrano circummediterraneo l'Arbutus unedo (corbezzolo) e l'Ar. canariensis costituiscono coppie di specie sorelle, strettamente collegate tra loro in quanto si sono poco allontanate dal capostipite terziario.

Ma nel concetto di endemismo rientrano anche veri e proprî neogenismi che si sono in generale formati a spese di specie a larga area distributiva frammentatesi in razze o piccole specie (geografiche) spesso limitate a territorî ben circoscritti dove rappresentano, o, come si suol dire, vicariano le razze o specie sorelle, e si ritengono neogeniche perché distinte da caratteri superficiali spesso solo quantitativi, dovuti all'influenza di condizioni speciali o di climi locali. Ma neogenici, e in taluni casi si potrebbero chiamare contemporanei, sono gli endemismi dovuti a mutazioni che differiscono dai precedenti, in quanto non hanno un'area diversa da quella dei genitori, ma se interviene l'isolamento possono mantenersi ed assumere l'abito di specie geografiche.

L'accentuarsi dell'endemismo in alcune regioni della terra ha dato luogo a una quantità di ricerche e d'induzioni più o meno plausibili. Una spiegazione intuitiva e logica è che il fenomeno sia in rapporto con l'antichità dell'epoca della definitiva emersione e un altro fattore, del resto spesso concomitante col precedente, è l'isolamento, in quanto ha permesso uno sviluppo tranquillo non influenzato, come dovette avvenire nelle masse continentali, da flore e da faune di più recente costituzione. Ne abbiamo in piccolo una prova nell'accentrarsi di molte specie endemiche sulle rupi, sulle scogliere marine e in generale nei suoli ruiniformi dove non arriva il dente dell'erbivoro e l'accetta o il fuoco dell'uomo e sappiamo d'altra parte a quale devastazione e rarefazione è andata soggetta la flora dell'isola di S. Elena (ricca di 5 generi e di circa il 50% di specie endemiche) dopo l'introduzione delle capre, il diboscamento, ecc. Si può dire che in nessuna regione della terra come nelle isole e, tra queste, nelle isole cosiddette oceaniche (che si ritiene non abbiano mai avuto rapporto con masse continentali) la concezione del Grisebach sull'indipendenza dei centri di vegetazione abbia avuto una sua apparente conferma e ciò appunto per la forte percentuale di forme endemiche. È però noto come la tesi del Grisebach non vada più in là di una semplice asserzione, mentre nel campo zoologico la teoria dell'ologenesi del Rosa ci dà un tentativo di spiegazione del fatto: essa, come è risaputo, conduce non solo ad ammettere quale principio generale che le forme terrestri e dulciacquicole derivarono dalle marine, ma che la causa prima della diversità delle faune dei continenti e quindi delle isole, risiede nella diversa epoca di emersione delle terre e nella diversa epoca di emersione delle forme che trasmigravano dal mare. Questo modo di vedere applicato alle piante lascerebbe supporre che in qualche punto degli attuali continenti o meglio ancora, per le ragioni dette, in qualcuna delle isole a endemicità più accentuata, si dovessero trovare viventi o fossili tracce del passaggio dalla talassobia alla geobia o qualche progenitore delle Angiosperme che fecero la loro comparsa (geologica) nel Cretacico superiore e noi sappiamo che vi sono terre restate emerse da quell'epoca a noi. Ma nulla di simile si è constatato; invece si è notato che, salvo poche eccezioni, gli endemismi insulari hanno collegamenti e alnnità, per quanto a volte oscuri, con famiglie, generi e spesso specie continentali.

Tuttavia non vi è dubbio alcuno che lo stato d'isolamento sia stato propizio a uno sviluppo entro certi limiti autonomo e ne troviamo un'altra prova nell'accendersi di focolari di endemicità nella zona più elevata di montagne a carattere alpino, in quanto la cosiddetta flora delle ipsofite, al disopra della cintura arborea, si trova in uno stato d'indipendenza e nessun genere forse ce ne fa apprezzare tutta l'importanza e l'efficacia come Saxifraga, così ricco di specie endemiche nelle montagne di quasi tutto il globo. Quando, però, questa vegetazione orofita è stata, come nel versante settentrionale delle Alpi, soppiantata durante le glaciazioni e la sua presenza nella zona alpina è dovuta a reinvasione dopo il ritiro delle calotte glaciali, il percento delle specie endemiche è quasi nullo rispetto al versante sud, dove qualche specie sarà rimasta in posto, altre vi immigrarono dai cosiddetti massicci di rifugio: non lo diremo, però, nullo poiché ȧlla flora alpina non mancano endemismi neogenici e forme insorte per mutazione e mantenutesi per apogamia (Alchemilla, Taraxacum, Hieracium, ecc.), ma non si tratta di specie linneane (Chodat).

Da ricerche in corso, limitate alle Pteridofite e alle Fanerogame, è risultato che la Corsica e la Sardegna, comprese le minori adiacenti isolette, hanno in Italia la più ricca percentuale di entità endemiche e tra queste sono alcuni solenni paleogenismi (Helicodiceros, Helxine, Nananthea, Melitella, ecc.) e eiò si deve da una parte all'antichità di emersione e dall'altra alla persistenza di una parte notevole della flora terziaria poco disturbata dal Glaciale. Ma è pure emerso che quando una specie si trova nella fase evolutiva o plastica può presentare razze (o piccole specie) endemiche anche in territorî di recente emersione, come mostrano i cicli di Centaurea cineraria e di C. aplolepa, ma la percentale degli endemismi resta sempre molto bassa. È pure importante la constatazione che il gruppo di Malta, nel quale non furono trovati terreni pliocenici marini, ha un numero relativamente molto scarso di forme proprie. Ma la presenza di un monotipo come Melitella e di una Centaurea così nettamente paleogenica come la C. crassifolia lasciano supporre che essi siano i superstiti di una vegetazione più ricca di endemismi, che andò impoverendosi con la riduzione della superficie e con la scomparsa dell'idrografia superficiale e forse anche con il pascolo dei grossi erbivori quaternarî di cui Malta ha conservato così cospicui avanzi (Béguinot e Landi).

Da uno studio generale sugli endemismi della flora italiana è risultato che le Simpetale dànno un percento superiore agli altri gruppi di piante vascolari e ciò si spiega perché, essendo il gruppo più evoluto, è anche quello più plastico (Buscalioni), ma tale conclusione va riferita più specialmente alle forme neogeniche. È stato, inoltre, notato che gli endemismi, e specialmente quelli di reliquato, non hanno alcuna attitudine a diffondersi e ad ampliare la loro area anche là dove esistono continuità di terre e similarità di condizioni di esistenza; ciò significa che molti di essi sono specie in via di estinzione e sono giustificate le misure prese da alcuni stati per la loro protezione e conservazione.

Bibl.: A. Grisebach, La végétation du globe, d'après sa distribution suivant les climats, trad. franc., Parigi 1877-78; A. Engler, Versuch einer Entwickelungsch. der Pflanzenwelt ecc., Lipsia 1879-82; L. Buscalioni e G. Muscatello, Endemismi ed esodemismi nella Flora italiana, in Malpighia, XXIV-XXVI, Catania 1914; R. Chodat, L'Endémisme alpin et les réimmigrations postglac., in Verh. Naturforsch. Gesell. in Basel, XXXV, i; A. Béguinot e M. Landi, L'endemismo nelle minori isole italiane ed il suo significato biogeografico, I, in Archivio botanico, VI (1930) e VII (1931).

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